Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Famiglia Mojo

A cura del dr. Giuseppe Pizzuti

Arma di Cosenza: troncato: nel 1° d'azzurro alla testa umana al naturale posta in maestà e uscente dalla fascia d'oro della partizione; nel 2° d'azzurro alla gemella d'oro in banda (1).
Arma di Catanzaro: di rosso alla sbarra cucita d'azzurro accompagnata in punta da una stella d'oro e sostenente una figura umana di carnagione uscente che fissa una stella parimenti d'oro posta al primo cantone del capo (2).
Titoli: patrizi di Cosenza, nobili di Catanzaro.


Cosenza, Chiostro di San Francesco di Paola, stemma partito Mojo e Cosentino

La famiglia Moyo o Modio originaria di Rende o Mendicino (in Calabria Citra nei dintorni di Cosenza), era presente anche a Cropani ed in tutta l'area del Marchesato e della costa jonica (3).
Giunsero a Cosenza in tempi antichi come dottori, dove godettero prima le prerogative degli Onorati della Città di Cosenza nel 1576 per decreto della Regia Udienza nelle persone di Pietro e Paolo Mojo, e poi quelle del Nobile Sedile
(4).
Da un atto notarile del 15 marzo 1558, il magnifico Ar. M.D. Francesco de Mojo da Cosenza paga a Catanio Greco, per conto del rev. Abate Paolo Telesio, la somma di ducati 130, quale rata del taglione dovuto dal magnifico Valerio Telesio, fratello di detto rev. Paolo, secondo l'ordine emesso dal Vicerè di Calabria Don Pietro Urries, protestandosi però che detto Valerio Telesio non è tenuto a tale pagamento, perchè esente per provisioni della Regia Camera della Sommaria e del Regio Collaterale Consiglio
(5).
Re Alfonso I d'Aragona, facendo valere il diritto di regio patronato sul Monastero di Calabromaria di Altilia, ottenne dall'Abate di San Giovanni in Fiore, Geronimo, la nomina del nuovo abate nella persona di Enrico de lo Mojo, monaco dell'Ordine Florense di San Giovanni in Fiore; il 6 giugno 1483, in qualità di Abate del Monastero di Santa Maria di Altilia, venne nominato Arcivescovo di Santa Severina (6), rimase in carica fino al 1488, anno del suo decesso, suo successore, nominato il 9 giugno dello stesso anno, fu Alessandro della Marra.


Verso Altilia (oggi frazione di Santa Severina)


Altilia, Monastero Calabromaria, poi Palazzo Barracco


Santa Severina, Cattedrale


Insegne ecclesiastiche dell'Arcivescovo Enrico

L'Arcivescovo Enrico, l'anno 1587 aveva dato impulso al compimento del Monastero dei Cappuccini di Cosenza iniziato nel 1534, la Chiesa del Monastero fu costruita sulla vecchia Chiesa di Santa Maria della Motta e consacrata nel 1588 da monsignor Zaccone, Vescovo di Strongoli, sull'Altare Maggiore vi era posto il quadro dell'Immacolata di Luca Giordano. Nel 1806 il Monastero fu destinato in parte ad ospedale militare, i padri, indignati, lo abbandonarono. Nel 1824 il marchese di Vallelonga Castiglione Morelli [Vincenzo Maria (1800 † 1860)] ne ottenne il ripristino, nella Chiesa costruì un Altare marmoreo, le spese furono in gran parte da lui sostenute; il terremoto del 1854 causò gravi danni e fu restaurato dai monaci, successivamente venne soppresso. La Chiesa contava sei cappelle con altrettanti Altari: il primo dedicato al Beato Arcangelo d'Acri, appartenente a Don Luigi Pisani e Don Francesco Gallo; il secondo dedicato alla Vergine della Pietà;  il terzo a San Luigi Gonzaga, appartenente a Vincenzo Palermo che vi aveva sepoltura; il quarto a Sant'Antonio da Padova; il quinto a San Francesco Saverio, apparteneva alla famiglia del Gaudio; il sesto all'Addolorata, apparteneva alla famiglia Caselli, ottenuto con bolla pontificia del 1808 (7).


Cosenza, Monastero e Chiesa dei Cappuccini

Giovan Battista (†1673), dal 1635 al 1673 esercitò l'attività di tipografo, in esecuzione di regolare contratto, come risulta dall'atto notarile stipulato a Cosenza il 24 aprile 1673 dal Notaio Antonio Arcucci, costituiti Tommaso Caselli, Sindaco dei Nobili, e Not. Giovan Domenico d'Alessandro, Sindaco degli Onorati e il magnifico Domenico Mollo: asseriscono esse parti, come nell'anno 1635 fu consignata al quondam Giovan Battista Moio una stampa di essa città, consistente in un torchio, due fraschetti, e tre caratteri, uno corsivo grosso, uno caromone, et uno mezo di lettere maiuscole, quale pesate insieme con cinque cassette di tener caratteri pesorno rotola cento settanta uno con patto fra loro, che esso Giovan Battista sua vita durante tenesse detta stampa, et quella custodisse,  et non male trattasse, ne facesse maltrattare, ne admovere da questa fidelissima Città di Cosenza, et all'incontro essa fidelissima Città donasse a detto Gio. Battista le franchezze tra loro convenute, et altri patti... (8).
Beatrice, sposò Cesare Marincola, capostopite del ramo dei baroni di San Floro.

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Note:
(1) - Blasonatura a cura di Luca Irwing Fragale in “Microstoria e araldica di Calabria Citeriore e di Cosenza. Da fonti documentarie inedite, Milano, Banca CARIME, 2016, pag. 169, Fabrizio Castiglione Morelli in “De Patricia Consentina Nobilitate Monimentorum Epitome” blasona: in area cyanea obliqua baltea conchyliata tria, cum taenia... supernè, & in apice scutario... stellula aurea in dextro latere, in laevo verò caput candidum; Umberto Ferrari in “Armerista Calabrese”, La Remondiana, Bassano del Grappa 1971, pag. 46, e Luigi Palmieri in “Cosenza e le sue famiglie attraverso testi atti e manoscritti”, Pellegrini Editore, 1999  pag. 425: d 'azzurro a tre bende di rosso con la fascia di... attraversante sul tutto  ed accompagnata nel primo cantone del capo da una stella d'oro e nel secondo da una testa umana d'argento posta di profilo ed uscente dalla fascia medesima.
(2) - Umberto Ferrari, ibidem.
(3) - Francesco Lopez, “Profilo storico di Altilia, il monastero di Calabromaria”, edizioni Pubblisfera 2004, pag. 108.
(4) - Luigi Palmieri, opera citata.
(5) – Vincenzo Maria Egidi – Mario Borretti “I Telesio Regesto dei documenti del sec. XVI”, a cura di Raffaele Borretti, pag. 29.
(6) – Francesco Lopez, opera citata.
(7) – Davide Andreotti, “Storia dei Cosentini” Vol. II, Edizioni Brenner – Cosenza, ristampa del 1987, pagg. 204-205.
(8) - Gustavo Valente “Storia della Calabria nell'età moderna”, Vol. II, Frama Sud, 1980, pagg. 155-156.


Continua sul sesto volume in preparazione di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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