Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.  

Famiglia d'Artus

41109-449939 M.S.C. - C. 449939 D.M. - M.S.C.

Armi:
la più antica: d’azzurro ai sei rocchi di argento, disposti in fascia 3, 2, 1;
dopo: d'azzurro ai sei rocchi di argento disposti in fascia 3, 2, 1 e sinistrati da un leone rampante d'oro con la coda contro rivoltata;
poi: d’azzurro agli otto rocchi d’argento disposti in fascia;
ancora: d’azzurro ai dieci rocchi d’argento disposti in fascia 4,3,2,1;
infine: d’azzurro agli undici rocchi disposti in fascia 3,2,3,2,1 e sinistrati da un leone rampante con la coda contro rivoltata, il tutto d’oro.

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© Napoli - L'arma più antica della famiglia d'Artus

L’antica ed illustre famiglia d’Artus o Artus, originaria della Francia, si diramò nel Regno di Napoli per seguire re Carlo I d’Angiò.
Gerardo d’Artus fu dapprima Maresciallo di detto Re nel 1273 e poi Vicerè di Terra di Lavoro nel 1275; rese l’anima a Dio senza lasciare eredi.
Suo fratello Bertrando, uomo d’armi e di lettere, fu nel 1283 Consigliere di re Carlo I d’Angiò e suo Ambasciatore presso la Serenissima Repubblica di Venezia; fu al comando, insieme a Ponzio di
Branciforte, di una piccola flotta composta da due galeoni e sei galee. Ottenne i feudi di Manopello in Terra d’Abruzzo, confiscato ai ribelli Stefano e Sciarra Colonna, Sant’Agata dei Goti, Ducenta e Cerignola in Terra di Lavoro.
In quest’ultima provincia subentrò nella carica di Vicerè ad Errico Ruffo, Signore di Sinopoli.
Nel 1299 partecipò alla guerra di Sicilia col grado di generale dei Balestrieri del Regno; suoi scudieri furono, tra gli altri, Guglielmo d’Acquaviva, Roberto Pagano e Berengario di Serra. Fu fatto prigioniero dagli Aragonesi e in seguito riscattato in cambio di altro cavaliere.
Sua sorella Luisa convolò a nozze con Odone di Policeno, nipote di Papa Martino IV e Vicerè del Regno di Gerusalemme per re Carlo I.
Detto Bertrando sposò, in prime nozze, Luisa della Marra e, in seconde nozze, Guglielma Cantelmo, figlia di Rostaino.

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© Napoli e Sant'Agata dei Goti, variante dell'arma della famiglia d'Artus

Carlo, figlio di Bertrando (a detta di alcuni storici figlio naturale di re Roberto d’Angiò), nel 1343 fu creato conte di Sant’Agata dei Goti e Gran Cancelliere del Regno da re Roberto; in seguito ottenne la contea di Monteodorisio e sposò la contessa Giovanna di Scotto, dalla quale ebbe Luigi  e  Carlo II († 1345).

Il primo ereditò la contea di Sant’Agata, il secondo la contea di Monteodorisio.
Il conte di Monteodorisio  sposò Andreina o Andriana Acciaiuoli, sorella di Nicolò, Gran Siniscalco del Regno di Napoli; ad Andreina, donna bellissima, Giovanni Boccaccio dedicò la sua opera "De claris mulieribus”; rimasta vedova,  sposò Bartolomeo di Capua, conte d’Altavilla.
Carlo II d’Artus e Andriana Acciaiuoli ebbero per figlio Bertrando II (
1345).
I suddetti Carlo II e Bertrando II, per volere della Regina Giovanna I d'Angiò,  nel 1345 strangolarono con un laccio nel castello di Aversa, Andrea, figlio di Carlo Roberto d’Ungheria e marito di detta Regina, non gradito perché di costumi barbari.  Per questo delitto in seguito furono condannati e decapitati sia Carlo II che il figlio.
La contea di Monteodorisio passò quindi a detto Luigi, conte di Sant’Agata, fratello di Carlo II. Sposò la contessa Isabella di Celano, la quale, rimasta vedova nel 1384 ottenne dalla regina Margherita il permesso di entrare a Napoli insieme ad uno dei suoi figli, Giovanni d’Artus, scortati da 150 cavalieri.
Quest’ultimo, divenuto nel 1370 conte di San’Agata e di Monteodorisio alla morte di Ludovico  (
5 settembre 1370), sposò nel 1383 una nobildonna di casa Prignano, nipote di Papa Urbano VI, al secolo Bartolomeo Prignano (1318  1389); il matrimonio fu celebrato solennemente dallo stesso Pontefice in Napoli nella sede arcivescovile . 

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© Sant'Agata dei Goti - Monumento funebre di Ludovico d'Artus (†1370),
conte di Sant'Agata e Monteodorisio

Giovanni probabilmente morì senza lasciare eredi perché nel 1390 suo fratello Carlo III d’Artus, Signore di Maddaloni,  ereditò le contee di Sant’Agata e di Monteodorisio.

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© Maddaloni - Torre d'Artus

La torre d'Artus di Maddaoni (CE), eretta in posizione strategica, controllava  l’accesso alla Valle Caudina e dominava ampia parte della pianura tra Capua e Nola; sino a pochi anni orsono si poteva ammirare lo stemma in marmo degli Artus con otto rocchi e sormontato da una testa di gufo con grandi orecchie.
Carlo III ebbe da re Ladislao di Durazzo la giurisdizione criminale di Aversa e poi di Manfredonia, ottenne i titoli di
conte di Cerreto e barone di Boiano (1388), terre confiscate a Cola di Sanframondo; vendette il feudo di Sant’Arcangelo a Pietro Barrile. Sposò in prime nozze Rogasia Marzano, sorella del duca di Sessa e, in seconde nozze, Giovanna Gaetani, figlia del conte di Fondi.
Ladislao d’Artus, conte di Sant’Agata, partecipò nell’aprile del 1401 al Parlamento tenuto in Napoli, attirando così l’ira del Sovrano che lo fece imprigionare in Castel Sant’Elmo insieme a Enrico Sanseverino, conte di Terranova, suo parente. Entrambi i conti furono condannati a morte e decapitati.


© Napoli - Monumento funebre di una nobildonna, in abito da clarissa, di casa d'Artus - Anno 1350 ~

Il feudo di Sant’Agata dei Goti passò ai della Ratta, poi agli Acquaviva, ai Coscia (Giovan Paolo Coscia fu nel 1585 ottenne il titolo di duca sul feudo) e, infine, ai Carafa di Maddaloni sino all’abolizione della feudalità.

Stefano mari
Popoli (Pescara) - Taverna dei Cantelmo - Stemma d'Artus

Per la genealogia si consiglia di consultare le tavole genealogiche redatte da Serra di Gerace.


Casato inserito nel 3° Volume
di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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