
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Armi:
Filangieri:
d'argento alla
croce azzurra.
Carlo I d’Angiò concesse ai Filangieri di aggiungere
nel proprio stemma un labello rosso a tre pendenti.
Lo scudo, con privilegio di Carlo VI del 1720, fu accollato all'aquila con
due teste dell'impero d'Asburgo-Austria
(1).
Filangieri de Candida o Candida:
d'argento alla sirena di carnagione coronata d'oro, nuotante in un
mare verde.
Filangieri de Candida Gonzaga:
inquartato, nel 1° e 4° d'argento alla sirena di carnagione
coronata d'oro nuotante sopra un mare un mare verde; nel 2°
e 3° d'azzurro alla croce d'argento.
Filangieri di Sicilia: di rosso alla croce d'argento caricata
da nove campane di nero. |

© Napoli - Stemma famiglia Filangieri |
La
chiarissima ed illustrissima famiglia Filangieri che ebbe gran parte
nella storia del Regno, principalmente sotto la dominazione normanna e
sveva. Potentissima per importanti e numerose Signorie feudali, per
valore militare e per i maggiori uffici dello Stato, e le maggiori
dignità della Chiesa, fu decorata di vari titoli di principe, duca,
marchese e conte. Ricevuta nell'Ordine di Malta fin dall'anno 1444,
insignita del Toson d'Oro e dei più illustri Ordini Cavallereschi.
Secondo alcuni autori la famiglia Filangieri discende dai
normanni; il capostipite fu Angerio, milite normanno, giunto in Italia
al seguito di Roberto I il Guiscardo (1015†1085), duca di Puglia;
le
sue ossa riposano in pace nella chiesa della
SS. Trinità di Cava
de’ Tirreni, insieme alla moglie ed altri suoi discendenti che
elargirono all'Abbazia di Cava varie donazioni.
I
figli di Guglielmo (†1187), chiamati “Filii Angerii”, acquisirono il nome Filangieri. |
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© Cava de' Tirreni - Abbazia
della SS. Trinità dove sono sepolti Augerio con la moglie
Urania, Ruggero
(†
1255) ed altri discendenti dei Filangieri. |
Riccardo Filangieri († 1243),
signore di Pozzuoli, nel 1228 partecipò, con i suoi 500 cavalieri, alla
Crociata voluta dall’imperatore
Federico II di Svevia e fu nominato nell’anno successivo Governatore
di Gerusalemme; nel 1235 fu Balì del Regno di Gerusalemme.
Riccardo
I Filangieri, Signore di Gragnano, Nocera, Nusco, Satriano e Lettere,
nel 1253 fu
Podestà del
Ducato di Napoli; nel 1254 partecipò valorosamente alla difesa della
città, assediata da
Corrado IV;
nel 1266 partecipò alla
battaglia di
Benevento sotto le insegne di re Manfredi di Svevia. Si deve
a lui la fortificazione del castello di Lettere facendo
costruire
il mastio e la torre est. |

© Lettere (NA) - il castello
appartenuto a Riccardo Filangieri, feudatario di Lettere dal
1263. |
Riccardo II, conte di Marsico, tradì
re Carlo I d’Angiò e partecipò alla
congiura di
Giovanni da Procida per favorire la venuta di
Corradino di
Svevia; dopo la battaglia di Tagliacozzo (1268) gli furono
confiscati tutti i beni.
Giordano Filangieri,
nominato nel 1232 imperialis marescalcus, sposò nel
1234 la sorella di Alduino de Candida, il quale donò
i feudi di Candida e Lapio, in provincia di
Avellino. Alla morte di Giordano, il feudo di
Candida toccò in eredità al figlio Aldoino,
dal quale prese nome il ramo Filangieri de
Candida o Candida.
Nel 1330 Filippo Filangieri entrò nel governo
del feudo e nel 1340, raccogliendo i centri di
Arianiello, Parolise, Salza Irpina, S. Potito,
Salsola, Manocalzati, S. Barbato e Pratola Serra,
costituì la Baronia di
Candida.
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© Arma dei Filangieri Candida o
Candida. A destra: Napoli - Latra tombale di don Domenico
Candida,
patrizio di Gerace (†
Napoli, 1788) |
I Candida o Filangieri di Candida ottennero le
baronie di Cancellara e
Santacroce. Godettero di nobiltà in
Benevento, Nola, Trani e Lucera. Il Ramo di
Benevento, baroni di S. Nicola dei Carcisi si
estinse nel XVI secolo.
I Candida di Lucera acquisirono il
titolo di conte ed il
conte Antonio, patrizio di Lucera, nipote di
Elena Gonzaga, fu autorizzato nel 1859 ad usare i
doppio cognome Candida Gonzaga. Nello stesso
anno, il Casato fu autorizzato a riprendere l'avito
cognome Filangieri
Tra i vari cavalieri del
S.M.O. di Malta
si ricorda
Frà Carlo Candida (Lucera,
1762 † Roma, gennaio 1845),
luogotenente generale di detto Ordine.

Napoli,
stemma Candida con le insegne melitense |
Il ramo napoletano
dei Filangieri, poi Filangieri di Candida Gonzaga, fu aggregato
al
Patriziato Napoletano dei Seggi di
Capuana
e
Nido
e nel 1800
iscritto nel Libro d’Oro Napoletano,
nei rami di Arianello
e Satriano.
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© Napoli
- Stemma di Gaetano Filangieri, principe
di Satriano |
La
contea di Avellino (già signoria dei
del Balzo) pervenne alla
famiglia Filangieri, nella persona di Giacomo I,
nominato conte di Avellino nel
1382, sposo di
donna Giovanna
Minutolo.
Successore fu Giacomo Nicola I, sposo di donna Ceccarella
Sanframondi, che dovette resistere alle pretese sui
territori di
re Ladislao
di Durazzo, sostenendo un lungo ed estenuante assedio al
castello di Avellino.
Nel 1418, grazie alla promulgazione della
Prammatica Filangeria,
emessa a Napoli in Castelnuovo di Napoli il 19.1.1418 dalla
Regia Commissione, presieduta dal
Gran Cancelliere del Regno Marino
Boffa e dai giudici
della
Gran Corte
della Vicaria, tra cui Carlo
Gaeta, recante anche la firma della regina
Giovanna II, la contea
ritornò ai Filangieri de Candida, nella persona di Caterina
(1399 † 1433), moglie del potente
Sergianni Caracciolo.
Quest'ultimo fu ucciso a tradimento nel 1432 con la
complicità della sua amante la Regina Giovanna II, che sfogò
la sua rabbia confiscando tutti i beni della moglie del suo
ex amante e imprigionando il figlio Troiano Caracciolo. |

Avellino - ciò che resta del
castello abitato da Caterina Filangieri de Candida
|
La contessa di
Avellino si rifugiò nel suo castello di Caivano e, solo
grazie all’intervento del principe di Taranto, del Balzo
Orsini, le fu restituita la Contea di Avellino;
successivamente, il 29 agosto 1432, Troiano fu liberato in
cambio della consegna dell’immenso tesoro accumulato da Sergianni
Caracciolo a Melfi. Si pattuì anche la restituzione delle
terre, dei castelli e degli altri beni del defunto; per
garanzia, donna Caterina dovette offrirsi in ostaggio alla
Regina.
Nel 1436 Troiano Caracciolo del Sole fu reintegrato dalla
regina Isabella, madre di
Roberto
d’Angiò, nella contea di Avellino e nel 1441 nel ducato
di Melfi.
Caterina Filangieri di Candida morì a Napoli
nel 1447 e riposa in pace nel monumento funebre posto nel
santuario benedettino di Montevergine. |

© Sepolcro di Caterina Filangieri
(†
Napoli, 1447),
moglie di Sergianni Caracciolo |
Nel 1638
Tommaso Filangieri
(detto anche Giovan Tommaso),
figlio di Luigi barone di San
Lorenzo e Filetto dei
duchi di Laurino, fu uno
dei fondatori,
insieme ad altri cavalieri Napoletani, tra cui
Carlo Onero
Cavaniglia,
Scipione
Filomarino,
Carlo
Dentice delle Stelle,
Goffredo
Morra, Placido
Dentice del Pesce,
Scipione
di Sangro duca di Casacalenda, Giovan Battista di
Sangro principe di Viggiano e Giovan Francesco di
Sangro principe di Sansevero, del
MONTE GRANDE DE’ MARITAGGI
di Napoli,
istituzione benefica con lo scopo di assicurare una
cospicua dote alle fanciulle aristocratiche che si sposavano(2).
Giovan Gaetano Filangieri (Lapio,1676 †
San Sebastiano al Vesuvio, 1750), Signore di Lapio, Rogliano
e Arianello, Patrizio Napoletano aggregato al Seggio di
Capuana nel 1685, fu decorato nel 1724, con diploma
imperiale di
Carlo VI d’Asburgo, col titolo di
principe di Arianello, uno dei tre Casali che
formavano l’avito feudo di Lapio,
ove i Filangieri erano baroni
da più generazioni, qui esercitavano il mero e misto
imperio, cioè la giurisdizione civile e criminale con
annessa mastrodottia. |
© Napoli - uno
dei palazzi dei Filangieri. In questa dimora, luogo di incontro
di illustri personaggi, nacque Gaetano Filangieri |
Nel palazzo baronale di Lapio trascorrevano
brevi periodi in quanto la dimora abituale dei Filangieri era a
Napoli, all’angolo tra via Atri e via dei Tribunali. Detto don Giovan Gaetano sposò nel 1700
donna Anna Maria
de Ponte
(Napoli, 1682
† San Sebastiano, 1757), figlia ed erede di
don
Cesare dei duchi di Flumeri e di Giovanna
Severino.
I titoli di barone di Lapio e
principe di Arianello passarono poi per eredità in casa
Monaco di
Lapio.
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Lapio (AV), Palazzo
Filangieri |

Lapio (AV), Palazzo
Filangieri, Stemma |
.jpg)
Lapio
(Avellino) |
Don Cesare Filangieri
(Lapio, 1705
† Napoli, 1767), secondo principe di Arianiello
dal 1750, sposò nel 1740 donna Marianna
Montalto dei duchi di Frignano (1723
† 1812).
Suo fratello, Riccardo (Lapio, 1713 † Napoli, 1782),
patrizio napoletano, nel 1729 divenne monaco benedettino
adottando il nome Serafino; fu arcivescovo di Matera e
Acerenza dal 1758, arcivescovo di Palermo dal 1762, Vicerè del
Regno di Sicilia nel1774, arcivescovo di Napoli 1776, cavaliere
dell’Ordine
di San Gennaro e del
Real Ordine Costantiniano di San Giorgio nel 1776.
Uno dei figli di
don
Cesare e di donna Marianna fu don Gaetano Filangieri (Cercola 1752
†
Vico Equense 1788); fu
avviato sin da giovane alla carriera militare e divenne prima
Tenente di fanteria e poi
Ufficiale del Regio Corpo di volontari di marina.
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San Sebastiano al
Vesuvio, Chiesa madre di San Sebastiano Martire, elevata
a Parrocchia nel 1580 dal Vicario Generale
Monsignor Vincenzo
Quattromani
per ordine dell'arcivescovo di Napoli, Annibale
di Capua;
fonte battesimale in
marmo dove nel 1753 fu battezzato Gaetano Filangieri
(3) |
Si dedicò soprattutto agli studi e nel 1775 si laureò in legge,
fu degno contemporaneo di
Giambattista Vico, amico
e corrispondente di Goethe.
Scrisse numerose opere tra cui "Le norme generali" nel
1780, "Il diritto e la procedura penale" nel 1783, "Sull'educazione" nel 1785.
"La Scienza della Legislazione",
scritta a soli 28 anni, gli diede fama internazionale, in
materia di filosofia del diritto e teoria della giurisprudenza.
Il testo venne tradotto in inglese, in francese, in tedesco, in
spagnolo e diviene uno dei modelli ispiratori di Beniamino
Franklin per la stesura della Costituzione
Americana e punto di riferimento per gli intellettuali
illuministi, fautori della
Repubblica Napoletana del 1799. |

© Gaetano
Filangieri (1752 † 1788) |
Nel 1782 fu Commendatore del Priorato di Sant’Antonio
di Sarno per l’Ordine Costantiniano di San Giorgio; nel 1787
Ferdinando IV di
Borbone lo nominò Consigliere del Supremo Consiglio delle
Finanze.
Nel 1783 sposò la contessa Carolina Frendel, figlia del Conte
Giorgio Cornelio, damigella della Regina di Napoli e in seguito tutrice
di Maria Luisa di Borbone, principessa di Napoli e Sicilia.
Nel 1788, insieme alla moglie Carolina, il Filangieri si recò a
Vico Equense, nel castello feudale, ospite della sorella
Teresa che aveva sposato Filippo
Freschi Ravaschieri.
Qui si ammalò e il 21 luglio 1788 rese l'anima a Dio. |

© Vico Equense - Chiesa SS.
Annunziata |

© Lastra tombale di Gaetano
Filangieri |
Fu
seppellito nella vicina Cattedrale della SS. Annunziata insieme
alla moglie.
Carlo, ultimo figlio del
giurista Gaetano,
nacque
a Cava dei Tirreni il 10 maggio 1784. Si arruolò nell'esercito
napoleonico e combatté valorosamente ad Austerlitz riportando
numerose ferite. Nel 1806 partecipò all'assedio di Gaeta col
grado di capitano agli ordini di Giuseppe Buonaparte. Nel 1808, durante la conquista della Spagna, si
distinse nella presa di Burgos. Fu nominato da
Gioacchino Murat
colonnello e poi generale, dopo la sua eroica condotta nella
campagna di Russia. Sempre con Murat combatté in Italia contro
gli Austriaci e sul Po fu gravemente ferito. Nel 1810,
per difendere l’onore delle truppe napoletane,
sfidò e uccise in duello
il generale francese François Franceschi.
Subito dopo l'avvenuta restaurazione borbonica, si ritirò
dall'esercito.
Nel 1817 fu dichiarato erede dallo zio Filippo
Ravaschieri Fieschi
e re Ferdinando I°, nel 1819
lo decorò coi
titoli di
principe di Satriano
e duca di Cardinale,
conservandogli il grado di Generale. Assunse il comando della
Guardia Cittadina di Napoli, durante i moti del 1820-21. Fu
nominato Cavaliere del
Real Ordine di San Gennaro
nel 1831,
Cavaliere di Gran Croce del
Real
Ordine di S. Giorgio della riunione, e nel 1848
Cavaliere di Gran Croce del
Reale Ordine di S. Ferdinando e del merito.
Successivamente, si ritirò a vita privata ma, nel 1848, fu
reintegrato da re
Ferdinando II
di Borbone, il quale lo inviò in Sicilia per debellare l'insurrezione siciliana,
col grado di Luogotenente.
Sposò donna Maria Agata Moncada, figlia di don Giovanni Luigi,
principe di Paternò e di donna Giovanna del Bosco dei duchi di
Belvedere.
Nel
1849 fu insignito del titolo di
duca di Taormina
e
nel 1859 Presidente dei Ministri a Napoli.
Il
principe trascorse parte degli ultimi anni, assistito dalla
figlia Teresa, nella sua villa di Pozzuoli.
Stimato
da tutti, avversari ed amici,
morì a S. Giorgio a Cremano nel 1867,
alla venerabile età di ottantatrè anni; le sue ossa riposano in
pace nell'imponente
monumento funebre eretto nella chiesa di S. Maria di Piedigrotta
a Napoli.
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© Carlo
Filangieri (1784 † 1867),
principe di Satriano |

©
Napoli - ingresso Museo Filangieri
|
Alla morte di Carlo, il figlio Gaetano Filangieri
(Napoli, 1824
†
ivi, 1892), ereditò i titoli di principe di Satriano e duca di
Taormina.
Si dedicò completamente agli studi, alla raccolta, catalogazione
e conservazione di opere artistiche e storiche.
Fondò in Napoli il Museo Civico Filangieri nel palazzo
rinascimentale della famiglia
Como, che
donò alla città.
Fu
vice Presidente della Società di Storia
Patria, Consigliere della Consulta Araldica e
Presidente del Museo
da lui fondato.
La sua opera fu egregiamente proseguita dal nipote Riccardo Filangieri dè Candida Gonzaga (1845 † 1920, figlio di
Bernardo e
di Maria Masola dei marchesi Trentola. |
© Napoli - Cappella Filangieri -
busti di Roberto Filangieri e di Carolina Frendel Caietani,
moglie di
Gaetano Filangieri (1752
† 1788)
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Napoli - Stemma Filangieri di
Napoli. A destra: l'arma dei Filangieri di Sicilia |

Napoli - Le armi
dei Filangieri |

Napoli - Museo Filangieri,
uno scrigno d'arte da visitare |
Paramento con lo stemma
dei Filangieri di Sicilia
Per gentile concessione del nobile Roberto
Bilotti Ruggi d'Aragona |
Secondo vari scrittori
(4)
un ramo di detta famiglia fu portata in Sicilia da un
Riccardo Filangieri,
conte di Marsico e signore di
S. Marco; quest'ultimo feudo fu portato in dote dalla
moglie Ricca Rosso. |

Palermo, palazzo fatto
costruire dai Filangieri dei
principi di Cutò nel 1764 e
restaurato dalla famiglia Starrabba principi di
Giardinelli |

Stemma Filangieri |
____________
Note:
1)
- Libro d'Oro Napoletano - Archivio di Stato di Napoli -
Sezione Diplomatica.
2)
-
Istituirono il Monte Grande de’ Maritaggi
38 nobili, essi furono: Tommaso (detto anche Giovan
Tommaso) Filangieri figlio di Luigi barone di San
Lorenzo e Filetto dei duchi di Laurino, Scipione
Filomarino Mastro di Campo, Carlo Dentice delle Stelle,
Pacido Dentice del Pesce, Carlo Cavaniglia marchese di
San Marco, Landolfo d'Aquino, Giovanni d'Aquino, Alfonso
del Doce duca di Cufriano, Giulio Caracciolo, Carlo
Andrea Caracciolo marchese di Torrecuso, Ettore
Caracciolo marchese di Barasciano, Giovan Francesco
Caracciolo, Giuseppe Caracciolo principe di Torella,
Marcantonio Carafa, Carlo della Leonessa principe di
Sepino, Donato Coppola duca di Cassano, Fabrizio de
Silva, Federico Pappacoda marchese di Pisciotta, Orazio
di Gennaro, Francesco Galluccio, Ottavio Guindazzo,
Giovan Battista Brancaccio di Cesare, Ferrante
Brancaccio di Rinaldo principe di Ruffano, Paolo
Marchese marchese di Camarota, Giovan Francesco di
Sangro principe di Sansevero, Scipione di Sangro duca di
Casacalenda, Giovan Battista di Sangro principe di
Viggiano, Goffredo Morra marchese di Monterocchetta e
Principe di Morra, Vincenzo Mora, Ottavio Monaco, il
Consigliere Tommaso de Franchis, Andrea de Franchis
marchese di Taviano, Francesco Maria di Somma, Carlo
Spinello principe di Tarsia, Giovan Battista Pisanello,
Antonio Castigliar marchese di Grumo, Orazio Suardo e
Vincenzo del Tufo.
(3) - B. Cozzolino, "San
Sebastiano al Vesuvio: un itinerario storico artistico e
un ricordo di Gaetano Filangieri", Napoli 2006.
(4) - V. Palizzolo Gravina,
" Il Blasone di Sicilia", Edizioni Clio, Brancato
Editore, 2000. |
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