Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Famiglia Beccuti

A cura del dr. Giuseppe Pizzuti

Arma di Perugia: d'azzurro, al capriolo d'oro dal quale nascono due leoni addossati dello stesso (1).
Arma di Cosenza: d'oro, al capriolo di rosso dal quale nascono due leoni addossati dello stesso.
Altra di Cosenza: d'argento, ai due leoni troncati di rosso e di verde affrontati e controrampanti sostenenti un busto di rosso, attraversati da una fascia d'argento (2).
Cimiero: un ariete uscente dall'elmo.
Titoli: patrizi di Cosenza.


Cosenza, lapidario, stemma Beccuti

La Famiglia Beccuti, originaria di Perugia, godette la nobiltà anche a Firenze dove ebbero il titolo di signori di Torre, ebbero Cappelle Gentilizie nella Chiesa di Santa Maria Maggiore di Firenze. Passata a Napoli si diramò a Cosenza.
Vincardino Beccuti, in qualità di Cavaliere e Consigliere di Luigi III d'Angiò-Valois (1403 Cosenza, 15 novembre 1434), re titolare di Sicilia e successore designato della regina di Napoli Giovanna II d'Angiò-Durazzo che lo aveva investito del titolo di erede al trono, 9° duca di Calabria, alla quale premorì, partecipò ai giochi cavallereschi per i festeggiamenti in occasione della visita a Cosenza di Luigi e di sua moglie Margherita di Savoia, avvenuta nel 1433.
Altri Cavalieri di Luigi furono: Giacomo
Tirelli, Francesco Spiriti, ed Aurelio Vena.
Vincardino o Brancardino, come riporta lo storico Domenico Martire, nel 1433 fu Castellano di Cosenza.


Cosenza, Castello, lato sud

Urbano, nel 1487, risulta essere banchiere in Cosenza, ed avere un agente nel feudo di Lacconia (ubicato in Calabria Ultra, oggi frazione di Curinga con il nome di Acconia in provincia di Catanzaro) ed era in stretto contatto con gli Strozzi a Napoli (da cui strozzini, corruzione della parola Strozzi), banchieri fiorentini, i quali avevano molti interessi nel Regno di Napoli.


Firenze, Palazzo Strozzi, stemma

L'attività della Famiglia era concentrata in quella bancaria, a seguito della definitiva espulsione degli Ebrei da Cosenza, ad opera del Viceré di Napoli don Pietro di Toledo, il Banco Beccuti ne aveva il monopolio.
Nel 1490, sotto il regno di re Ferdinando I d'Aragona vennero nominati nobili dal consiglio supremo, tra gli altri: Berardino Beccuti di Perugia, Berardino Caracciolo di Cosenza, Tristano Caracciolo di Napoli, Antonio Carolei di Cosenza, Carlo Castiglione detto Morello di Cosenza, Iacovo Rumbo di Napoli, Antonio Tilesio di Cosenza, Ruggiero Quattromani di Cosenza, Giò Zurbo di Napoli.
Carlo, nel giugno del 1502, con: Nicola Caputo, Nicola Natale, Nicola Roger, Gaspare Costantino, Domenico Commaruto, Bernardo Calvello, Pietro de Clemente, e con il Commendatore Solisio, Capitano della città di Amantea favorirono la presa di Cosenza e dei Casali da parte di Francesco Sanseverino e del maresciallo d'Aubigny, comandante dei francesi di re Luigi XII, il quale invase il Regno di Napoli contro re Federico d'Aragona.
Bartolomeo, fu ammesso nell'Ordine Gerosolimitano nel 1522, nello stesso anno fu Sindaco della città di Cosenza, nel 1528 fu ammesso Francesco, Commendatore, capitano della Galera San Giovanni Battista.
Bartolomeo e Vinciardino de Beccuti, nel 1530 fittarono i loro cinque mulini poste ubi dicit la rina, notaio Napoli de Macchia. Domenico Puntillo, op. cit. in bibliografia, pag. 38.
Urbano, nel borgo Rivocati possedeva un'osteria e pensione, nell'anno 1557-1558 fu eletto tra i nobili per il reggimento annuale unitamente a: Cesare Barone, Epaminonda Ferrari; Sindaco fu Geronimo de Donato.
Da un atto notarile del 2 aprile 1543, notaio Giovan Francesco del Giudice, giudice Antonio Aurifice da Cosenza, sappiamo l'ubicazione della sua abitazione: il Capitolo Cosentino rappresentato dal revv. Giovanni Antonio Pantusa Tesoriere e Pietro Bombini, viene ad una convenzione con il magnifico Urbano de Beccutis da Cosenza, per la costruzione di un muro di sostegno pe la casa de Beccutis in un terreno praticabile esistente tra detta casa ed il campanile della Chiesa Cattedrale (3).
Nel suo testamento del 21 maggio 1567, notaio Lorenzo Greco di Cosenza, possiamo notare che fosse giocatore di scacchi in quanto lasciava alla sorella Vincenza, tra le altre cose: un tavolerj de jocare con lo scachero indui quatri de tavola de nuce con ciappe senza piedi de circa sei palme longhe et quattro larghe.
Urbano aveva sposato Cassandra Ferrao come si evince nel suo testamento con atto notarile del 6 marzo 1554 stipulato a Cosenza (ASCS, Not. 28, 14, 130): lascia eredi i fratelli mag,ci Gioacchino, Trojano, Marcello e Fabio Ferrao; usufruttuario il marito, legati per la sorella Orsolina e per la madre Elisabetta di Tarsia (3bis).
La Famiglia possedeva un mulino che veniva alimentato da un acquedotto.


Cosenza, Rione Rivocati o Revocati, anno 1911 (4)

Camillo, fu aggregato alla prima piazza di Cosenza nel 1568.
Dagli atti cinquecenteschi redatti dal notaio Angelo Desideri di Cosenza e riportati da Luigi Palmieri si evidenziano: Federico de Beccuti, atti del 1539 e del 1548; Fabio de Beccuti, atto del 1556; Valeriano de Beccuti, da una parte, e la magnifica Heliadora Sambiase, vedova del magnifico Vitaliano Ascanio Arnone, Regio Thesoriero di Calabria Citra..., atto del 1562. Heliadora Sambiase era figlia di Giovanni Paolino, patrizio di Cosenza, e di Laudonia Cavalcanti, quest'ultima era figlia di Mario, patrizio di Cosenza, e di Virginia Beccuti.
Celidonia, sposò Alessandro Collice, figlio di Domenico († 1580), capo della milizia del dipartimento di Cassano.
Diana, sposò Nicola Maria Stocco, figlio del barone Ferdinando († 1562) e di Isabella Malena da Rossano.
Giulia, sposò Alfonso II Siscara, 6° conte di Aiello (oggi comune di Aiello Calabro in provincia di Cosenza), il quale ebbe significatoria di relevio il 3 ottobre 1553 per lo Stato di Aiello con i casali di Pietramala, Savuto, Lago, baronia di Tacina con i feudi di Ferolusello e Campolongo, come erede per la morte del fu conte Antonio suo padre; con atto notarile del 9 aprile 1582 stipulato a Cosenza (ASCS, Not. 24, 8, 149): l'Ill. D. Giulia de Beccutis da Cosenza (Contessa di Ajello), cede all'Ecc. D. Roberto Telesio da Cosenza ogni suo diritto e ragione che possa vantare contro l'università di Cerisano, e ciò in conseguenza dell'affrancazione fatta da detto D. Roberto di un annuo censo di duc. 90, per il capitale di duc. 1000, già dovuto dall'università di Cerisano ad essa D. Giulia (5).
Porzia († Cotronei, 1604), sposò Giovan Francesco Morano (†1575), possessore dei feudi di: Cotronei, Scarfizzi, Malaspina, Rivioti etc., sua figlia Aurea Morano († 1630), sposò Orazio Sersale, figlio di Giovan Battista, 7° barone di Sellia e Belcastro, al quale premorì.
Elisabetta ( 1617), poetessa, educata dal filosofo telesiano Francesco Muti di Aprigliano, nel 1565 sposò Giovanni Maria Bernaudo († 1627), poeta classicista, socio dell'Accademina Cosentina col nome di Candido, questo matrimonio durò 32 anni, non fu felice.
Virginia, sposata a Fabio Theodoro di Sorrento, famiglia di origine tedesca che giunse a Sorrento attorno al X secolo con Theodoro, Capitano dell'imperatore Ottone III di Sassonia (re d'Italia e di Germania dal 983 al 1002 ed imperatore del Sacro Romano Impero dal 996 al 1002), dal cui nome la famiglia fu definita Domini Theodori. Alla sua morte, nel 1570, sua moglie Virginia fece erigere il monumento funebre nella chiesa di San Francesco d'Assisi di Cosenza.


Cosenza, lapidario, stemmi Beccuti e Theodoro

Arma Theodoro: di rosso, all'aquila d'oro al volo abbassato, accompagnata nel capo da due stelle (8) dello stesso.
Lo scudo con la bordura dentata d'oro.
Cimiero: l'unicorno uscente dall'elmo.

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Note:
(1) - Blasonatura tratta dallo stemmario manoscritto custodito dalla Biblioteca Estense Universitaria.
(2) - Le blasonature di Cosenza sono tratte dagli stemmari manoscritti custoditi dalla Biblioteca Universitaria di Napoli.
(3) - Vincenzo Maria Egidi in “Regesto delle pergamene dell'Archivio Capitolare di Cosenza” a cura di Raffaele Borretti. Editoriale progetto 2000, pag. 26. Per le vicende del vecchio campanile della Cattedrale di Cosenza si rimanda alla lettura: Famiglia Bilotti.
(3bis) - Vincenzo Maria Egidi - Mario Borretti in "I Telesio Regesto dei documenti del sec. XVI", a cura di Raffaele Borretti, pag. 25.
(4) - L'origine di questo rione risale ai tempi delle lotte tra Guelfi e Ghibellini, tra Carlo d'Angiò e Manfredi di Svevia, seconda metà del Duecento, avendo prevalso i Guelfi, i Ghibellini furono privati di ogni avere e così spogliati si perpetuarono nel tempo senza più lustro e potenza politico-baronale, non solo, le lotte fratricide fra opposte fazioni costrinsero i Ghibellini all'esilio per motivi politici. Una volta sanate le discordie e abrogate le misure restrittive e punitive, a molti fu concesso di rientrare nelle loro città sotto il titolo di revocati, cioè di condonati e perdonati, ma socialmente e moralmente in senso sprezzante ed umiliante. I revocati, ritornati nei loro luoghi d'origine, non ebbero l'immediato riconoscimento dei diritti civili e la restituzione dei beni confiscati, ma furono costretti a vivere, quasi nella condizione di schiavi, di uomini pericolosi ed invisi per i loro precedenti, in luoghi appartati, in ghetti, spesso fuori le mura cittadine per essere meglio sorvegliati, e memoria di questo ingiusto ed incivile trattamento, resta in Cosenza il luogo abitato dai Revocati, così numerosi ed agguerriti da lasciare nel tempo il nome ad uno dei più antichi e popolosi rioni posto allora ai margini della città vecchia, sempre in testa alle sommosse popolari contro la tirannia ed il sopruso nei secoli passati, ai lati della via Consolare Romana, la Via Popilia che attraversava il Rione dei Rivocati. Rosario Curia I Bisignano (Famiglia Nobile della Città omonima), collana Studi e Ricerche, Tipografia Grafica Cosentina 1992, pag. 28.
(5) - Vincenzo Maria Egidi - Mario Borretti, op. cit., pag.82.

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Bibliografia:
- Francesco Paolo Dodaro, Dallo stemma alla Storia: stralci di vita di alcune famiglie nobili cosentine in “Colligite fragmenta, il lapidario di Cosenza fra storia, arte e restauro”, a cura di Mario Panarello e Murat Cura, conSenso publishing 2019.
- Luigi Palmieri, “Cosenza e le sue famiglie attraverso testi atti e manoscritti”, Pellegrini Editore, 1999.
- Gustavo Valente “Storia della Calabria nell'età moderna”, Vol.I, Frama Sud, 1980.
- Domenico Puntillo, Cinzia Citraro “Historia Brutiorum - Bernardino
Bombini”, Edizioni Prometeo, Castrovillari 2015.
-  Iacomo Bosio “Istoria della Sacra Religione et Illustrissima Militia di San Giovanni Gierosolimitano”, Terza Parte, 1601.
- Mario Pellicano Castagna “La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria”, Vol.II, Editrice C.B.C. 1996.
- Giovanni Sole,  “Cavalieri erranti fortuna e declino degli scacchi in Calabria (XVI - XVIII secolo)”, Rubbettino editore.
- F. Patroni Griffi,  Dalle Ricordanze strozziane,  in “Sefer Yuhasin”, III, 1987.


Continua sul sesto volume in preparazione di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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