
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
|
 |
Famiglia Dodaro |
A cura del Dott. Francesco Paolo Dodaro,
Socio Corrispondente dell’Accademia Cosentina |
Arma:
troncato,
nel 1° d’azzurro al gallo rivoltato sostenuto dalla partizione e
mirante una squadra con inscritto un occhio e in capo tre
stelle (8) male ordinate accostate dal motto: MODERATA DURANT,
il tutto al naturale. Nel 2°, d’oro ai due rami di edera al
naturale moventi la punta e accostanti la bordura esterna.
Altra: d’azzurro al gallo rivoltato poggiante su due rami
di edera intrecciati e mirante un triangolo con inscritto un
occhio e in capo tre stelle (8) male ordinate accostate dal
motto: MODERATA DURANT, il tutto al naturale.
Titoli:
nobili
di Acri,
nobili
di Rogliano. |
Stemma Dodaro, particolari dalle
decorazioni pittoriche del palazzo di famiglia in Acri |
Il cognome
Dodaro (in origine de Dodero o Dodero) designa
un’antica famiglia notabile di Cuti nel territorio di
Rogliano (CS), dove la stessa risulta presente sin dal
XVI secolo. La più antica notizia su questo casato si
ricava da Padre Giovanni
Fiore da Cropani che, nella sua
opera “Della Calabria Illustrata”, afferma che Frà
Bernardo da Rogliano (fondatore della congregazione dei
Colloretani), nacque nel 1519 da Palma Dodero e
Potesto Milizia, laddove quest’ultimi vengono ambedue
indicati dal cronista come di “onorata condizione”(1). |

Rogliano, frazione Cuti |
A Rogliano(2), questa
famiglia, si distinse con personaggi come Giovanni
Alfonso (Notaio vissuto nel XVI secolo)(3), il
Sacerdote Don Giovanni Battista e Pietro
Michele Carmine (Sacerdote e Medico). Quanto a Don
Giovanni Battista de Dodero (figlio di Giacomo,
deceduto nel 1640 a Laghitello e qui inumato nella
locale chiesa parrocchiale intitolata a Santa Maria
delle Grazie), questi risulta rettore della chiesa
parrocchiale di Laghitello dal 1629 al 1660. Il
suddetto, succedendo a Don Paolo Bove, oltre che parroco
nel casale predetto, fu pure beneficiato dell’altare di
San Giovanni Battista di Jus Patronatus laicale,
eretto dalla famiglia
Longo nella chiesa parrocchiale della vicina Lago (CS),
dedicata a San Nicola di Bari. Sempre a Don Giovanni
Battista, che dimorò accanto alla chiesa da lui retta
in compagnia della sua perpetua tale Auria
Ricciulla
anch’essa di Rogliano(4), si deve
inoltre, la fondazione nel maggio del 1660, di una
cappella di Jus Patronatus dedicata a San
Giovanni Battista(5), sita
nella chiesa di Santa Lucia in Cuti(6).
Con riferimento a Pietro Michele Carmine sappiamo,
invece, che: “dopo di essere asceso al sacerdozio, fu
anche laureato in medicina, e l’esercitò con lustro”(7), fu
infatti valente Sacerdote nonché Medico Chirurgo attivo
nel XVIII secolo. Fu Domenico Francesco Dodaro,
nato a Cuti il 25 dicembre del 1735 (1755?) da
Antonio del fu Martino Junior e da
Barbara
Parisi,
che decise di trasferirsi da Rogliano in Acri (CS) dando
origine così ad un nuovo ramo della famiglia e lasciando
l’amministrazione dei suoi beni in Rogliano al suo unico
fratello minore, Pietro Michele Carmine (del quale si è
già detto). Non si conosce l’anno esatto nel quale la
famiglia si trasferì ad Acri ma tale spostamento avvenne
nel XVIII secolo. Nel comune di Acri, i Dodaro, vennero
inclusi in breve tempo, tra le famiglie cittadine di
maggior prestigio e ricchezza e gli stessi vengono
ricordati, dallo studioso Raffaele Capalbo, come membri
della nobiltà locale(8). Dal
matrimonio fra Domenico Francesco e Lucrezia Pettinato
di Acri nacquero: Antonio Lorenzo(9) (1773 †
1806), Maria Barbara Concetta (1782 † 1854),
Giovanbattista (1785 † 1845)(10) e
Natale Dodaro(11) (1787 †
1865). Quest'ultimo tornò a vivere nel paese d'origine
dei suoi avi dove, entro il 1820, fu ammesso nella
prestigiosa
Congregazione dei nobili di Rogliano. Antonio Lorenzo
prese in moglie Mariangela Parise (di condizione
“civile”), ed ebbero come figli: Giuseppe Francesco
(1802 † 1878), Tommaso Vincenzo (1804 † 1874, che fu
Decurione del Comune di Acri) e Antonio Leonzio
Annibale (figlio postumo, 1807 † 1865). Il
primogenito Giuseppe Francesco Dodaro “nel 1809 da
Acri passò in Rogliano sotto l’educazione de’ suoi zii
paterni Giambattista e Natale Dodaro, dopo aver
sostenuto in Napoli nel Novembre del 1828, regolare
concorso, con Decreto del 26 Luglio 1829, venne nominato
Regio giudice nel circondario di S. Demetrio; e
trovandosi con tal carica nel Circondario di Verbicaro a
18 Novembre del 1838, si unì in matrimonio con D. Maria
Francesca Capalbo di Carlo”(12). Come
detto Giuseppe Francesco, che aveva conseguito la laurea
in legge a Napoli nel 1826, ascese in pochi anni alla
carica di Regio Giudice e esercitò la stessa in diversi
circondari (da San Demetrio a quello di Verbicaro, negli
anni 40 dell’800 fu invece Regio Giudice di San Sosti(13),
successivamente lo ritroviamo come Giudice di San
Marco)(14); il
cultore di storia locale, Raffaele Capalbo, lo ricorda
nel seguente modo: “Giuseppe, magistrato integro e
parte di quella schiera di avvocati, magistrati,
letterati, uomini politici insigni, che un giorno
illustrarono Acri, e che le procurarono il nome di Atene
della Provincia”(15). |
 |
 |
Ritratti del Regio Giudice Giuseppe Dodaro
(collezione privata fam. Dodaro) |
Il Regio Giudice Giuseppe Francesco ebbe in moglie Maria
Francesca Capalbi di Mormanno, gentildonna appartenente
ad una famiglia giunta a Mormanno (CS) nel 1308(16)
con tale Alfonso Capalbi che qui costruì il proprio
palazzo. Membro illustre di questo casato fu il
letterato Carlo Capalbi (1778
†
1839) che, sindaco di Mormanno per molti anni, fu
altresì appassionato cultore della lingua latina e fra
le sue opere in italiano si ricordano: La Partenope,
Teologia Gentile della Bibbia e
Canto Pastorale sopra la prima disfatta dei Francesi. La Famiglia Capalbi (pur nella
diversa cognomizzazione di Capalbo, Capalbi e Capialbi),
godette di nobiltà anche ad Acri, Vibo Valentia (ove le
fu associato il titolo di conte), Stilo e Corigliano(17).
A dimostrazione di una comune origine delle predette
famiglie si noti come le stesse utilizzino medesimo
stemma (connotato da un busto d’uomo sul quale è posto
un compasso aperto fiancheggiato da due stelle, una
terza stella si colloca in basso sotto il busto umano) e
motto (“MODERATA DURANT”).
|

Mormanno, Stemma Capalbi
|
I coniugi
Dodaro-Capalbi ebbero come figli: Giovambattista
(1842
†
1901),
Rosa Mariantonia (1840
†
1918) che
sposerà Luigi Feraudo(18) e
Mariangiola (1844
†
1925)
futura moglie del Regio Notaio Domenico Zanfini(19) di Acri.
L’erede maschio, Giovambattista Dodaro, si formò presso
il rinomato Seminario di S. Marco Argentano ove ebbe
come maestro il letterato Ferdinando Balsano(20). Ultimati
gli studi “in belle lettere” nella città di Cosenza dopo
un breve ritorno ad Acri (ove fu assiduo frequentatore
del salotto culturale formatosi nell’abitazione privata
del suo amico e conterraneo Vincenzo Julia)(21), partì
entro il 1862 alla volta di Napoli dove conseguì la
laurea in giurisprudenza(22).
Dell’attività professionale di Giovambattista Dodaro
sappiamo che: “Pochissimo tempo esercitò, e
nobilmente, la professione di avvocato”(23) ben presto
infatti decise di ritirarsi a vita privata per meglio
potersi dedicare all’educazione dei suoi figli oltre che
alla gestione delle cospicue proprietà terriere della
famiglia nel territorio di Acri(24) e
Bisignano. Giovambattista ricoprì inoltre la prestigiosa
carica di priore della Confraternita del Santissimo
Sacramento (Una delle più antiche e ricche confraternite
della città di Acri, il cui priore veniva eletto: “tra
le persone più distinte della città”)(25) e in tale
veste ne promosse la costruzione della monumentale
cappella presso il cimitero cittadino(26). L’Avv.
Giovambattista Dodaro si unirà in matrimonio con
Cristina Benvenuto (quest’ultima era figlia del Medico
Chirurgo Luigi Benvenuto e dell’aristocratica
Mariantonia Gaudinieri(27); Cristina
assieme a sua sorella Filomena, poi sposatasi con il
letterato Francesco Maria
de Simone
(28), erano le
ultime discendenti di una famiglia annoverata fra quelle
di maggior rilievo della città di Acri)(29). Da
Giovambattista Dodaro e Cristina Benvenuto nacquero:
Giuseppe Antonio (1865
†
1938),
Maria Francesca Anna (sposa del patrizio Ferdinando
Spezzano)(30),
Francesco Maria (morto nel 1868 dopo pochi giorni di
vita), Mariantonia(31) (1870
† 1897) poi
sposatasi con l’Avv. Antonio Julia(32) figlio di
Vincenzo (noto letterato e scrittore nonché esponente di
antica e illustre famiglia acrese)(33), Luigi
(1871
†
1888),
Tommaso (1873
†
1941),
Aquilina (deceduta nel 1875 a breve distanza dalla
nascita), Francesco Saverio Natale (1876
†
1944),
Annunziato (1878
† 1957),
Carlo Giacomo Filippo (1880
†
1964) e
Michele Ferdinando (1881
†
1899). I
maggiori fra i figli maschi dell’Avv. Giovambattista
Dodaro (ossia Giuseppe, Luigi e Tommaso) vennero inviati
a svolgere gli studi superiori in Toscana presso il
Liceo di Arezzo ma a seguito della prematura scomparsa
della madre, Cristina Benvenuto, tornarono in Calabria
ultimando gli studi ginnasiali in Cosenza; forti di
un’educazione scolastica di ottimo livello i suindicati,
nuovi, rappresentanti della famiglia Dodaro si
distinsero in vari campi del sapere: Giuseppe si laureò
entro il 1891 in giurisprudenza e seguendo le orme
paterne divenne stimato Avvocato, attivo nel Foro di
Cosenza(34), Luigi
(deceduto in giovane età a causa di una malattia
incurabile) fu appassionato cultore di entomologia e
botanica e: “Di lui, quantunque continuamente sepolto
fra studi classici richiesti da’ regolamenti in vigore,
pure dedito per le scienze naturali resta una memoria
assai pregiata dove scrisse le sue pur troppo sennate
espressioni sulla notomia delle piante generali; memoria
che caratterizza appieno il suo buon volere per gli
studi, la sua maravigliosa capacità intellettiva e la
sua innata tendenza per tale scienza nobilissima”(35).
Annunziato (che prese parte alla Prima Guerra Mondiale
con il grado di Sottotenente Farmacista) fondò, in Acri,
in società con Pietro Falcone, la farmacia “La Salute”
mentre suo fratello Carlo intraprese la carriera
ecclesiastica divenendo dottore in Sacra Teologia,
Arciprete Curato Vicario Foraneo di Acri, Canonico
dignitario del Capitolo di Bisignano. Seguendo un’antica
tradizione familiare Francesco Saverio optò, invece, per
gli studi giuridici nei quali fu particolarmente
eccellente al punto da raggiungere i più alti gradi
della magistratura; infatti lo stesso: “Fu tra i
migliori giudici del Tribunale di Roma e poscia promosso
per merito distinto, tra i Consiglieri della stessa
Corte d’Appello di Roma nella quale ebbe modo di essere
relatore ed estensore di importanti sentenze, sia nel
campo della magistratura del Lavoro che in quella civile
della 1° Sezione di quella Corte d’Appello”(36). Dopo aver
vinto il concorso per la Cassazione (raggiungendo
l’altissimo grado di Consigliere di Cassazione),
Francesco Saverio Dodaro fu destinato (con Regio Decreto
del 4 gennaio 1940) alla funzione di Presidente del
Tribunale Civile e Penale di Venezia. Il suddetto fu
altresì insignito dei titoli di Commendatore dell’Ordine
della Corona d’Italia e Cavaliere dell’Ordine dei Santi
Maurizio e Lazzaro. L’Avvocato Giuseppe Dodaro (fratello
di Francesco Saverio) sposerà nel 1894 Maria Finita dei
Conti
Salvidio
(37) di Acri
(quest’ultima, discendente per linea materna, dalla
nobile famiglia dei
Brancaccio
di Acri, diramazione dei Brancaccio di Napoli, casato
estintosi in quello dei
Baffi, cui apparteneva sua
madre, D. Francesca Baffi). Dal predetto matrimonio
nacquero: Maria Cristina Olga Angiolina (nata e
deceduta il 12-6-1904), Giovambattista Francesco
Espedito (1906
†
1984) e
Delia Francesca Rita Anna (nata nel 1907 e sposatasi
con il Cav. Dott. Domenico Piemonte di San Marco Argentano). Giovambattista, proprietario terriero e pioniere del
commercio automobilistico in Calabria (lo stesso fu
Commissionario della Romeo nel 1924), contrarrà
matrimonio nel 1946 con Gemma de Caro(38),
generando: Giuseppe, Francesco Saverio,
Maria e Carlo (attualmente viventi in
Cosenza, città dove la famiglia risiede). Quanto alla
famiglia de Caro questa appartiene alla nobiltà di
Cetraro (CS), città cui ha donato numerosi sindaci e
personaggi illustri e dove risulta fiorente sin dal XVI
secolo. La suddetta Gemma de Caro era figlia del Comm.
Alfonso de Caro e della N.D. Marianna Cricelli(39) di
Castelvetere; suoi nonni paterni erano Pasquale de Caro
e Concettina dei Marchesi de Seta (quest’ultima sorella
dei Senatori del Regno Enrico e Francesco).
|
 |
 |
L’Avv. Giuseppe Dodaro e Maria Finita dei
Conti Salvidio di Acri (Archivio fam. Dodaro) |

Acquappesa (CS), Stemma de Caro |
Cosenza, 29 Luglio 1927,
Giovambattista Dodaro conduce l’automobile reale in
occasione della visita ufficiale alla città di Cosenza
di Re Vittorio Emanuele III di Savoia (Archivio fam.
Dodaro). Il Sovrano, per ringraziare l’“occasionale”
pilota, gli fece dono di
una tabacchiera in argento cesellato. L’episodio è
raccontato da C. Martirano in Accadde a Cosenza,
Klipper Edizioni, Belvedere (CS) 2007, pp.173-175. |
Lo stemma della famiglia Dodaro di Acri è affrescato
sulla volta dell’atrio del palazzo appartenente alla
stessa, sito nel rione Padia
(40).
Altre raffigurazioni del suddetto stemma
sono rinvenibili nelle decorazioni pittoriche che ornano
lo studio, collocato al secondo piano dell’edificio,
oltre che su alcuni paramenti sacri appartenuti
all’Arciprete Don Carlo Dodaro. |
Palazzo Dodaro sorge nel rione medioevale di Padia in
Acri. L’edificio, annoverato fra gli immobili di
interesse storico-artistico della Provincia di Cosenza(41),
è considerato come uno dei più rappresentativi del
centro storico di Acri(42).
Costruito in più fasi, palazzo Dodaro, è il risultato di
un lento processo di acquisizione e accorpamento di
nuclei abitativi preesistenti. La prima unità abitativa
venne acquistata il 7 dicembre del 1788 da Domenico
Francesco Dodaro e a questa se ne aggiunsero
progressivamente molte altre ad opera del suddetto e dei
suoi discendenti. Il palazzo venne dotato anche di un
giardino antistante ed infatti, come si legge in una
cronaca manoscritta sulla famiglia: “il 16 Dicembre
del 1829, Giambattista Dodaro comprava inoltre
dalle sorelle Romeo il giardino sottoposto alla previa
strada alla casa di abitazione famiglia Dodaro, arborato
di gelsi e confinante da settentrione dalla strada al
torrente Calamo e da sopra dalla strada del paese, a
ponente col giardino di Concetta Dodaro e da
oriente con altri terreni appartenenti al compratore
Dodaro”
(43).
La struttura di cui sopra venne a comporsi, nel suo
sviluppo, di due edifici rettangolari all’origine non
comunicanti poiché divisi da un viottolo. La fusione fra
i due edifici di proprietà Dodaro, fu opera del Regio
Giudice Don Giuseppe, che ne fece prolungare i
corpi di fabbrica sino a eliminare del tutto il
viottolo che sino ad allora li aveva divisi(44).
Il palazzo sarà ancora ampliato, in anni successivi,
tramite l’acquisto seguito dall’annessione, di altre
case limitrofe. L’edificio, nel suo insieme, risulta
formato dall’unione di due strutture, poste a quote di
terreno differenti, delle quali il fabbricato più
grande, è costituito da un piano strada (dove trovano
collocazione i magazzini e le cantine), più altri due
elevati e adibiti ad abitazione. Alcuni
ambienti dell’edificio sono altresì abbelliti da
raffinati soffitti in carta dipinti, eseguiti verso la
fine del XIX e gli inizi del XX secolo. Le stanze con
decorazioni pittoriche si collocano al secondo piano e
sono: la camera da letto padronale, lo studio e il
salone di rappresentanza(45).
La struttura più piccola (nonché la più antica) delle
due che compongono l’immobile(46),
si colloca in posizione sopraelevata e si articola in un
piano seminterrato più altri due fuori terra; al piano
seminterrato si trova la cappella di famiglia, alla
quale si accede esternamente tramite un’elegante
gradinata a valle. All’interno, la piccola navata della
cappella è delimitata, sulla destra, da una balaustra e
da una successione di archi impostati su colonnine
decorate con effetto finto marmo che delimita lo spazio
riservato ai membri della famiglia. Come detto sopra, la
cappella privata della famiglia Dodaro (dedicata a San
Giovanni Battista) venne fondata nel 1660 nella chiesa
di Santa Lucia in Cuti (Rogliano), tuttavia la stessa
dovette poi essere trasferita in Acri, seguendo di fatto
la famiglia nei suoi spostamenti(47).
Il trasferimento della cappella da Rogliano in Acri, fu
concesso tramite Rescritto pontificio fatto dalla
Sacra Congregatione Episcoporum et Regularium sub die
6 Martii 1857 e recante il numero 13038. Con
breve apostolico di papa Pio XII, in data 13 ottobre
1951, venne dichiarato privilegiato in perpetuo l’altare
della cappella Dodaro, al tempo funzionante come
oratorio semipubblico, retto dall’Arciprete di Acri Don
Carlo Dodaro. La famiglia Dodaro utilizzava come
residenza occasionale la tenuta di Serracavallo in
Bisignano, proprietà appartenuta alla famiglia
Boscarelli quindi acquistata dal Regio Giudice Giuseppe
Dodaro nel 1858 e in seguito ampliata tramite l’acquisto
di fondi contigui ad opera dei suoi discendenti(48). |
 |
 |
Acri, Palazzo Dodaro ed
esterno della cappella privata annessa al palazzo (Si
ringrazia per la fotografia, il Dott. Francesco Foggia) |

Acri, la decorazione
pittorica del salone di rappresentanza del palazzo
(Archivio fam. Dodaro). |

Tenuta di Serracavallo,
ubicata nel comune di Bisignano |
_________________
Note:
(1) - G. Fiore da Cropani,
Della Calabria Illustrata, Domenico Rosselli,
Napoli 1743, vol. II, p.118.
(16) -
www.faronotizie.it,
F. Regina, A ridosso del Castrum:
Capalbi-Ferriolo-Fazio.
(17) - Con riferimento
alle diramazioni della famiglia presenti in Acri e
Corigliano si rimanda a R.Capalbo, Memorie cit.,
pp.80-83.
(40) -
Si ringrazia il Sig. Gianfranco
Trentacapilli per la descrizione araldica degli stemmi,
rappresentati ad inizio racconto.
(41) -
http://burc.regione.calabria.it
|
|