Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

GLI ALBANESI NEL REGNO DI NAPOLI E
LA DIASPORA GRECA

a cura di Renato Campofreda


I Primi arrivi di gruppi consistenti di Albanesi nell'Italia Meridionale, avvennero verso la metà del 1400, quando, dopo la morte di Alfonso I d'Aragona, salì al trono il figlio, Ferdinando.

Ferdinando o Ferrante I d'Aragona
Ferdinando o Ferrante I d'Aragona
© Proprietà Fondazione Biblioteca Pubblica Arcivescovile "A. De Leo" di Brindisi.

Il nuovo Re, fu riconosciuto, sia dal Papa che da quasi tutti i Baroni del Regno.
Alcuni grandi feudatari però, non accettarono questo nuovo sovrano, e si coalizzarono, contro di lui, ribellandosi.
Molti Principi, tra cui l'Orsini Principe di Taranto, Girolamo Sanseverino Principe di Bisignano, il Caracciolo Duca di Venosa, e molti altri, invitarono il Duca di Calabria, Giovanni d'Angiò, che si trovava a Genova per incarico del Re di Francia, con la qualifica di Protettore, a scendere nel regno per mettersi a capo dei Baroni ribelli.
Il d'Angiò, non si fece pregare e  radunò un forte esercito, assoldando anche il famoso Giacomo Piccinino, che era a capo di molti mercenari. Giovanni d'Angiò, arrivò nelle Puglie, con il suo esercito. Lo scontro coni il Re Ferdinando, si svolse nelle campagne di Sarno. L'esito della battaglia, fu nefasto per il Re di Napoli, che fu sconfitto, e che riparò nel castello di Bari, dove subì l'assedio dei ribelli.
La notizia della disfatta del Re,arrivò a Roma, ed  il Papa Pio II, si prodigò per trovare e mandare aiuti allo sfortunato Sovrano. In questa sua opera, si rivolse al Duca di Milano ed al Duca di Urbino, affinchè scendessero nel Regno, ed apportassero aiuti al Re assediato.

Tra i Sovrani ai quali, il Santo pontefice rivolse richieste di aiuto, ci fu anche il Principe Albanese Giorgio Castriota Skanderbeg.
E' doveroso, dire qualche parola a proposito di questo grande eroe della Nazione Albanese.
La famiglia Castriota, possedeva un piccolo stato, il Principato di Croia, che aveva suscitato comunque gli appetiti del Sultano Murat II, che lo occupò.
Data la superiorità di forze dei nemici, il Sovrano del piccolo Stato, si accordò con il Sultano, ed inviò alla corte della Sublime Porta, il figlio Giorgio.


Castello di Croia

Questo giovane principe, fu allevato ed educato nell'arte della guerra, e tanto valoroso ed intraprendente era, che gli stessi Ottomani lo soprannominarono Skanderbeg, che significa, Alessandro Signore, paragonandolo al grande condottiero Alessandro Magno.
Morto il padre, il giovane Giorgio, tornò in patria, per prendere le redini del governo. La situazione del piccolo Stato era grave. Il figlio di Murat, Maometto I, travagliava con continue scorrerie il territorio dei Castriota, così il Principe Albanese, chiese aiuto al Re di Napoli, Alfonso I d'Aragona.

Questi, mandò un buon numero di soldati, per dare man forte al Castriota, che riuscì così ad arginare le azioni degli Ottomani.
A distanza di venti anni, fu il Sovrano Napoletano ad avere bisogno di aiuto, ed il Principe Albanese, memore degli aiuti ricevuti in passato, rispose subito all'appello del Papa, radunando un esercito e portandosi nelle Calabrie e Puglie. Gli Albanesi, furono di grande aiuto, i ribelli furono sconfitti e l'ordine fu ristabilito. Questi guerrieri levantini, erano abituati ad affrontare il nemico con azioni di guerriglia, come facevano nei loro territori montagnosi e non in campo aperto, comunque, la vittoria arrise loro ed all'esercito di Re Ferdinando. I Francesi furono definitivamente scacciati dal Regno, dopo la battaglia terrestre di Troia e, principalmente, in quella navale di Ischia nel 1464; decisivo risultò l’apporto dato dalla potentissima famiglia napoletana dei Sanseverino, come si evince dalla tavola Strozzi che celebra il successo navale, su ogni nave sventolavano le insegne dei Sanseverino a prua,  quelle degli Aragonesi a poppa.


Particolare Tavola Strozzi

In premio il Sovrano Aragonese, concesse a Giorgio Castriota, i feudi di Monte Sant’Angelo e San Giovanni Rotondo, con diritti fiscali sui porti di Siponto e Trani. Molti degli Albanesi che che avevano accompagnato il loro principe in Italia, chiesero ed ottennero di poter rimanere con le loro famiglie.

Il valoroso  Eroe  morì ad Alessio, il 17 gennaio 1468, a causa di febbri malariche e, dopo qualche anno di strenua resistenza, con i “kapedan” albanesi privi di una vera guida e divisi nella difesa degli interessi particolari di ciascuno, gli Ottomani riuscirono a portare a termine l’invasione tentata così a lungo invano. Gli Albanesi, per sfuggire  al giogo turco, si spostarono, sia in territorio veneto che in Puglia.
I famigliari di Skanderbeg –il figlio Giovanni e la vedova Donika Arianiti- espressero al re di Napoli Ferrante di Aragona la volontà di trasferirsi nei feudi di Giorgio. Il sovrano aragonese, in una lettera del 24 febbraio 1468 che aveva indirizzato a Donika, la salutava come “Ill.[ustris] domina tamquam mater carissima”, aggiungendo “havemo inteso che l’Ill. Scandalbech vostro marito carissimo ad nui como ad patre secundo è stato piacere ad nostro S.re Dio e morto”(1). Lo stesso giorno, Ferrante incaricò il suo ambasciatore Girolamo di Carvigno di recarsi in Albania e comunicare a Giovanni e a Donika che “loro venuta ad nui sera multo piacere, et da nui haveranno quelle carize et honori che figlio deve fare ad matre et patre ad figliolo et non solamente li lassaremo quello ce havemo donato, ma quando bisognio fosse li donaremo de li altri nostri boni”(2).
Molte famiglie seguirono il Principe Giovanni e sua madre, venendosi a stabilire in diverse regioni del Regno di Napoli. Questi Albanesi, ripopolarono molti paesi abbandonati, e ne fondarono di nuovi.

Napoli - Chiesa dei SS. Pietro e Polo dei nazionali greci in Napoli
Chiesa dei SS. Pietro e Paolo dei nazionali greci in Napoli.

Qualche anno dopo, la nipote di Giovanni (figlia di suo figlio Ferrante, 2° Duca di San Pietro in Galatina, oggi Galatina) Irene o Erina (alcune volte citata col nome di Elena),  andò in sposa a Pietro Antonio Sanseverino principe di Bisignano, nipote di quel Girolamo, che partecipò alla Congiura dei  Baroni.
La famiglia Sanseverino era tornata fedele ai sovrani Aragonesi. Pietro Antonio mandò molti degli Albanesi arrivati con la  novella moglie, a popolare suoi feudi nella Calabria (vedi ad esempio Santa
Sofia d'Epiro), altri si stabilirono  nel Contado di Molise, ove in numero elevato si stabilirono a Portocannone, Ururi, Campomarino e Montecilfone.
Negli anni seguenti, vi furono altri arrivi di famiglie "Shkipetare", nel Regno, ed ebbero diversi privilegi concessi dai  Governanti, come esenzioni dal pagamento di tasse ed il permesso di  portare le armi anche nelle stanze del Re. Fu loro concesso di conservare il loro rito Ortodosso, ed i Vescovi ebbero indicazioni a riguardo, di non ostacolare quelle pratiche religiose. Queste famiglie, si stabilirono in  Sicilia, in Calabria, Puglia e nel Molise. Solo poche comunità, oggi, hanno conservato il Rito Greco.

I vescovi della Chiesa di Roma, con il tempo, sostituivano i preti di rito Greco Ortodosso con quelli di rito latino. Si conserva però ancora la lingua Albanese, anche se non è più quella "pura", avendo incluso molti termini italiani.

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© Napoli - targa in memoria dei due capitani greci, Don Nicolo e Angelo Maipesi, comandanti di unacompagnia di 300 soldati a cavallo.

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© Napoli - Demetrio Lecca Epiriota, tenente generale dell'esercito napoletano e dell'Ordine di S. Salvatore in Grecia.
 

Gli Albanesi furono valorosi militari anche ai tempi degli Spagnoli e di Casa Reale di Borbone, come dimostrano le numerose testimonianze storiche a Napoli.

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Note:
1) -
Francesco Trinchera, “Codice Aragonese”, vol. 1, Napoli 1866, pag. 439.
2) - Ivi, pag. 441



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