La Famiglia Beccuti, originaria di Perugia, godette la
nobiltà anche a Firenze dove ebbero il titolo di signori
di Torre, ebbero Cappelle Gentilizie nella Chiesa di
Santa Maria Maggiore di Firenze. Passata a Napoli si
diramò a Cosenza.
Vincardino
Beccuti, in qualità di Cavaliere e Consigliere di Luigi III d'Angiò-Valois
(1403 † Cosenza, 15
novembre 1434), re titolare di Sicilia e successore
designato della regina di Napoli
Giovanna II d'Angiò-Durazzo che lo aveva
investito del titolo di erede al trono, 9° duca di
Calabria, alla quale premorì, partecipò ai giochi
cavallereschi per i festeggiamenti in occasione della
visita a Cosenza di Luigi e di sua moglie Margherita di
Savoia, avvenuta nel 1433.
Altri Cavalieri di Luigi furono: Giacomo
Tirelli,
Francesco
Spiriti,
ed Aurelio Vena.
Vincardino o Brancardino, come riporta lo storico
Domenico Martire, nel 1433 fu
Castellano di Cosenza.

Cosenza,
Castello, lato sud |
Urbano,
nel 1487, risulta essere banchiere in Cosenza, ed avere
un agente nel feudo di Lacconia (ubicato in
Calabria Ultra,
oggi frazione di Curinga con il nome di Acconia in
provincia di Catanzaro) ed era in stretto contatto con
gli Strozzi a Napoli (da cui strozzini, corruzione della
parola Strozzi), banchieri fiorentini, i quali avevano
molti interessi nel Regno di Napoli.

Firenze, Palazzo
Strozzi, stemma |
L'attività della Famiglia era concentrata in quella
bancaria, a seguito della definitiva espulsione degli
Ebrei da Cosenza, ad opera del
Viceré di Napoli don Pietro di Toledo,
il
Banco
Beccuti
ne aveva il monopolio.
Nel 1490, sotto il regno di re
Ferdinando I d'Aragona vennero nominati
nobili dal consiglio supremo, tra gli altri:
Berardino Beccuti di Perugia, Berardino
Caracciolo di Cosenza, Tristano Caracciolo di
Napoli, Antonio Carolei di Cosenza,
Carlo
Castiglione detto Morello
di Cosenza, Iacovo Rumbo di Napoli, Antonio
Tilesio
di Cosenza, Ruggiero
Quattromani di Cosenza, Giò Zurbo di Napoli.
Carlo,
nel giugno del 1502, con:
Nicola
Caputo,
Nicola Natale, Nicola Roger, Gaspare Costantino,
Domenico Commaruto, Bernardo Calvello, Pietro de
Clemente, e con il Commendatore Solisio, Capitano della
città di Amantea favorirono la presa di Cosenza e dei
Casali da parte di Francesco
Sanseverino
e del maresciallo d'Aubigny, comandante dei
francesi di re Luigi XII, il quale invase il Regno di
Napoli contro
re Federico
d'Aragona.
Bartolomeo,
fu ammesso nell'Ordine
Gerosolimitano nel 1522, nello stesso anno fu
Sindaco della città di Cosenza, nel 1528 fu ammesso
Francesco,
Commendatore, capitano della Galera San Giovanni
Battista.
Bartolomeo
e
Vinciardino
de Beccuti, nel 1530 fittarono i loro cinque mulini
poste ubi dicit
la rina,
notaio Napoli de Macchia. Domenico Puntillo, op. cit. in
bibliografia, pag. 38.
Urbano,
nel borgo
Rivocati
possedeva un'osteria e pensione, nell'anno 1557-1558 fu
eletto tra i nobili per il reggimento annuale unitamente
a: Cesare Barone, Epaminonda
Ferrari; Sindaco fu Geronimo
de Donato.
Da un atto notarile del 2 aprile 1543, notaio Giovan
Francesco
del Giudice,
giudice Antonio
Aurifice
da Cosenza, sappiamo l'ubicazione della sua abitazione:
il Capitolo Cosentino rappresentato dal revv. Giovanni
Antonio Pantusa Tesoriere e Pietro
Bombini,
viene ad una convenzione con il magnifico Urbano de
Beccutis da Cosenza, per la costruzione di un muro di
sostegno pe la casa de Beccutis in un terreno
praticabile esistente tra detta casa ed il campanile
della Chiesa Cattedrale
(3).
Nel suo testamento del 21 maggio 1567,
notaio Lorenzo Greco di Cosenza, possiamo notare che
fosse giocatore di scacchi in quanto lasciava alla
sorella
Vincenza,
tra le altre cose:
“un tavolerj de jocare
con lo scachero indui quatri de tavola de nuce con
ciappe senza piedi de circa sei palme longhe et quattro
larghe”.
Urbano aveva sposato Cassandra
Ferrao
come si evince nel suo testamento con atto notarile del
6 marzo 1554 stipulato a Cosenza (ASCS, Not. 28, 14,
130): lascia eredi i fratelli mag,ci Gioacchino, Trojano,
Marcello e Fabio Ferrao; usufruttuario il marito, legati
per la sorella Orsolina e per la madre Elisabetta
di Tarsia
(3bis).
La Famiglia possedeva un mulino che veniva alimentato da
un acquedotto.

Cosenza, Rione
Rivocati o Revocati, anno 1911
(4) |
Camillo,
fu aggregato alla
prima
piazza di Cosenza nel 1568.
Dagli atti cinquecenteschi redatti dal notaio Angelo
Desideri di Cosenza e riportati da Luigi
Palmieri si evidenziano:
Federico de Beccuti, atti del 1539 e del 1548;
Fabio de Beccuti, atto del 1556; Valeriano de
Beccuti, da una parte, e la magnifica Heliadora
Sambiase, vedova del
magnifico Vitaliano Ascanio
Arnone, Regio Thesoriero di
Calabria Citra..., atto
del 1562. Heliadora Sambiase era figlia di Giovanni
Paolino, patrizio di Cosenza, e di Laudonia
Cavalcanti, quest'ultima
era figlia di Mario, patrizio di Cosenza, e di
Virginia Beccuti.
Celidonia,
sposò Alessandro
Collice,
figlio di Domenico († 1580), capo della milizia del
dipartimento di Cassano.
Diana,
sposò Nicola Maria
Stocco,
figlio del barone Ferdinando († 1562) e di Isabella
Malena da Rossano.
Giulia,
sposò Alfonso II Siscara, 6° conte di Aiello (oggi
comune di Aiello Calabro in provincia di Cosenza), il
quale ebbe significatoria di relevio il 3 ottobre 1553
per lo Stato di Aiello con i casali di Pietramala,
Savuto, Lago, baronia di Tacina con i feudi di
Ferolusello e Campolongo, come erede per la morte del fu
conte Antonio suo padre; con atto notarile del 9 aprile
1582 stipulato a Cosenza (ASCS, Not. 24, 8, 149): l'Ill.
D. Giulia de Beccutis da Cosenza (Contessa di Ajello),
cede all'Ecc. D. Roberto
Telesio
da Cosenza ogni suo diritto e ragione che possa
vantare contro l'università di Cerisano, e ciò in
conseguenza dell'affrancazione fatta da detto D. Roberto
di un annuo censo di duc. 90, per il capitale di duc.
1000, già dovuto dall'università di Cerisano ad essa D.
Giulia
(5).
Porzia
(† Cotronei, 1604), sposò Giovan Francesco Morano
(†1575), possessore dei feudi di: Cotronei, Scarfizzi,
Malaspina, Rivioti etc.,
sua figlia Aurea Morano († 1630), sposò Orazio
Sersale,
figlio di Giovan Battista, 7° barone di Sellia e
Belcastro, al quale premorì.
Elisabetta
(† 1617), poetessa,
educata dal filosofo telesiano Francesco Muti di
Aprigliano, nel 1565 sposò Giovanni Maria
Bernaudo († 1627), poeta
classicista, socio dell'Accademina Cosentina col
nome di Candido, questo matrimonio durò 32 anni,
non fu felice.
Virginia,
sposata a Fabio Theodoro di Sorrento, famiglia di
origine tedesca che giunse a Sorrento attorno al X
secolo con Theodoro, Capitano dell'imperatore Ottone III
di Sassonia (re d'Italia e di Germania dal 983 al 1002
ed imperatore del Sacro Romano Impero dal 996 al 1002),
dal cui nome la famiglia fu definita Domini Theodori.
Alla sua morte, nel 1570, sua moglie Virginia fece
erigere il monumento funebre nella chiesa di San
Francesco d'Assisi di Cosenza. |