
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
|
 |
Famiglia
Barberio |
Arma di San Giovanni in Fiore:
d'azzurro, alla colonna sostenente una testa di moro, barbuta,
chiomata e bandata di bianco, affrontata da due leoni controrampanti; nei cantoni destro e sinistro dello scudo un
giglio d'argento.
Arma di Pietrafitta: di...alla colomba di...imbeccata di
un ramoscello d'ulivo di tre pezzi, sormontato da un sole
raggiante, il tutto sostenuto da un piano caricato nella base
dalla lettera B.
Titoli: patrizi, baroni.
Dimore: Pietrafitta e San Giovanni in Fiore. |

Stemma famiglia Barberio
di San Giovanni in Fiore |
I Barberio di San Giovanni in Fiore |
Il capostipite dei Barberio di San Giovanni in Fiore è
stato Andrea primo, figlio di
Salvatore, nato nel 1615, facente parte del ramo patrizio
dei Barberio di Pietrafitta, uno dei Casali della Presila
cosentina
(1)
e arrivato a San Giovanni in Fiore a metà del
Seicento. Era di professione massaro e diede origine a
tre rami di discendenti. Sposato con Vittoria Secreta nel 1662
ebbe da lei dieci figli, suddivisi in cinque maschi e cinque
femmine: Salvatore (1665), Caterina (1669), Giuseppe
(1672), Domenico (1673), Antonio (1675), Maria (1676),
Lucrezia (1679), Gaetano (1682), Isabella (1685), Barbara. Nel
corso degli anni Andrea Barberio accumulò con abilità e sagacia
un vasto patrimonio, comprendente case palazziate,
animali da soma, un cospicuo gregge di bovini e ovini, orti, una
vigna e “terre” a Macchia di Tuono, Cagno, Ferolia, Celso e
Gimmella. Morì l’8 agosto 1690 e fu seppellito nella chiesa dei
Cappuccini. Ereditarono i suoi cospicui beni i tre figli maschi
sopravvissuti: Salvatore, Giuseppe e
Antonio. Dopo la morte da celibe di quest’ultimo, toccò ai primi
due mantenere unito, ingrandire e gestire insieme il patrimonio
ereditato. |

Pietrafitta (Cosenza),
Palazzo Barberio |

Pietrafitta (Cosenza),
Palazzo Barberio, stemma |
Salvatore
il 18 luglio 1688, a 23 anni, contrasse matrimonio con
Ursula Martino, che gli diede 9 figli. Andrea
(1691), Daniele (1693), Lucrezia prima (1695),
che morirà di pochi mesi, Lucrezia seconda
(1696), Gaetano (1698), Nicola (1699), Felice (1701),
Barbara (1702) e Anna, della quale non si conosce la
data di nascita. Dei figli maschi rimase in vita
maggiorenne il solo Andrea secondo.
Salvatore abitava nel rione dei Sellari, nel
caseggiato ora di proprietà Pignanelli, alias don
Natale, presso il canale di Cimino. Morì il 6
febbraio 1740. |

Sila Grande, San Giovanni
in Fiore (Cosenza), in alto palazzo Baerberio Toscano |
Giuseppe,
più piccolo di 7 anni, nel 1696 sposò Chiara Oliverio,
di famiglia non molto ricca, ma sorella del reverendo
don Gio. Battista Oliverio, che fu parroco del
borgo silano ed un operatore economico molto
intraprendente. Giuseppe e Chiara ebbero due maschi –
Francescantonio (1705), che morirà giovinetto, e
Domenico (1707) – e quattro femmine:
Vittoria, Isabella, Anna (1710) e Rosa, nata postuma nel
1717. Giuseppe abitava poco distante dal fratello
Salvatore, in una casa posta nella parte più alta del
rione Catoja, corrispondente all’odierno
caseggiato Marini. Morì nel 1717, a 48
anni. |
Andrea secondo
e Domenico continuarono a mantenere unito e non
diviso il patrimonio. Il 28 ottobre 1742, due
anni e mezzo dopo la morte di Salvatore – Giuseppe era
morto da tempo – i due cugini procedettero alla
spartizione dei beni. Ad Andrea toccò la difesa di Cagno
e a Domenico le difese di Felicetti e Macchia di Tuono. |
La discendenza di Andrea Barberio secondo |
Andrea Barberio
secondo
fu mandato a studiare diritto presso il collegio della
Sapienza a Roma. Fu governatore di giustizia del borgo
silano, agente generale della Badia florense e svolse
numerosi incarichi giudiziari presso le corti feudali
del Marchesato e del catanzarese. Fu sindaco negli anni
1715, 1717 e 1725. A poco più di vent’anni si sposò con
Elisabetta Pangallo, dalla quale nel 1715 ebbe
Antonio. Morta giovane la Pangallo nel 1734-35,
Andrea, dopo appena un anno vissuto da vedovo, contrasse
matrimonio con Laura Toscano di Rogliano, che gli generò
Saverio (1736), Paola (1739), Nicola
(1741), Tommaso (1744) e Raffaele (1747). Morì il 5
marzo 1764. Il figlio Antonio, avuto dalla Pangallo,
sarà preso in cura dal nonno Salvatore e da questi
proseguirà la discendenza ancora presente in città.
|
Nicola Barberio Toscano.
Poiché Saverio, il primogenito di Andrea secondo,
che svolgeva con profitto la professione forense a
Napoli, non intese sposarsi, toccò a Nicola, come
secondo figlio maschio, proseguire la discendenza e
portare avanti gli affari di famiglia. Nel 1760 Nicola,
che al cognome paterno (Barberio) aggiunse anche
quello materno (Toscano), forse per darsi
maggiore importanza, sposò Teresa Oliverio, appartenente
ad una delle più altolocate famiglie del paese, dalla
quale ebbe quattro figlie e il sospirato figlio maschio:
Laura (1762), Maria (1763), Rosa (1764), un primo Andrea
(1767), morto di pochi giorni, Andrea Barberio
terzo (1769), Isabella (1775), morta
giovinetta. Nel 1775, dopo la morte di Teresa, Nicola si
risposò con Rosa Cosentino di Celico, che gli diede
altre due figlie: Teresa e Rachele.
Nell’ottobre del 1774 Nicola fu nominato dal cardinale
Michele
Filomarino, fratello dell’abate commendatario
florense Giacomo, procuratore della camera badiale e
revisore dei conti dell’affittuario. Nel 1792 toccò a
Raffaele diventare agente generale della Badia. Nel
corso degli anni Nicola con i fratelli, soprattutto
Saverio, ampliò ulteriormente il già vasto patrimonio
con l’acquisizione delle difese di Fiore Vetere,
Serrisi e Franeto. Nel 1788 fece il colpo più grosso,
ottenendo in fitto dalla Giunta di Stato il feudo di
Verzino, che comprendeva anche i casali di Savelli e di
San Morello. Per rimarcare la notevole posizione sociale
raggiunta i Barberio Toscano
lasciarono l’antica casa al rione Catoja e si
fecero innalzare un imponente palazzo su uno sperone
roccioso ad oriente del convento dei Cappuccini,
tramandato fino ai nostri giorni come il Palazzo del
Barone. Una grande costruzione quadrata, massiccia,
senza tante ricercatezze e fronzoli, con le pareti
esterne semplici, lineari, molte finestre e pochi
balconi. All’interno la corte e l’accesso al piano alto
con una bella scala in granito che immetteva in stanze e
sale ampie, ma prive di sofisticati stucchi, affreschi e
cornici. In quelle stanze, al tempo dell’effimera
Repubblica Napoletana del 1799, si riuniva la
componente filoborbonica della «realista» comunità
florense.
Nel marzo 1801, dopo aver due
anni prima incrementato il già cospicuo patrimonio con
l’acquisizione delle terre badiali di Simigale, Difesa
del Convento, Bonolegno, Garga Sottana e Soprana e
Vallepiccola, Nicola Barberio Toscano riuscì a coronare
le sue ambizioni nobiliari, comprando il
feudo di Zinga
con relativo titolo baronale.
Tre anni dopo la famiglia acquistò anche il feudo di
Verzino, del quale aveva la conduzione, senza, però,
potersi fregiare del titolo.
Don Nicola si spense il 19
agosto 1818, dopo aver allargato ulteriormente il
patrimonio con la compera di “terre” in agro di Cerenzia,
Santa Severina e Scandale. Lasciò «tutte le [sue]
sostanze al diletto figlio Andrea», che mantenne il
titolo di barone, ma senza
feudo, perché nel 1806 la feudalità era stata abolita
con legge dal nuovo governo napoleonico. |

Verzino (Crotone),
palazzo baronale - da Google Earth |

Zinga, palazzo baronale, portale - da Google Earth |
Andrea Barberio terzo,
nato nel 1769, fino ai quindici ebbe un’educazione
familiare, fu poi mandato a studiare legge a Napoli
sotto la guida dello zio Saverio, che l’avviò alle
pratiche legali. Nella capitale del regno, dove visse
circa trent’anni facendo il legale e guadagnando molto,
nel 1794 contrasse matrimonio con la nobildonna Vincenza
Zarrillo, che gli diede due figlie, Carolina e Caterina.
Nel 1809 la Zarrillo morì e l’anno seguente Andrea sposò
Maria Costa
Macedonio, un’altra nobildonna napoletana, figlia
del marchese Ignazio Costa. Cinque anni dopo nacque il
sospirato figlio maschio, al quale fu dato il nome di
Giuseppe, ma visse solo quattro anni. Alla morte del
padre Nicola, Andrea terzo, oltre al
patrimonio ereditò anche il titolo di barone, ma senza
feudo, perché nel 1806 la feudalità era stata abolita
con legge emanata da
Giuseppe Bonaparte. Nel 1820 Maria Costa diede alla
luce una bambina, che fu chiamata Lauretta.
Nel 1828, a
Verzino, Andrea Barberio terzo lasciò per sempre
questo mondo e con la sua morte ebbe termine la
generazione dei Barberio Toscano.
Tra il 1819 e il 1820 Carolina e Caterina sposarono
rispettivamente Luigi
Ferraro e Giuseppe
Passalacqua, rampolli della nobiltà cosentina; nel
1836, a 16 anni, Lauretta andò sposa a Luigi
Berlingieri, barone e ricco possidente di Crotone.
Le ragazze portarono in dote un terzo del patrimonio di
famiglia e una porzione dell’imponente palazzo baronale,
che con la sua mole massiccia domina ancora dall’alto
l’abitato di San Giovanni in Fiore. |
La discendenza di Domenico Barberio |
Domenico,
unico erede maschio di Giuseppe, il 28 dicembre 1723 si
sposò a 16 anni con Elisabetta D’Ippolito, dalla quale
ebbe nel 1730 Giuseppe secondo e poi Anna.
Morta nel 1737 Elisabetta, Domenico si risposò con
Chiara Costanza de Chiara di Aprigliano, dalla quale
ebbe Teresa. Domenico fu sindaco negli anni 1731,
1732 e 1733. Cessò di vivere il 9 agosto 1743, ad appena
36 anni.
Negli anni prima di morire Domenico comprò un suolo
edificatorio (casaleno) di fronte casa sua alle
Catoja e vi costruì, per conto dello zio prete don Gio.
Battista Oliverio, una chiesetta
dedicata a S. Liborio. |
Giuseppe secondo
sposò Chiara Costanza de Chiara, che gli diede due figli
Domenico secondo e Maria Antonia. Giuseppe
non si rivelò un buon amministratore e dilapidò gran
parte del cospicuo patrimonio ereditato dal padre, dalla
madre e dal prozio prete. |
Domenico secondo
sposò il 29 giugno 1755 Serafina Facciolo, figlia di
Chiara Nicoletta. Dei figli avuti sopravvisse solo
Giovanni Antonio. |
Giovanni Antonio
sposò Maria Rosa Elia, dalla quale ebbe otto figli:
Serafina (1806), Luisa (1807), Domenico terzo
(1809), Domenico Liborio (1810), Costanza (1814), Chiara
(1815), Maria Antonia prima, morta di pochi mesi, e
Maria Antonia seconda (1818). Poiché i due figli
maschi morirono piccoli, con la sua morte, avvenuta il
14 giugno 1847, la discendenza di Domenico Barberio si
estinse.
Delle figlie, Serafina andò sposa a Domenico Russo di
Mesoraca, Luisa a Giovanni Pugliese di Feroleto,
Costanza il 3 maggio 1827 sposò Domenico Marini,
originario di San Nicola dell’Alto ma residente a San
Giovanni in Fiore, Chiara rimase nubile e Maria Antonia
sposò Giuseppe Lopez del paese. Per quanto riguarda
l’eredità, avendo Chiara rinunciato ad avere la sua
quota, fu divisa fra le sorelle coniugate, ma quelle che
avevano contratto matrimonio fuori vendettero la loro
parte del casamento a Costanza e Maria Antonia, rimaste
in paese.
Il caseggiato delle Catoja con la chiesetta di S.
Liborio toccò a Costanza, coniugata Marini, insieme
all’oliveto di Trabese e la cappella dei cimitero.
La casa è ancora occupata dalle sorelle Marini, figlie
dei defunti Edoardo e Carla Fornasari, che non hanno
avuto eredi maschi. Nel 1973 la chiesetta di San Liborio
è stata trasformata in un garage-magazzino. |
La discendenza di
Antonio Barberio |
Antonio,
figlio di Andrea Barberio secondo e della prima
moglie Elisabetta Pangallo, dopo il matrimonio nel 1735
del padre con Laura Toscano di Rogliano, visse nella
casa di via dei Sellari insieme al nonno Salvatore, che
alla sua morte gli fece donazione nel testamento della
parte della casa che abitava, di una chiusa a
Marinazzu e di alcuni gioielli, oggetti soggetti,
suppellettili. Nel 1733, a 18 anni, Antonio sposò
Caterina d’Ippolito, dalla quale ebbe Francesco (1734),
che morirà infante, Salvatore primo (1736), morto
appena nato, Elisabetta (1738), Salvatore secondo
(1740), Giovanni Battista (1743), al quale toccò
portare avanti la discendenza, in quanto il primogenito
Salvatore fu avviato alla carriera ecclesiastica e fu
parroco porzionario dal 13 luglio 1764 al 13 novembre
1781, giorno della sua morte.
Nel 1762 Salvatore e Gio. Battista vendettero a Domenico
Lopes di Polibio la loro casa nel rione dei Sellari e
comprarono un palazzo nei pressi della piazza del paese
appartenente ai D’Ippolito e del quale la madre Caterina
aveva ereditato una parte. |
Giovanni Battista
si sposò il 1 agosto 1767 con Anna Teresa Facciolo ed
ebbe 8 figli: Francescantonio, Filippo (1770), Bernardo
(1771), Fedele (1773), Cristina (1777), che morirà
l’anno dopo, Vincenzo (1778), Clarice (1779),
Giuseppe (1783), morto a tre mesi. Nel 1769 fu eletto
sindaco. Mori il 23 gennaio 1786 all’età di 44 anni non
compiuti.
Francescantonio, il primogenito, fu inizialmente avviato
alla carriera ecclesiastica. Nell’aprile 1781 fu
ordinato suddiacono e nominato procuratore di una
cappella nella chiesa madre dedicata allo Spirito Santo,
che era stata fondata nel 1659 dai fratelli Marcello e
Benedetto Iaquinta. Dopo l’ottenimento del jus patronatus da parte dei
Barberio la cappella cambiò denominazione,
prendendo quella della Natività della Vergine Maria
e nel 1786 fu abbellita da Francescantonio con una tela
del pittore Stefano Pisani di Serra San Bruno
rappresentante il fausto avvenimento. |

San Giovanni in Fiore,
Cappella Barberio, pala d'altare. |
Nell’ottobre 1788 Francescantonio, rendendosi conto di
non essere tagliato per la vita ecclesiastica, ritornò
allo stato laicale, lasciando il beneficio della
cappella al fratello Bernardo che si fece prete
Nel 1791 il palazzo in piazza fu ceduto al prete Nicola
De Marco e a suo fratello Rosalbo in cambio di buona
parte della Difesa di Colledifiore. I fratelli Barberio
si trasferirono nel rione Coschino in alcuni casamenti
ereditati dalla madre Anna Teresa Facciolo e che
ingrandirono acquistandone altri. Nel 1794
Francescantonio sposò Chiara Lopez, figlia
dell’emergente Paolo Antonio, che non gli diede figli e
lo lasciò vedovo molto presto. Durante l’occupazione
francese fu nominato comandante della guardia civica con
l’incarico di presiedere all’ordine pubblico, ma fu
sollevato dall’incarico, perché i fratelli Filippo,
Bernardo e Vincenzo si erano schierati con le bande di
Leonardo Leonetti di Pedace soprannominato
Carnegrassa. Filippo e Fedele morirono celibi, uno
nel 1843 e l’altro, nel 1840. |
Vincenzo,
di professione avvocato,
portò avanti la discendenza del nonno Antonio. Sposatosi
nel 1808 con Marianna De Luca ebbe figli: Francesco
(1810), Gio. Battista (1818), che morirà dopo un anno,
Caterina (1820), Rosa (1824), Salvatore (1825), che ebbe
un ruolo attivo durante il Risorgimento, Nicola (1827),
che si farà prete, Raffaele (1829), Elisabetta
(1831), Bernardo (1834), Tommaso (1837). E’ morto nel
1848. |
Raffaele,
morto nel 1902, fu l’unico a sposarsi e a portare
avanti la discendenza. Dal matrimonio nel 1869
con Mariarosa Bianchi ebbe Vincenzo (1870
†
1930), medico, Filippo (1871
†
1908), ingegnere, Marianna (1878 -†),
Fedele (†
1902), avvocato, Salvatore (1881
†
1936), farmacista, Bernardo (1883-1962), capitano
dell’esercito nella prima mondiale e notaio,
Giovambattista (1885
†
1977), avvocato cassazionista, Maria Teresa.
Da Salvatore e Rosa Schipani sono nati: Raffaele,
segretario del fascio cittadino e medico condotto;
Fedele, avvocato e per diversi anni Presidente della
Camera di Commercio di Cosenza; Francesco, farmacista,
segretario per un lungo periodo della Dc di San Giovanni
in Fiore e membro autorevole del CdA dell’ex OVS;
Marietta. Tutti deceduti.
Da Bernardo e Luigina Romei sono nati Raffaele,
comunemente noto con don Rafelino, medico di
famiglia, pediatra e primo medico scolastico di San
Giovanni in Fiore, Caterina e Rosa |
Questa discendenza dei Barberio, che ancora continua, ha
continuato ad abitare nell’antico palazzo di famiglia al
rione Coschino e in un altro poco più sotto al rione
Fontanelle. |

San Giovanni in Fiore,
donna in costume |

San Giovanni in Fiore,
donna in costume, particolari |

San Giovanni in Fiore,
donna in costume |

San Giovanni in Fiore,
donne in costume, sullo sfondo palazzo Barberio |

San Giovanni in Fiore,
donne in costume sul piazzale
antistante
palazzo Barberio |

San Giovanni in Fiore,
donne in costume, sullo sfondo
palazzo Barberio |
Storia
della casa di campagna dei baroni Barberio Toscano in
località Serrisi |
La difesa di Serrisi, ricadente nel Comune di San Giovanni in Fiore,
faceva parte del territorio della Sila Badiale concessa
con diploma emesso da Nicastro il 21 ottobre 1194
dall'imperatore
Enrico IV di Svevia all'abate Gioacchino e al
monastero di Fiore. |

San Giovanni in Fiore,
Abazia, portale d'ingresso |
Con il nome difesa
s'intendeva una vasta porzione di territorio
"occupato" e recintato da particolari o
padronali, cioè gli appartenenti al ceto medio
borghese e benestante, che vi detenevano i diritti di
semina, di pascolo e legnatico, vietandone l'esercizio
alle popolazioni. Alla fine del 1611 la difesa di Serrisi risulta "occupata" da Vittorino
Rota,
un proprietario benestante di Pedace, che in quell'anno
aveva comprato anche il feudo di Belvedere Malapezza
(oggi Belvedere Spinello). Qualche anno dopo un ramo dei
Rota comprò dal principe Scipione
Spinelli di Cariati il feudo di Cerenzia, che godeva
del titolo di principato.
Con testamento del 28 agosto 1688 Giovambattista Rota,
privo di prole e forse anche per i "rimorsi", ritenne di
"ridonare" la difesa ai monaci cistercensi del Monastero
di San Giovanni in Fiore. Ma gli eredi misero in
discussione il testamento e le cose restarono come
prima. Estintasi la linea maschile dei Rota, nel 1740 il
principato di Cerenzia passò a Vincenzo
Giannuzzi Savelli per il suo matrimonio con Ippolita
Rota. |

Serrisi, casino nobile |

Serrisi, Cappella |
Il 3 aprile 1791 il figlio e successore di Ercole
Giannuzzi Savelli, oberato da molti debiti, vendette la
splendida e lussureggiante difesa ai fratelli Barberio
Toscano di San Giovanni in Fiore per la somma allora
notevole di 20.400 ducati.
In un catasto fondiario del 1842, intestato ad Andrea
Barberio Toscano, erede dei fratelli compratori, la
difesa risultava di circa 619 ettari. Nella
difesa esisteva una casina ed altre fabbriche,
consistenti in 4 piani e più locali. La loro costruzione
con molta probabilità era cominciata nel decennio finale
del Settecento e ultimata nei primi anni dell'Ottocento.
Dopo la morte del 1828 del barone Andrea Barberio
terzo, la difesa di Serrisi è toccata a Luigi
Berlingieri, barone e ricco possidente di Crotone,
per averne sposato nel febbraio del 1836 l'ultima figlia
Lauretta. Nei primi anni '50 del secolo scorso
gran parte della difesa è stato espropriato dallo
Stato in applicazione della Riforma Agraria portata
avanti dall'Opera Valorizzazione Sila (Ovs), lasciando
ai Berlingieri l'antica casina con poco territorio
attorno. Nel 1955 i fabbricati sono stati distrutti da
un furioso incendio, dal quale si sono salvate appena
poche strutture murarie con qualche elemento
architettonico e decorativo, oltre ai muri del giardino,
tra cui uno con sopra riprodotto a bassorilievo un
mascherone con le iniziali BT (Barberio Toscano). |

Serrisi, iniziali Barberio Toscano |

Serrisi, particolare |
Qualche anno
dopo quel che resta dell'antica difesa viene
donato da uno dei successori dei Berlingieri, l'avvocato
Carlo Felicetti di Catanzaro, a don Italo Pignatelli, un
prete-sacerdote di Ostuni di Puglia molto impegnato
nelle opere socio-caritatevoli e nell'educazione
religiosa della gioventù, che vi ha fondato due
residenze: la prima, La Consolata, completamente
rinnovata, sui resti dell'antica dimora; un'altra
edificata ex novo ed entrambe destinate a colonie estive
per i giovani, soprattutto provenienti da famiglie
bisognose ed in condizioni disagiate.
Oggi queste strutture fanno parte della Fondazione
Madonna Pellegrina, d'estate continuano a funzionare
come soggiorni estivi per ragazzi e giovinetti e nel
resto dell'anno accolgono anche gruppi e associazioni
che ne fanno richiesta per ritiri spirituali, riunioni e
periodi molto brevi di soggiorno e di risposo. |
____________________
Note:
1)
-
Pasquale Lopetrone in " Un presidio di civiltà - Dimore
storiche vincolate in Calabria - ", a cura di Giorgio
Ceraudo, Rubbettino editore, 1998; pag. 199.
____________________
Bibliografia:
- Ivan Pucci "Gli stemmi araldici nel contesto urbano di
Cosenza e dei suoi casali", pag.74. Edizioni Orizzonti
meridionali 2011. |
Questa scheda è il frutto delle ricerche
del prof. Giovanni Greco da San Giovanni in Fiore al
quale va uno speciale ringraziamento per averle
condivise con tutti coloro che hanno a cuore la nostra
storia. |
|