
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
|
Arma:
Ramo di Napoli: d’argento alla testa di moro recisa e
sanguinante accompagnata nel canton destro da un giglio d'oro
(1).
Alias: d’argento alla testa di moro recisa.
Alias: d’argento alla testa di moro recisa, lo scudo con la
bordura dentata di rosso.
Ramo di Capua: d’oro alla testa di moro recisa sormontata
da un lambello di rosso a tre pendenti.
Ramo di Giovinazzo: d’argento al leone di rosso
attraversato da una banda d’oro caricata da tre teste di moro. |

© Napoli - Stemma Famiglia
Saraceno o Sarracino |
Le radici della famiglia Saraceno, Sarraceno o Sarracino
si perdono nella notte dei tempi e vari autori hanno
ipotizzato diverse origini. Leggenda vuole che un
capitano della famiglia partecipò alla prima Crociata ed
uccise un valoroso comandante Moro, da allora il Casato
prese il nome Saraceno e innalzò per insegna la testa di
Moro.
La famiglia ha goduto di nobiltà in Lecce, Giovinazzo,
Matera e Napoli dove fu ascritta al Patriziato
Napoletano del
Seggio di Nido e, dopo l’abolizione dei
Sedile (1800), nel Libro d’Oro Napoletano. |
Nel 1187 Guarnerio Saraceno possedeva la terra di Torella,
sita in
Principato ultra, e Guaimario Saraceno
possedeva i feudi di Girifalco, Montemarano e Castelfranci. Nel
1225 Giovanni Saraceno risulta essere barone di Torella;
nel 1252 re
Corrado IV di Svevia restituì a Letizia
Saraceno, figlia di Guglielmo, le terre di Torella e di
Girifalco, quest’ultima disabitata, confiscate in precedenza
per fellonia.
Michele Martino Saraceno ebbe in dono da re
Ferrante I d’Aragona la terra di Roccasanfelice con
diploma del 21 novembre 1461; convolò a nozze con Raimondella
del Tufo. |
Sigismondo Saraceno (†
1525), figlio di Michele Martino, fu Consigliere di re
Alfonso II d’Aragona; acquistò nel 1497 da re Federico
d’Aragona il feudo di Guardia Lombardi; nel 1503 ebbe la
conferma del possesso delle terre di Torella,
Roccasanfelice, Guardia Lombardi e del Castello di
Girifalco dal Gran Capitano Consalvo di Cordova. Dal
marchese di Pescara acquistò per ducati 12.000 la terra
di Pomarico; impalmò Ippolita
Carafa
della Stadera, figlia di Luigi barone di Mondragone,
e con essa generò Giovan Camillo, Giovan
Fabrizio, Giovan Michele che fu Arcivescovo
di Matera, Giovan Luigi, Giovanni Annibale,
Andreana che sposò Giovan Michele
Riccio, Lucrezia che impalmò Giovan Battista
Tocco
barone di Montemiletto, e Raimondella che
implamò nel 1530 circa Innico 3°
de
Guevara (†
1553), barone di Arpaia e di Buonalbergo. |

Napoli - Stemma inquartato con le insegne Saraceno e
Carafa |

Napoli - Cappella appartenuta alla famiglia Sarracino |
Eredi del suddetto Sigismondo furono:
- il figlio primogenito Giovan Camillo, marito di
Aurelia
Orsini (matrimonio celebrato nel 1523) figlia
di Giovanni Antonio duca di Gravina, che ebbe le terre
di Torella, Guardia Lombardi, Roccasanfelice e il
castello di Girifalco;
- il figlio secondogenito Giovan Fabrizio ebbe il
castello di Montesano;
- l’altro figlio Giovanni Annibale ebbe la terra di
Pomarico, il feudo di Bagnara nei pressi di Capua e la
Difesa di Rayno della città di Aversa.
I predetti fratelli Giovan Camillo e Giovan Fabrizio
Saraceno parteggiarono per la Francia agli ordini del
Lautrech e l’Imperatore
Carlo V d’Asburgo-Austria nel 1528 confiscò i
loro feudi.
Filiberto de Chalons, vicerè di Napoli, con privilegio
del 10 luglio 1529 condonò ogni delitto di fellonia dei
due fratelli anche in considerazione del fatto che
Giovan Fabrizio per 16 anni avevano reso servigio alla
Corte, distinguendosi nella guerra di Lombardia e, in
particolar modo in quella di Pavia, dove fu fatto
prigioniero re Francesco I di Francia.
Fu confermata però la donazione fatta dallo stesso
vicerè alcuni mesi prima dei feudi di Torella e Guardia
Lombardi ad Alfonso de Rosa, commendatore di S. Giacomo,
che poi divenne conte di Torella; donazione confermata
con diploma del 5 dicembre 1533.
Nel 1535 ad istanza dei creditori di Giovan Fabrizio
Saraceno, fratello ed erede del barone di Torella Giovan
Camillo Saraceno, il tribunale del Sacro Regio Consiglio
vendette la terra di Rocccasanfelice ad Annibale
Caracciolo
Pisquizi, barone di Villamaina. Detto feudo
poi pervenne a Giovan Battista Reale. |

Napoli - Arma inquartata con le insegne delle famiglie
Bisbal, Pignatelli, Caracciolo e Saraceno. |
Annibale Saraceno intraprese la carriera
ecclesiastica, fu canonico napoletano, nel 1560 fu
nominato Vescovo di Lecce e il 13 novembre 1561
partecipò al
Concilio di Trento.
Gio. Michele Saraceno, nobile Napoletano del
seggio di Nido, fu creato Cardinale nel 1551 dal
Pontefice Giulio III (1550 - 1555). |
La
famiglia si imparentò con i Carafa (Camilla
Saraceno sposò Berlingieri Carafa dei duchi di Nocera),
i Doce, i Folliero (Giovanni
Folliero, nato a Napoli nel 1671 ed ivi
deceduto nel 1743, sposò nel 1728 Giulia
Saraceno, figlia di Alfonso patrizio
napoletano
del seggio di Nido),
i
Guevara, i
Piscicelli, i
Tocco,
i
Marciano
(Gio:Francesco
Marciano, Regio Consigliere
nel Consiglio di S. Chiara di Napoli, sposò donna
Antonia Saracino, figlia di Gio:Tommaso, barone di Andrano e patrizio del
Seggio di Nido di Napoli),
i
Ruggi
d'Aragona, i
Castriota Scanderbeg, i
d'Avalos, i
Bisbal (Francesco
Bisbal (†
1517), barone di Briatico, sposò
Caterina
Saraceno dei baroni di Torella). |

© Napoli - Stemma interziato con
le insegne delle famiglie Marciano, Sarracino e Castriota,
imparentate |
_________________
1)
- Libro d'Oro Napoletano - Archivio di Stato di Napoli -
Sezione Diplomatica. |
|