
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Salimbeni o Salmena |
A cura del dr. Giuseppe Pizzuti |
Arma Salimbeni di Siena: di rosso ai tre fusi
d’oro, bene ordinati.
Motto dei Bartolini Salimbeni: PER NON DORMIRE
Arma dei Salmena di Morano: partito, nel 1°
d’azzurro a tre stelle d’argento messe in palo, nel 2°
d’oro a tre bande di rosso; il tutto abbassato sotto un
capo di rosso caricato da tre fusi d’oro, posti 2 e 1.
Motto: FORTUNA JUVAT |
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La famiglia
Salimbeni, come scrive il barone Antonio Salmena, nell'opera
citata in bibliografia, a pag. 304 riporta diverse fonti che la
danno di origine romana, da una di esse si desume che non giunse
a Siena dalla città di Roma ma dalle colonie: “Pietro de'
Crescenzi Romani poi, nel 1639 riferendosi ad un'antica Cronaca
posseduta, ai suoi tempi dal signor Parma, Cancelliere Maggiore
del vescovado di Piacenza, afferma che in essa era scritto, che
molte famiglie famosissime di Piacenza, fra cui i Salimbena,
originaro dalle colonie della Repubblica Romana molti anni
avanti la venuta di Cristo.
(1)”
Sulla base di quest'ultima fonte si potrebbe avvalorare la tesi
che fosse di origini ebraiche. |
Salimbene Salimbeni, valoroso cavaliere di Siena,
partecipò alla prima crociata in Terra Santa indetta da
Urbano IV nel 1095; fu il primo a salire sulle mura di
Antiochia dove nell’anno successivo piantò la bandiera
dei crociati e, in seguito, venne eletto patriarca di
detta città.
Proclivi alla vita militare, si distinsero al servizio
della Serenissima e degli Angioini ottenendo l’alta
onorificenza del cingolo militare
(2).
I Salimbeni occuparono un posto di primo piano nella
storia della Repubblica Senese con consoli, capitani,
militi, podestà, magistrati e ricoprendo altri
importanti uffici.
Ottennero numerosi feudi, tra i quali Rocca Tentennana,
o Castello de’ Salimbeni, nel quale dimorò S. Caterina
da Siena che, secondo leggenda, qui imparò a scrivere in
un’estasi religiosa.
I Salimbene prestarono a
Carlo I d’Angiò una somma ingente di denaro per la
conquista del Regno di Napoli e nel 1269 Notto
Salimbeni fu ricompensato con la baronia di S. Quirico,
Orcia ed Aretino in terra di Toscana.
Bennuccio Salimbeni fu podestà di Modena nel
1277; altro Bennuccio, famoso filosofo e poeta,
fu ucciso dalla fazione de’ Tolomei. Baschiera fu
podestà di Pistoia nel 1309 e nel 1348, e Genunzio
fu podestà di Bologna nel 1323. Persanti
Salimbeni fu
conte Palatino.
Francesco Salimbeni fu ambasciatore della regina
Giovanna I d'Angiò e consigliere di Corte di Alfonso I
d’Aragona; nel 1426 fu podestà di Foligno e nel 1438
senatore di Roma.
I figli di messer Anselmo Salimbeni e di Angelica
Montanini, stanchi delle continue lotte tra le
principali famiglie senesi, abbandonarono la città
natale nel 1447 e si trasferirono in Napoli; furono
valorosi militi di re
Anfonso I d’Aragona. |
Alcuni componenti del Casato si diramarono in Francia
dando origine alla famiglia Salimbeni di Parigi, da cui
discese l’arcivescovo Capuano (†
1295) che dal pontefice Niccolò IV (1227 †
1292) ebbe confermate tutte le donazioni fatte alla
chiesa Capuana da Federico II.
Arma: d’azzurro al frutto di pino d’argento. |
Stricca Salimbeni nel 1285 fu capitano del popolo
della città di Bologna, l’anno dopo ricoprì la carica di
podestà; altro podestà fu Gannoccio nel 1323. |
Un ramo dei Salimbeni di Siena, disgustati dai dissidi e
dall’odio regnante tra le famiglie di detta città, si
stabilì in Firenze nel XIV secolo; da essi discendono i
de’ Bartolini Salimbeni di Firenze, dei Salimbeni di
Pisa, dei Taurelli Salimbeni di acquapendente, che si
trovano in Ferrara, nel Regno di Napoli ed altrove.
I Bartolini Salimbeni esercitarono numerose cariche:
priori di libertà, podestà, gonfalonieri, comandanti di
eserciti; da essi uscirono uomini di scienze e lettere,
cavalieri del
S.M.O. di Malta, dame di corte.
Innalzarono per arma uno scudo di rosso al leone
troncato d’argento e di nero; queste insegne furono
inquartate con quelle dei Salimbeni.
I Salimbeni di Pisa nell’arma inserirono la brisura per
indicare il ramo cadetto.
I Salimbeni di Pisa usarono il campo nero alla banda di
rosso, attraversata da tre fasce d’oro. |

Firenze, Chiesa di Santa
Trinita, stemma Bartolini Salimbeni |

Stemma Bartolini
Salimbeni Vivai di Firenze |
Molti gentiluomini e militi senesi seguirono re Alfonso
d’Aragona in Napoli, tra i quali i Tolomei, i Malavolta,
i Ruffaldi, i
Piccolomini, i Tommaso e nel 1447 i Salimbeni
con Giovan Domenico insieme ai suoi congiunti.
In un antico manoscritto si legge: ”Della casa
Salimbena. – Questi non sono di Napoli e nettampoco di
Sicilia, ma venirono nel Regno e furono signori grandi
assai e militari e bensì nella Corte Reale furono
ammessi con funzioni grandi; Carlo Maria Cappelli, nella
sua cronaca dice pure che portarono seco loro una molto
bella donna ed un moro gigante, che portava molto
ricchezze indosso e lo stemma dei Salimbeni che poi fu
ucciso in rissa, dopo averlo acconciato bene per le
feste.
Si sparpagliarono poi in tante famiglie e feciono le
prattiche per l’ammissione del
Sedile del Nido, ove vi furono acciettati”.
Secondo Celso Cittadino ed altri, l’alta posizione della
famiglia Salimbeni, la quale non aveva l’eguale in Siena
per nobiltà e ricchezza, tranne la Tolomei, non lascia
dubbi sui titoli che essa possedeva per poter essere
ascritta al patriziato napoletano. |
Nel 1460 circa il già citato Giovan Domenico
Salimbeni, probabilmente a seguito di qualche
concessione di signoria o feudo, si stabilì in Morano
Calabro; fondò il patronato gentilizio della sua
famiglia in S. Nicola.
Per figlio ebbe il magnifico Guglielmo Francesco
Anselmo che impalmò donna Lucrezia dei baroni di
Papasidiero; dall’unione nacquero: Berardino;
Rev. P. Matteo (vivente nel 1580), monaco nel
Monastero di Colloreto; magnifico Giov. Domenico II. |
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Morano Calabro (Cosenza) |
Verso il 1550 in Morano vivevano due personaggi per nome
Giov. Domenico Salimbena o Salmena, entrambi capo
della famiglia e dimoranti nello stesso palazzo sito in
via detta S. Nicola. Il più anziano era il già citato
Giov. Domenico II, U.J.D., che morì prima del 1570,
all’epoca in cui suo figlio cadetto Innocenzo
potè disporre della quota paterna a favore del nipote e
della cappella gentilizia dell’avo.
L’altro discendeva dal ramo cadetto, fu dottore in
medicina, e per distinguerlo dal primo veniva appellato
col diminutivo di Minico (Domenico). Nel 1583 in Morano
si trovavano registrate due sole famiglie Salimbena o
Salmena, ossia quella di Minico e quella di Matteo,
figlio di Giov. Domenico II.
Minico e i suoi discendenti abbandonarono verso il 1603
l’ala del palazzo Salimbena; nel 1700 Francesco
Salmena, marito di Anna Pandolfo, e discendente di
Minico, risiedevano in una casa alla Vigna della
Signora, dove quel ramo si estinse nel XIX secolo con D.
Gennaro, notaro apostolico, e le sue sorelle
Teresa e Rosa. |

Morano Calabro, Palazzo
Salmena, in primo piano la Chiesa di S. Nicola di Bari. |
Il più volte citato Giov. Domenico II sposò donna
Aulania De Feulo appartenente ad antica famiglia
feudataria moranese ed ebbe dieci figli:
1) - Innocenzo Salimbena (†
celibe, 1580), secondogenito, nominò suo erede
universale il primogenito di suo fratello Matteo
Pietro Antonio, e legò una messa quotidiana alla
cappella gentilizia fondata dall’avo nel 1460, donando
al clero le terre alla Torna;
2) - Rev. P. Jacobo Salimbena, fu monaco nel
monastero di Colloreto;
3) - Daniele Salimbeni sposò donna Dianora del
Carretto, passò in altra parrocchia, originando un nuovo
ramo che si spense nel 1625 con l’unico figlio maschio
G. Domenico, morto in tenera età;
4) - Bernardino Salimbena si stabilì, dopo il
1580, in provincia di Catanzaro insieme al fratello
Giuseppe, ove entrambi diedero origine a due nuovi rami
Salmena e Salimbena;
5) - Benvenuta Salimbena sposò, in prime nozze,
nel 1560 Anteo della Pilusella e, in seconde nozze, nel
1580 Francesco Antonio Granata;
6) - Ascanio Salimbeni fu notaio in Rossano e
Corigliano;
7) - D. Giovannella;
8) - Lucrezia Salimbena o Salmena sposò
Marc’Antonio dell’Osso;
9) - magnifico Matteo Salimbeni, primogenito,
sposò in prime nozze donna Persia Giulia de Feulo ed
ebbe tre figlie, e, in seconde nozze, nel 1580 donna
Vittoria de Leo; il parroco, registrando sul libro
questo secondo matrimonio, scrisse per errore Matteo
Salmeni al posto di Matteo Salimbeni e, quindi, i
discendenti di detti coniugi si chiamarono Salmeni.
10) - magnifico PietroAntonio, marito di donna
Giulia de Feulo. |

Morano Calabro, Palazzo
Salmena |

Opera del barone Antonio Salmena |
Il magnifico Leonardo Antonio, figlio dei
predetti coniugi, sposò donna Giulia Fera, nobile di
Cosenza, baronessa di S. Marco e Spezzano; ebbero dieci
figli, tra i quali, Anna Lucrezia Caterina che
impalmò Antonio
Calà,
feudatario di Castrovillari, Cassano, Martorano e
Nicastro; Leonardo Matteo Antonio (n. 1688),
capostipite del ramo de’ Salmena di Tortora, sposò
Elvira
Gaudiosi dei marchesi di Torricella; don
Domenico Cristoforo Basilio (n. 1680), erede del
fidecommisso degli avi, sposò donna Clelia
Pagliaminuta-Marsico, figlia del U.J.D. Sebastiano di
Castrovillari; Margherita Serafina che si accasò
con Pasquale Arcuri dei baroni di Briatico; Giuseppe
Rosario Vincenzo, primogenito, impalmò Maria
Giuseppa dei baroni de Benedictis - Toscano.
Questi ultimi coniugi ebbero cinque figli, il
primogenito Domenico Maria Michele Francesco (†
Napoli, 1837), dotto giureconsulto, magistrato e poeta
lirico, sposò donna Maria Lucia Scorza Rusciano di
distinta famiglia moranese e di nobiltà non recente; dal matrimonio nacque in
Morano il dì 28 aprile 1817 il barone Antonio
Salmena.
Il barone studiò nel Real Liceo del Salvatore di Napoli
e poi studiò legge come il padre; fu decurione e
consigliere provinciale e comunale, fu nominato più
volte sindaco di Morano. Sposò a 21 anni donna
Giuseppina Bosco Quintieri di Cosenza, la quale lo
lasciò presto vedovo e padre. Il barone Antonio si
trasferì a Napoli per dare una degna educazione ai figli
collocandoli nei primi nobili educandati della città
partenopea. Dopo dieci anni ritornò nella sua amata
Morano; già membro di varie accademie, si dedicò alla
raccoltà delle memorie della famiglia. |
L'arma dei Salmena di Morano |

Stemma dei Salimbeni di Morano, ora Salmena |
I Salimbeni di Morano Calabro, poi Salmena, innalzarono
per arma uno scudo partito, nel 1° d’azzurro a tre
stelle d’argento messe in palo, nel 2° d’oro a tre bande
di rosso; il tutto abbassato sotto un capo di rosso
caricato da tre fusi d’oro, posti 2 e 1.
Le bande di rosso in campo d’oro rappresentano un
omaggio alla casa d’Aragona; i tre fusi d’oro in ricordo
degli avi di Siena. Lo scudo è sormontato da corona di
patrizio con il cimiero di un elmo ferrato da torneo
contrassegnato dalla corona baronale, adornato da
svolazzi e nastro su cui è impresso il motto della linea
dei Morano Calabro: Fortuna Juvat.
Lo scudo accollato, a destra, dalle insegne dei crociati
italiani e dei mussulmani, del ramo di lauro segno
rappresentativo degli ambasciatori, degli emblemi
patriarcali e vescovili, e dello stemma di Antiochia; a
sinistra dai trofei militari: bandiera Senese,
d’Aragona, dalla cornetta, dalla spada e dal bastone di
comando; dal ramo di lauro, dal fascio d’armi (emblema
dei governatori) e dallo scudo rosso con le lettere
S.P.Q.R. (esponente del rango senatorio romano). Infine
le insegne del S.M.O. di Malta e di Santo Stefano.
Al di sotto vi sono le armi delle principali famiglie
imparentate: Clavelli, Trotti, Sforza, Farnese, Trinci,
Varano e Marescotti. Lo scudo civico della città di
Napoli (troncato d’oro e di rosso), al di sotto dei
citati stemmi, ricorda l’iscrizione della famiglia al
patriziato napoletano. |
Albero
genealogico Salmena, già Salimbeni

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Note:
(1) - Gli Alimei,
patrizi di Piacenza, sono una diramazione dei Salimbeni.
(2)
– Grande Archivio di Napoli, diplomi del 1269 L.B. fol.
2, del 1281, L.L. fol. 4 e del 1285, L.B. fol. 6:
“Salimbena familia Miles Cive Senese”.
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Fonti bibliografiche:
- Antonio Salmena, "Morano Calabro
e le sue case illustri", Anno 1882
-
Vittorio Spreti: “Enciclopedia storico-nobiliare
italiana”, Vol. 6, Arnaldo Forni editore
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