
Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano,
ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano,
appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano
dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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LA REPUBBLICA
NAPOLETANA
(22 gennaio 1799 – 13 giugno 1799)
 |
Il breve, ma intenso e significativo
periodo della Repubblica Napoletana, è un episodio politico del
tutto diverso dall’alternarsi di dinastie attraverso lotte di
potere e di successione, costituendo invece lo sbocco e
l’affermazione di un vasto movimento culturale e politico
costituitosi nel corso del XVIII secolo in Europa e in America.
Nel ‘700 un nuovo movimento intellettuale, chiamato
Illuminismo, coinvolge la cultura europea e sconvolge gli
assetti tradizionali della società. Viene esaltata la luce della
ragione (i Lumi) quale strumento indispensabile per diffondere e
assicurare il benessere alle popolazioni. Per raggiungere questo
obiettivo si sostiene la necessità del progresso in tutti i
campi, liberando l’uomo dall’oppressione delle confessioni
religiose, che ostacolano gli studi e la scienza e che
immobilizzano il popolo in un mare di ignoranza, e dai poteri
accentrati nelle mani di una sola persona, il sovrano.
Gli intellettuali illuminati di tutti i paesi europei
contribuiscono all’affermazione di queste nuove idee: si aprono
circoli culturali e accademie, fioriscono opere culturali,
libri, giornali, gazzette e periodici.
Nasce in Inghilterra e si diffonde in Europa la Massoneria,
una società segreta cui aderiscono nobili, borghesi e
intellettuali, con il principale scopo della fratellanza
universale e della lotta all’oscurantismo religioso, per guidare
l’uomo verso la conoscenza e la libertà.
La Massoneria
si diffonde anche nel napoletano: Gran Maestro della Massoneria
Napoletana è Francesco Maria Venanzio
d’Aquino,
9° principe di Caramanico e 6° duca di Casoli
(1).
Anche a Napoli, come in altre città
italiane, l’Illuminismo produce significativi contributi. |

© Napoli - statua di Giambattista Vico |
Giambattista Vico (Napoli, 1668 † ivi, 1744), filosofo e
storiografo di Corte, grande amico dell’abate Don Nicolò
Caravita (autore del trattato Nullius ius pontifici maximi
in Regno neapolitano), ha la cattedra di retorica all’Università
di Napoli e scrive molte opere, tra le quali “Della Scienza
Nuova. Storia ideale delle leggi eterne sopra le quali corrono i
fatti di tutte le nazioni, né loro porgimenti, progressi, stati,
decadenze e fini”. |
Pietro Giannone (Ischitella, 1676 †
1748), storico, laureato in giurisprudenza a Napoli dove
conosce il Vico, scrive Storia Civile del Regno di Napoli, nei
suoi scritti nega qualunque legittimità al vassallaggio preteso
dal Papa.
Antonio Genovesi (Castiglione dei Genovesi, 1713 † Napoli,
1769) insegna a Napoli tenendo la prima cattedra fondata in
Italia di economia politica, per primo usa la lingua italiana al
posto della latina durante le sue lezioni. Scrive molti testi
tra cui Lezioni di Commercio ossia d'Economia Civile. |
Emanuele De Deo (Minervino, 1772 †
Napoli, 1794), educato nel collegio degli Scolopi a Napoli,
aderì agli ideali della Rivoluzione, si iscrisse alla massoneria
nel 1792 e collaborò con il fondatore della Società Giacobina
napoletana, Carlo Lauberg.
Fu il primo martire della Rivoluzione Napoletana, arrestato e
torturato, fu impiccato a soli 22 anni il 18 ottobre 1794. |

© Napoli - targa in ricordo di
Emanuele De Deo |
Gaetano
Filangieri
(Cercola -NA-, 1752 † Vico Equense, 1788), dei principi di
Arianiello, è storico, giurista e filosofo di vasta notorietà.
Produce molti scritti tra cui Le norme generali nel
1780, Il diritto e la procedura penale nel 1783,
Sull'educazione nel 1785. |

© Napoli - Il Principe Gaetano Filangieri |
La Scienza della Legislazione
(1780) è l’opera di alto ed innovativo valore, che gli dà
maggior fama internazionale, in materia di filosofia del diritto
e teoria della giurisprudenza. Il testo viene tradotto in
inglese, in francese, in tedesco, in spagnolo e diviene uno dei
modelli ispiratori di Beniamino Franklin per la stesura
della Costituzione Americana. Questo libro viene messo
all'indice dalla Chiesa nel 1784, per le sue idee riformatrici
ed i suoi attacchi ai privilegi del clero.
Nei suoi scritti si rifà a Montesquieu
(Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède e de Montesquieu)
e attacca i privilegi feudali dei baroni, convinto che la
riforma della legislazione avrebbe portato alla "riforma"
dell'umanità e alla instaurazione della felicità attraverso una
rivoluzione pacifica. |
Muore nello stesso anno in cui viene abolita la
Chinea, un atto di riverenza da parte dei re di Napoli, preteso
ogni anno dal Papato, e consistente in una mula bianca carica d’oro, per il valore di 7.000 ducati.
Alcuni anni dopo, la marchesa Eleonora Pimentel
de Fonseca, rifacendosi agli insegnamenti di questi grandi
pensatori, scriverà: “Il Regno non è padronato, non è
primogenitura, non è fedecommesso, non è dote…”.
In questo contesto culturale e nel contesto politico della
Rivoluzione Francese e poi dell’ascesa di Napoleone Buonaparte,
nel dicembre 1798(2)
le truppe napoleoniche, comandate dal generale Jean Etienne
Championnet si avvicinavano a Napoli sbaragliando le truppe
borboniche, guidate dal generale austriaco Karl von Mack(3).
Con Mack combatte valorosamente il maresciallo Diego
Pignatelli,
dei principi di Marsico, che successivamente, dopo l’abbandono
del Re, servirà la repubblica napoletana e morirà quindi in
prigione.
Il re di Napoli
Ferdinando IV, sollecitato dalla
moglie Carolina d’Austria e dal suo ministro John Francis
Acton,
decide di fuggire a Palermo con la famiglia reale. Dopo aver
nominato Vicario Generale del Regno Francesco
Pignatelli di
Strongoli, conte di Acerra e marchese di Laino, si imbarca sul
Vanguard dell’ammiraglio Lord Horatio Nelson e il 23 dicembre
lascia Napoli(4). |
Dopo la partenza del re, a Napoli il Vicerè Pignatelli entra in
contrasto con la
Città
ovvero con gli Eletti dei Sedili, tra i quali
hanno voce diversi repubblicani e che sostengono tutti il loro
diritto di governare in assenza del re .
La
parte del popolo napoletano incolto, i Lazzari, filoborbonici,
forti dell'appoggio di Antonio
Capece Minutolo principe di Canosa,
insorgono e chiedono al Vicerè Pignatelli le armi e le fortezze
di Napoli per difendere la città dai francesi e dai nobili
giacobini, il Vicerè concede quanto chiedono, cioè quanto anche
il Re gli aveva chiesto di fare, arma il popolo contro francesi
e giacobini, e quindi se ne fugge.
A differenza dei Borbone e degli austriaci prima, e dei francesi
dopo, che fuggono alle prime difficoltà, i disprezzati Lazzari
sono presenti e pronti a combattere, colpevoli solo di essere
manovrati dall'unica fonte di informazione dell'epoca per gli
analfabeti: il pulpito delle chiese. |

Napoli - Castel Nuovo, una delle
fortezze
occupate dai Lazzari, anti-giacobini. |
L’omonimo nipote del Vicerè Francesco Pignatelli,
8° principe di Strongoli, scriverà nelle sue Memorie (1800)
dello zio: “ la profonda scelleratezza o l’imbecillita del
general Pignatelli” glielo fece fare.
I Lazzari, diffidando degli Eletti, acclamano comandanti due
giovani ufficiali, che avevano combattuto valorosamente contro
i francesi, Gerolamo Pignatelli, principe di Moliterno
(1774 † 1840) e Lucio Caracciolo, duca di Roccaromana, comandante
in seconda, e occupano le fortezze della città.
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I repubblicani, tra cui
Giuseppe Riario Sforza, marchese di Corleto, avvicinano i due comandanti e li
convincono a passare dalla loro parte e con loro ordine entrano
travestiti a Castel Sant’Elmo e se ne impadroniscono.
Quindi, il 20 gennaio, le truppe francesi,
appoggiate dalla strategica artiglieria del forte, che domina la
città, entrano in Napoli, guidati da repubblicani napoletani,
tra cui Francesco Pignatelli e suo fratello maggiore
Ferdinando, 7° principe di Strongoli e Grande di Spagna, Mario e
Vincenzo, fratelli minori. |
Repubblicani napoletani occupano Castel Sant'Elmo |
Il
23 gennaio 1799 viene proclamata la Repubblica Napoletana e viene nominato il Governo
Provvisorio, composto da 25 membri e presieduto inizialmente
da Carlo Lauberg, cui succede alla fine di febbraio Ignazio
Cjaia.
La Repubblica adotta come bandiera il tricolore
azzurro, oro e rosso, ove l’oro e il rosso rappresentano i
colori di Napoli. |
La Repubblica avrà pochi mesi di breve, ma intensa durata e di
importante vita.
Si elabora un Progetto di Costituzione, che il tempo non
permetterà sia promulgata, con il contributo soprattutto di
Mario Pagano, giurista, avvocato e letterato: la Costituzione si
ispira ai principi della Libertà, Eguaglianza e Fratellanza e ai
Diritti dell’Uomo e ci vorrà un secolo e mezzo per vedere una
Costituzione Repubblicana fondata su questi principi, quella
della Repubblica Italiana del 1948. |

Logo della Repubblica Napoletana del
1799 |
I repubblicani cercheranno insieme all’esercito francese di
vincere le sacche di resistenza rimaste in molte parti del
regno e di promuovere la liberalità repubblicana, ma senza
avere il tempo di attuare i programmi.
I repubblicani sono soprattutto intellettuali
illuminati, borghesi e nobili e non riescono, nei pochi mesi di
governo, a convincere la maggior parte del popolo, che soffre la
penuria subentrata alla fuga del re, che si è portato con sè
ogni avere e ogni tesoro, e alle necessità della guerra, del
mantenimento delle truppe francesi e della formazione del nuovo
esercito repubblicano.
Anche l’abolizione
del feudalesimo, approvata ma non attuata in tempo, non porta
benefici alla popolazione. |

La legge che abolisce la feudalità |

Il Monitore, il giornale della
Repubblica Napoletana |
La Repubblica rimane un tentativo di cambiamento
radicale, che gli eventi renderanno ideale e velleitario, ma che
costituisce un esempio e un modello che influirà sul futuro del
Risorgimento Italiano.
Alla repubblica partecipa una donna(5)
intrepida, Eleonora
Pimentel de Fonseca, che dirige il
Monitore Napoletano, giornale di Napoli sul modello del
Moniteur francese.
Eleonora Pimentel de Fonseca Chavez (1752-1799),
proviene da una famiglia di marchesi portoghesi, trasferita a
Roma e poi a Napoli, dove ottiene con Dispaccio 25.4.1778 del Re
Ferdinando IV che “godano di tutte le prerogative della
nobiltà” e con altro Dispaccio del 12-6-78 hanno riconosciuta la
“nobiltà nazionale”. |

© Napoli - Busto di Eleonora
Pimentel de Fonseca |
Con il Monitore Eleonora Pimentel si
attira un tale odio di Ferdinando e Maria Carolina di Borbone,
che ne ordineranno l’impiccagione invece della decapitazione,
prerogativa dei nobili, ignorando i riconoscimenti di nobiltà
emanati dallo stesso Re Ferdinando.
Molti nobili napoletani partecipano alla Repubblica insieme a
borghesi, avvocati, giuristi, medici, letterati, fra cui Mario
Pagano, Pietro Colletta, Vincenzo Cuoco, Domenico Cirillo.
Nelle famiglie nobili ci sono contrasti acuti con membri delle
stesse schierati con i Borbone e altri, generalmente i più
giovani, con la Repubblica, come nella famiglia Pignatelli con
lo zio Vicerè e i quattro nipoti ferventi combattenti
repubblicani.
Molti nobili sono disposti a rinunciare ai loro privilegi e a
sostenere le idee liberali.
Oltre ai citati fratelli Ferdinando, Francesco, generale della
Repubblica, Mario e Vincenzo Pignatelli, ufficiale
dell’esercito repubblicano, molti altri nobili
parteciparono alla Repubblica. |

© Napoli - Rappresentazione di
Eleonora
de Fonseca, condotta al patibolo. |
Tra gli altri, Gennaro
Spinelli Barrile,
marchese di Fuscaldo, tenente di vascello, i fratelli Luigi e
Ottavio Spinelli Savelli, dei principi di Cariati, comandante di
squadrone degli ussari della Repubblica, Giulia Carafa
Cantelmo
Stuart duchessa
Serra di Cassano, madre di Gennaro, la sorella Maria Antonia Carafa
di Tocco, duchessa di Popoli, Francesco
Sanseverino, tenente dell’artiglieria repubblicana, Vincenzo
Riario Sforza, tenente dell’artiglieria a cavallo della
Repubblica, Giuseppe
Poerio, Emanuele
Pegnalver, tenente
dell’artiglieria repubblicana, Luigi
Muscettola, 7° conte di
Picerno, comandante di Castel dell’Ovo, Lorenzo dei marchesi
Montemajor, capo battaglione di artiglieria, Domenico
Montemajor, capitano dell’artiglieria repubblicana, Alessando
e Luigi
de Medici d’Ottajano, Corrado Malaspina, marchese di
Fosdinovo, comandante di squadrone dei cacciatori repubblicani,
Vincenzo d’Anna dei duchi di
Laviano e di Castelgrandine, ufficiale della Repubblica, Michele
Filangieri, dei principi di Satriano, alfiere di vascello,
membro del governo della Repubblica, Marcantonio
Doria, 7°
principe d’Angri, ambasciatore della Repubblica in Francia,
Michele Carrascosa y Zerezeda y Azebron, barone, comandante di
squadrone degli ussari della Repubblica, Martino Caracciolo, dei
duchi di Mignano e Roccaromana, comandante di squadrone dei
dragoni repubblicani, Giovan Battista Caracciolo, duca di Vietri,
comandante di Castel Nuovo, Luigi Antonio
d’Aquino, barone,
tenente degli ussari e poi capitano della Legione calabra,
Giuseppe
Capecelatro dei marchesi di Lucito, Arcivescovo di
Taranto.
Il medico
Evangelista
Mancini
dei marchesi di Fusignano, bonapartista, fu tra i promotori
della Repubblica. |
Già il 7 febbraio del ’99, dopo la fuga in Sicilia del Vicario
del Re, generale Pignatelli , e il suo arresto per tradimento,
il cardinale
Fabrizio Ruffo di Bagnara
(1744 † 1827) passa dalla Sicilia alla
Calabria, come Luogotenente del Re con il mandato di restaurare
il dominio borbonico. Il cardinale, partendo dalle sue terre
calabresi, incita il popolo richiamandolo alla Santa Fede e alla
Monarchia contro i giacobini francesi e repubblicani e forma un esercito controrivoluzionario, chiamato appunto Esercito
della Santa Fede, ovvero, Sanfedista. |

© Il "Viva Maria" - il vessillo
antigiacobino |
In effetti il cardinale riesce a
fare proselitismo nelle popolazioni incolte, che poco hanno
capito della Repubblica, dalla quale niente hanno finora avuto,
che vivono come governo di signori traditori e di stranieri.
Quindi i sanfedisti man mano occupano le Puglie e la Basilicata
e avanzano verso Napoli, ingrossandosi e conquistando con
saccheggi e barbare violenze le città repubblicane.
La flotta inglese accompagna l'avanzata dei Sanfedisti
bombardando le postazioni repubblicane poste sul litorale ed
occupa le isole del Golfo.
L’esercito francese, a seguito dei rovesci militari di Napoleone
in alta Italia, viene richiamato al nord e a Napoli viene
lasciata una esigua guarnigione, con i repubblicani di per loro
insufficienti a difendere la città e la Repubblica Napoletana. |

L'ammiraglio Francesco Caracciolo con la sua improvvisata
flotta affronta la "Regina dei Mari" tra Napoli e Procida; le
sue piccole ma veloci barche con le bandiere della Repubblica
Napoletana mettono in serie difficoltà la flotta inglese; nel
primo scontro sta per ottenere una vittoria insperata ma il
vento, alzatosi improvvisamente, permette alle navi inglesi di
prendere il largo.
(Saverio della Gatta - Battaglia tra navi
inglesi e repubblicane nel canale di Procida - stampa del
quotidiano il Mattino in collaborazione con Troni.)
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I
sanfedisti entrano in Napoli il 13 giugno 1799 e dilagano
saccheggiando e dandosi a irrefrenate e terribili violenze.
Solo le fortezze rimangono ai repubblicani scampati, che vi si
rifugiano disposti a resistere fino all’ultimo.
Il
Cardinale Ruffo chiede e tratta la Capitolazione alle condizioni
che i repubblicani avranno salva la vita e potranno scegliere se
imbarcarsi sulle navi francesi per l’esilio o rimanere nel Regno
liberi e indenni. La Capitolazione è accettata e sottoscritta
dal Cardinale, come Luogotenente del Re Ferdinando, i
repubblicani si arrendono e escono dai forti. Ma
il Re e la Regina, tornati dalla Sicilia, con l’approvazione
dell’ammiraglio Nelson mantengono i patti solo per i soldati
francesi, che lasciano partire, mentre li rinnegano per i
repubblicani, che fanno imprigionare tutti. Si istituisce un
Tribunale Speciale per le condanne con giudizio sommario: a
morte, alla prigione o all’esilio.
I
maggiori esponenti della Repubblica Napoletana sono condannati a
morte, più di cento: così Mario Pagano, Ignazio Cjaia, Vincenzio
Russo, Domenico Cirillo,
L’ammiraglio
Francesco Caracciolo di Brienza, impiccato all’albero maestro
della nave di Nelson, Eleonora Pimentel de Fonseca, impiccata
con rinnegamento della nobiltà riconosciutale .
Finisce così l’effimera Repubblica Napoletana, con l’amputazione
della parte più colta e più moderna dell’aristocrazia e della
borghesia intellettuale e con profonde ferite, che rimarranno
aperte nella società napoletana.
Molti dei nobili napoletani sfuggiti alla feroce repressione o
condannati all’esilio torneranno con Giuseppe Bonaparte nel 1806
e rimarranno con Murat e poi chiederanno con forza la
Costituzione e la difenderanno, una volta che il Re Ferdinando,
sostenuto dalle armi austriache la rinnegherà.
E
gli ideali di giustizia, di libertà, eguaglianza e fraternità
inalberati dalla Repubblica Napoletana rimarranno imperituri
nella crescente maggioranza degli italiani.
Dice nel 2.000 Antonio di Borbone, discendente dei Re di Napoli,
in un incontro all’Istituto Italiano di Studi Filosofici, che ha
sede a Napoli nel Palazzo Serra di Cassano:
“La
storia del regno di Napoli e del suo popolo ha oggi, a pieno
titolo, nelle sue pagine il grande sogno di un mondo migliore
che fu di Eleonora Fonseca Pimentel,
di
Mario Pagano , di Domenico Cirillo e di tanti altri………Noi siamo
qui per rendere il dovuto omaggio e il nostro profondo rispetto
agli uomini del ‘99”.
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NOBILI NAPOLETANI
CONDANNATI A MORTE: |
Francesco
CARACCIOLO di BRIENZA, ammiraglio, 47 anni,
impiccato sulla nave inglese di Nelson 29.6.1799
Giuseppe
SCHIPANI, dei duchi di Diano, generale,
60 anni,
decapitato 19.7.1799
Gaetano RUSSO, colonnello di fanteria, 34 anni,
impiccato
3.8.1799
Oronzio
MASSA, duca di Galugnano, 34 anni,
decapitato
14.8.1799
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© Napoli - targa con l'elenco dei
giustiziati in Piazza del Carmine, rei di aver partecipato
alla
Repubblica Napoletana del 1799 |
Gennaro
SERRA dei duchi di Cassano, 27 anni,
decapitato 20.8.1799
Giuliano
COLONNA, dei principi di Aliano, 30 anni,
decapitato
20.8.1799
Eleonora
PIMENTEL de FONSECA, marchesa, 47 anni,
impiccata
20.8.1799
Ettore
CARAFA, conte di Ruvo, 36 anni, decapitato
4.9.1799
Ferdinando
PIGNATELLI, principe di Strongoli, 30
anni,
decapitato
30.9.1799
Mario PIGNATELLI, dei principi di Strongoli, 26
anni,
decapitato
30.9.1799
Filippo de MARINI, marchese di Genzano , 21
anni,
decapitato
1.10.1799
Francesco
GRIMALDI, colonnello di fanteria, 56
anni,
decapitato 22.10.1799
Onofrio de COLACI, marchese, decapitato
22.10.1799
Giuseppe
RIARIO SFORZA, marchese di Corleto, 21
anni,
decapitato
22.10.1799
Francesco FEDERICI, marchese di Pietrastornina,
generale di cavalleria, 64 anni,
decapitato
23.10.1799
Saverio
CAPUTO,
nato a Napoli nel 1757, marchese della Petrella, 42
anni,
decapitato
31.10.1799
Gregorio
MATTEI, nobile,
nato a Montepaone nel 1722, decapitato il 28.11.1799
|
Leopoldo de RENZIS, barone di Montanaro,
colonnello di fanteria, 50 anni,
decapitato
12.12.1799
Carlo
MAURI, marchese di Polvica, 27 anni,
decapitato
14.12.1799
Luigi de la GRANELAIS, capitano di fregata, 34
anni,
decapitato
8.2.1800.
Raffaele MONTEMAYOR, tenente di vascello, 35
anni,
decapitato
8.2.1800
Luisa de MOLINA SANFELICE, 37 anni,
decapitata
11.09.1800.
L'avvocato Gregorio
Mancini (1762 †
1799)
dei marchesi di Fusignano fu condannato e giustiziato.
Michele
NATALE di Casapulla (CE), Vescovo di Vico Equense dal 1798 al
1799, aderì agli ideali giacobini. Fu nominato capo della
Municipalità di Vico Equense e scrisse "Catechismo Repubblicano
per l'istruzione del popolo e la rovina dei tiranni".
Fu arrestato e afforcato il 20 agosto 1799 nell'atrio della
Chiesa del Carmine Maggiore a Napoli. |

© Vico Equense - Ritratto del
Vescovo Michele Natale |
La repubblicana Cristina
Chiarizia,
figlia dell’avvocato Carlo, nobile sannita, e di Giuseppina
Pizzo di Marigliano, è ricordata per aver tentato di liberare i
patrioti dal carcere:” …La Chiarizia fece penetrare nelle
fosse del carcere di Castelnuovo lime, ferri, funi ed altri
strumenti per l’evasione…” ma, per una soffiata, l’impresa
fallì, solo “…due fuggirono”(6).
Cristina riuscì a fuggire travestito da uomo; per vendetta la
sua casa fu saccheggiata e incendiata. |

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Per gli approfondimenti si consiglia
la lettura di:
"Il Resto di Niente" di Enzo Striano
"La Rivoluzione Napoletana del 1799" di Vincenzo Cuomo
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Note:
1) Nel 1769 la Loggia massonica
napoletana Les Zelés è composta da 74 affiliati, per lo più
nobili, fra i quali figurano sia Francesco d'Aquino, principe di
Caramanico, che Cesare Pignatelli, duca di San Demetrio e della
Rocca, oltre ad intellettuali prestigiosi come Domenico Cirillo
e Francantonio Grimaldi. Successivamente, i Massoni-Giacobini si
riuniscono in clubs; si forma una nuova associazione, che prende
il nome di Società Patriottica Napoletana. Poi i clubs diventano
due: ROMO (Repubblica o Morte) e LOMO (Libertà o Morte). Un
altro circolo si costituisce a casa di Vincenzo Gugliotti, e ne
fa parte il marchese Giovanni Letizia, fondatore di una Loggia a
Capodichino, anello di congiunzione fra i circoli giacobini e
gli ambienti aristocratici e intellettuali. Nel 1794 il
movimento cospirativo avviato nella cosiddetta Cena di Posillipo
viene scoperto; inizia una durissima repressione: arresti,
processi e condanne. Emanuele de Deo è giustiziato insieme a
Vincenzo Galiani e Vincenzo Vitaliani.
2) Nel novembre del 1978 l’esercito
borbonico invade la repubblica romana e re Ferdinando IV entra
trionfalmente in Roma; l’esercito francese che il quel tempo non
aveva rivali, riconquista in breve tempo i territori perduti.
3) Grande studioso di arte militare
ma con poca esperienza nei campi di battaglia.
4) Francesco Caracciolo impartirà
un’umiliante lezione al Nelson, mostrandogli come si entra nel
porto di Palermo, impraticabile a seguito di una tempesta, senza
la guida di un battello.
5) La prima donna in Europa a
dirigere un giornale.
6) Istituto Italiano per gli studi
filosofici – Napoli e la Repubblica del ’99 – Napoli 1990.
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