
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Famiglia d'Alena |
Arma:
d'azzurro, alla colonna
d'argento, cimata da un'aquila d'oro, armata di rosso, accompagnata
in capo da cinque stelle di sei raggi d'argento male ordinate,
sostenuta da due leoni controrampanti d'oro, armati e lampassati di
rosso, il sinistro trafitto da cinque frecce. |

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Stemma d’Alena di Vicennepiane, S. Pietro Avellana
(IS) |
Le
origini XII-XVI sec.: da Sicignano a Limosano. |
Il cognome nella forma latina de Alena, è documentato nell’Italia
meridionale fin dal XIII secolo. Nel 1252, infatti, Matteo de
Alena insieme ad altri dignitari del Regno, tra i quali
Riccardo
Filangieri, Tommaso
Capasso,
il conte di Caserta ed il
conte di Acerra, attende presso il
porto di Siponto l’arrivo del Re Corrado(1).
Lo storico Pietro Ebner(2)
lo cita nella sua opera, indicando come fonte i Registri Angioini.
Dall’Ebner apprendiamo che nel 1271 il re
Carlo d’Angiò
concesse a Matteo d’Alena (Matheo de Alena) milite e
familiare del re, i feudi di Sicignano e Campora ed in seguito il
castello di San Gregorio e quello di S. Nicandro nel giustizierato
di Principato. Ricorda anche una lite insorta tra Matteo d’Alena e
Guido d’Alement (o Alemannia o
Alemagna) per il
possesso di alcune terre nei pressi di Buccino. In un’altra sua
opera(3),
trattando del paese di Campora, ricorda che nel 1269 fu investito
del feudo Matteo d’Alena. Il Carucci (Codice Diplomatico
Salernitano) ed il
Del Giudice
(4), affermano che nel mese di luglio del 1269
vennero assegnati a Matteo de Alena i beni di Giovanni da Procida.
Erasmo Ricca(5)
indica il nome di Mattheus de Alena tra quelli presenti
nell’elenco dei baroni del regno che costruirono e misero a
disposizione delle navi per il re Carlo. Un’altra notizia, la cui
fonte è rappresentata dai registri angioini, anno 1269
(6),
riguarda Matthieu de Alena, che restituisce alla curia il
feudo di Valva in cambio di altri beni nel territorio salernitano
per i quali è tenuto a pagare i ¾ del servizio di un cavaliere.
Infine il nome di Matteo d’Alena lo troviamo nei registri angioini
ricostruiti da Riccardo Filangieri, indicato come Matthei de
Alena.
Nello stesso periodo storico il signore di Sicignano viene alcune
volte individuato col nome di Maynus de
Alena. I registri angioini contengono vari riferimenti al
signore di Sicignano ed alla sua vertenza con il monastero di
Venosa. A tal proposito i documenti ricordano che il re intimò a
Mayno di restituire il casale Vinealis ai
monaci che ne erano i legittimi titolari; alla prima seguirono altre
tre ordinanze dello stesso tenore nelle quali il signore di
Sicignano viene chiamato Maynus
de Alena,
Marini de Alena, e Mayno
de Alenia. Nonostante le differenze di trascrizione del prenome,
considerata la corrispondenza cronologica e l’utilizzo dell’identico
titolo feudale è verosimile ritenere che Matteo e Mayno fossero la
stessa persona. Alle stesse conclusioni giunge l’Ebner il quale
afferma che “A Mayno o Matteo seguì Balduino che era signore di
Sicignano e S. Gregorio nel 1273”; anche nell'Historia
Napoletana di Francesco dé Pietri (1634) si legge: "...Maino (...)
il quale altre volte si vede chiamato Matteo". Vicenzo Tortorella
nel suo libro Radici di roccia, traccia la stessa
successione: a Matteo d’Alena signore delle terre di Sicignano e
Campora, e dei castelli di S. Gregorio e S. Nicandro, segue
Balduino d’Alena, signore di Sicignano. Secondo i risultati
delle ricerche dell’Ebner, Balduino sposò in seconde nozze la figlia
di Guido
d’Alemagna,
Margherita, signora di Manfredonia. La coppia ebbe due figli,
Giovanni ed Andrea. Il primo subentrò al padre nella
signoria di Sicignano; l’altro fu vescovo di Melito e morì nel 1402.
Giovanni fu signore di Sicignano, Romagnano, Palo ed altri casali.
La discendenza di Giovanni(7),
che sposò Isabella
di Gesualdo, prosegue
con Niccolò (che porta il nome del padre della Gesualdo)
marito di Flaminga di Burgenza, Giovanni marito di Antonella
de Porcelet, Pietro che sposa nel 1445 Maria
Capece,
ed infine Giovanni che nel 1472 sposa Piscicella
dé
Piscicelli. Secondo il racconto del
Duca della Guardia(8)
Giovanni, marito della Piscicelli, all’epoca del
re Ferrante ottenne
nuovi territori in cambio di Sicignano, feudo che il sovrano volle
concedere a Iacopo
Caracciolo, Gran
Cancelliere del Regno. Giovanni non contento di una tale permuta,
tentò di riconquistare il feudo: “Ma non soffrendo l’animo a
Giovanni di rimanere privo di quell’antico dominio di casa sua,
s’era l’anno 1474 avvicinato otto miglia a Sicignano per occuparlo,
il che venuto a notizia del Re gli scrive che sotto pena della vita
si parta da quel luogo e vada alle sue Castella, le quali io avviso,
che siano quelle di Sant’Angelo di Limosano e di Civita Vecchia nel
Contado di Molisi, vendute due anni innanzi dal Re alla moglie
d’esso Giovanni, chiamata Piscicella di Piscicelli”. Secondo
altre fonti(9),
invece, fu
Petraccone II Caracciolo
che, nel 1438, avendo combattuto per
Alfonso d'Aragona ed
in saldo di un credito di 8000 ducati d'oro che lo stesso Petraccone
vantava, ottenne il feudo di Sicignano previamente confiscato al
cognato Pietro, che aveva sostenuto la causa del partito angioino.
Pietro risultava essere cognato di Petraccone II poichè quest'ultimo
aveva sposato Caterina Gesualdo, sorella uterina di Pietro (la madre
di Pietro d’Alena e di Caterina Gesualdo era Antonella de Porcelet
che sposò in prime nozze Giovanni d'Alena e, alla di lui
morte, sposò in seconde nozze Sansonetto Gesualdo). Il Masciotta(10)
conferma la titolarità dei feudi di Civitavecchia (attuale Duronia),
Sant’Angelo Limosano e Limosano in capo a Giovanni(11),
ultimo signore di Sicignano. Successore di Giovanni e Piscicella nei
feudi molisani sarebbe Pietro, il quale in seguito li avrebbe
alienati. Limosano rappresenta dunque il luogo in cui approdarono i
d’Alena di Sicignano, ed è proprio nel paese molisano che
incontriamo Berardino d’Alena(12)
(nato nel 1540 ca.) che potrebbe essere ragionevolmente individuato
come uno dei discendenti di Pietro. Da Berardino discende Donato
Antonio(13),
marito di Livia di Pompeo Capilli da cui Berardino (n.
Limosano, 1600) dottore fisico, che trasferì la residenza
della famiglia a Frosolone. |

Castello de Jorio Frisari d’Alena, Macchia d’Isernia
(IS) |
XVII - XIX secolo: i due rami baronali ed il ramo di Campobasso. |
Berardino (n. Limosano, 1600) sposò
Deonora di Ruggiero, da cui Donato (Frosolone 1643
†
1723) che sposò Lucrezia Viano. Essi
ebbero ben dieci figli(14):
1) D. Geronimo Antonio, sacerdote, U.J.D. (1675
†
1759); 2) Laura (n. 1679) che sposò Donato de Cristofaro
della storica nobile famiglia di Frosolone; 3) Teresa
monaca (1682
†
1746); 4) Giuseppe Antonio Berardino Domenico, sacerdote,
U.J.D. (1685
†
1772); 5) Nicola Antonio,
Barone di Macchia d’Isernia
(1688
†
1768), sposa Auriente Mascione dei Baroni di Fossalto; 6)
Francesco Antonio, sacerdote (1690
†
1759); 7) Felice Maria, frate francescano (n. 1692);
8) Lucia (n. 1695) sposa Berardino Mascione, Barone di
Fossalto; 9) Domenico Antonio Berardino,
Barone di Vicennepiane
(1697
†
1764) sposa Agnese Mascione dei Baroni di Fossalto; 10)
Ferdinando, giurisperito (1700
†
1773). |

Castello de Jorio Frisari d’Alena, Macchia d’Isernia
(IS) |
Nicola darà origine al ramo dei Baroni di Macchia d’Isernia,
la cui ultima rappresentante, titolare del feudo, è stata Celeste
che sposò il Conte Giulio Frisari di Bisceglie. L’avito
castello di Macchia è oggi di proprietà dei discendenti di Celeste
d’Alena, Giulio e Nicola de Jorio Frisari.
Domenico Antonio (figlio di Donato 2° Barone di
Vicennepiane e di Agata Angeloni dei Baroni di Montemiglio(15))
, invece, darà vita al ramo dei Baroni di Vicennepiane, che
con altro Domenico Antonio, nipote del precedente, si
trasferì ai primi del 1800, a San Pietro Avellana, ove acquisì, dopo
l’eversione dei feudi, le proprietà dell’ex monastero
benedettino, dipendente dall’Abbazia di Montecassino. |
Stemma d’Alena Baroni di Macchia d’Isernia
(conservato nel Castello, impresso su privilegio di concessione).
A destra: Stemma d’Alena Baroni di Vicennepiane (conservato presso
l’Archivio Centrale di Stato) |
Domenico Antonio (1771
†
1837), U.J.D., Capitano dei granatieri, 3°Barone di
Vicennepiane, sposò il 12 ottobre del 1792(16)
Teresa de Corné, figlia di Giuseppe(17),
Brigadiere Generale dell’Esercito borbonico, Comm. dell’Ordine
di S. Giorgio della Riunione. Gli attuali
appartenenti a questo ramo sono oggi rappresentati dai discendenti
di Federico d’Alena, 4° Barone di Vicenenpiane (1814
†
1892) il quale sposò:
1) - il 30 settembre 1832 a Campobasso, Carolina Vittoria Frangipani
Riccardi
(1803
†
1838), figlia di D. Francesco Saverio Duca di Mirabello. Non
ebbero discendenti;
2) - il 27 luglio 1844 a San Severo, Cristina Concetta
d’Alena dei Baroni di Vicennepiane (1828
†
1853), da cui: Domenico Antonio (n. 1845) 5° Barone di
Vicennepiane (rimase celibe); Giuseppe Antonio (1847
†
1924) 6° Barone di Vicennepiane, che ha dato origine al ramo
di Sanza d’Alena; Elisabetta (n. 1849), sposa Cesare
Patini di Roccaraso; Filomena (n. 1852), sposa Luigi Corrado
di Castel di Sangro.
3) - Il 20 maggio 1860 a Frosolone, Doristella d’Alena dei
Baroni di Vicennepiane (n. 1824), da cui: Francesco (1863
†
1897), Luigi (1863
†
1891), Ferdinando (n. 1865), Lorenzo (n. 1867),
Cristina. Il cognome è attualmente portato dai discendenti di
Ferdinando, residenti a San Pietro Avellana e Roma, e di Lorenzo. |

Concessione del cavalierato dello Speron d’Oro ad
Eugenio dei Baroni d’Alena |
Da Domenico Antonio, 1°Barone di Vicennepiane, attraverso suo
figlio ultimogenito Pompilio (1749
†
1812) si è originato anche un ulteriore ramo stabilitosi a
Campobasso. Ad esso appartenne Eugenio, figlio del predetto
Pompilio, che ottenne da casa Cesarini la nomina a Cavaliere dello
Speron d’Oro, Equiti auratae Militiae, et Sacrii Palatii,
Aulaeque Lateranensis Comiti Palatino nuncupato, con bolla in
data 16 ottobre 1826. Suo figlio Giuseppe sposò Elena
Palmieri,
figlia di Giuseppe Marchese di Monferrato e S. Secondo, Generale
di Cavalleria della Guardia Reale, e di Anna Maria
Maresca
dei Marchesi di Cesa. |
Michele d’Alena (1841†1906).
A destra: Cap. Guido d’Alena, caduto in combattimento |
Da loro discende l’attuale ramo Cancellario d’Alena. Michele
d’Alena (Campobasso, 1841
†
1906) segretario comunale, Cav. autore di diversi volumi
sulla storia e le tradizioni di Campobasso, ha dato origine al ramo
attualmente residente a Venezia e discendente da Guido (n.
1881)
capitano comandante del II battaglione del 164° reggimento di
fanteria della brigata
‘Lucca’;
cadde in combattimento ed a Gorizia esiste una dolina a lui
intitolata. |

Palazzo d’Alena con la scalinata di Porta S. Pietro,
Frosolone (IS) |

Palazzo d’Alena, S. Pietro Avellana (IS) |
Dal XX secolo ad oggi: i discendenti di Giuseppe d’Alena. |
Giuseppe Antonio Raffaele Giovanni 6°Barone di Vicennepiane,
(San Pietro Avellana, 1847
†
1924) con due successivi testamenti
contenenti tipiche clausole fidecommissarie(18)
(il primo in data 30 agosto 1921, ed il secondo in data 19 agosto
1923) provvedeva ad istituire eredi universali, con privilegio per
l’unico maschio, i figli Maddalena Caterina, Gaetano Alfonso e
Antonia Luduina. Maddalena sposò Oreste Emilio del Monaco (fu
Diodato) Barone di Pescopennataro e Sant’Angelo del Pesco,
della nobile famiglia di Vastogirardi; Luduina sposò Paolo Lo Forte
di Napoli, della quale rimase presto vedova. Entrambe ebbero
discendenza. Alfonso (S. Pietro Avellana, 1887
†
Vasto Marina,
1968), invece, sposò Lida Maria Rubina Adele Giulia Diomira Carugno,
gentildonna(19),
(1884
†
1957) della storica famiglia di Capracotta(20),
discendente da Carmine Antonio (1712
†
1772) governatore ed erario
del duca di Capracotta. I Carugno vantano tra i loro antenati i
del Baccaro, feudatari di Staffoli, S. Mauro, Cantalupo nel Sannio e
Sant’Elena Sannita, oltre ai presuli mons. Nunzio e Francesco
Baccari, rispettivamente vescovo di Boiano e vescovo di Telese, i
Pizzella, di cui si ricorda Mons. Bernardo Antonio (n. 1686),
u.j.d., cameriere segreto di S.S. Benedetto XIII(21),
Vescovo di Costanza(22),
assistente al soglio pontificio con la prerogativa di nominare
quattro protonotari apostolici e sette cavalieri dello Speron
|
Giuseppe d’Alena (1847†1924),
Alfonso di Sanza d’Alena (1887†1968)
e Giuseppe di Sanza d’Alena (1926†2021) |
d’Oro(23),
i Falconi a cui appartennero i fratelli mons. Giandomenico vescovo
di Eumenia, Stanislao avvocato generale presso la Corte di
Cassazione nominato pari del Regno con R.D. 26 giugno 1848, Nicola
presidente di Corte di Cassazione, Segretario di Stato col ministro
Bonasi e senatore del Regno dal 1909. |

Stemma di Sanza
d’Alena |
Arma
(ramo di Sanza d’Alena):
inquartato: 1° e 4° d'azzurro, alla colonna
d'argento, cimata da un'aquila d'oro, armata di rosso, accompagnata
in capo da cinque stelle di sei raggi d'argento male ordinate,
sostenuta da due leoni controrampanti d'oro, armati e lampassati di
rosso, il sinistro trafitto da cinque frecce; 2° e 3° d'argento
all'aquila spiegata d'azzurro e linguata di rosso, caricata con uno
scudetto d'argento alla croce gigliata di rosso, traforata del
campo.
Cimiero: un volo d'aquila d'azzurro(
|
Il ramo originatosi da Giuseppe 6° Barone di Vicennepiane,
assume con i figli Maddalena, Alfonso e Liduina, il cognome di Sanza
d’Alena(24).
Dal matrimonio di Alfonso con Lida Carugno nascono Maria Domenica
(†
infante) e Giuseppe Pietro Domenico (S. Pietro Avellana, 1926
†
Casoli, 2011) che sposa Laura Maria di Tella (S. Pietro Avellana,
1627
†
Vasto, 2011) da cui gli attuali rappresentanti:
1) - Lida Maria, sposa Pietro Polidoro;
2) - Anna Maria Rita, sposa Maurizio Santulli;
3) - Alfonso Maria Pietro, sposa Maria Rosaria di Muzio, da
cui: a) Giuseppe Maria Alessandro; b) Carlo Maria Lorenzo. |
______________
Note:
(11) -
Purtroppo anche questo autore cade nell’errore di indicare
Giovanni con un cognome diverso, e cioè d’Alagni: egli, infatti,
afferma testualmente che questo "Giovanni
d'Alagno era congiunto
della bellissima Lucrezia d'Alagno: la famosa favorita di
Alfonso I". Senonché è proprio questa affermazione che denuncia
il clamoroso errore. Infatti Lucrezia d'Alagni, era
figlia di Nicola e Covella Toraldo, i quali ebbero sette figli:
Margherita, Antonia, Luigia, Lucrezia, Giovanni, Ugo e Mariano.
Giovanni d'Alagno, però, morì in tenera età (cfr.
www.nobilinapoletani.it alla
voce Alagna) ed è pertanto del tutto inverosimile che abbia
potuto contrarre matrimonio con chicchessia. La notizia della
morte precoce di Giovanni d'Alagno è ulteriormente confermata
dal dé Pietri (Dell'historia napoletana, Napoli, 1634,
pagg. 166-167) il quale riferisce che i coniugi Nicola e Covella
ebbero "sei figliuoli" (non sette) e precisamente "due maschi, e
quattro femmine", e nomina tra i maschi solo Ugo e Mariano. E'
questa una conferma obiettiva dell'inesistenza di un Giovanni d'Alagni
dei signori di Sicignano, presunto marito della Piscicelli, ed
una indiretta conferma dell'esistenza di altro Giovanni dei
signori di Sicignano, appartenente alla famiglia che gli storici
più accreditati ed autorevoli, nonché i documenti ufficiali
della cancelleria angioina, individuano in quella dei de
Alena, il cui capostipite fu quel Matteo, primo signore di
Sicignano, che visse nel XIII secolo. Infine a confermare che
gli unici figli di Nicola d'Alagni furono soltanto Ugo e
Mariano, contribuiscono anche Scipione Ammirato (Delle
famiglie nobili napoletane, Parte I, Firenze 1580, pag. 73 e
segg.), e Scipione Mazzella (Descrittione del Regno di
Napoli, Napoli,
1601, pagg. 687-688). Un'autrice contemporanea, la Assante, nega
espressamente che la famiglia d'Alagno sia mai stata feudataria
di Sicignano. Infatti l'autrice testualmente afferma: "La
difficoltà maggiore è derivata dalla molteplicità dei cognomi
adoperati per indicare la stessa famiglia. Ligni (de Ligni),
Ligny, Lignini, de Legne, Lagni (de Lagni) e, a volte, d'Alaneo,
creando confusione con la famiglia d'Alagno, alla quale
apparteneva la più famosa Lucrezia, di tutt'altra origine" (F.
Assante di Panzillo, Romagnano. Famiglie feudali e società
contadina in età moderna, Giannini, Napoli, 1999, pag. 66,
nota n. 19).
(12) -
Fonte: Liber baptizatorum, chiesa di S. Maria Maggiore di
Limosano, anni 1571-1686 (vi è contenuto l’elenco dei cresimati
dell’anno 1571, tra cui Donato Antonio, figlio di Berardino).
(18) -
Nel Regno di Napoli fu riconosciuto il diritto a disporre
anche dei feudi per mezzo di sostituzione diretta o
fedecommissaria (Prammatica de feudis, di
Carlo VI, anno 1720). Durante il Regno d’Italia la
surrogazione rientrava nella tutela prevista dall’art. 79
dello Statuto Albertino, poiché rappresentava una forma di
successione nobiliare, e pertanto i diritti nobiliari
provenienti da disposizioni fedecommissarie potevano trovare
legittimo riconoscimento. Solo nel 1929 (e quindi ben sei
anni dopo la data del testamento) l’istituto della
surrogazione venne abolito (art. 64, ordinamento nobiliare
italiano del 1929). Cfr.
P. Degli Uberti, M.L. Pinotti,
Storia del diritto nobiliare italiano,
vol. I, IAGI, 2004.
(19)
-
Si riporta la “condizione” così come rilevata dagli atti di
stato civile.
(20) -
I Carugno furono titolari della cappella di jus patronato
intitolata a San Michele Arcangelo, tuttora esistente nella
chiesa madre di Capracotta.
(21) -
Benedetto XIII, al secolo Nicolò
Orsini, tra i tanti
privilegi concesse a Mons. Bernardino anche quello di
inserire nel suo stemma quello degli Orsini. Berardino usò
sempre con parsimonia tale facoltà, limitandosi ad inserire
solo la rosa rossa in campo d’argento.
(22) -
Cfr. AA.VV., Baccari, d’Avalos, Petra e Pizzella.
Altomolisani nella chiesa dello Spirito Santo dei Napoletani
a Roma, Isernia, 2019.
(23) -
P.
Albino, Biografie e ritratti degli uomini illustri della
provincia di Molise, vol. I, Solomone, Campobasso 1864.
(24) -
Il
cognome di Sanza d’Alena (già cognome d’uso), è stato
ufficialmente autorizzato a seguito di Decreto del Prefetto
della Provincia di Chieti del 21/04/2021. La questione
relativa al cognome, del tutto peculiare, fu determinata dal
fatto che la consorte di Giuseppe, Maria Domenica Mariani
risultava aver contratto un precedente matrimonio civile (ma
non quello religioso) con tale Desiderio di Sanza, vivente
alla data di nascita dei figli di Giuseppe e Maria Domenica,
condizione che comportava l’assunzione del cognome di colui
che risultava essere il “legittimo” coniuge di Domenica. Si
ipotizza, soprattutto per la presenza in famiglia di ben due
sacerdoti (D. Antonio e D. Gaetano d’Alena), che Giuseppe e
Maria Domenica abbiano contratto solo matrimonio religioso
(non potendo celebrare anche quello civile) o matrimonio
segreto; ipotesi ancora non verificata a causa della
mancanza di alcuni registri ecclesiastici, distrutti nel
corso del secondo conflitto mondiale, durante il quale il
paese di S. Pietro Avellana fu devastato dai nazisti.
|
_________________
Bibliografia.
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Pizzella. Altomolisani nella chiesa dello Spirito Santo dei
Napoletani a Roma, Isernia, 2019 |
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Assunta, Frosolone (IS). |
Archivio Parrocchiale Chiesa di S. Maria
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Archivio Parrocchiale Chiesa di S. Michele
Arcangelo, Sant’Angelo del Pesco (IS). |
Archivio Parrocchiale chiesa di Sant’Egidio,
Agnone (IS). |
Archivio privato Cancellario d’Alena, Roma
(RM). |
Archivio privato Carugno, Pescara (PE). |
Archivio privato de Cristofaro, Napoli (NA). |
Archivio privato Di Sanza D’Alena, Vasto (CH). |
Sito web Famiglia d’Alena (www.casadalena.it) |
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