
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Famiglia d'Alitto |

© Arma Famiglia d'Alitto di Diano |
Un nutrito gruppo di valorosi cavalieri, appartenenti alla
stessa famiglia, di origine normanna, si trasferì in Italia al
seguito di Roberto d'Altavilla (1025 † 1085), detto il Guiscardo.
Nel Mezzogiorno continentale ebbero ben sessantasei feudi e
presero il cognome dalle terre loro assegnate, innalzando
differenti armi.
In Abruzzo si fecero chiamare di Letto,
Letto o Letti per l'omonimo e atavico feudo che possedevano;
furono nobili di Chieti e Sulmona,
feudatari di
Valignano, Cugnoli e
Palata (quest'ultima terra sita in Contado di Molise).
Altro ramo dapprima adottò il cognome
Papasidiero dal feudo che possedevano in
Calabria
Citra
in diocesi di Cassano, per poi assumere quello di Alitto,
probabilmente per le ali poste nello stemma.
Il
ramo pugliese fu aggregato al
patriziato in Bitonto, in Terra di Bari, e si estinse
nella famiglia Giannone, probabilmente nel 1566 quando una d'Alitto
sposò Cornelio Giannone di Bitonto, creando la casata
Giannone
Alitto;
di questo ramo ricordiamo
Domenico Giovanni
Giannone Alitto, vescovo di Ruvo dall'11 marzo 1680 al 1° giugno
1698(2). |
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Le armi Letto e d'Alitto
disegnate in alcuni manoscritti del 1635:
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Letto di Chieti |

d'Alitto di Bitonto |

d'Alitto di Bisignano e Maratea |

d'Alitto di Tropea |

d'Alitto |
La famiglia d'Alitto godette
di grande nobiltà in
Principato Citra, nel principio del Trecento
possedeva i feudi di
Castelluccia/o (oggi comune di Castelcivita), di
Controne (uno dei 9 siti reali, oggi comune
omonimo confinante con Castelcivita), alla fine del
Quattrocento, per le vicende descritte di seguito, si
radicarono in Diano,
nel Seicento un ramo di quello di Diano si trasferì in
Polla, e
Pisciotta. |
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Castelcivita, già Castelluccia (Salerno) |
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Controne (Salerno) |
Ramo principale dei Baroni di Papasidero |
Enrico o Anrico, in un documento del 1152 è
attestato come barone di Papasidero e del casale di
Arena, poi
Niverio
nel 1193, e
Giovanni di
Papasidero, nobile di Morano, che con
diploma l'imperatore
Enrico VI del 5 luglio 1196 gli conferma il
possesso del feudo di
Papasidero, a suo fratello
Ruperto,
nobile di Morano, con diploma dello stesso giorno,
concesse il possesso dei feudi di:
la Cotura,
l'Olivaro e
San Nicola in
territorio di Morano. |

Morano Calabro (Cosenza) |
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Papasidero (Cosenza) |
Enrico
di Papasidero, risulta possessore del feudo nel 1239
quando gli venne assegnata la custodia di alcuni
prigionieri lombardi.
Ruggero
di Papasidero, erede di suo padre, barone Enrico, di un
quinto del feudo sin dal 1259, se ne ha conferma dalla
tassa denominata
adhoa
versata in luogo del servizio militare del personale del
feudo che ottenne dal re
Carlo I d'Angiò per la spedizione in Acaia.
Da un documento del 1272
risulta che
Loyse
de Papasidero era in possesso della quarta parte del
feudo; da questi atti desumiamo che la successione nel
feudo avveniva secondo il diritto longobardo ovvero con
la divisione tra tutti gli eredi.
Gilberto
di Papasidero, risulta possessore del feudo in un
documento del 1271; sua figlia
Rosa,
nel 1277 sposò Riccardo Leonardo, figlio di Giovanni, di
Rende.
Enrico
di Papasidero, successe nel fuedo nel 1279 come erede
per la morte di suo padre, barone Gilberto.
Tancredi,
successe nel feudo al barone Enrico, risulta che: nel
1292 riceveva una pensione annua di 6 once dal re
Carlo II d'Angiò; altri successori nel feudo
furono
Ruggero e
Minetto,
dopodichè (per circostanze non note, come scrisse Mario
Pellicano Castagna nell'opera citata in bibliografia) il
feudo venne compreso nella Contea di Lauria e dalla
contessa Ilaria venne trasmesso al figlio Tommaso
Sanseverino, conte di Marsico il quale ne risulta
possessore nel 1344. Lo stesso conte nel 1354 concesse
Papasidero col suo casale di Arena ad
Andrea della Castelluccia(3);
Francesco d'Alitto, nel 1369 ottenne la
conferma del possesso del feudo di Papasidero e del
casale di Arena come erede di suo padre, il barone
Andrea, da Francesco Sanseverino, conte di Lauria, che
era successo a suo padre Tommaso.
Successivamente il feudo di
Papasidero (per circostanze non note) venne acquisito
dalla Regia Corte che lo vendette, intorno al 1414, con
i feudi di Abatemarco e Verbicaro ad Accursio
Pappacoda su disposizione del
re Ladislao d'Angiò Durazzo per far cassa in
quanto aveva la necessità di finanziare la guerra contro
Firenze.
Poco tempo dopo, prima della metà del Quattrocento, del
feudo ne venne di nuovo in possesso la famiglia con
Petrillo d'Alitto, suo figlio
Francesco d'Alitto della Castelluccia
ereditò il feudo, essendo di minore età fu affidato alla
tutela di un congiunto di nome
Francesco;
nel 1452, raggiunta la maggiore età, gli vennero
confermati il possesso del feudo di Papasidero e del
casale di Arena. Sposò Ecuba di Lauria, figlia di
Tommaso, barone di Tortora, Aieta ed
Abatemarco (del quale
la famiglia era venuta in possesso a metà del
Quattrocento), quest'ultimo feudo, fu concesso al barone
Francesco da suo cognato Girolamo di Lauria in conto
delle doti promesse dal padre Tommaso ad Ecuba fino al
soddisfacimento.
Giustiniano
d'Alitto, ereditò il feudo di Papasidero col casale di
Arena, ed il feudo di Abatemarco, come erede per la
morte di suo padre, il barone Francesco. Sul feudo di
Papasidero era garantita la vita milizia (una sorta di
appannaggio agli ultrogeniti), fratello minore di
Giustiniano era
Petrillo,
nel 1494 permutò il diritto del fratello minore col
feudo di San Lorenzo
sito nei pressi di Castelluccia.
Giustiniano, con altri
quattro suoi fratelli, partecipò alla
congiura dei baroni, tramata nel 1485 nel
castello di Teggiano ed ordita da Antonello Sanseverino,
principe di Salerno, contro il re
Ferdinando I d'Aragona, nel 1497, il suo
successore
re Federico d'Aragona, assediò il castello,
che si protrasse per diversi mesi, alla fine il re gli
concesse una resa onorevole. Conseguenza della congiura
fu la confisca del feudo di Papasidero, e Gustiniano fu
costretto a trasferire la sua famiglia in Diano Teggiano.
Nel 1507 il re Fedinando II d'Aragona gli confermò il
possesso del feudo, così come l'imperatore
Carlo V nel 1522. Sposò sua cugina Isabella
di Lauria, figlia del citato barone Girolamo. |
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Teggiano, già Diano
(Salerno) |
I
suoi quattro fratelli che parteciparono alla congiura
furono costretti a scappare e si diramarono:
Liberio
a Taranto, questo ramo si estinse con
Nicolò
nel 1805;
Francesco
a Bitonto;
Giuseppe
a Maratea, e
Pietro Marco,
passò in un primo momento a Montalbano e poi a Bisignano(4).
Giovan Francesco
d'Alitto (†
1561), nel
1529 successe nel feudo di Papasidero e del casale di
Arena, come erede per la morte dei padre, barone
Giustiniano; sua sorella
Margherita
sposò Alfonso di Lauria, barone di Maierà e non ebbero
prole.
Il barone Giovan Francesco sposò Eleonora
Toraldo, figlia di
Adamo, barone di Badolato e possessore del feudo di
Curti in territorio di Rende, e di Beatrice Siscara
figlia di Paolo, 2° conte d'Ajello.
Giustiniano
d'Alitto, il 19 gennaio del 1563 ebbe significatoria di
rilevio per il feudo di Papasidero ed il casale di
Arena, come erede per la morte di suo padre, il barone
Giustiniano.
Sposò Porzia
de Palma.
Giovan Francesco
d'Alitto, nel 1606 successe a suo padre Giustiniano come
possessore del feudo di Papasidero; nel 1671 fu citato
in giudizio per il pagamento di ducati 6.000 come
mandante di una rapina a mano armata ai danni di
Paolo
d'Alitto.
Marco Antonio
d'Alitto (†
1661), nel
1625 successe a suo padre Giovan Francesco nel feudo di
Papasidero, morì improle, gli successe suo nipote
Francesco
d'Alitto, figlio di suo fratello,
sposato a Marianna
Cavalcanti,
figlia di Domenico e di Vittoria Gramazio,
su
istanza dei suoi creditori il Sacro Regio Consiglio
vendette all'asta il feudo di Papasidero ed il casale di
Arena ad acquistarlo, per ducati 21.000, fu Francesco
Maria
Spinelli, principe
di Scalea, con Regio Assenso del 10 agosto 1726.
Sua moglie si era risposata, nel 1725, con Tomaso
Bernaudo
di Montalto.
Scrisse il barone Antonio
Salmena nella nota (11) a pag.
330 dell'op. cit. in bibliografia: “Attualmente (siamo
nel 1882) il titolo feudale di Pappasidero è portato
nobilmente da Don
Giuseppe
d'Alitto Barone di Controne e Pappasidero, in Diano
Teggiano, il quale fa per arma: interziato in fascia:
nel 1° d'argento a mezzo volo spiegato di rosso; nel 2°
di rosso a tre stelle d'oro a sei punte ordinate in
fascia; nel 3° d'azzurro a due ali affrontate spiegate
d'argento.”
Il ramo in Teggiano è tuttora fiorente. |

Teggiano (SA) - l'avito palazzo baronale dei d'Alitto |

Teggiano (SA) - altro ingresso dell'avita dimora dei d'Alitto |

Teggiano (SA) - Palazzo baronale già di proprietà della
Famiglia d'Alitto di Diano |
Alcuni personaggi di Casa d'Alitto:
Teobaldo
, fu Ciambellano e Capitano Generale di
Federico II di
Svevia.
Abbamonte, Maestro Ostario e Familiare
di Carlo II d'Angiò, fu Gran Siniscalco in Provenza e
Giustiziere di
Terra di Lavoro,
Terra di Bari e Contado di Molise.
Federico Raimondo de Letto († 1307) fu
vescovo di Sulmona dal 1295 al 1307.
Nicolò
d'Alitto nel 1340 fu Giudice ed
Assessore di Capua, e giudice sindacatore di Guglielmo
Sabrano, conte di Ariano, e Giustiziere di Principato
Citra, e di Giovanni
Tomacelli,
Giustiziere di Principato Ultra.
Tiobaldo di Alitto , Ciambellano di re
Roberto, dal quale fu destinato come Capitano d'armi in
difesa della Calabria, sposò Tommasa di Baimo, signora
di Gesso e del Monte di Sant'Angelo, rimasta vedova di
risposò con Restaino di
Cantelmo, signore di Pepoli.
Giovanni di Papasidero , canonico di
Cassano, segretario di papa Clemente VI, che lo nominò,
il 17 marzo del 1348 vescovo di Cassano, restò in carica
fino al 1378; era succeduto al nobile cosentino Ruggero
Quattromani.
Valerio seniore ( † 1274) e
Valerio
juniore Papasidero, suo nipote, di
Morano, furono scrittori.
Valerio juniore († post 1306), per timore che le sue
opere e quelle di suo zio potessero essere distrutte o
deteriorarsi li murò, furono scoperte dai suoi
discendenti
Lucio
e
Giovanni Pappasidero, quest'ultimo le
fece pubblicare nel 1665, gli scritti trattano la storia
degli Svevi dall'imperatore Enrico VI all'imperatore
Federico II, narrando quanto da costoro si fece del
Regno delle Due Sicilie, in Germania ed in Siria.
Lucio
Papasidero di Morano, del quale scrisse
il Salmena “prode cavaliere della Crociata, sotto la
condotta di Enrico Andelberto
Calà
figlio del sommo duce degli Svevi, ferito gravemente
sotto le mura di Gerusalemme”... .
Giovanni Carlo
d'Alitto
fu Cavaliere gerosolimitano, Capitano generale e
castellano di Rodi, che dovette, nel 1406, difendere
dall'assedio dei Turchi.
Giovanni Antonio Papasidero
di Castrovillari nel 1555 era in possesso del feudo di
Pampina e Cirmostaco in territorio di Cassano,
già posseduto da Mario
Galeota,
e del feudo fiscale di annui
ducati 100 sulla Bagliva di
Cassano. Di questi
feudi si ha significatoria di rilevio dei suoi eredi il
7 febbraio 1556.
Eleonora, figlia di Giovanni Antonio,
sposò il nobile Ettore Granata di Bisignano, come
risulta dai capitoli matrimoniali stipulati nel 1547
quando aveva solo nove anni
(5).
Jacopo
Antonio Papasidero di Castrovillari
(potrebbe trattarsi del citato Giovanni Antonio) era in
possesso del feudo di Coltura
e
Prato in territorio di Morano, nel 1538 il
principe di Bisignano gli concesse in suffeudo
l'Oliveto o
l'Olivaro, già
posseduto anticamente dalla famiglia.
Giuseppe Fabrizio Papasidero , figlio
del barone Jacopo Antonio, il 10 giugno 1556 ebbe
significatoria di rilevio per il feudo di Coltura e
Prato come erede di suo padre.
Isabella Papasidero di Castrovillari, il
17 luglio 1558, sposò Giulio
Capece,
gentiluomo napoletano del
Seggio di Capuano.
Giuseppe D'Alitto
(† 1580), acquistò dal principe Sanseverino di Bisignano
il feudo fiscale di annui
ducati 172 sulla mastrodattia di Mormanno e Senise,
feudo ereditato da suo figlio
Pietro Antonio
il 17 marzo 1583.
La famiglia nella seconda metà del Cinquecento visse a
Castrovillari, nel Seicento è di nuovo a Morano e quì si
estinse con
Giuseppe
Papasidero, sposato a donna Vittoria de
Castro, dama spagnola, grande di Spagna, discendente da
don Francesco, duca di Turisana e conte di Castro. Il
Salmena tiene a precisare che la contrada
Vigna della Signora, è
così denominata perchè appartenne alla signora
Papasidero de Castro e non alla signora principessa
feudataria (Sanseverino) in quanto fu espropriata a
Giuseppe Papasidero dal Sacro Monte, e successivamente
data in fitto, dal 1704 iniziarono a fabbricarsi case.
Biagio
d'Alitto , fu governatore di Tortora
durante il periodo del governo francese, il 6 maggio del
1806 fu fucilato dai briganti come ritorsione per aver
accolto pacificamente i soldati francesi.
|
Come gà accennato,
Pietro Marco
fu il primo che approdò a Bisignano.
Alla ricostituzione del
Seggio dei Nobili di Bisignano
del 13 aprile 1645 la Famiglia era presente nella
persona di
Giovan
Battista, unitamente alle Famiglie:
Acervo, Aloise di Cola, Caro di Giovan Battista, Caruso
di Marco, Catapani,
Cosentini
di Andrea, Cosentini di Filiberto, Errico di
Giovanni Alfonso, Fede di Mario, Fede di Silvio, Fede di
Gerolamo,
Ferrari di Giovan Domenico, Fasanella di Cola,
Gaeta, Granata di Giovan Battista, Gioppa di Giovan
Jacovo, Laymo di Fabio,
Longo
di Scipione, Luzzi, Loe, Maldotto di Giovan
Battista, Pisa di Bartolo, Rende, Ripulo di Giovan
Domenico, Russo di Giovan Paolo, Rada, Solima,
Trentacapilli, Valle di Giovan Vincenzo, Ventre di
Bernardino, Zazzo di Giovan Battista.
Da un
atto notarile si rileva che
Isidoro,
e le magnifiche
Lucrezia
ed
Isabella
de Alitto fratelli, figli ed eredi del fu
Giovan
Battista
de
Alitto figlio e coerede della fu Caterina Solima e il
magnifico
Domenico
Alitto, da Bisignano, figlio e coerede della detta
Caterina Solima, fanno cessione e donazione al magnifico
dott. Fisico Vincenzo Fasanella da Bisignano, loro
fratello consoprino
(cugino per parte di madre) dei ducati 1.000, e relativi
interessi, promessi in dote e non pagati alla predetta
Caterina Solima, ava paterna di essi de Alitto. Notaio
Tommaso De Prezio (ASCS, n° 139, anno 1697, 27 febbraio)
(5bis).
Domenico,
figlio di
Gaetano,
l'8 agosto del 1731 fondò la scuola di Bisignano, per
sostenerla lasciò due case, un terreno e 35 ducati annui
da destinare allo stipendio di due maestri: uno che
insegnasse “umanità sublime” che comprendeva la
traduzione delle odi di Orazio per il verso, le orazioni
di Cicerone per la prosa, l'analisi filologica, la
costruzione della parola etc.; l'altro che insegnasse
“bassa umanità” che comprendeva la grammatica latina, la
sintassi, le traduzioni di Fedro e di Cornelio Nepote
etc.
(6).
In Bisignano diversi esponenti della famiglia furono
farmacisti,
Nicola
seniore e
Pietro
si laurearono in medicina a Napoli nel 1737 e
nel 1759,
Fedele (1747 † 1823),
Marzio
(1781 † 1841),
Nicola juniore
(1806 † 1883),
Domenico (1807 † 1890), figlio di
Francesco e di Agata
Mollo
di Cosenza, fu tesoriere della Cattedrale.
Giovanni Alitto, medico in Bisignano,
sposato a Luisa Tamburi di San Basile con la quale
ebbero per figli:
Domenico,
Nicola,
Teresa
e
Ferdinando, nel 1887 la città di
Bisignano fu colpita dal terremoto, il palazzo di
famiglia subì gravi danni, vi abitavano anche sua
sorella
Filomena
e tre zie, della quali
Vincenza e
Maria novantenni, inoltre Giovanni
lamentava il crollo di un fabbricato in contrada Piano
strada Vescovato concesso in fitto
(7).
Nella chiesa di chiesa di Santa Maria degli Angeli dei
Cappuccini di Bisignano si conserva l'iscrizione di
Marco
Alitto per devozione, anno 1759. Nella chiesa di San
Francesco di Paola di Bisignano si conserva la lapide di
Francesco Alitti († 15 settembre 1850),
posta da suoi genitori
Pietro e Maria
Parisio
(8).
|
 |

Albero Genealogico Alitto
di Bisignano (9) |

© Stemma Famiglia d'Alitto
di Diano inquartato con le armi delle famiglie
imparentate. |
La famiglia d'Alitto contrasse parentele illustrissime
oltre quelle citate: nel 1250
Bartolomeo d’Alitto dette in sposa a
Liguoro
Caracciolo dei Pisquizi sua figlia e gli
portò in dote il feudo di Pisciotta da cui i Caracciolo
principi di Pisciotta; con gli
Acquaviva, i Bigotti, i Comite, i di Diano,
molte volte si imparentò con i
Carrano, i Succurto, i Gramatico o
Grammatico, i
di Costanzo, i Fortiati o Scorziati, i
della Marra, i Palamolla, Pellegrino,
Pignatelli, i de Quiros,
Domenico d'Alitto dei baroni di
Papasidero implamò donna Giovanna Quiros,
Tocco, i de Cardona di Diano Marchesi di
Padula e Prignano Cilento. |

Napoli - Stemma d'Alitto
di Bitonto ai lati dell'altare maggiore. |
Francesco d’Alitto risulta iscritto nell’Albo
degli Avvocati del 1780, istituito per la prima
volta al Mondo, elaborato dal legislatore del Regno di
Napoli. |
Napoli, Altare con lo
stemma partito d'Alitto e ? |
_________________
Note:
(1)
- Oggi comune di Teggiano (Salerno), attraverso i secoli
ha assunto diverse denominazioni: Tegea quando faceva
parte delle 12 città confederate lucane, Tegianum o
Dianum in epoca romana, poi Diano. Con l'unità d'Italia
il governo impose di cambiare denominazione per evitare
omonimie con altri comuni; oggi il territorio
circostante è denominato Vallo di Diano.
(2)
- Sito web nel quale si può ammirare lo stemma del
vescovo Domenico Giovanni partito Giannone ed Alitto;
Lotta tra poteri: il dipinto della Madonna dei sette
dolori e l'interdetto ecclesiastico - il Sedente
(3)
- In questo caso si usa come cognome il feudo
appartenuto alla casata, ne abbiamo conferma in un
privilegio concesso dalla
regina Giovanna II del 18 ottobre 1460 a
“Tommaso
di Alitto
dicitus
de Castelluccia”;
così riporta il barone Antonio Salmena nell'opera citata
in bibliografia.
(4)
- Il barone Antonio Salmena, nell'opera citata in
bibliografia, scrisse che i rami di Giuseppe e Pietro
Marco erano ancora fiorenti quando lui scrisse l'opera,
ovvero 1882.
(5)
-
Alfonso Barone in “Il terremoto di
Bisignano del 1887. Il censimento dei danni subiti dalle
case e di alcune dimore nobiliari del paese attraverso i
sussidi per la ricostruzione” in Nobiltà. Rivista di
Araldica, Genealogia, Ordini Cavallereschi, Anno XX,
settembre-ottobre 2012 n.110.
(5bis)
- Rosalbino Fasanella
d'Amore
di Ruffano in "La Città di Bisignano e il suo seggio
(1339-1806)", Tipografia Editrice MIT, Cosenza 2006, a
pagg. 43-44.
(6)
- Antonello Savaglio, Alfonso Barone, Luigi Falcone,
Mario Panarello in “I Boscarelli, presenza e strategia
di una famiglia nobile nel Mezzoggiorno e a Bisignano
dal Cinquecento a oggi”.
(7)
- Op. cit. nella nota 5.
(8)
-
Rosalbino Fasanella d'Amore di Ruffano, op. cit, pagg.
44-45.
(9)
- Tavole
genealogiche tratte da Rosalbino Fasanella d'Amore di
Ruffano, op. cit. .
_________________
Fonti bibliografiche:
-
Berardo Candida Gonzaga, "Memorie delle Famiglie
Nobili...", Napoli 1875
- Lorenzo Giustiniani, "Dizionario geografico-ragionato
del Regno di Napoli", Napoli 1797 - 1816
- Biagio Aldimari, "Memorie historiche di diverse
famiglie nobili...", Napoli 1691
- Archivio di Stato di Napoli
- Mario Pellicano Castagna in “La Storia dei Feudi e
dei Titoli nobiliari della Calabria” Voll. I-II-IV;
Frama Sud, 1984, Editrice C.B.C. 1996, 2002
- Antonio Salmena, “Morano Calabro e le sue case
illustri”, Anno 1882
- Saverio Napolitano, “La storia assente - Territorio,
comunità, poteri locali nella Calabria nord-occidentale
(XV-XVIII secolo), Rubettino Editore, 2003
- Luigi Accattatis “Le biografie degli
uomini illustri delle Calabrie”, Volume I, Tipografia
Municipale, Cosenza 1869.
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