Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Famiglia Stendardo

Arma Famiglia Stendardo: d’argento al leone di nero con la banda di rosso attraversante sul tutto.
Arma Famiglia Boffa: d’azzurro al pesce d’argento.

Dimora:
Cava dei Tirreni e Trani
Titoli:
conti di Alife, baroni di S. Antimo, nobili, patrizi di Trani.


© Popoli - Stemma Famiglia Stendardo
Per gentile concessione di Stefano Mari

La famiglia Stendardo (in antiquo Etentard), originaria della città di Berre in Provenza, venne nel napoletano al seguito di Carlo I d’Angiò alla conquista del Regno con Guglielmo Stendardo ( 1271), comandante di Cavalleria,  che portò durante la guerra lo stendardo Reale e, dopo la vittoria su Corradino di Svevia, ottenne in dono, i feudi di Arienzo, Sant’Antimo e Pomigliano, in Terra di Lavoro, in Principato ultra il feudo di Arpaia e in Abruzzo Citra la città di Popoli. Fu, inoltre, nominato dallo stesso Sovrano, Maresciallo e Grande Ammiraglio del Regno di Napoli e vicerè del Regno di Sicilia.
La famiglia fu ascritta al Patriziato Napoletano del Seggio di Montagna.
Detto Guglielmo ebbe vari figli, tra i quali: Guglielmo Junior, Galeazzo che si stabilì in Sicilia dove ottenne le terre di Caccavo e Galliano; i suoi discendenti furono tutti massacrati duranti i moti del Vespri siciliani, ed Eustochia che impalmò Raimondo del Balzo, primogenito di Bertrando, conte di Avellino.
Il predetto Guglielmo Junior Stendardo ereditò titoli e beni alla morte de padre e fu nominato Contestabile del Regno di Napoli, con facoltà di eleggere i vice Contestabili; rese l’anima a Dio nel 1308 e fu sepolto in Napoli nella Chiesa di S. Lorenzo dei Minori. Sulla lastra tombale vi era il seguente epitaffio:

Strenuus, ingenuus, vir prudens, ut Leopardus,
Regius, egregius jacet hic ut florida nardus.
Hic est Extendardus Guilelmus nomine: Numen
Transitus ad lumen, precor, ut non sit tardus,
Bella Comestabulus, quem lapis iste legit.
Gallia quem genuit, Carolus Rex fovit honoris
Culmine: qui meruit Deus ut Ornet veste decoris.

Tommaso fu Ciambellano di re Carlo II d’Angiò e nel 1315 e, sotto re Roberto II d’Angiò, fu Capitano Generale della Calabria; ottenne i feudi di Tramonti, Montalbano, Policoro, Martorano, San Salvatore, Fasulo, Bagnoli, Castelluccio e Pantano.
Impalmò nel 1302 Isabella Siginolfo, figlia di Bartolomeo, conte di Caserta, Cameriere Maggiore e Gran Camerlengo di re Carlo II. Le nozze furono celebrate per volere del Re in Castel Capuano a spese della corte.


Sant'Antimo (NA), uno dei tanti feudi della Famiglia Stendardo - Castello baronale
da http://it.wikipedia.org/wiki/Sant'Antimo_(Italia)

Filippo fu Giustiziere di Terra di Lavoro e poi di Terra di Bari ai tempi di re Roberto d’Angiò.
Gianotto († 1381), per ordine della regina Giovanna I, nel 1361 attaccò e conquistò la città di Aversa occupata  dai Durazzo.
Jacopo,
barone di S. Antimo, fu giudice di Napoli e Ciambellano di Re Ladislao di Durazzo.
Giannotto II († 1405), patrizio napoletano del Seggio di Montagna,  fu decorato col titolo di 
Conte di Alife, città in Terra di Lavoro; sposò Sancia Orsini, figlia di Roberto Conte di Nola. Ebbero una sola figlia di nome Giovannella che fu allevata insieme alla futura regina Giovanna II e fu promessa in sposa a Samuele Tomacelli, nipote del Pontefice Bonifacio IX. Il Papa morì e re Ladislao non volle dare l’assenso al matrimonio; nel 1417 detta Giovannella, unica erede di un immenso patrimonio, sposò Marino Boffa, Gran Cancelliere del Regno di Napoli, Capo del Consiglio Reale, che era entrato nelle grazie della regina Giovanna II, ma solo per poco tempo.
Nel 1418, grazie alla promulgazione della Prammatica Filangeria, emessa a Napoli in Castelnuovo di Napoli il 19.1.1418 dalla Regia Commissione, presieduta dal Gran Cancelliere del Regno Marino Boffa e dai giudici della Gran Corte della Vicaria, tra cui Carlo Gaeta, recante anche la firma della regina Giovanna II, la contea di Avellino ritornò ai Filangieri de Candida, moglie di Sergianni Caracciolo.
La sovrana si invaghì di Sergianni Caracciolo che spogliò il Marino di numerosi feudi; quest’ultimo si vendicò nel 1432: fu tra quelli che uccisero il Caracciolo.
I figli di detto Marino e Giovannella presero il cognome della madre e si dissero Boffa Stendardo o semplicemente Stendardo.
I Boffa Stendardo hanno goduto di nobiltà in Napoli nel Seggio di Montagna, in Trani ove furono ascritti al Seggio di Campo de’ Lombardi nel 1722 e in Pozzuoli.
Carlo, cavaliere del Seggio di Montagna, nel 1494 ebbe l’incarico per il suo seggio di curare l’esequie di Ferrante I d’Aragona che fu esposto in Castelnuovo e poi nella Basilica di San Domenico.


© Arma con le insegne delle Famiglie Stendardo e di Gennaro, imparentate.

Per eventuali approfondimenti si consiglia di consultare le tavole genealogiche redatte da Serra di Gerace e gli Affari della “Real Commissione dei Titoli di Nobiltà”.


Casato inserito nel 4° Volume di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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