
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Armi:
la più antica: d’azzurro ai sei rocchi di argento, disposti
in fascia 3, 2, 1;
dopo: d'azzurro ai sei rocchi di argento disposti in fascia
3, 2, 1 e sinistrati da un leone rampante d'oro con la coda
contro rivoltata;
poi: d’azzurro agli otto rocchi d’argento disposti in fascia;
ancora: d’azzurro ai dieci rocchi d’argento disposti in fascia
4,3,2,1;
infine: d’azzurro agli undici rocchi disposti in fascia 3,2,3,2,1 e
sinistrati da un leone rampante con la coda contro rivoltata, il tutto d’oro. |

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Napoli - L'arma più antica della famiglia d'Artus |
L’antica ed illustre famiglia d’Artus o Artus, originaria della
Francia, si diramò nel Regno di Napoli per seguire
re Carlo I
d’Angiò.
Gerardo d’Artus fu dapprima Maresciallo di detto Re nel 1273
e poi Vicerè di
Terra di Lavoro nel 1275; rese l’anima a Dio senza
lasciare eredi.
Suo fratello Bertrando, uomo d’armi e di lettere, fu nel 1283
Consigliere di re Carlo I d’Angiò e suo Ambasciatore presso la
Serenissima Repubblica di Venezia; fu al comando, insieme a Ponzio
di
Branciforte, di una piccola flotta composta da due galeoni e sei
galee. Ottenne i feudi di Manopello in Terra d’Abruzzo, confiscato
ai ribelli Stefano e Sciarra
Colonna, Sant’Agata dei Goti, Ducenta e
Cerignola in Terra di Lavoro.
In quest’ultima provincia subentrò nella carica di Vicerè ad Errico
Ruffo, Signore di Sinopoli.
Nel 1299 partecipò alla guerra di Sicilia col grado di generale dei
Balestrieri del Regno; suoi scudieri furono, tra gli altri,
Guglielmo
d’Acquaviva, Roberto
Pagano e Berengario di
Serra. Fu
fatto prigioniero dagli Aragonesi e in seguito riscattato in cambio
di altro cavaliere.
Sua sorella Luisa convolò a nozze con Odone di Policeno,
nipote di Papa Martino IV e Vicerè del Regno di Gerusalemme per re
Carlo I.
Detto Bertrando sposò, in prime nozze, Luisa
della Marra e, in
seconde nozze, Guglielma
Cantelmo, figlia di Rostaino. |
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Napoli e Sant'Agata dei Goti, variante dell'arma della famiglia d'Artus |
Carlo, figlio di Bertrando (a detta di alcuni storici figlio
naturale di re Roberto d’Angiò), nel 1343 fu creato
conte di
Sant’Agata dei Goti e
Gran Cancelliere del Regno da re Roberto; in
seguito ottenne la
contea di Monteodorisio e sposò la contessa
Giovanna di Scotto, dalla quale ebbe Luigi e Carlo II
(† 1345).
Il primo
ereditò la contea di Sant’Agata, il secondo la contea di Monteodorisio.
Il conte di Monteodorisio sposò Andreina o Andriana
Acciaiuoli,
sorella di Nicolò, Gran Siniscalco del Regno di Napoli; ad Andreina,
donna bellissima, Giovanni Boccaccio dedicò la sua opera
"De claris mulieribus”; rimasta vedova, sposò Bartolomeo
di Capua,
conte d’Altavilla.
Carlo II d’Artus e Andriana Acciaiuoli ebbero per figlio
Bertrando II (†
1345).
I suddetti Carlo II e Bertrando II, per volere della Regina
Giovanna I d'Angiò, nel 1345 strangolarono con un laccio nel castello di
Aversa, Andrea, figlio di Carlo Roberto d’Ungheria e marito di detta
Regina, non gradito perché di costumi barbari. Per questo delitto
in seguito furono condannati e decapitati sia Carlo II che il
figlio.
La contea di Monteodorisio passò quindi a detto Luigi, conte di
Sant’Agata, fratello di Carlo II. Sposò la contessa Isabella di
Celano, la quale, rimasta vedova nel 1384 ottenne dalla regina
Margherita il permesso di entrare a Napoli insieme ad uno dei suoi
figli, Giovanni d’Artus, scortati da 150 cavalieri.
Quest’ultimo, divenuto nel 1370 conte di San’Agata e di Monteodorisio alla morte di Ludovico (†
5 settembre 1370), sposò nel 1383
una nobildonna di
casa Prignano,
nipote di Papa Urbano VI, al secolo Bartolomeo Prignano (1318 † 1389); il matrimonio fu celebrato
solennemente dallo stesso Pontefice in Napoli nella sede
arcivescovile .
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© Sant'Agata dei
Goti - Monumento funebre di Ludovico d'Artus (†1370),
conte di Sant'Agata e Monteodorisio |
Giovanni probabilmente morì senza lasciare eredi perché nel 1390 suo
fratello Carlo III d’Artus,
Signore di Maddaloni, ereditò le
contee di Sant’Agata e di Monteodorisio.
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© Maddaloni - Torre d'Artus |
La torre d'Artus di Maddaoni (CE), eretta in posizione strategica,
controllava l’accesso alla Valle Caudina e dominava ampia
parte della pianura tra Capua e Nola; sino a pochi anni orsono si
poteva ammirare lo stemma in marmo degli Artus con otto rocchi e
sormontato da una testa di gufo con grandi orecchie.
Carlo III ebbe da re Ladislao di Durazzo la giurisdizione criminale
di Aversa e poi di Manfredonia, ottenne i titoli di
conte di Cerreto
e
barone di Boiano
(1388), terre confiscate a Cola di Sanframondo;
vendette il feudo di Sant’Arcangelo a Pietro
Barrile. Sposò in prime
nozze Rogasia
Marzano, sorella del duca di Sessa e, in seconde
nozze, Giovanna
Gaetani, figlia del conte di Fondi.
Ladislao d’Artus, conte di Sant’Agata, partecipò nell’aprile
del 1401 al Parlamento tenuto in Napoli, attirando così l’ira del
Sovrano che lo fece imprigionare in Castel Sant’Elmo insieme a
Enrico
Sanseverino, conte di Terranova, suo parente. Entrambi i
conti furono condannati a morte e decapitati. |

© Napoli -
Monumento funebre di una nobildonna, in abito da clarissa, di
casa d'Artus - Anno 1350 ~ |
Il feudo di Sant’Agata dei Goti passò ai
della Ratta, poi agli
Acquaviva, ai
Coscia (Giovan Paolo
Coscia fu nel 1585 ottenne il titolo di
duca sul feudo) e, infine, ai
Carafa di Maddaloni sino
all’abolizione della feudalità. |

Popoli
(Pescara) - Taverna dei Cantelmo - Stemma d'Artus |
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