Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Famiglia Dodaro

A cura del Dott. Francesco Paolo Dodaro,
Socio Corrispondente dell’Accademia Cosentina

Arma: troncato, nel 1° d’azzurro al gallo rivoltato sostenuto dalla partizione e mirante una squadra con inscritto un occhio e in capo tre stelle (8) male ordinate accostate dal motto: MODERATA DURANT, il tutto al naturale. Nel 2°, d’oro ai due rami di edera al naturale moventi la punta e accostanti la bordura esterna.
Altra: d’azzurro al gallo rivoltato poggiante su due rami di edera intrecciati e mirante un triangolo con inscritto un occhio e in capo tre stelle (8) male ordinate accostate dal motto: MODERATA DURANT, il tutto al naturale.
Titoli: nobili di Acri, nobili di Rogliano.

Stemma Dodaro, particolari dalle decorazioni pittoriche del palazzo di famiglia in Acri

Il cognome Dodaro (in origine de Dodero o Dodero) designa  un’antica famiglia notabile di Cuti nel territorio di Rogliano (CS), dove la stessa risulta presente sin dal XVI secolo. La più antica notizia su questo casato si ricava da Padre Giovanni Fiore da Cropani che, nella sua opera “Della Calabria Illustrata”, afferma che Frà Bernardo da Rogliano (fondatore della congregazione dei Colloretani), nacque nel 1519 da Palma Dodero e Potesto Milizia, laddove quest’ultimi vengono ambedue indicati dal cronista come di “onorata condizione(1).


Rogliano, frazione Cuti

A Rogliano(2), questa famiglia, si distinse con personaggi come Giovanni Alfonso (Notaio vissuto nel XVI secolo)(3), il Sacerdote Don Giovanni Battista e Pietro Michele Carmine (Sacerdote e Medico). Quanto a Don Giovanni Battista de Dodero (figlio di Giacomo, deceduto nel 1640 a Laghitello e qui inumato nella locale chiesa parrocchiale intitolata a Santa Maria delle Grazie), questi risulta rettore della chiesa parrocchiale di Laghitello dal 1629 al 1660. Il suddetto, succedendo a Don Paolo Bove, oltre che parroco nel casale predetto, fu pure beneficiato dell’altare di San Giovanni Battista di Jus Patronatus laicale, eretto dalla famiglia Longo nella chiesa parrocchiale della vicina Lago (CS), dedicata a San Nicola di Bari. Sempre a Don Giovanni Battista, che dimorò accanto alla chiesa da lui retta  in compagnia della sua perpetua tale Auria Ricciulla anch’essa di Rogliano(4), si deve inoltre, la fondazione nel maggio del 1660, di una cappella di Jus Patronatus dedicata a San Giovanni Battista(5), sita nella chiesa di Santa Lucia in Cuti(6). Con riferimento a Pietro Michele Carmine sappiamo, invece, che: “dopo di essere asceso al sacerdozio, fu anche laureato in medicina, e l’esercitò con lustro(7), fu infatti valente Sacerdote nonché  Medico Chirurgo attivo nel XVIII secolo. Fu Domenico Francesco Dodaro, nato a Cuti il 25 dicembre del 1735 (1755?) da Antonio del fu Martino Junior e da Barbara Parisi, che decise di trasferirsi da Rogliano in Acri (CS) dando origine così ad un nuovo ramo della famiglia e lasciando l’amministrazione dei suoi beni in Rogliano al suo unico fratello minore, Pietro Michele Carmine (del quale si è già detto). Non si conosce l’anno esatto nel quale la famiglia si trasferì ad Acri ma tale spostamento avvenne nel XVIII secolo. Nel comune di Acri, i Dodaro, vennero inclusi in breve tempo, tra le famiglie cittadine di maggior prestigio e ricchezza e gli stessi vengono ricordati, dallo studioso Raffaele Capalbo, come membri della nobiltà locale(8). Dal matrimonio fra Domenico Francesco e Lucrezia Pettinato di Acri nacquero: Antonio Lorenzo(9) (1773 † 1806), Maria Barbara Concetta (1782 † 1854), Giovanbattista (1785 † 1845)(10) e Natale Dodaro(11) (1787 † 1865). Quest'ultimo tornò a vivere nel paese d'origine dei suoi avi dove, entro il 1820, fu ammesso nella prestigiosa Congregazione dei nobili di Rogliano. Antonio Lorenzo prese in moglie Mariangela Parise (di condizione “civile”), ed ebbero come figli: Giuseppe Francesco (1802 † 1878), Tommaso Vincenzo (1804 † 1874, che fu Decurione del Comune di Acri) e Antonio Leonzio Annibale (figlio postumo, 1807 † 1865). Il primogenito Giuseppe Francesco Dodaro “nel 1809 da Acri passò in Rogliano sotto l’educazione de’ suoi zii paterni Giambattista e Natale Dodaro, dopo aver sostenuto in Napoli nel Novembre del 1828, regolare concorso, con Decreto del 26 Luglio 1829, venne nominato Regio giudice nel circondario di S. Demetrio; e trovandosi con tal carica nel Circondario di Verbicaro a 18 Novembre del 1838, si unì in matrimonio con D. Maria Francesca Capalbo di Carlo(12). Come detto Giuseppe Francesco, che aveva conseguito la laurea in legge a Napoli nel 1826, ascese in pochi anni alla carica di Regio Giudice e esercitò la stessa in diversi circondari (da San Demetrio a quello di Verbicaro, negli anni 40 dell’800 fu invece Regio Giudice di San Sosti(13), successivamente lo ritroviamo come  Giudice di San Marco)(14); il cultore di storia locale, Raffaele Capalbo, lo ricorda nel seguente modo: “Giuseppe, magistrato integro e parte di quella schiera di avvocati, magistrati, letterati, uomini politici insigni, che un giorno illustrarono Acri, e che le procurarono il nome di Atene della Provincia”(15).

Ritratti del Regio Giudice Giuseppe Dodaro (collezione privata fam. Dodaro)

Il Regio Giudice Giuseppe Francesco ebbe in moglie Maria Francesca Capalbi di Mormanno, gentildonna appartenente ad una famiglia giunta a Mormanno (CS) nel 1308(16) con tale Alfonso Capalbi che qui costruì il proprio palazzo. Membro illustre di questo casato fu il letterato Carlo Capalbi (1778 1839) che, sindaco di Mormanno per molti anni, fu altresì appassionato cultore della lingua latina e fra le sue opere in italiano si ricordano: La Partenope, Teologia Gentile della Bibbia e Canto Pastorale sopra la prima disfatta dei Francesi. La Famiglia Capalbi (pur nella diversa cognomizzazione di Capalbo, Capalbi e Capialbi), godette di nobiltà anche ad Acri, Vibo Valentia (ove le fu associato il titolo di conte), Stilo e Corigliano(17). A dimostrazione di una comune origine delle predette famiglie si noti come le stesse utilizzino medesimo stemma (connotato da un busto d’uomo sul quale è posto un compasso aperto fiancheggiato da due stelle, una terza stella si colloca in basso sotto il busto umano) e motto (“MODERATA DURANT”).


Mormanno, Stemma Capalbi

I coniugi Dodaro-Capalbi ebbero come figli: Giovambattista (1842 1901), Rosa Mariantonia (1840 1918) che sposerà Luigi Feraudo(18) e Mariangiola (1844 1925) futura moglie del Regio Notaio Domenico Zanfini(19) di Acri. L’erede maschio, Giovambattista Dodaro, si formò presso il rinomato Seminario di S. Marco Argentano ove ebbe come maestro il letterato Ferdinando Balsano(20). Ultimati gli studi “in belle lettere” nella città di Cosenza dopo un breve ritorno ad Acri (ove fu assiduo frequentatore del salotto culturale formatosi nell’abitazione privata del suo amico e conterraneo Vincenzo Julia)(21), partì entro il 1862 alla volta di Napoli dove conseguì la laurea in giurisprudenza(22). Dell’attività professionale di Giovambattista Dodaro sappiamo che: “Pochissimo tempo esercitò, e nobilmente, la professione di avvocato(23) ben presto infatti decise di ritirarsi a vita privata per meglio potersi dedicare all’educazione dei suoi figli oltre che alla gestione delle cospicue proprietà terriere della famiglia nel territorio di Acri(24) e Bisignano. Giovambattista ricoprì inoltre la prestigiosa carica di priore della Confraternita del Santissimo Sacramento (Una delle più antiche e ricche confraternite della città di Acri, il cui priore veniva eletto: “tra le persone più distinte della città”)(25) e in tale veste ne promosse la costruzione della monumentale cappella presso il cimitero cittadino(26). L’Avv. Giovambattista Dodaro si unirà in matrimonio con Cristina Benvenuto (quest’ultima era figlia del Medico Chirurgo Luigi Benvenuto e dell’aristocratica Mariantonia Gaudinieri(27); Cristina assieme a sua sorella Filomena, poi sposatasi con il letterato Francesco Maria de Simone (28), erano le ultime discendenti di una famiglia annoverata fra quelle di maggior rilievo della città di Acri)(29). Da Giovambattista Dodaro e Cristina Benvenuto nacquero: Giuseppe Antonio (1865 1938), Maria Francesca Anna (sposa del patrizio Ferdinando Spezzano)(30), Francesco Maria (morto nel 1868 dopo pochi giorni di vita), Mariantonia(31) (1870 1897) poi sposatasi con l’Avv. Antonio Julia(32) figlio di Vincenzo (noto letterato e scrittore nonché esponente di antica e illustre famiglia acrese)(33), Luigi (1871 1888), Tommaso (1873 1941), Aquilina (deceduta nel 1875 a breve distanza dalla nascita), Francesco Saverio Natale (1876 1944), Annunziato (1878 1957), Carlo Giacomo Filippo (1880 1964) e Michele Ferdinando (1881 1899). I maggiori fra i figli maschi dell’Avv. Giovambattista Dodaro (ossia Giuseppe, Luigi e Tommaso) vennero inviati a svolgere gli studi superiori in Toscana presso il Liceo di Arezzo ma a seguito della prematura scomparsa della madre, Cristina Benvenuto, tornarono in Calabria ultimando gli studi ginnasiali in Cosenza; forti di un’educazione scolastica di ottimo livello i suindicati, nuovi, rappresentanti della famiglia Dodaro si distinsero in vari campi del sapere: Giuseppe si laureò entro il 1891 in giurisprudenza e seguendo le orme paterne divenne stimato Avvocato, attivo nel Foro di Cosenza(34), Luigi (deceduto in giovane età a causa di una malattia incurabile) fu appassionato cultore di entomologia e botanica e: “Di lui, quantunque continuamente sepolto fra studi classici richiesti da’ regolamenti in vigore, pure dedito per le scienze naturali resta una memoria assai pregiata dove scrisse le sue pur troppo sennate espressioni sulla notomia delle piante generali; memoria che caratterizza appieno il suo buon volere per gli studi, la sua maravigliosa capacità intellettiva e la sua innata tendenza per tale scienza nobilissima(35). Annunziato (che prese parte alla Prima Guerra Mondiale con il grado di Sottotenente Farmacista) fondò, in Acri, in società con Pietro Falcone, la farmacia “La Salute” mentre suo fratello Carlo intraprese la carriera ecclesiastica divenendo dottore in Sacra Teologia, Arciprete Curato Vicario Foraneo di Acri, Canonico dignitario del Capitolo di Bisignano. Seguendo un’antica tradizione familiare Francesco Saverio optò, invece, per gli studi giuridici nei quali fu particolarmente eccellente al punto da raggiungere i più alti gradi della magistratura; infatti lo stesso: “Fu tra i migliori giudici del Tribunale di Roma e poscia promosso per merito distinto, tra i Consiglieri della stessa Corte d’Appello di Roma nella quale ebbe modo di essere relatore ed estensore di importanti sentenze, sia nel campo della magistratura del Lavoro che in quella civile della 1° Sezione di quella Corte d’Appello(36). Dopo aver vinto il concorso per la Cassazione (raggiungendo l’altissimo grado di Consigliere di Cassazione), Francesco Saverio Dodaro fu destinato (con Regio Decreto del 4 gennaio 1940) alla funzione di Presidente del Tribunale Civile e Penale di Venezia. Il suddetto fu altresì insignito dei titoli di Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia e Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. L’Avvocato Giuseppe Dodaro (fratello di Francesco Saverio) sposerà nel 1894 Maria Finita dei Conti Salvidio (37) di Acri (quest’ultima, discendente per linea materna, dalla nobile famiglia dei Brancaccio di Acri, diramazione dei Brancaccio di Napoli, casato estintosi in quello dei Baffi, cui apparteneva sua madre, D. Francesca Baffi). Dal predetto matrimonio nacquero: Maria Cristina Olga Angiolina (nata e deceduta il 12-6-1904), Giovambattista Francesco Espedito (1906 1984) e Delia Francesca Rita Anna (nata nel 1907 e sposatasi con il Cav. Dott. Domenico Piemonte di San Marco Argentano). Giovambattista, proprietario terriero e pioniere del commercio automobilistico in Calabria (lo stesso fu Commissionario della Romeo nel 1924), contrarrà matrimonio nel 1946 con Gemma de Caro(38), generando: Giuseppe, Francesco Saverio, Maria e Carlo (attualmente viventi in Cosenza, città dove la famiglia risiede). Quanto alla famiglia de Caro questa appartiene alla nobiltà di Cetraro (CS), città cui ha donato numerosi sindaci e personaggi illustri e dove risulta fiorente sin dal XVI secolo. La suddetta Gemma de Caro era figlia del Comm. Alfonso de Caro e della N.D. Marianna Cricelli(39) di Castelvetere; suoi nonni paterni erano Pasquale de Caro e Concettina dei Marchesi de Seta (quest’ultima sorella dei Senatori del Regno Enrico e Francesco).

L’Avv. Giuseppe Dodaro e Maria Finita dei Conti Salvidio di Acri (Archivio fam. Dodaro)


Acquappesa (CS), Stemma de Caro

Cosenza, 29 Luglio 1927, Giovambattista Dodaro conduce l’automobile reale in occasione della visita ufficiale alla città di Cosenza
di Re Vittorio Emanuele III di Savoia (Archivio fam. Dodaro). Il Sovrano, per ringraziare l’“occasionale” pilota, gli fece dono di
una tabacchiera in argento cesellato. L’episodio è raccontato da C. Martirano in Accadde a Cosenza,
Klipper Edizioni, Belvedere (CS) 2007, pp.173-175.

Stemma

Lo stemma della famiglia Dodaro di Acri è affrescato sulla volta dell’atrio del palazzo appartenente alla stessa, sito nel rione Padia (40). Altre raffigurazioni del suddetto stemma sono rinvenibili nelle decorazioni pittoriche che ornano lo studio, collocato al secondo piano dell’edificio, oltre che su alcuni paramenti sacri appartenuti all’Arciprete Don Carlo Dodaro. 

Il Palazzo

Palazzo Dodaro sorge nel rione medioevale di Padia in Acri. L’edificio, annoverato fra gli immobili di interesse storico-artistico della Provincia di Cosenza(41), è considerato come uno dei più rappresentativi del centro storico di Acri(42).  Costruito in più fasi, palazzo Dodaro, è il risultato di un lento processo di acquisizione e accorpamento di nuclei abitativi preesistenti. La prima unità abitativa venne acquistata il 7 dicembre del 1788 da Domenico Francesco Dodaro e a questa se ne aggiunsero progressivamente molte altre ad opera del suddetto e dei suoi discendenti. Il palazzo venne dotato anche di un giardino antistante ed infatti, come si legge in una cronaca manoscritta sulla famiglia: “il 16 Dicembre del 1829, Giambattista Dodaro comprava inoltre dalle sorelle Romeo il giardino sottoposto alla previa strada alla casa di abitazione famiglia Dodaro, arborato di gelsi e confinante da settentrione dalla strada al torrente Calamo e da sopra dalla strada del paese, a ponente col giardino di Concetta Dodaro e da oriente con altri terreni appartenenti al compratore Dodaro” (43). La struttura di cui sopra venne a comporsi, nel suo sviluppo, di due edifici rettangolari all’origine non comunicanti poiché divisi da un viottolo. La fusione fra i due edifici di proprietà  Dodaro, fu opera del Regio Giudice Don Giuseppe, che ne fece prolungare i corpi di fabbrica  sino a eliminare del tutto il viottolo che sino ad allora li aveva divisi(44). Il palazzo sarà ancora ampliato, in anni successivi, tramite l’acquisto seguito dall’annessione, di altre case limitrofe. L’edificio, nel suo insieme, risulta formato dall’unione di due strutture, poste a quote di terreno differenti, delle quali il fabbricato più grande, è costituito da un piano strada (dove trovano collocazione i magazzini e le cantine), più altri due elevati e adibiti ad abitazione. Alcuni ambienti dell’edificio sono altresì abbelliti da raffinati soffitti in carta dipinti, eseguiti verso la fine del XIX e gli inizi del XX secolo. Le stanze con decorazioni pittoriche si collocano al secondo piano e sono: la camera da letto padronale, lo studio e il salone di rappresentanza(45). La struttura più piccola (nonché la più antica) delle due che compongono l’immobile(46), si colloca in posizione sopraelevata e si articola in un piano seminterrato più altri due fuori terra; al piano seminterrato si trova la cappella di famiglia, alla quale si accede esternamente tramite un’elegante gradinata a valle.  All’interno, la piccola navata della cappella è delimitata, sulla destra, da una balaustra e da una successione di archi impostati su colonnine decorate con effetto finto marmo che delimita lo spazio riservato ai membri della famiglia. Come detto sopra, la cappella privata della famiglia Dodaro (dedicata a San Giovanni Battista) venne fondata nel 1660 nella chiesa di Santa Lucia in Cuti (Rogliano), tuttavia la stessa dovette poi essere trasferita in Acri, seguendo di fatto la famiglia nei suoi spostamenti(47). Il trasferimento della cappella da Rogliano in Acri, fu concesso tramite Rescritto pontificio fatto dalla Sacra Congregatione Episcoporum et Regularium sub die 6 Martii 1857 e recante il numero 13038. Con breve apostolico di papa Pio XII, in data 13 ottobre 1951, venne dichiarato privilegiato in perpetuo l’altare della cappella Dodaro, al tempo funzionante come oratorio semipubblico, retto dall’Arciprete di Acri Don Carlo Dodaro. La famiglia Dodaro utilizzava come residenza occasionale la tenuta di Serracavallo in Bisignano, proprietà appartenuta alla famiglia Boscarelli quindi acquistata dal Regio Giudice Giuseppe Dodaro nel 1858 e in seguito ampliata tramite l’acquisto di fondi contigui ad opera dei suoi discendenti(48).

Acri, Palazzo Dodaro ed esterno della cappella privata annessa al palazzo (Si ringrazia per la fotografia, il Dott. Francesco Foggia)


Acri, la decorazione pittorica del salone di rappresentanza del palazzo (Archivio fam. Dodaro).


Tenuta di Serracavallo, ubicata nel comune di Bisignano

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Note:
(1) - G. Fiore da Cropani, Della Calabria Illustrata, Domenico Rosselli, Napoli 1743, vol. II, p.118.

(2) - Località nella quale esiste, ancora oggi, un largo noto come “piazza Dodaro”, antistante l’antica casa palazziata di proprietà dell’omonima famiglia.

(3) - I suoi atti, che coprono gli anni 1558-1596, sono conservati presso l’Archivio di Stato di Cosenza.

(4) - S. Chiatto, Storia di Lago e Laghitello attraverso le locali istituzioni ecclesiastiche, Cosenza 1992, p. 153.

(5) - D. Giovanni Battista Dodaro dotò la sua cappella di un cospicuo patrimonio formato da: “una sua possessione posta nel territorio di Rogliano, loco detto la via di Cuti, arborata di gelsi, vigna et altri albori”, seguono “due case con capo di orto poste a Cuti loco di S. Lucia” nonché “un capitale di docati 20 per carlini 20 annui” e numerose suppellettili liturgiche e paramenti sacri quali: “una casubla di lana d’oro, bianca e rossa con trene d’oro, un’altra casubla, seu pianeta di damasco verde, un calice di argento integro con nove cherubini indorati colla patena, un messale indorato, un campanello di metallo, una borsa di quattro colori, un camice lavorato, tre veli con pizzelli d’oro, uno bianco, uno verde e l’altro rosso, un corporale e palla”.

(6) - Nella chiesa di S. Lucia in Cuti esisteva già un’antica cappella pertinente la famiglia in oggetto, dedicata a S. Pietro ed eretta da tale Giovan Piero Dodaro prima del 1660. Notizie tratte dall’Istrumento di fondazione della cappella di San Giovanni Battista conservato dalla famiglia Dodaro.

(7) - Informazioni tratte dal manoscritto di carattere storico (conservato nella biblioteca privata della famiglia Dodaro), fatto comporre dal regio giudice di San Sosti D. Giuseppe Dodaro nel 1848 e intitolato “Notizie sulla origine, e successiva genealogia della Famiglia Dodaro di Acri, non che sulla provenienza dei fondi che vi possiede”. Il suddetto manoscritto presenta stili di scrittura differenti a dimostrazione di come lo stesso sia stato continuato dai discendenti di Giuseppe Dodaro (suo primo autore).

(8) - R. Capalbo, Memorie storiche di Acri, Edizioni Brenner, Bologna, 1985, p. 89.

(9) - Antonio Lorenzo Dodaro, assieme a suo padre, venne ucciso per un tragico errore dalle truppe francesi del generale Verdier che, nel 1806, attaccarono Acri per liberarla dall’occupazione del brigante Francatrippa. Come riportato dallo storico Raffaele Capalbo: “Adirati i Francesi per la resistenza incontrata e perché un artigliere era caduto su Serravuda, nel furore dello assalto, uccisero, certo additati da traditori acresi, alcuni cittadini innocenti, i quali incautamente erano usciti di casa e mossi all’incontro de’ Francesi. Tali furono Francesco Dodaro, in contrada Ronzo, il figlio di lui, Antonio, in via Colla”. Notizie riportate da R. Capalbo, op.cit., p. 158.

(10) - “Giovanbattista Dodaro, il quale facendo dimora ora in Acri con i genitori, ed ora in Rogliano Cuti, collo zio paterno, ascendeva al sacerdozio, e finì di vivere in Acri la notte del 2 alle 3 Novembre dell’anno 1845”. G. Dodaro, Notizie cit., 1848.

(11) - “il quale di tenera età, passò definitivamente in Rogliano presso lo zio paterno ove avendo preso moglie nella persona di D. Michelina Tosto di Rogliano medesimo, ha procreato molti figli”.  Così G. Dodaro nel suo citato manoscritto di storia familiare. In alcuni atti di nascita, conservati presso il comune di Rogliano, si ritrova il nome di Natale Dodaro che viene qualificato nella sua professione come “Benestante”. Sempre con riferimento a questo personaggio si veda anche E. GABRIELI e G. STUMPO (a cura) “La Chiesa dello Spirito Santo e la Congregazione dei nobili di Rogliano”, Centro di Promozione Culturale “Mons. U. Altomare”, Cetraro 1997, p.45.

(12) - G. Dodaro, Notizie cit., 1848.
(13) - T. Morelli, Descrizione Topografica della Città di Rogliano in Calabria Citra, Stabilimento di Guttemberg, Napoli 1845, p. 19. L’autore riporta: “D. Giuseppe Dodaro Giudice Regio di 2. classe nel circondario di S. Sosti”.

(14) - Almanacco Reale del Regno delle due Sicilie, Stamperia Reale, Napoli 1854, p. 224.

(15) - R. Capalbo, Battista Dodaro, Nuova tipografia della “Lotta”, Cosenza 1901, p. 4. Il medesimo autore fa menzione di Giuseppe Dodaro anche nella sua opera principale “Memorie Storiche di Acri”, dove a p. 89 scrive a proposito della famiglia Dodaro che “Giuseppe fu insigne magistrato”.

(16) - www.faronotizie.it,  F. Regina, A ridosso del Castrum: Capalbi-Ferriolo-Fazio.
(17) - Con riferimento alle diramazioni della famiglia presenti in Acri e Corigliano si rimanda a R.Capalbo, Memorie cit., pp.80-83.

(18) - Appartenente ad una facoltosa e storica famiglia acrese.

(19) - Fra i personaggi insigni di questa famiglia ricordiamo il governatore di Acri Vincenzo Zanfini che sposò Maria de Rosa, sorella del Magistrato Domenico che ricoprì la carica di Presidente del tribunale di Catanzaro nonché di Consigliere della Suprema Corte di Giustizia. Cfr. G. Abbruzzo, Il Palazzo dei principi Sanseverino di Bisignano in Acri, Fondazione Vincenzo Padula, Acri, 2006, pp. 119-120.

(20) - R. Capalbo, Battista cit., p. 5.

(21) - Ibidem.

(22) - R. Capalbo, Battista cit., p. 6.

(23) - Ibidem.

(24) - L’Avv. Giovambattista Dodaro figura fra i maggiori proprietari terrieri di Acri nonché come uno dei principali produttori di olio d’oliva del paese. Cfr. (a cura) Società dell’Annuario Generale d’Italia, Annuario d’Italia. Calendario Generale del Regno parte Seconda, Bontempelli, Roma, 1894, p.2059. A tutt’oggi, in contrada Settarie di Acri esiste una località denominata “Colli Dodaro”, dal nome della famiglia proprietaria di tale fondo.

(25) - Nel 1765 fu eletto Priore della Confraternita del SS. Sacramento, il Conte della Saponara. Cfr R. Capalbo, Memorie cit., p. 46.

(26) - R. Capalbo, Battista cit., pp.10-11. Il nome dell’Avv. Giovanbattista Dodaro, assieme a quello di altri suoi confratelli, ricorre su di una targa marmorea apposta sull’ingresso della cappella di cui sopra.

(27) - Antica famiglia patrizia di Acri. Lo stemma dei Gaudinieri è il seguente: “Un uccello con le ali spiegate, che tiene nel becco una rosa (in campo azzurro)”. Cfr R. Capalbo, Memorie cit., p. 91

(28) - “De Simone (da Terranova di Sibari). Il notaio Ferdinando de Simone si trovava in Acri nel 1746. Resero illustre questa famiglia Filippo, vescovo di Nicotera e Tropea, vero apostolo di carità, Ferdinando, Pres. di Tribunale e Francesco Maria insigne letterato”. Cfr R.Capalbo, Memorie cit., pp. 88-89. Pasquale de Simone (1749-1816) fu agente in Acri del Principe Sanseverino di Bisignano. Cfr G. Abbruzzo, Il Palazzo cit., p. 130. Lo stemma della famiglia de Simone è così blasonabile: “Un albero in campo di argento sopra una fascia di verde: sopra tre stelle d’argento in campo azzurro”. Cfr R. Capalbo, Memorie cit., p.91.

(29) - Si veda R. Capalbo, Memorie cit., p. 88.

(30) - La famiglia Spezzano (o de Spezzano) di Acri annovera personaggi illustri come il Tenente Saverio Spezzano che venne nominato nel 1842 Capo urbano e primo eletto del comune di Acri (R.Capalbo, Memorie cit., p.183.) e l’Avvocato Francesco Spezzano (1903-1976) che fu Sindaco di Acri e Senatore della Repubblica Italiana dal 1948-1968.

(31) - Per maggiori notizie si rimanda a D. Berlingieri, Antonietta Julia nata Dodaro, Cosenza 1898.

(32) - Questi, dopo la prematura scomparsa della moglie, comporrà in suo onore alcune struggenti poesie contenute nel volumetto “Momenti” edito nel 1901.

(33) - “Nel 1506 un beneficio laicale della Immacolata concezione fu fondato nella chiesa di San. Nicola di Bari per atto di Not. Gaudinieri, dal parroco Nicola Maria Iulia. Nel 1706 Fabrizio Iulia cedette a Gius. Sanseverino, Princ. Di Bisignano, un suolo dove questi edificò il suo palazzo, permutandolo con la casa ed il fondo Macchia. I fratelli Iulia, Salvatore e Antonio, figli del dott. Raffaele e di D.Giuseppina Capalbo, vissero a’di nostri. Salvatore, morto nel 1851, fu insigne avvocato, Antonio ebbe talenti non ordinari e mente assai acuta. Medico illustre, in età provetta, in pochi mesi, studiò leggi presso il Focaracci e ne apprese quanto ne ànno i più maturi; onde s’incentrarono in lui il medico e l’avvocato”. Cfr. R. Capalbo, Memorie cit., p. 88. Lo stemma della famiglia Julia è così blasonabile: “Nella parte inferiore un albero, in mezzo una fascia d’oro e nella superiore un braccio sporgente da destra, con in mano un uccello in campo azzurro”. Cfr Ivi, p.91.

(34) - Poiché, per motivi lavorativi, passava lunghi periodi a Cosenza, stabilì la propria abitazione e studio presso palazzo Compagna sito in Corso Telesio.

(35) - AA.VV. Luigi Dodaro, Stabilimento Tipografico dei Fratelli Tornese, Napoli 1888, p.16.

(36) - Cfr. articolo uscito sul Gazzettino di Venezia il 5 Marzo del 1940.

(37) - Nel 1497 il Re di Napoli, Federico d’Aragona, per arginare l’invasione delle truppe francesi in Italia, ordinò alla famiglia Salvidio di difendere in sua vece il castello di Acri contro gli invasori. I fratelli Placido, Sebastiano, Carlo e Troiano Salvidio opposero ai francesi una strenua resistenza ma, a conclusione di un accanito assedio, dovettero cedere alla preponderanza numerica del nemico. Il castello fu preso e mentre: “Due degli eroici fratelli, feriti, vedendo inutile resistenza, con pochi altri, si salvarono per il sotterraneo del Castello”, Sebastiano e Placido vennero, invece, catturati quindi “tagliati a pezzi e posti dentro il letame”. Sempre per vendetta, i francesi, dopo aver scaraventato dalle mura del castello i resti dei fratelli Salvidio, ne saccheggiarono e incendiarono il palazzo sito nel rione Parrieti di Acri. A seguito della vittoria di Federico d’Aragona, questi per riconoscenza, concesse a Carlo e Troiano e ai discendenti di Sebastiano e Placido, diversi privilegi che “furono confermati da Ferrante il Cattolico, nel 1513, da Carlo V nel 1524, da Filippo II nel 1584 e da Filippo III nel 1600 e posteriormente”. Per approfondimenti si veda R. Capalbo, Memorie cit., pp. 107-109.

(38) -  Su sua iniziativa, la famiglia Dodaro in data 24-7-1995, fece dono alla Basilica di Acri del Sandalo destro di Sant’Angelo (custodito, sin dal XVIII secolo, dalla famiglia assieme ad altre reliquie del frate acrese). La reliquia è esposta in una teca presso il Museo del Santuario.

(39) - Questa famiglia ebbe, nel XVII secolo, il titolo di Baroni delli Scuderi. Tale feudo passerà poi alla famiglia Marzano. Cfr. Giornale Araldico-Genealogico-Diplomatico, Vol. II, Pisa, 1875.

(40) - Si ringrazia il Sig. Gianfranco Trentacapilli per la descrizione araldica degli stemmi, rappresentati ad inizio racconto.
(41) - http://burc.regione.calabria.it 

(42) - D. Guido (a cura), Enciclopedia dei Comuni della Calabria con guida storico-turistica, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2002, vol. I, p. 116.

(43) - Notizie riportate dalla platea della famiglia Dodaro, redatta dal Regio Giudice Don Giuseppe Dodaro nel 1848. Nel giardino del palazzo, sono ancora oggi visibili alcune strutture dalla tipologia a schiera (note come “Casette basse Dodaro”), costruite nella prima metà del XIX secolo. Le citate strutture fungevano sia da abitazione per i coloni della famiglia sia da magazzini per i generi alimentari; nei locali siti al piano terra delle stesse trovava collocazione un antico frantoio.

(44) - Nella platea della famiglia si legge: “riduceva il tutto a forma di palazzo, come attualmente si vede il fabbricato”.

(45) - Per approfondimenti sulle decorazioni del palazzo si rimanda a F. P. Dodaro, Palazzo Dodaro fra simbolismo e allegorie, in Confluenze rivista culturale quadrimestrale, Anno VI-n.1 Gennaio/Aprile 2018, Comet Editor Press, Marzi (Cosenza).

(46) - Nella tradizione popolare palazzo Dodaro è tutt’ora indicato, nelle sue componenti, come “il palazzo di sopra” e “il palazzo di sotto”; individuando con tale dicitura rispettivamente il fabbricato ospitante la cappella privata e il resto dell’edificio.

(47) - Come attesta una lettera conservata nell’archivio della famiglia Dodaro, la richiesta di trasferimento fu avanzata, alla competente autorità ecclesiastica, dal giudice Giuseppe Dodaro, in qualità di amministratore dei beni di suo figlio Giovanni Battista che aveva ricevuto:“in legato dal fu suo prozio Giovanni Battista Dodaro una cappellania di jus patronato della famiglia, situata nella chiesa parrocchiale di Rogliano; e non trovandosi certo di tenere colà questa cappellania, perché la famiglia Dodaro si trova da circa un secolo stabilita in Acri; supplica umilmente la Santità Vostra a voler concedere che la qui detta cappellania possa venire trasferita in un particolare Oratorio, che il supplicante ha divisato di erigere in Acri accanto alla sua casa di abitazione”.

(48) - G.Dodaro, Notizie cit., 1848.


Continua sul sesto volume in preparazione di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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