Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Famiglia Parisio

A cura del dr. Giuseppe Pizzuti

- Parte Prima -

Armi di Cosenza: d'azzurro, alla fascia accompagnata in capo da due stelle (6) ed in punta da un tronco d'albero sormontato da una stella (6), il tutto d'oro.
Altra: d'azzurro, al grifo alato di verde con la testa rivoltata tenente in bocca un dardo d'argento su un terrazzo di verde, ed accompagnato in capo da un artiglio di rosso sostenente un bastone al naturale inclinato in banda.
Altra: d'azzurro, al castello merlato d'oro col braccio armato impugnante una croce patente del secondo sporgente dalla porta. Arma adottata dal ramo trasferito a Palermo nel 1531 il cui capostipite fu Angelo.

Altra: d'azzurro, a due scale d'oro appoggiate in capriolo legate da una catena del medesimo e delle quali un leone sale la destra, un grifo la sinistra, entrambi d'oro sostenenti con le branche anteriori un libro aperto d'argento fogliato di rosso sormontato da una stella d'oro (8, altre volte 6).
Titoli: patrizio di Cosenza, patrizio di Benevento, nobile di Reggio Calabria, nobile di Palermo, barone di San Cono, marchese di Panicocoli.
Patroni: San Rocco, San Pietro.


Moliterno (Potenza), Palazzo Parisi, arma personale di Alessandro Parisi,
si noti il grifo ed il leone in posizione invertita

 Ch S Maria la Nova
© Napoli - Arma di Antonio Parisio, barone di Panicocoli (oggi Villaricca) - Anno 1635


Arma Parisio del ramo di Palermo. Per gentile concessione della Galleria Regionale della Sicilia
Palazzo Abatellis
(Autorizzazione prot. 2575 del 7-6-2023)

La famiglia Parisi, Parisio o de Parisio, di origine francese, scrisse padre Giovanni Fiore da Cropani, nella sua opera "Della Calabria illustrata", che: "sotto il regnare del conte Rogiero" ovvero di Ruggiero II d’Altavilla, re di Sicilia, duca di Apulia e di Calabria dal 1130 al 1154, arrivò in Sicilia Bartolomeo Parisio discendente da Gualtiero che fu governatore di Parigi nel 998, la Lutetia Parisiorum dei romani, e prese il cognome di Parisio. Bartolomeo fu signore di Calatabiano e feudatario della chiesa vescovile di Catania ed ivi si trasferì, ebbe per figli: Pagano e Gualtiero  i quali furono signori di terre in Sicilia ed in Calabria dove ottennero la baronia di Crucoli e Pagano fu Goverantore di Cosenza, da un atto del 1194 è attestato essere conte di Avellino e da un altro, del 1195, risulta essere conte di Butera, sposò Margherita de Luci (famiglia di origine normanna, sposata in prime nozze a Gugliemo Malcovenant) figlia di Bartolomeo, conte di Butera(1), e di Desiderata Policastro dei conti di Ragusa, ebbero per figli: Gualtiero, Perretto e Parisio che fu Governatore di Cosenza.
Raimondo, figlio di Parisio, fu Governatore di Cosenza al tempo di re Manfredi (1232 † 1266).
Ruggero, feudatario di Figline e Santo Stefano (oggi comuni di Figline Vegliaturo e Santo Stefano di Rogliano in provincia di Cosenza), nel 1188 fu uno dei baroni che andò a combattere in Terrasanta ai tempi di re Guglielmo II detto il Buono.
Simone, fu Gran Cancelliere di re Carlo I d'Angiò, il quale morto nel 1285 a succedergli fu il figlio Carlo II d'Angiò detto il zoppo che, però, si insedierà sul trono nel 1288 e regnerà fino al 1309. Nei primi anni della presenza degli Angioini a Cosenza, la famiglia Parisio, in virtù del prestigio, continuò ad esercitare un ruolo di primo piano nella vita civile e politica sia della città che del suo territorio.
In questo periodo visse il conte Guglielmo, discendente di Ruggero, il quale fu tra i ribelli di re Carlo II d'Angiò, al quale venuti in odio, per fuggirne lo sdegno venne necessitato a trapiantarsi a Messina con tutta la sua famiglia, per cui alla fine del Duecento restò a Cosenza soltanto Simone con la sua discendenza
(1bis).
Dopo oltre un secolo, svanite "le tempeste" che durante tale periodo si susseguirono tra Angioini ed Aragonesi i discendenti del Parisio ritornarono nei territori cosentini con i fratelli Tommaso e Ruggero. Il loro ritorno è avvalorato da due provvedimenti emessi da Luigi III d'Angiò [Luigi III d'Angiò-Valois (1403  Cosenza, 15 novembre 1434), re titolare di Sicilia e successore designato della regina di Napoli Giovanna II d'Angiò-Durazzo che lo aveva investito del titolo di erede al trono, 9° duca di Calabria, alla quale premorì]: il primo del dicembre 1423 col quale si ordina ai giustizieri di Val di Crati e Terra Giordana e al giudice ordinario di Cosenza di provvedere alla restituzione dei beni feudali tolti da Alfonso di Aragona ad alcuni cittadini dei Casali di Cosenza, fra questi cittadini troviamo Tommaso Parisio e fratello; il secondo provvedimento, emanato da Aversa quattro anni dopo, nel quale viene confermata a Ruggero di Parigi e ad altri abitanti di Figline l'esenzione del pagamento delle collette (raccolta di denaro sotto forma di contributi volontari per bisogni privati e pubblici, successivamente divennero forma di imposta forzata che colpiva tutti i possessori di beni immobili). Si può ritenere che l'indicazione di "Ruggero di Parigi" e non "Ruggero Parisio" sia stata determinata dalla comune origine francese sia del firmatario che dal beneficiario del provvedimento. Tali disposizioni, oltre ad attestare il rientro dei Parisio dalla Sicilia, ci induce a pensare che il ritorno in Calabria sia stato favorito dalla adesione dei Parisio alla causa degli Angiò contro gli Aragonesi. I discendenti dei fratelli Tommaso e Ruggero crearono due rami che la storiografia definirà del Cardinale e del Consigliere
(1ter).




 






 

Da sinistra a destra: Santo Stefano di Rogliano, Cappella di San Rocco della famiglia Parisio,
Palazzo Parisio, particolari architettonici, Palazzo Parisio, portale

Discendenti di "Ruggero di Parigi" furono: Andrea, Segretario di re Ferdinando I d'Aragona e Filippo, notaio, nel 1444 dal Casale di Figline si trasferì a Cosenza per esercitare il suo ufficio, ebbe per figli: Ruggiero, U.J.D. (dottore nell'uno e nell'altro diritto, civile e canonico), professore di legge, Consigliere di re Ferdinando I d'Aragona, aggregato al Sedile dei Nobili di Cosenza nel 1500; aveva sposato Caterina di Francia (detta Covella) di Nicola, patrizio Cosenza, i capitoli matrimoniali furono stipulati il 17 novembre 1471, ed ebbero per figli: Pietro Giovanni o Giovanni, Pietro Paolo e Francesco; e Nicolantonio, il quale, con privilegio di re Ferdinando del 3 maggio 1477, per i suoi meriti e per quelli di suo fratello Ruggiero fu dichiarato Milite, col godimento di tutte le prerogative, ed armi di nobiltà, per sè e per i suoi successori; fu il capostipite del ramo di Moliterno in terra di Basilicata, ebbe per per figlio Angiolo, notaio in Moliterno, nel 1531 a Napoli, fu stipulato un compromesso per la divisione dei beni nel quale si stabilì: che i beni di Cosenza fossero ereditati da suo cugino Francesco e quelli di Moliterno da Angiolo.
Cesare, figlio di Angiolo, sposò Giulia Pugliese ed ebbero per figli: Gioconda, sposata a Gaspare d'Elia di Montemurro; Parisio; ed Ascanio (1528
1614) vescovo di Hebron dal 1599 al 1612 e di Marsico Nuovo dal 1600 al 1614, il quale istituì un monte di maritaggi di 600 ducati per ogni donzella discendente da Giovanni, suo patrino, e da Parisio suo fratello, un legato  di 50 ducati annui per gli studenti maschi della famiglia ed inoltre un ospedale per poveri. Figli di Parisio furono Troilo e Ferrante, baroni di Brindisi ed Albano ed ebbero per figli Lelio e Claudio, questo ramo si estinse nell'Ottocento.
Giovanni, filio di Angiolo e fratello di Cesare, sposò Costanza
Venata, nel 1576 fece edificare la Cappella Gentilizia di San Pietro in Moliterno, testando nel 1580 istituì un legato perpetuo per i suoi discendenti che si fossero applicati agli studi, ebbero per figli: Giacomo Antonio, rimase celibe, ed il primogenito Lelio, il quale con Sentenza del Consiglio del 4 maggio 1574 furono dichiarati con suo padre Giovanni, Nobili del Sedile di Cosenza nonostante da molti anni fossero assenti dalla città, sposò Porzia Gallotti dei baroni di Battaglia e Casaletto, nel 1608 fondò un monte di ducati 120 annui per i discendenti in linea maschile che avessero esercitato la professione di avvocato a Napoli, ebbero per figli, tra gli altri: Francesco, la sua linea si estinse con Ignazio ( 1784), avvocato in Napoli; ed Orazio, suo figlio fu Ottavio sposò Maddalena Tornisiello dei conti di Latronico ed ebbero per figlio Domenico che sposando Isabella Pugliese di Vibonati ebbero per figlio Nicolangiolo (1657 1751), nel 1696 sposò in prime nozze Paola Vitarelli di Vibonati, e nel 1701, in seconde nozze Sofia de Dominicis.
Domenico Parisi (1699 1770), figlio di Nicolangiolo e di Paola Vitarelli, nel 1735 sposò Margherita Porcellini di Stigliano, e generarono: Michele Arcangelo; Stanislao, sacerdote; Ascanio, sacerdote; Nicola (Moliterno, 1739), avvocato in Napoli, Primo Presidente della Gran Corte Civile di Napoli, dal 1806 Consigliere della Suprema Corte di Napoli; Giuseppe Ruggiero (Moliterno, 1745 † Napoli 1831), fu avviato a Napoli agli studi di matematica, fisica ed astronomia dallo zio Angiolo che gli permise di frequentare amicizie come Francesco Mario Pagano, fu Tenente Generale, Ministro della Guerra e Capo di Stato Maggiore dell'Esercito del Regno delle Due Sicilie, il 18 novembre 1787 fondò la Reale Accademia Militare della Nunziatella; Luigi (Moliterno, 1754) Ufficiale di Artiglieria, con Decreto del 19 maggio 1818 fu nominato Commendatore dell'Ordine delle Due Sicilie, e nel 1819 ebbe la Commenda dell'Ordine Militare di San Giorgio della Riunione, ebbe per figlia Raffaella (morta di colera nel 1837) che sposò Giustino Fortunato di Rionero, professore di matematica alla Nunziatella, avendo preso parte alla Repubblica Napoletana del 1799, lo salvò il Generale Giuseppe Ruggiero, che lo fece rifugiare nel palazzo di famiglia a Moliterno dove conobbe Raffaella; Lelio (Moliterno, 1756), Vice Presidente della Suprema Corte di Giustizia di Napoli, ebbe discendenza.
Ippolita Camilla (
1835), nipote di Giuseppe Ruggero, sposò Ferdinando De Caro, barone di Rocca Gloriosa, morì di parto dando alla luce Giustino il quale ricoprì diverse cariche politiche: parlamentare del Regno d'Italia, Presidente del Consiglio Provinciale di Salerno, Sindaco di Moliterno dal 1885 al 1890; ereditò i beni paterni e quelli materni, con sua madre si estinse il ramo in Moliterno, rimase fiorente il ramo di Napoli con i discendenti del Generale Giuseppe Ruggero; rimase celibe.
Giuseppe Parisi, nel 1857 acquistò dal suo congiunto Giustino De Caro, il titolo di barone(1quater).


Generale Giuseppe Parisi di Moliterno
Si ringrazia Dale John Joseph Leppard per aver inviato la foto


Moliterno, Palazzo Parisi, stemma inquartato con le famiglie imparentate

Moliterno (Potenza), Palazzo Parisi ed accanto il Museo Civico di Arte Sacra, già Cappella gentilizia della famiglia Parisi


Moliterno, Museo Civico di Arte Sacra, sarcofagi di Angelo ed Ascanio Parisi


Moliterno, Museo Civico Arte Sacra, sarcofago Notaio Angelo Parisi


Moliterno, sarcofago Notaio Angelo Parisi, epitaffio


Moliterno, Museo Civico Arte Sacra, sarcofago Vescovo Ascanio Parisi

Sarcofago di Angelo Parisi, particolare dello stemma. A destra: Sarcofago del Vescovo Ascanio, particolare dello stemma

Moliterno, Chiesa del Rosario, Cappella di Sant'Antonio, e lapide
sepolcrale di Domenico Parisio morto nel 1786 all'età di otto anni


Moliterno, Chiesa del Rosario, Cappella di Sant'Antonio, lapide sepolcrale di Paolo Parisi


Moliterno, Museo Civico Arte Sacra, lapide sepolcrale di Lelio Parisi

I Parisio raggiunsero il massimo splendore durante il periodo degli Aragonesi; si divisero in due rami: il primo detto Parisio del Cardinale il cui massimo esponente fu il cardinale Pietro Paolo; ed il secondo detto Parisio del Consigliere, capostipite fu Tommaso, giureconsulto, membro del Sacro Regio Consiglio della Camera di Santa Chiara sotto Ferdinando I d'Aragonanel 1483 fu nominato Capitano di Lecce, sposato a Pellegrina  Poerio ed Arnone originaria di Taverna, ebbero per figlio, tra gli altri, Aulo Giano Parrasio (Cosenza, 1470 † ivi, 1521) nome latinizzato di Giovan Paolo Parisio, il padre lo avrebbe voluto giureconsulto ma egli era incline alle lettere, fu filosofo, umanista e scrittore, tra i massimi latinisti della sua epoca. Studiò il greco a Corfù, ritornato in patria, aprì una scuola a Cosenza; a Napoli fu membro dell'Accademia Pontaniana, a Roma dell'Accademia di Pomponio Leto; dal 1499 al 1507 visse a Milano dove insegnò privatamente, conobbe, tra gli altri, l'umanista Demetrio Calcondila proveniente da Atene, sposò sua figlia Teodora. Nel 1511 fu costretto a tornare a Cosenza, in questo periodo fondò l'Accademia Cosentina; dopo un breve soggiorno a Roma, chiamato da papa Leone X per insegnare al romano ginnasio della Sapienza, ritornò definitivamente nella sua città natale. Lasciò la sua preziosa biblioteca al suo amico, l'umanista Antonio Seripando, che la riordinò con Decio Apriano e la portò a Napoli; passò poi a suo fratello, cardinale Girolamo Seripando (1493-1563) ed in seguito alla chiesa di San Giovanni a Carbonara di Napoli.
Attualmente è collocata nella Biblioteca Nazionale di Napoli.
Mario, nipote del Consigliere Tommaso, scrisse Scipione Mazzella che furono appellati anche come Parisio di Mario.
Mario morì assassinato nel mese di giugno del 1588 nella sua casa di campagna nel territorio di Cosenza nel luogo detto sopra Torrevecchia, i responsabili furono i nobili Fabrizio, Vincenzo, Prospero, ed Aloisio Cavalcanti. Mario ha avuto come figli: Trineo, Cavaliere di Malta, Bartolo, Pietro Antonio, Cavaliere di Malta, ammesso nell'Ordine il 1° marzo 1584 ed abitante a Napoli. Frà Pietro Antonio, nel 1599 venne nominato procuratore da suo cugino Flaminio Buglio per trattare l'affitto della terra di San Lucido con Donna Giovanna Carafa, Marchesa di San Lucido. Flaminio Buglio era figlio di Giovan Domenico, nobile di Castelfranco (oggi comune di Castrolibero), il quale nel 1580 aveva sposato Isabella Parisio. Amedeo Miceli di Serradileo,"Delitti e pene riservati ai nobili in provincia di Cosenza", pdf, pp.196-197. Amedeo Miceli di Serradileo,"I Buglio di Castelfranco attraverso le fonti notarili dell'Archivio di Stato di Cosenza" in "Araldica Calabrese", Cosenza, MIT, 2008, p.152.
Prospero, patrizio di Cosenza, patrizio romano, congiunto di Aulo Giano Parrasio, visse a Roma dove ebbe la cittadinanza onoraria, si addottorò in filosofia, legge e matematica per la quale fu celebre, fu anche geografico, fu uno degli iniziatori del restauro e dell'archeologia moderna. Governatore di molte città dello Stato Pontificio e di quello di Napoli, ebbe lotta preminente per estirpare i malviventi e la diffusione del colera. Nel 1589 pubblicò la prima carta geografica stampata della Calabria, e nel 1591 una carta generale del Regno di Napoli; nel 1592 pubblicò un Compendio di Storia della Calabria che nel 1683 ripubblicò a Norimberga Gio. Giorgio Wolkamero. Il 7 ottobre 1571 prese parte alla battaglia di Lepanto con altri suoi congiunti, dopo aver cooperato per l'arruolamento di volontari in Calabria ebbe il grado di capo battaglione sotto Prospero Colonna il quale comandava uno dei tre corpi di fanteria sulle galee di Venezia. Conquistò una bandiera turca che, rientrato a Reggio, donò alla capella di jus patronato della sua famiglia nel Duomo. Alla sua morte fu sepolto nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, il monumento sepolcrale fu posto dai cosentini: Fabrizio de Gaeta, Antonio de Prosperis e Giulio Cesare Frangelli, l'epitaffio lo appella nuovo Bruto e Curzio.


Cosenza, Chiesa di San Francesco d'Assisi, lapide pavimentale con stemma dei Parisio

Cosenza, Chiesa di San Francesco d'Assisi, lapide pavimentale di Cesare Parisio. A destra: stemma Parisio (2)

Traduzione in italiano della lapide a cura dell’Avv. Rosario Salvatore Migliaccio di Sanfelice:
“A Dio, il Migliore, il più Grande.
Fermati, viandante. Qui riposano le ossa di Cesare di Parisio, patrizio cosentino, ma giace (anche) la gloria dell’intero casato di Parisio qui sepolto con lui, casato eminente tra i nobili cosentini per 400 anni, ricco di splendori: furono in guerra condottieri illustri, in pace assisi al consiglio del re. Sua fonte di speranza furono i fratelli Mario ed Orazio, prospera prole dalla Natura accordatagli; ma giacché da sorte fatale entrambi i figli vennero a mancare, l’uno a sette, l’altro a quattro anni di età, la linea gentilizia dei Cesari si estinse con lui; in un solo Cesare per sempre si spengono i lumi dell’intero casato. Flavio Guzzolino Barone di Cervicati, regio avvocato dei poveri di Calabria, nipote ed erede, eresse a memoria della sua devozione (per lo zio) nell’anno del Signore 1641”.


Aulo Giano Parrasio

Il citato Pietro Paolo (Figline, 1473 † Roma, 1545 ), figlio di Ruggiero e di Caterina di Francia , studiò a Bologna dove si laureò nel 1499; ritornato a  Cosenza impalmò Gismonda di Tarsia figlia di Giacomo, barone di Belmonte, che gli diede un solo figlio, Ruggiero. Rimasto vedovo e, perso il figlio, intraprese la carriera ecclesiastica; nel 1514 fu chiamato a Roma per ricoprire l'ufficio di correttore nell'Archivio della Curia, nello stesso anno fu nominato da papa Leone X docente in diritto civile, nel 1515 fu nominato canonico della cattedrale di Cosenza; nel 1520 si trasferì a Padova per insegnare diritto canonico; nel 1537 divenne Uditore Generale delle Cause nella Camera Apostolica e nel 1538 fu nominato vescovo di Nusco. Il 19 dicembre del 1539 fu creato cardinale, assumendo il titolo di Santa Balbina; uomo di fiducia di papa Paolo III, il 16 ottobre del 1542 lo nominò, con i cardinali Giovanni Morone e Reginald Pole, legato pontificio a Trento, dove si attendeva l’apertura del Concilio, rinviata ancora una volta, su ordine del papa raggiunse Bologna, che lo inviò come legato presso Carlo V. Morì assistito dal suo amico Ugo Boncompagni, futuro papa Gregorio XIII. Nominò suoi eredi i nipoti, figli del fratello Francesco, e lasciò legati alle nipoti Covella ed Adriana, figlie del fratello Giovanni e di Laura Cavalcanti, che oltre ad esse, ebbero per figli: Flaminia, Filippo e Belluzio il  quale si trasferì a Reggio Calabria con i nipoti di Gaspare Ricciulli del Fosso (nato a Marzi di Rogliano nel 1492, già Superiore Generale dell'Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola) il quale era stato nominato vescovo di questa città, carica che ricoprì dal 1560 al 1592, anno della sua morte, sposò sua nipote Medea Ricciulli del Fosso ed ebbero per figli: Matteo, suo figlio Antonino si stabilì a Rogliano ed il 6 settembre 1683 ottenne la reintegra alla nobiltà di Reggio Calabria con i suoi sette figli; e Gaspare, entrambi furono aggregati alla nobiltà di Reggio Calabria. Matteo e Gaspare si arruolarono per la battaglia di Lepanto con una propria galera nomata Maria Santissima della Consolazione sulla quale presero imbarco diversi esponenti della casata dei rami di Cosenza e Reggio fornita di ciurma reclutata a Reggio, Bagnara e Solano; Matteo nella battaglia predò una saetta turca nomata Fusta del Profeta, nell'arrembaggio riportò ferite come i suoi amici Geria, Ferranti, de Cicco, Basugi e Galimi, fecero prigionieri tra di essi una giovane guerriera e quattro damigelle suonatrici di famiglia sultanesca, una di esse, Miriam rivelò che sulla saetta vi erano un barracano (una veste caratteristica) ed una bandiera verdi, reliquie per i musulmani, per questa rivelazione furono lasciate libere, la saetta fu chiamata Santa Maria del Pilerio, ritornati a Reggio i cimeli furono esposti in Duomo, a sinistra dell'Atare dell'Eucaristia, a destra era la bandiera quadrata azzurra dei Parisio, in seguito tali cimeli, a mezzo di Miriam, convertita al Cristianesimo, vennero restituiti ai turchi senza pretendere compenso; Miriam finì in convento col nome di Suor Maria.
Gaspare sposò Francesca Pescara di Diano, creando il ramo Parisio Diano ed ebbero per figlio Camillo che sposando Tarquinia Malgeri e Furnari generarono: Francesca, che sposò il nobile Marco Barone ed ebbero Domenico, cavaliere gerosolimotano; Lucrezia, nel 1621 sposò Giovan Michele Genoese; e Giacinto, che nel 1649 sposò Faustina de Jacovo ed ebbero per figlio Francesco Parisio Diano, sposato a Vittoria de Mari, baronessa di 3/4 del feudo di San Cono de Proditoribus (in territorio di Fiumara di Muro in provincia di Reggio Calabria) ed ebbero per figlio Carlo (Reggio Calabria, 1655), barone di San Cono, sposato ad Antonia Rejtano e Furnari ebbero per figlio Domenico (Reggio Calabria, 1691), barone di San Cono, sposato ad Antonia Barone ebbero per figlia Anna Parisio Diano (Reggio Calabria, 1712), baronessa di San Cono, sposata a Nicola Parisio, patrizio di Cosenza.

L'arma Parisio Diano: partito, nel 1° d'azzurro, alla fascia accompagnata in capo da due stelle (6) ed in punta da un tronco d'albero sormontato da una stella (6), il tutto d'oro;  nel 2° di rosso, a due scaglioni d'argento accompagnati da tre stelle (6) d'oro, due in capo ed una in punta.

Stemma Furnari. A destra: stemma Genoese

Domenico Parisio (Reggio Calabria, 1732), figlio primogenito di Nicola ed Anna Parisio Diano, dal 1760 barone di San Cono per successione a sua madre; sposò la nobile maltese Anna Muscat, di Paolo e Caterina Bonici, e gli portò una dote di 36.000 ducati, ebbero per figli Paolo, e Francesco Parisio Muscat.
Paolo Parisio Diano, fu vescovo di Oppido Mamertina dal 1663 al 1673.

Il Cardinale Pietro Paolo Parisio. A destra: stemma del Cardinale Pietro Paolo Parisio


 

Roma, Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri. A destra: Monumento funebre del Cardinale Pietro Paolo Parisio, fatto erigere per volontà del suo congiunto Flaminio (Figline, 1563), Vescovo di Bitonto dal 1593 al 1603(2bis)


Stemma del vescovo Flaminio


Chiaravalle (Catanzaro)

Pietro Parisio da Cosenza, figlio di Ruggiero, alfiere dei militi catafratti (corazzati) della compagnia del principe di Cariati, nel suo testamento del 30 luglio 1617, nominò erede suo figlio Girolamo, al quale sostituisce i propri fratelli Fulvio e Filippo.
A Filippo, il 6 gennaio del 1636, venne attestato dal Sindaco dei Nobili di Cosenza Bernardino Rossi, di appartenere alla famiglia Parisio del Cardinale; sposò Livia Caligiuri, figlia di Giovanni, barone di San Morello, feudo presso Cariati.
Guglielmo (Campana, 7 gennaio 1737) figlio di Filippo e Livia, fu Governatore, sposò a Cosenza, il 10 febbraio 1654, Giovanna Quattromani di Girolamo, ebbero per figlio Gaetano (Cosenza, 10 febbraio 1655), dottore in legge, sposato in prime nozze a Toccia Garritano di Francesco ed ebbero per figli Guglielmo juniore e Pietro Paolo, cononici della cattedrale di Cosenza; in seconde nozze, il 5 agosto 1694, ad Isabella o Belluccia Castiglione Morelli, figlia di Scipione e Laudomia Dattilo, ed ebbero per figli: Giovanna, sposò Giuseppe Andreotta; Antonio, fu monaco benedettino col nome di don Faustino; Nicola (Cosenza, 1698), sposato ad Anna Parisio Diano, baronessa di San Cono, di Reggio Calabria; Scipione, dottore a Napoli, acquistò la baronia di Chiaravalle in terra di Calabria Ultra (oggi comune omonimo in provincia di Catanzaro) da Carlo Alfarano Capece, barone di Lucugnano, come erede di casa Pandone ed Alfarano, in qualità di avente causa, della sua ava Vittoria Capece Piscicelli figlia del barone Fabrizio, la quale aveva sposato, agli inizi del Seicento, don Carlo Pandone, conte di Ugento in terra d'Otranto. Seguì Regio Assenso il 27 giugno 1720. L'anno successivo lo vendette a Francesco Maria Castiglione Morelli, 3° marchese di Vallelonga; Francesco Saverio (Cosenza, 1704), nel 1716, avendo provato, tra l'altro, di essere discendente del Balio Ruggiero de Parise, primo stipite, fu ammesso nel S.M.O. di Malta, divenne Commendatore, Gran Croce, Balì, Ricevitore in Napoli e Generale delle Galere, nel 1752 attaccò Tripoli; ebbe in fitto, dall'Ordine, la Commenda di Sant'Eufemia in Calabria.


Frà Francesco Saverio. Immagine tratta da Gustavo Valente,
"Il Sovrano Ordine di Malta  e la Calabria", 1996, La Ruffa Editore.

Giuseppe (Cosenza, 1707) fratello di frà Francesco Saverio, fu ammesso nell'Ordine nel 1720.
Furono ammessi nell'Ordine i nipoti di frà Francesco Saverio e  di frà Giuseppe con
Giacinto (Reggio Calabria, 1742) figlio di Nicola e di Anna Parisio Diano, ammesso nel 1744, e
Giuseppe (Reggio Calabria, 1748), fratello di Giacinto, ammesso nel 1760.
Francesco Parisio Muscat (Reggio Calabria, 1773), figlio del barone Domenico ed Anna Muscat, nipote di frà Giacinto e di frà Giuseppe, fu ammesso nell'Ordine nel 1781; visse a Malta anche dopo l'espulsione dell'Ordine, possedette il Palazzo Parisio a Mdina (probabilmente ereditato da sua madre) antica capitale dei Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Alla Valletta vi è un altro Palazzo Parisio, appartenuto nell'Ottocento a suo fratello Paolo  il quale aveva la residenza di campagna a Naxxar.

I PARISIO IN CAMPANIA

Ottaviano ( Napoli, 1594), figlio di Francesco, patrizio di Cosenza, e di Caterina Garofalo dei patrizi di Cosenza, nipote del cardinale Pietro Paolo e di Pietro Giovanni o Giovanni si portò in Campania, questo ramo godette il patriziato in Benevento; ebbe per figli, tra gli altri, Leone, avvocato, ebbe l'unica figlia Anna Maria, morì in giovane età; Giovanni Antonio ( 1659), avvocato, nel 1608 acquistò, per ducati 45.100, da Beatrice Putigna il feudo di Altavilla, città in Principato Citra, per conto di Pompeo Colonna che ne ottenne il successivo trasferimento. Acquistò da Salvo Sclano(3) il feudo di Panicocoli, oggi Villaricca in provincia di Napoli, all'epoca era un villaggio in Terra di Lavoro, per ducati 20.370, con Regio Assenso del 10 maggio 1634; sposò Anna Sclano, sorella di Salvo, ed ebbero per figli: Francesco Antonio, dottore in legge, non esercitò la professione di avvocato, sposò sua cugina Anna Maria Parisio ed ebbero per figli: Giovanni Antonio juniore, Giovan Battista e Giacinto Casimiro; ed il primogenito Ottavio ( 1674), 2° barone di Panicocoli, come erede per la morte  di suo padre, barone Giovanni Antonio, ebbe significatoria di relevio il 28 gennaio 1666; morto improle, venne ucciso da suo cugino, Gennaro Sclano (figlio di Salvo) per motivi di interessi, un giorno, mentre erano in casa del consigliere Stefano Padilla, commissario alla lite, vennero fra di loro a parole, scesi sulla strada con la spada in mano, si tirarono molti colpi di lama ed Ottavio rimase ucciso(4)
Giacinto Casimiro († 23-9-1712), patrizio di Benevento, 3° barone di Panicocoli, come erede per la morte di suo zio, barone Ottavio, ebbe significatoria di relevio il 18 maggio 1679. Con privilegio del re Carlo II dato dalla residenza del Bonriposo in data 1° novembre 1683 gli fu concesso il titolo trasmissibile di marchese di Panicocoli, esecutoriato in Napoli il 29 febbraio 1684. Nel 1702 vendette il feudo al principe Carlo de Tassis o de Taxis, conte di Zellò e marchese di Paullo, per difficoltà economiche, nel 1728, per ducati 52.500, vendette il feudo di Panicocoli a Nicola Petra, 6°duca di Vastogirardi, 2° marchese di Caccavone, la cui famiglia lo tenne fino all'eversione della feudalità del 1806.
Nel 1703 Giacinto acquistò il feudo di Balvano o Valvano, all'epoca sito in Principato Citra e non in Basilicata (oggi comune in provincia di Potenza). Sposò Ippolita Capecelatro del Sedile di Capuana di Napoli ed ebbero per figli: Beatrice (Panicocoli, 1682), nel 1718 sposò Francesco Maria Sozj Carafa (Castello di San Nicola Manfredi, 1702 † Napoli, 1752), primogenito di Nicola e di Anna Maria Merenda, patrizio di Benevento e barone di San Nicola Manfredi, terra in Principato Ultra, comandante di una compagnia alla battaglia di Velletri; Emanuele; Antonio; ed il primogenito Ottavio († 14-5-1753).

Ch S Maria la Nova

© Napoli - Cappella Famiglia Parisio di Benevento. A destra e sotto: stemma Parisio

Pietro Parisio, venne dichiarato erede per la morte di suo padre Ottavio nel 1754; la Gran Corte della Vicaria, con decreto di preambolo, dichiarava eredi universali i quattro figli di Antonio, in quanto risultavano eredi universali per testamento, poichè figli maschi impuberi, il feudo venne trasferito a Vespasiano Giovene, duca di Girasole, come risulta dalle intestazioni feudali della Regia Camera della Sommaria nel 1757-1759.
Luigi, figlio di Pietro, colonnello dell'esercito borbonico, e Giuseppe, tenente generale dell'esercito borbonico, furono nominati Cavalieri Commendatori del Real Ordine Militare di S. Giorgio della Riunione con decreto del 7 ottobre 1819. Luigi sposò Maria Irene Latino dei baroni di Santa Maria a Toro ed ebbero per figli: Pietro (2 giugno 1802 † 23 febbraio 1874), sposato a Teresa Capobianco dei marchesi di Carife, famiglia patrizia di Benevento († 6 settembre 1885) con la quale generarono Marianna (n. 21 luglio 1849), sposata il 28 febbraio 1876 a Giovanni Mini, ed Ernesto (n. 6 gennaio 1852), sposato l'8 gennaio 1890 alla nobile Gabriella Gualtieri ebbero per figli Pietro (n. 4 dicembre 1890), ed Enrico (n. 7 aprile 1892); e Salvatore (n. 5 ottobre 1807), il marchese Nicola Perrotti, patrizio di Benevento, sposato a Gaetana Parisio, non avendo avuto prole, nel 1838 adottò Salvatore per suo figlio legittimo e naturale che ereditò il nome aggiungendolo al suo, i titoli ed i beni della famiglia Perrotti, nel 1869 fu ammesso come Cavaliere di Giustizia nell'Ordine Gerosolimitano, sposato il 4 novembre 1840 a Giustiniana dei marchesi Mosti (n. 10 gennaio 1805), famiglia patrizia di Benevento, ebbero per figli: Raffaele (1847 † 1920), sposò il 2 settembre 1883, in prime nozze, sua cugina Enrichetta Parisio († 19 luglio 1884) ed ebbero per figlia Enrichetta (n. 11 luglio 1884), in seconde nozze Costanza Visetti d'Evoli e generarono: Bianca, Clara, Enrica e Mario (1891 † 1975) sposato alla nobile Giulia Forquet generarono Diego (1924) e Raffaele (1922), sposato a donna Antonietta Capece Minutolo dei duchi di San Valentino hanno avuto per figli: Giovanna, Maria Rosaria e Roberto (1948), sposato a Patrizia de Paola ed hanno avuto per figlio Mario (1986); Francesco (n. 5 aprile 1845), Cavaliere di Giustizia e Commendatore dell'Ordine Gerosolimitano; ed il primogenito Giuseppe Parisio Perrotti (1843 † 1926), sposò il 30 novembre 1872  donna Maddalena Capece Minutolo dei duchi di San Valentino ed ebbero per figli: Maria (n. 21 dicembre 1873); Giustiniana (n. 7 marzo 1876); Pia (n. 21 aprile 1878); e Salvatore (Benevento, 19 marzo 1881 † Napoli, 1963), sposato in prime nozze a Maria Felicita Palmieri dei marchesi di Monferrato ed ebbero per figlia Emilia che prese i voti, in seconde nozze sposò donna Rosa Pignatelli della Leonessa dei principi di Monteroduni ed ebbero per figli: Francesco; Maria Immacolata;
Riccardo (1929 † 2003), sposato ad Anna Maria Smith hanno avuto Stefano (Napoli, 1960) sposato a Francesca Poloni ed hanno avuto per figli MariaRiccardo (Napoli, 1999) ed Andrea, e Francesco (Napoli, 1958) sposato ad Ilaria Marino hanno avuto per figli Claudia e Davide (Roma, 1987).
Giuseppe (1924 † 2005), figlio primogenito del marchese Salvatore e di donna Rosa Pignatelli della Leonessa, sposato a Maria Luise Carrillo hanno generato: Rosa Elena, ed il primogenito Salvatore (Caracas, 1964).
Arma Parisio Perrotti: partito; nel primo d'azzurro alla fascia, accompagnata da tre stelle, il tutto d'oro, con la campagna mareggiata ed un tronco d'albero, uscente dal mare, il tutto al naturale; nel secondo d'azzurro alla campagna erbosa al naturale sostenente un drago di verde, cucito, fermo sulla campagna di verde, col capo rivoltato, tenente con la bocca un dardo d'argento, posto in sbarra; il drago sormontato da una mano d'aquila di rosso, cucita, movente dal fianco sinistro, tenente un bastone di legno, al naturale, nervoso, troncato, posto in banda: il tutto con la bordatura d'oro, caricata, in capo, del motto: OLIM MEMINISSE JUVABIT di nero e sui fianchi, di quattro pere, per parte, al naturale ciascuna con due foglie.

L'arma dei Perrotti: d'oro, ad otto pere fogliate di due pezzi di verde in due pali, col gambo in alto.

Di seguito le Regie Lettere Patenti del 1901 di concessione del titolo di Marchese a Francesco Parisio Perrotti per successione alla famiglia Perrotti.


Stemma Famiglia Perrotti di Benevento

La famiglia da Cosenza si diramò anche a Celico, Casale di Cosenza situato nella Presila, Giovan Battista entrò nell'Ordine dei Minimi detti anche paolotti, fondato da San Francesco di Paola, fu Correttore provinciale nel 1644, e nel 1655 Procuratore Generale dell'Ordine.
Camillo Parisio originario di Celico che potrebbe essere identificato in Camillo, iscritto nell’Albo degli Avvocati del 1780, istituito per la prima volta al mondo elaborato dal legislatore del Regno di Napoli; sposato a Marianna Rossi ebbero per figli: Nicola (Napoli, 25 agosto 1781 ivi, 27 novembre 1848),  familiare del re Ferdinando II, cavaliere di Gran croce del Real Ordine di Francesco I e dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio; ottenne riconoscimenti da alcuni sovrani stranieri: gran croce dell’Ordine di Carlo III di Spagna, gran croce dell’Ordine del Cristo del Brasile, gran croce dell’Ordine di S. Giuseppe di Toscana, croce di grand’ufficiale della Legion d’Onore in Francia. All'inizio studiò presso i barnabiti dove apprese le lettere italiane e latine, la filosofia e le scienze naturali, poi intraprese gli studi giuridici sotto la giuda di Marino Graziano. Sotto il governo francese, nei primi anni dell'Ottocento, iniziò la sua carriera da avvocato dinanzi alla commissione feudale, notato dal procuratore generale Davide Winspeare ne favorì l'accesso alla magistratura, su proposta del ministro Giuseppe Zurlo, fu nominato giudice del Tribunale di prima istanza di Napoli. Iniziò così la sua carriera nelle istituzioni che lo porterà ad essere nominato ministro segretario di Stato di Grazia e Giustizia, avvenuta il 16 febbraio 1831 su indicazione del precedente titolare di quel dicastero Donato Tommasi, carica che ricoprì per diciassette anni.


Nicola Parisio, Ministro di Grazia e Giustizia

Nel 1819 s’iscrisse all' Augustissima Arciconfraternita della Santissima Trinità del reale albergo dei pellegrini e convalescenti di Napoli. Il 23 maggio 1823 aveva sposato Maria Lutugarda D’Onofrio, di diciannove anni più giovane, ed ebbero per figli: Amalia, Teresa, Raffaele ed il primogenito Luigi che fu magistrato.
Luigi Maria, fratello di Nicola, fu vescovo di Gaeta dal 25 giugno 1827 al 26 gennaio 1854, giorno della sua morte.


Luigi Maria Parisio, vescovo di Gaeta


Insegna ecclesiastica del vescovo Luigi Maria
Da  BeWeB - Cerca : parisio

CH. - S.M. d. Angeli a. Cr.

CH. - S.M. d. Angeli a. Cr.

Napoli, lapide pavimentale di Camillo Parisio, patrizio di Cosenza, sepolto nel 1751,
ad opera del figlio Nicola

Domenico Parise di Celico, nel 1669, acquistò dal barone Fabio Ferrari, figlio di Scipione, capostipite dei Ferrari di Rossano, e di Giulia Britti, nobile di Rossano, il suffeudo di Macchia e Pianorotondo, in territorio di Luzzi, ricadente nei possessi feudali dello Stato di Bisignano, fu il principe Bernardino Sanseverino che investì di questi possessi, come rimunerazione dei servigi resigli, a Scipione Ferrari, con Regio Assenso del 1509.
Vittoria, unica figlia del barone Domenico, ereditò il feudo; sposando Saverio Cosentini di Aprigliano, e capostipite del ramo di Celico, portò il feudo in questa casata e fu ereditato dal loro figlio Domenico.

Per eventuali approfondimenti si consiglia di consultare le tavole genealogiche redatte da Serra di Gerace e gli Affari della “Real Commissione dei Titoli di Nobiltà”.

Di seguito presentiamo alcuni stemmi presenti a Celico:


Stemma Ripoli


Stemma Zumpano inquartato con le famiglie imparentate: nel 1° Zumpano, nel 2° Dattilo, nel 3° (muto),
nel 4° Giudicissa


Ipotizziamo trattasi degli stemmi della famiglia Palmieri di Spezzano Grande, si noti: a sinistra, d'azzurro
al palmizio di verde accostato da due leoni al naturale, a destra, l'antico stemma di famiglia, scaccato
d'argento e d'azzurro (Luigi Palmieri, testo citato nella nota 2)


Stemma non identificato

_________________
Note:
(1) - Carlo Alberto Garufi, "I de Parisio e i de Ocra nei contadi di Paternò e di Butera, in Archivio storico Sicilia orientale", anno X,1913, doc. IV, p. 357.
(1bis) - Francesco Piro “I Parisio a Rogliano e dintorni. Il palazzo del cardinale e gli “otia” di Aulo Giano Parrasio”, pag. 35.
(1ter) - Francesco Piro, op. cit., pagg. 121-122.
(1quater) 
- Vincenzo Valinoti Latorraca in "Monografia storica della città di Moliterno", pp. 352-357, Modugno, Edizioni GrafiSystem 2003.

(2) - La blasonatura di questo stemma è riportata da Luigi Palmieri in "Cosenza e le sue famiglie attraverso testi atti e manoscritti", Tomo II pag. 447.
(2bis) - Da un atto notarile redatto a Cosenza nel 1573, riportato da Luigi Palmieri nell'opera citata nella nota precedente, possiamo ipotizzare che trattasi di Flaminio, futuro Vescovo ed i suoi familiari: Costituito nella presenza nostra il nobile Vincenzo Parisio de Filleno (Figline) agente pro se da una parte et la magnifica Isabella Caputo de Cosa tutrice dei magnifici Flaminio et Francesco de Parisio figli et heredi del quondam mag. Petro Paolo de Parisio.
Per approfondire la figura del Vescovo Flaminio si consiglia la lettura della seguente pagina web: Una sosta al Museo A. Marena - osservatorio didattico .
(3) - Come scrisse Carlo de Lellis, fu Giureconsulto, appartenente al Collegio dei Dottori di Napoli, figlio di Pompeo, di Francesco e Maria de Dura nobile del Seggio di Porto, e di Isabella Palumbo, nobile di Bari. Sposò Francesca Scotti, nobile di Genova, ed ebbero per figli: Costanza, monaca; Anna, sposò in prime nozze Diego de Liguoro, nobile del Seggio di Portanuova, in seconde nozze Andrea Pagano dei duchi di Terranova; Isabella, sposò Angelo Maria Rossi, nobile di Ravenna; Gennaro; ed il primogenito Pompeo. Salvo, aveva acquistato il  feudo di Panicocoli l'anno precedente, nel 1633 dalla Regia Corte.
(4)
- Luigi Palmieri, "Cosenza e le sue famiglie attraverso testi atti e manoscritti", Tomo II pagg. 445-446. Pellegrini Editore, 1999.

________________
Bibliografia:
- Berardo Candida Gonzaga, “Memorie delle famiglie nobili delle Province Meridionali d’Italia”, Napoli, 1875.
- Vittorio Spreti, “Enciclopedia storico-nobiliare Italiana”, Arnaldo Forni Editore.
- Erasmo Ricca, “La nobiltà del Regno delle Due Sicilie”, Napoli, 1839.
- Salvatore Spiriti, “Memorie degli scrittori cosentini”, Napoli 1750.
- Francesco Bonazzi di Sannicandro, “Famiglie nobili e titolate del Napolitano”, Arnaldo Forni Editore, 2005.
- Carlo Padiglione, “Trenta centurie di Armi Gentilizie”, Napoli, 1914.
- Luca Irwin Fragale, Microstoria e araldica di Calabria Citeriore e di Cosenza. Da fonti documentarie inedite, Milano, Banca CARIME, 2016.
- Francesco Piro “I Parisio a Rogliano e dintorni. Il palazzo del cardinale e gli “otia” di Aulo Giano Parrasio”, Luigi Pellegrini Editore.

- Mario Pellicano Castagna “Processi ai Cavalieri Gerosolimitani Calabresi”, Frama Sud, 1978.
- Pericle Maone "Dominatori e dominati nella storia di Crucoli",  Grafosud, 1969.

- Enciclopedia Treccani.
- Gustavo Valente  “Calabria Calabresi e Turcheschi nei secoli della pirateria (1400 - 1800)”, Frama Sud 1973.
- Giuseppe Parisio del Cardinale “Cronache della vecchia Calabria”.
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Sitografia:
- BeWeb - Cerca - Beni storici e artistici - da:21 - frase:bari+stemma - locale:it - ordine:rilevanza - it
- Sito web http://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/829 .

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Casato inserito nel quinto volume di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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