Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Spadafora o Spatafora

Arma: di rosso al braccio destro armato, movente dal fianco sinistro dello scudo, tenente una spada d’argento posta in sbarra.
Altra: di rosso al braccio destro armato, movente dal fianco sinistro dello scudo, tenente con la mano di carnagione una spada d'argento posta in palo.
Motto: PRODES IN BELLO

Sicilia - Messina
© Messina, stemma famiglia Spadafora con le insegne melitense.

Capostipite della famiglia Spadafora o Spatafora fu Basilio Spataforius, di origine greca, capitano delle guardie dell'Imperatore  Isacco Commeno; fu inviato, nel 1058, in Sicilia con l'incarico di esarca.
Notizie certe si hanno di Giovanni Spadafora, il quale, nel 1230 fu segretario dell'Imperatore
Federico II di Svevia.
Inizialmente si diramarono in Sicilia, radicati principalmente a Palermo e Messina; successivamente fiorirono anche a Lucera, Benevento e Venezia; in Calabria si radicarono nelle province Citra ed Ultra.
Nel corso dei secoli il casato ebbe numerosi feudi tra i quali: Acquaviva, Albona, Buonalbergo, Castellamare del Golfo, Cutò, Magnavacca;  e fu investito di vari titoli, tra i quali: conti di Andria e Sclafani, marchesi di Carletto, Policastrello, Roccella di Randazzo e Sanmartino, duchi di Sanpietro e Spadafora, principi di Miletto (1602), Mazzara (1653) e Spadafora (1723).

Colella, feudatario di Albona o Alvona e Drama e Mulino Feudale di Feroleto, in territorio di Feroleto (oggi comune omonimo in provincia di Catanzaro), per essersi ribellato fu privato del feudo che tornò alla Regia Corte, con privilegio della regina Giovanna II del 7 maggio 1423 venne assegnato a Tarantino de Ponte da Sorrento, milite, Castellano di Feroleto.
Gli Spatafora di Messima vestirono l’abito del
S.M.O. di Malta più volte: nel 1485 con Corrado, nel 1586 con Antonio, nel 1589 con Orazio (o Ottavio), nel 1599 con Scipione, nel 1650 con Francesco Damiano, nel 1658 con Tommaso.
Federico Spadafora di Messina, barone della Gabella del Biscotto, Canape e Sale, avendo reso molti favori a re
Alfonso I d’Aragona, fu creato Maestro Razionale e Gran Camerlengo del Regno.
Nel 1522 Sebastiano Spadafora accolse in Messina, insieme a Ettore
Pignatelli, duca di Monteleone e vicerè di Sicilia, la flotta dei cavalieri gerosolimitani guidata dal Gran Maestro Fra Filippo Villiers, fuggita dall’isola di Rodi conquistata dai Maomettani.
Eleonora Spadafora nobile messinese acquistò da Alfonso d'Aragona de Ayerbe conti di Simeri (Catanzaro) la terra di Brancaleone e il casale di Staiti (oggi comuni ricadenti nella provincia di Reggio Calabria) con Regio Assenso del 7 giugno 1572; sposò Federico Stayti nobile di Messina con il quale ebbero Andrea, quest'ultimo sposò Ippolita, figlia del citato conte di Simeri Alfonso d'Aragona de Ayerbe; Adrea premorì alla madre di conseguenza Eleonora refutò Brancaleone al figlio di Andrea e suo nipote Federico juniore con atto del 1590; quest'ultimo fu il 1° marchese di Brancaleone, privilegio concessogli da re Filippo III nel 1607.
I rami degli Spadafora di Benevento, di Lucera e dei principi di Maletto e di Venetico, e marchesi di Sanmatino sono estinti; quest’ultimo ramo in casa Ascenso.
La famiglia Spadafora ha goduto di nobiltà in Cosenza dalla seconda metà del Cinquecento; sono stati possessori di feudo e vassalli.
Approdarono nella città di Cosenza con Antonio di Guglielmo (in quanto originariamente erano detti anche “di Guglielmo”), proveniente da  Rose (oggi comune poco distante da Cosenza) perchè  possedevano quelle terre, lo si evince da un documento: il citato Antonio intervenne come testimonio all'atto di fondazione dei PP. Minori Osservanti di San Francesco d'Assisi di Cosenza “Ego Antonius de Guglielmo de Rosis civitatis Consentiae testor anno 1449”.


© Rose (CS), in alto il palazzo baronale

Bernardino di Guglielmo, di Rose e cittadino di Cosenza è citato in un atto di notaio nel 1476.
Martino Guglielmo per la prima volta appare col cognome Spadafora, come risulta da una procura del 1555 redatta da Marco Antonio Piscitello.
Giovan Battista Spadafora o de Guglielmo Spadafora, sposato a Bernardina 
de Gaeta, hanno avuto per figlia Dianora che sposò Cesare Cavalcanti, patrizio di Cosenza, il loro figlio, Coriolano Cavalcanti, fu ammesso nell'Ordine di Malta nel 1591. In un atto del 2 dicembre 1598, stipulato a Cropani, notaio Pietro Giovine di Cropani, si rilasciava garanzia da parte della citata Dianora sui suoi beni dotali, vedova di Cesare Cavalcanti, e dal figlio Fabrizio a favore di Antonino e Diana Firrao, per la dote di detta Diana, andata sposa a Carlo Cavalcanti, fratello di detto Fabrizio.
Marcello Spadafora, dottore in legge, fu
aggregato al sedile dei nobili di Cosenza nel 1558, come attestato dal notaio Sergio nei libri parlamentari di quell'anno.
Marcello juniore, nel 1594 comprò per 21.500 ducati col patto di retrovendita, la
terra di Rose e di Luzzi da Lelio Orsini, curatore del patrimonio del principe di Bisignano, Nicolò Bernardino Sanseverino, per ripianare i suoi debiti, seguì il Regio Assenso il 14 settembre dello stesso anno, la vendita non ebbe seguito per l'esercizio, da parte del venditore, del patto di ricompra, il quale procedette ad una nuova vendita in favore di Giovanbernardino Bernaudo di Acri per 38.000 ducati; dagli atti a partire dal 1605, risultava un processo di espropriazione dei beni di Marcello, Claudio e Fulvio Spadafora, acquistati da Cesare Firrao principe di Sant'Agata (1610); un privilegio, dato a Napoli il 3 aprile 1614, dal vicerè conte di Lemos, di assenso alla vendita della terra di Luzzi e del feudo di Noci, nonchè di altri beni particolarmente elencati, eseguita ad istanza dei creditori di Marcello Spadafora, a favore di Marcello Firrao, con gli stessi diritti che aveva goduto il principe di Bisignano, dal quale il detto Marcello li aveva comprati. Marcello Spadafora aveva sposato Lavinia Pescara dei baroni di Saracena.
Sveva, figlia di Marcello e Lavinia, sposò Bartolo
 Sambiase, fratello di Scipione, Pompeo e Paolo.
Ministero dell'Interno, pubblicazione degli Archivi di Stato XI, Archivio di Stato di Napoli, Archivi Privati, Vol. I seconda edizione, Roma 1967, Archivio Sanseverino di Bisignano: 187-228-266.


© Cosenza, Palazzo Spadafora


© Cosenza, Palazzo Spadafora, portale

La famiglia ha posseduto vasti territori anche nella Presila cosentina; è tuttora visibile il palazzo ubicato a Flavetto, frazione ricadente nel comune di Rovito.


© Flavetto, Palazzo Spadafora, portale


© Flavetto, Palazzo Spadafora


© Flavetto, Palazzo Spadafora, retro


© Flavetto, Palazzo Spadafora, stemma

Adriano Guglielmo Spadafora (morto  a Napoli nel 1589), archeologo, lavorò negli scavi di Cuma e Pozzuoli, catalogò i reperti rinvenuti; fu nominato giovanissimo Prefetto del Regio Archivio di Napoli. Fu raffinato antiquario, la sua casa, nella vicinanze della chiesa San Giovanni Maggiore, dove la famiglia possedeva una cappella dedicata al Santo martire Adriano (1), era meta di  molti stranieri.

Ch. S. Giovanni Magg.
© Napoli, Cappella Spadafora dedicata a Sant'Adriano, poi passata ai Folliero.

Una Spadafora fu la madre di Giovanni Battista della Porta.
Giovanni-Jacopo
, fu elevato alla cattedra “del Supremo Dottorato” da papa Clemente VIII con bolla del 17 marzo 1632; morì giovane.
Mario Spadafora fu medico; pubblicò, a Napoli nel 1654, un “Trattato” di medicina in latino sulla patologia e la terapeutica.
Nei primi anni del XVIII secolo il feudo di Acquaformosa fu dato in dote a Flaminia Mollo in occasione del matrimonio con Muzio Spadafora.
Gaetano (morto a 56 anni nel 1848) del Flavetto fu parroco zelante.
Francesco Maria, nella seconda metà dell'Ottocento, fu uno dei migliori parroci dell'Arcidiocesi di Cosenza.
Nel 1907, fu richiesta una perizia giudiziaria per la stima e quotizzazione dell'eredità Spadafora: casa nel Comune di Rovito rione Flavetto, fondo Orto sopra le case e fondo Andreaggi. Causa tra Spadafora Carlo contro Carmela Rosina, Saveria, e Francesco Saverio Spadafora. Archivio di Stato di Cosenza, anno 1907, B. 76, perizia 32.
Carlo Marigliano (Napoli, 1867 † ivi, 1934), figlio del duca Francesco Saverio (1831 † 1883), sposò a Napoli nel 1905 Evelina Spadafora, figlia del principe Pietro.

S.B.d.L. Palazzo Marigliano
© Napoli - Palazzo Marigliano, Stemmi delle famiglie Spadafora e Marigliano, imparentate

Ch Girolamini

Ch Girolamini

Napoli, Altare Spafadora e stemma

Per la genealogia si consiglia di consultare le tavole genealogiche redatte da Serra di Gerace e per i titoli di duca e di principe di Spadafora, e Gaetano Spadafora Monroj e Muzio Spadafora Montalto il Registro della “Real Commissione dei Titoli di Nobiltà”.

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Note:
(1) - Eugenio Arnone riporta la data della morte nel 1586; nel libro “Memorie della Regale Accademia Ercolanense di Archeologia” vol. V, 1846; a pag. 99 è scritto “dal registro dei feudi risulta morto nel 1589, pare che sia sepolto nella chiesa di San Gio. Maggiore, ove tuttavia si vede la sua cappella gentilizia dedicata al santo martire Adriano. Sotto la tavola di marmo dell'altare, che rappresenta la decollazione del santo, leggesi ancora il distico seguente: Exguum munus quioquid tames est Hadrianus Spathaforus posuit, sancte Hadriane, tibi.”.
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Fonti bibliografiche:
- Luigi Palmieri “Cosenza e le sue famiglie attraverso testi atti e manoscritti”, Tomo II. Pellegrini Editore, 1999.
- Eugenio Arnoni “La Calabria Illustrata, vol. IV, Il Circondario di Cosenza”. Edizioni Orizzonti - --Meridionali, ristampa del 1995.
- Bernardo Candida Gonzaga “Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d’Italia”, Napoli 1875.
- Ivan Pucci "Gli stemmi araldici nel contesto urbano di Cosenza e dei suoi casali", pag.81. Edizioni Orizzonti meridionali 2011.
- Mario Pellicano Castagna “La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria” Vol.I pag.287; Frama Sud 1984.


Continua nel sesto volume in preparazione di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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