
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Famiglia della Marra |
Arma: d'azzurro
alla banda doppio contro merlata d'argento, con un lambello rosso di tre
pendenti nel capo dello scudo. |

©
Napoli - Stemma della Famiglia della Marra
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L’antichissima famiglia della Marra ha goduto di nobiltà a Ravello,
Barletta, Scala, Capua, Sessa, Somma, Messina e in Napoli dove fu
ascritta al Patriziato del
Seggio di Capuana. Dopo la soppressione dei Sedili (1800) il ramo
Napoletano fu ascritto nel Libro d’Oro Napoletano(1)
mentre il ramo Ravellese fu ascritto nel Libro d’Oro di Ravello. Più volte vestì
l'abito di Malta (vedi
lapidario).
Il
Casato si diramò in più rami; possedette numerosi feudi
tra i quali:
Accettura, Acerenza, Acquaviva, Aianiello, Aiano, Alianello, Amendolara,
Astigliano, Atripalda, Avellino, Barletta, Bisaccia, Boiano, Cagnano,
Caivano, Casarano, Cellamare, Ceppaloni, Civitavecchia, Genzano, Mignano,
Montalto, Montella, Oriolo, Pagano, Pietracupa, Pisciotta, Racale,
Ravello, Roccabasciarana, Roccasecca, Sannicandro, Senerchia, Serino,
Solofra, Spinazzola, Stigliano, Vulcano.
Ottenne numerosi i titoli, tra i quali:
barone di Serino
conte di: Aliano (1452), Alianello (1452) e Montella
marchese di Monterocchetta (1627)
duca di: Guardialombardi (1611) e Macchia (1611). |
Nel 1137 Roberto della Marra, Alferio Drago e
Sarolo del Tufo giurarono nel Duomo di Benevento alla
Imperatrice Florida, moglie di Lotario, di non gravare
la città con le riscossioni dei dazi.
Gezzolino della Marra possedeva uno splendido
palazzo in Ravello e vari feudi in
Terra d’Otranto; al comando di sette suoi
cavalieri, andò in aiuto a re
Manfredi di Svevia contro il Papa Innocenzo
IV. Fu poi Maestro razionale e Consigliere di Carlo I
d’Angiò.
Nel 1323 Nicola della Marra,
barone di Serino, comprò
dalla contessa Ilaria de Sous il castello di S. Giuliano
in Capitanata. Il feudo di Serino passò poi a Matteo,
quindi a Giacomo Antonio 1°, genitore di
Matteo Antonio della Marra († 1449),
Protonotario del Regno; impalmò Caterina
Dentice, figlia di Camillo. Rese l’anima a Dio nel
dicembre del 1449 e fu sepolto in Napoli nella Chiesa di
San Lorenzo Maggiore, dove sotto l’organo si legge il
seguente epitaffio: |
“Alexander
de Marra pius filius S.R.E. Protonotarius
Matthaeo Antonio militi strenuo, ed domino sereni ex
bonis suis hoc sepulchrum faciundum curavit, obiit autem
V. Idus Decembris 1449. H.O.F. 1487”. |
Nel 1469 il feudo di Serino passò Ludovico
della Tolfa. |

© Napoli - l'avita cappella gentilizia della famiglia
della
Marra intitolata al SS. Crocifisso |

© Napoli - Lastra tombale con altra variante
dello stemma Marra |
Nicolò della Marra fu Giustiziere e Capitano
generale di Terra d’Otranto sotto re Roberto; fu tra gli
esecutori testamentari di Maria di Valois (1309
†
1332), vedova di Carlo duca di Calabria, insieme a
Giovanni Grillo Vice protonotario del Regno. Nel 1352
ottenne dalla regina Giovanna I d’Angiò il feudo di
Barletta,
in Terra di Bari, che male governò imponendo
elevate tasse e abusando del potere, tanto da pretendere
lo “jus primae noctis”. I Barlettani nel 1381 si
ribellarono e ordirono una congiura guidati dalla
famiglia de Nicastro, ed uccisero tutti i componenti
della famiglia della Marra, ad eccezione del piccolo
Eligio, salvato dalla nutrice.
Divenuto adulto entrò con i suoi militi in Barletta
vendicandosi sui cittadini e rientrando in possesso
della città; impalmò Covella
Gesualdo, figlia di Elia, Signore di Gesualdo.
Nel 1412 re
Ladislao di Durazzo vendette il feudo di
Stigliano, in
Terra di Basilicata, a Giacomo o Iacobello
della Marra per 4.000 ducati.
Il feudo di Montemarano
situato in Principato ultra nel 1452 apparteneva a
Giacomo Antonio della Marra; nel 1497 Federico
d’Aragona confermava in favore di Francesco della
Marra il possesso di Castelfranci, Montemarano,
Ceppaloni, Cortoffo e Donnaginefra. Ad istanza dei
creditori di quest’ultimo, il Sacro Regio Consiglio
vendette Montemarano nel 1610 a Maurizio Tortello,
u.j.d.,
per 27.000 ducati; nel 1615 pervenne a Fabrizio
Guindazzo. |

© Napoli - targa nella quale si legge, tra gli altri, il
nome di Don Vincenzo della Marra |

© Napoli - ingresso chiesa |
Nel 1452 Alfonso I d’Aragona diede a Guglielmo della
Marra il titolo di conte sui
feudi di Aliano e Alianello, in Terra di
Basilicata, acquistati da Innigo
di
Guevara marchese del Vasto, conte di Aliano e Gran
Siniscalco del Regno. Nel 1480 dette terre passarono a
Eligio della Marra che dovette pagare la somma di
ducati 20.000 al re Ferrante I d’Aragona per le spese
sostenute per cacciare i
Turchi dalla Puglia; in compenso ebbe le
terre Astiliano, Roccanova, Santarcangelo, Accettura,
Gurguglione e Guardia, sempre in Terra di Basilicata.
Non avendo avuto figli dalla moglie Sancia Caracciolo, i
beni passarono alla sorella Isabella della Marra
che nel 1530 sposò Luigi Carafa, Signore di Mondragone.
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Napoli - Stemma con le
insegne dei coniugi Landolfo
d'Aquino e di Colella della
Marra |

Napoli -
Stemma inquartato con le insegne
Giudice,
Sanseverino, Franchi e della Marra. |
La duchessa Francesca
Lannoy vendette nel 1607 la terra
di Guardialombardi, in
Principato ultra, a lei pervenuta nello stesso anno per
donazione fatta da sua madre Beatrice
Folliero, per ducati 49.000 a Ferrante
della Marra, il celebre genealogista autore
dell’opera “Discorsi delle famiglie estinte, forastiera,
o non…” del 1641; quest’ultimo sposò Beatrice
della Tolfa, vedova di Giovan Antonio
Carbone, ed ottenne nel
1611 su detto feudo il
titolo di
duca da re Filippo III di Spagna.
Silvia della Marra (Guardia Lombarda, 1676
†
Napoli, Monastero della Sapienza, 8.11.1765), sposò a
Napoli nel 1699 Guglielmo
Ruffo (1672
† 1748),
principe di Scilla, figlio di Giuseppe Tiberio e donna
Agata
Branciforte, portando in dote il ducato di
Guardialombardi.
Nel 1521 Barnada della Marra e Giacomo
Longo,
cavalieri gerosolimitani, contribuirono alla fondazione
della Chiesa e Commenda di S. Giovanni in Gerusalemme ad
Ariano. |
Macchia, all’epoca Macchia Saracena e poi Macchia
d’Isernia, terra in
Contado di Molise,
è stata posseduta da vari feudatari;
apparteneva ai
Pignatelli
di Monteroduni, poi passò ai
Frezza
(nel 1340 Nicola Frezza fu creato barone di Macchia da
re
Roberto II d'Angiò) e
dopo ai de Maria, dal 1503 al 1519 Michele
d’Afflitto
risulta essere di barone di Monteroduni e di Macchia
Saracena, agli inizi del XVII secolo Giovanni Battista
della Marra (†
1630) acquistò Macchia ed ottenne il
titolo di duca
probabilmente nel 1611, morì senza eredi nonostante due
matrimoni, il primo con Beatrice
d’Aquino,
vedova di Giovan Battista
di Somma,
e il secondo con Ippolita
Ruffo.
Nel 1628/1638 il feudo fu venduto dal Sacro Consiglio,
ad istanza dei creditori del menzionato Giovanni
Battista, per ducati 24.500 a Cesare di Grazia. Nel
luglio del 1748 Nicola
d’Alena
acquistò il feudo di Macchia d’Isernia unitamente al
feudo di Valle d’Ambra, sito in
Terra di Lavoro,
dalla Regia Camera ad istanza dei creditori della
baronessa Maria Grazia Rotondi. |
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Castello di Macchia
d'Isernia, Porta a Monte con bertesca; a destra: stemma
Rotondi |
Si ringrazia il
collaboratore Aniello Gatta per aver inviato le foto del
castello |
Celeste d’Alena, figlia primogenita di Filippo,
baronessa di Macchia d'Isernia, sposò in prime nozze
Camillo d'Apollonio (†
1843), e in seconde nozze, il conte Giulio Frisari di
Bisceglie. Gli attuali proprietari dell’antico maniero
sono il Prof. Giulio ed il Dr. Nicola
de Jorio Frisari. |

© Napoli - targa dalla quale risulta che
il barone don Girolamo della Marra fu
Governatore della Reale Arciconfraternita |
Nel 1803 don
Scipione della Marra acquistò ad Aversa un immobile che nel 1620 Pompeo e Fabrizio
Lanza
vendettero ai Certosini per 1.100 ducati; nel 1865 il palazzo
passò a Francesco
Ciccarelli,
marchese di Cevavolpe(2). |

© Aversa - Accanto allo stemma, forse
della famiglia Lanza, le lettere S.D.M. sono le iniziali di
Scipione della Marra e l'anno 1803 indica la data d'acquisto. |
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Note:
1)
- Libro d'Oro Napoletano - Archivio di Stato di Napoli -
Sezione Diplomatica.
2) - Giuseppe Fiengo e
Luigi Guerriero, "Il centro storico di Aversa - Analisi del
patrimonio edilizio", Arte Tipografica Editrice. |
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