Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Famiglia Pantusa

A cura del dr. Giuseppe Pizzuti

Arma: di rosso, al monte di tre cime d'oro movente dalla punta e sostenente un castello torricellato di un pezzo d'argento, merlato alla guelfa e murato di nero.
Altra: di rosso, al castello torricellato di tre pezzi d'oro.
Altra: d'azzurro, al monte di tre cime d'oro movente dalla punta e sostenente una torre torricellata di tre pezzi d'oro(1).
Titolo: Nobile Patrizio di Cosenza.


© Stemma famiglia Pantusa

La famiglia Pantusa, originaria di Cosenza, aveva posseduto dei piccoli feudi, era del secondo ceto, ovvero degli onorati della Città Regia di Cosenza, aveva parteggiato per la causa aragonese con altre famiglie, tra di esse i Cozza ed i Bombini.
Nel 1535, quando venne a Cosenza l'imperatore Carlo V, di ritorno della vittoria riportata a Tunisi,  Giovanni Pantusa era sindaco degli onorati, dall'imperatore fu innalzato al grado di nobile, mentre Ferrante Bernaudo, sindaco della prima piazza, fu escluso dai nobili.
Da un atto redatto a Cosenza nel 1545 per mano del notaio Angelo Desideri, sappiamo l'ubicazione della dimora di Giovanni: “Dopo essere stati accertati da noi notaro il magnifico Bartolo Martirano de Cosa domiciliato nella sua solita abitazione nel loco detto la Rupa delli Morti comunicante da un lato con la casa del quondam Giovanni de Pantusa et dall'altro lato con la casa di Giovanni Ferrarese...” (2).
Di seguito il signa tabellionum” del notaio Angelo Desideri che esercitò in Cosenza tra il 1532 ed il 1568
(3).


Notaio Angelo Desideri

Giovanni Antonio (Cosenza, 1501 Trento, 1562), figlio del citato Giovanni, intraprese la carriera ecclesiastica, nel 1525 pubblicò a Roma la sua prima opera, un saggio sopra la Metafisica di Aristotele. A Roma era andato presentato dal principe di Bisignano Pietro Antonio Sanseverino al cardinale Ridolfi, nipote di papa Leone X, della cui corte diviene teologo. A seguito della morte di Aulo Giano Parrasio, nome latinizzato di Gian Paolo Parisio, fondatore dell'Accademia da lui denominata Parrasiana, Bernardino Telesio onde farla rivivere chiamò attorno a sé i soci assenti, per questo motivo Giovanni Antonio fece ritorno a Cosenza, ma il suo soggiorno fu breve. Tornato a Roma, si legò di stima a padre Bartolomeo Spina, domenicano, maestro dei Sacri Palazzi, attraverso di lui approfondì gli studi di San Tommaso d'Aquino, diedero vita all'Accademia Vaticana. Conobbe Girolamo Seripando, generale dell'Ordine Agostiniano, Gaspare Ricciulli dal Fosso, padre Giacomo Barba, sagrestamo maggiore del papa, inoltre frequentva i suoi conterraei, Antonio Telesio e suo nipote Bernardino, Coriolano e Bernardino Martirano, Francesco Franchini che dedicherà a Giovanni Antonio un epigramma per il suo De Cenae Domini, 1534.
Morto il cardinale Ridolfi passò sotto la protezione del cardinale Nicolò Aldringhelli, che lo proporrà alla nomina di vescovo di Lettere (sede vescovile che si estendeva nel territorio di Amalfi e Castellammare di Stabia, oggi soppressa), avvenuta il 14 febbraio 1547.
Indetto il Concilio di Trento, papa Paolo III lo destinò ad una discussione con i protestanti, non avendo risposto, non partì. Lo fece successivamente, dovendosi trattare di giustificazione, di concupiscenza, della posizione della fede nel processo giustificativo, nell'assenza del merito, sul diritto divino della residenza; vi venne chiamato come vescovo teologo italiano non appartenente ad un ordine religioso, partì con al seguito due ecclesiastici, uno dei quali il cosentino Vincenzo Bombini, e tre domestici, giunse a Trento il 7 marzo 1562. Con il cardinale Seripando prese alloggio nel collegio degli agostiniani. Prese parte ai lavori del Concilio, ma le sue condizioni precarie di salute si aggravarono, il 20 maggio prega il vescovo Giovanni del Fosso di stendere il testamento, morì a Trento il 27 ottobre, venne tumulato nella chiesa di San Marco
(4).

In un atto del 13 maggio 1536 in Roma, don Paolo Telesio, canonico cosentino, è procuratore di don Giovanni Antonio Pantusa, tesoriere della chiesa di Cosenza. In un atto del 2 luglio 1541 in Roma, Bernardino Telesio è procuratore del canonico Giovanni Antonio Pantusa, che rinuncia a detto canonicato ed alla prebenda di S. Croce di Aprigliano a favore di Tommaso Telesio, chierico Cosentino. In un atto del 1° aprile 1542 in Roma, don Bernardino Telesio è procuratore di Giovanni Antonio Pantusa, chierico cosentino, che rinunzia al beneficio di S. Nicola di Corte in favore di Paolo Telesio, mentre  Bernardino Telesio rinunzia al beneficio di S. Giovanni di Cerisano in favore di Pantusa. Giovanni Antonio è citato in un atto notarile redatto a Cosenza il 2 aprile 1543, notaio Francesco del Giudice da Cosenza, giudice Antonio Aurifice da Cosenza: “Il Capitolo Cosentino rappresentato dal Revv. Giovanni Antonio Pantusa Tesoriere e Pietro Bombini, viene ad una convenzione con il Mag.co Urbani de Beccuti da Cosenza, per la costruzione di un muro di sostegno per la casa de Beccutis in un terreno praticabile esistente tra detta casa ed il campanile della Chiesa Cattedrale” (5).


Insegne ecclesiastiche del vescovo Giovanni Antonio Pantusa

Cesare, nipote del vescovo Giovanni Antonio, fu l'erede testamentario, studioso e teologo, inoltrato negli ambienti romani, fu al servizio dei pontefici da Pio IV a Gregorio XIV, dal 1523 al 1597. Nel 1570 era entrato al servizio di Marco Antonio Colonna e lo seguì nella battaglia di Lepanto, combattuta il 7 ottobre del 1571 (6).
Cesare, nel 1596,  fece pubblicare a Venezia la raccolta degli scritti di suo zio Opuscola Omnia, dedicata a Marco Antonio Colonna.
Dagli atti notarili di notai cosentini redatti tra il 1656 ed il 1672 sono riportati: Marcello, Scipione, Nonna, Francesco, e Lorenzo Pantusa
(7).
Fabrizio Castiglione Morelli nella sua opera De Patricia Consentina Nobilitate Monimentorum Epitome, Venezia 1713, a pagina 81, inserisce i Pantusa nell'elenco delle famiglie estinte.

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Note:
(1)
- La prima blasonatura come da manoscritto di Gaetano Montefuscoli, “Imprese ovvero stemme delle famiglie italiane”. La seconda e la terza come riportano: Luigi Palmieri,“Cosenza e le sue famiglie attraverso testi atti e manoscritti”, tomo II, Pellegrini Editore, Cosenza 1999, pp.442-443; Umberto Ferrari,“Armerista Calabrese”, La Remondiana, Bassano del Grappa 1971, p.51.
(2) - Luigi Palmieri, ibidem.
(3) - “Il “signum” manoscritto, particolare e di elezione personale di ciascun notaio, ha certamente origine molto lontana nei tempi, contemporanea forse alla stessa origine della professione notarile, e garantiva l'identità del notaio rogante e l'autenticità del rogito, come oggi il sigillo ufficiale dei notai. Nel Regno di Napoli il “segno” manoscritto venne abolito e sostituito da un'impronta in metallo recante il nome, il luogo e la provincia di appartenenza del notaio, in forza del Decreto 3 gennaio 1809, n° 268, di Re Gioacchino Napoleone, che stabiliva il nuovo Regolamento notarile. Altro Decreto del 3 settembre 1810, n° 729, stabiliva al 15 settembre 1810 l'entrata in pieno vigore del Regolamento notarile di cui al precedente decreto”. Vincenzo Maria Egidi “SIGNA TABELLIONUM EX ARCHIVIO PUBLICO COSENTINO, TESTO-TAVOLE-INDICI, FONTI E STUDI DEL Corpus membranarum italicarum”, vol.V, Direttore Antonino Lombardo
, Il Centro di Ricerca Editore, Roma-1970, pp. 12, 65-66, tav. XXV.
(4) - Gustavo Valente, “Compendium, dizionario storico, geografico, biografico ragionato della Calabria” Vol.V, Ferrari editore 2017, pp.110-111.
(5) - Vincenzo Maria Egidi - Mario Borretti, “I Telesio Regesto dei documenti del sec. XVI”, a cura di Raffaele Borretti, 1988, pp.152, 156. 159. Vincenzo Maria Egidi, “Regesto delle pergamene dell'Archivio Capitolare di Cosenza”, a cura di Raffaele Borretti, Editoriale progetto 2000, 1996, p. 26. 
(6) - Gustavo Valente, opera citata.
(7) - Luigi Palmieri, opera citata.

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Sitografia:
https://www.iliesi.cnr.it/ATC/htm/accos/Giovanni_Antonio_Pantusa.html, a cura di Emilio Sergio.


Continua sul sesto volume in preparazione di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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