
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
|
Arma Caputo di Napoli:
di rosso, alla testa di leopardo
al naturale
strappata e coronata d'oro.
Cimiero:
un braccio rivestito dall'armatura che tiene sospesa per i capelli la
testa di un moro.
Arma Caputo di Cosenza: spaccato, nel 1° d'azzurro a due teste
umane d'oro, la prima di giovinetto e la seconda barbuta di nero; nel 2° d'oro
alla testa umana bendata di nero. Alias: spaccato, nel 1° d'azzurro a due teste
umane bendate di nero; nel 2° d'oro
alla testa umana bendata di nero guardante un crescente d'argento. Alias:
d'azzurro a tre teste
umane d'oro poste di profilo, ordinate 2 e 1; le prime due imperbi,
quella della punta barbuta.
Arma Caputo di Tropea:
troncato, nel 1° d’azzurro a tre monti d’oro con due leoni del medesimo
affrontati, armati e linguati di rosso sostenenti una testa al naturale
coronata d’oro, nel 2° di verde con quattro fasce onde d’argento. |

Stemma della Famiglia Caputo di Napoli |
L'antichissima famiglia napoletana Caputo o Caputi godette di nobiltà a
Napoli nei
sedili di Nilo,
Montagna,
Porto e
Portanova, a Tropea, Barletta, Cosenza, Ruvo di Puglia,
Larino, Catanzaro ed altre città del Sud Italia.
Capostipite fu Corrado
d'Antiochia (1240 † 1315 c.a), sposato a Beatrice Lancia. Corrado era
figlio di Federico d'Antiochia
(1222 c.a † Foggia 1256), conte di Albe, Celano, e Loreto, vicario
generale imperiale in Toscana dal 1245 al 1250, podestà di Firenze, e di
Margherita Poli, figlio naturale dell'imperatore
Federico II di Svevia. Corrado ebbe per sorelle:
Maria, sposata
a Bernabò
Malaspina; e
Filippa (1242
† 1273), sposata a Manfredi Maletta († Napoli, 1310).
Nei suoi vari rami ottenne numerosi feudi, tra i quali:
Bagnoli, Belvedere, Calopezzati, Carovigno, Castel di Pietro, Cuma,
Feccia, Cefuni, Mattafellone, Roccaromana, Sacco, Sanfelice, Sansosti,
Tito.
Ottenne i titoli di:
conte di Monteforino
marchesi di Cerveto, Petrella
duca di Turano, e sul cognome
signori di Calopezzati. |
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Calopezzati (Cosenza) con in fondo il castello. A
destra:
Castello di Calopezzati |
La famiglia ha dato alla Chiesa i seguenti vescovi:
Andrea Caputo († 1650)
fu Vescovo di Lettere nel 1625 al 1650;
Pietro Paolo Caputo (†
1628)
fu nominato da Urbano VIII vescovo di Larino in
Basilicata dall’aprile del 1628 sino al 29 luglio dello
stesso anno.
Consalvo Caputo (†
1645), fratello di Pietro Paolo, fu prima Vescovo di
San Marco nel 1630 e poi Vescovo di Catanzaro dal 1633 al
1645; diede fondo a tutte le sue sostanze per aiutare il
popolo di Calabria colpito duramente dal terremoto del
1633.
Nicola Caputo (Napoli, 1770
†
Lecce, 1862) dei marchesi di Cerreto e fratello della
marchesa Francesca, fu Vescovo di Lecce dal 1818 al
1862.
Carlo,
(Napoli, 1843 † 1908), formato dall'opera pastorale del
Cardinale di Napoli Sisto
Riario Sforza,
fu condiscepolo di Mariano Rampolla del Tindaro, Vescovo
di Monopoli dal 15 marzo 1883 al 6 giugno 1886 quando fu
nominato Vescovo di Aversa come successore del Vescovo
Domenico
Zelo,
rimase in carica fino al 19 aprile 1897 quando si
dimise. |

Napoli - Sepolcro del
Vescovo Andrea Caputo
(† 1650) |
Vescovo Carlo Caputo e la sua insegna
ecclesiastica |
Pietro Caputo, generale delle armate, seguì re
Carlo I d'Angiò nella spedizione della Morea.
Sotto lo stesso sovrano Gualtiero Caputo (nel
1268), Matteo
Brancaccio, Ligorio Scannasorice, Gualtiero
Siginulfo, Giovanni Baraballo e Cola
d'Afflitto furono Sindaci di Napoli.
Nel 1272 i cavalieri
Lorenzo Caputo, Roberto
d’Anna, Bartolomeo
Gaetani, Marino
Agnese
e Tommaso
Pignatelli ricevettero il
cingolo militare dal re Carlo I.
Nel 1290 Lorenzo fu Giustiziere di
Terra di Lavoro.
Nel 1291 Gualtieri ottenne il feudo di Cuma in Terra di
Lavoro, il casale di Cefuni, la terza parte del castello
di Tito in Basilicata e il feudo di Starza di Massa; nel
1294 fu Giustiziere degli Scolari e Studi di Napoli,
sino all'anno 1299 quando fu sostituito da Ludovico
Dentice.
Giovanni,
figlio di Gualtieri fu Giustiziere di Abruzzo, Terra di
Lavoro e Molise; nel 1330 acquistò il feudo di
Calopezzeti col suo castello, in Provincia di
Calabria Citra;
sposò Guglielma di Guglielmo della Rocca di Crotone ed
ebbero per figlia
Nita
(o Nica) la quale gli succedette nel feudo
nel 1345; sposò Galgano
della
Marra, morta senza prole il feudo fu devoluto alla
Regia Corte e nel 1390 fu dato in dono da re Ladislao a
Covella
Ruffo.
Con re Roberto II
d'Angiò ebbe inizio la riforma angioina
dell’amministrazione cittadina, i Sedili di Napoli
furono ridotti da 29 a 5, il
Seggio di Forcella
fu unito
a quello di Montagna. Nel 1338 iniziò una lite tra i
nobili di Capuana e Nido ed altre piazze, circa le
concessioni del sovrano sugli “onori” e “pesi”
pubblici (terza parte a Capuana e Nido, terza parte a Montagna,
Porto e Portanuova, terza parte al Popolo), in cui si menzionano
solo 6 eletti compreso quello di Popolo; seguirono vari episodi
di liti tra nobili delle diverse piazze, spesso con
feriti e morti, tanto da costringere il medesimo sovrano
ad intervenire con la formulazione di Capitoli (basati
su dieci punti) per sedare le discordie tra le piazze
nel 1339. Nel Seggio di Portanova
i gravi disordini assunsero quasi le dimensioni di
guerra civile, il Re dovette intervenire: nel 1340
Herrico e Mariano
Moccia, patrizi napoletani del seggio di
Portanova, furono imprigionati, il primo fu
inviato ad Isernia e il secondo a l’Aquila; stessa sorte
toccò ad alcuni esponenti della famiglia Caputo che
furono, in gran parte, esiliati in Calabria. |

Napoli - sepolcro di
Giovanni Caputo (†
1487) |
I
Caputo o Caputi già durante il periodo svevo aveva
sostenuto un'epurazione;
nel 1253
Corrado IV
di Svevia, giunse alle mura della città
Napoli e l’attaccò dal mare, con una ingente flotta, e da terra con un
numeroso esercito, dotato di ingegnose armi da assedio. Per quattro mesi
Tedeschi e Saraceni non riescono a conquistare alcuna torre o porta;
l’Imperatore promise, in caso di resa, l’incolumità dei
cittadini e il mantenimento di alcuni privilegi;
promessa non mantenuta, la sua ira si scagliò contro le
cose, facendo tra l'altro abbattere la torre maestra e i
cavalieri di Casa Caputo che avevano strenuamente difeso
la città. Solo alla morte di Corrado IV i Caputo
potettero rientrare in Napoli, altri si stabilirono in
Cosenza, Tropea e Ruvo di Puglia.
In Ruvo di Puglia Domenico Caputi fece erigere un
maestoso palazzo, ristrutturato e ampliato nel 1798 da
Francesco Caputi. La famiglia lasciò nel
dopoguerra Ruvo di Puglia per trasferirsi a Bari. |

Ruvo di Puglia - Palazzo Caputi
Per gentile concessione del dr. Francesco Ulloa Severino |

Ruvo di Puglia - Stemma famiglia Caputi
Per gentile concessione del dr. Francesco Ulloa Severino |
Giovanni
Caputo († 6 gennaio 1586), figlio di
Stefano e di Eleonora
di Gennaro
del Seggio di Porto, nel 1583 acquistò da Garsia
Cavaniglia
il
feudo di
Bagnoli, in
Principato Ultra; ereditato dal figlio
Agostino nel 1587 fu venduto ad Allegra
de Tassis per ducati 35.500, detto Agostino nel 1597 fu
Signore di Carovigno, feudo in
Terra
d'Otranto, nel 1574
re Filippo II
d'asburgo-Spagna gli concesse il
privilegio della familiarità; sposando
Isabella
Anfora,
nobile di Sorrento, generarono:
Giulia;
Giovanni,
Presidente della
Regia Camera della Sommaria, amministratore
della Dogana di Foggia, ebbe in possesso i
feudi di San Mango e della
Fecce nel Cilento, sposato ad Isabella
Bresegno, di nobile famiglia spagnola, ebbero per figli
Ferdinando ed
Ignazio,
quest'ultimo ebbe per figli
Giovanni,
Flaminio e
Teodoro;
Andrea,
entrò nella Congregazione dell'Oratorio, dottore in
teologia, nel 1622 fu nominato da papa Gregorio XV
Vescovo di Costanza, rimanendo in carica fino al 1625
quando fu nominato Vescovo di Lettere, in carica fino al
mese di marzo del 1650 quando morì;
Marino,
fu capitano di fanteria per nove anni, fino al 1621,
presso lo Stato di Milano, sposato a Beatrice
Coppola
generarono
Candida,
Giovanna,
Vittoria,
e
Nicolò sposato ad Andreana
Strambone,
figlia di Tomaso e Beatrice di Gennaro; ed
Annibale,
U.J.D., sposato ad Antonia di Gennaro, figlia di
Troiano, ebbero per figli
Agostino, chierico, e
Ricco,
sposato a Girolama Crisconia, dei signori di San Pietro
a Scafati, generarono:
Lucrezia,
sposata in prime nozze ad Antonio
Romano,
in seconde nozze a Gian Luise
Mormile;
e
Pasquale, il quale acquistò il
feudo di
Petrella,
terra facente parte prima della Provincia di Terra
d’Otranto e poi del
Contado di Molise, appartenne a Sigismondo
Pignatelli, che nel 1583 vendette a Scipione
di Costanzo; quest'ultimo, nello stesso anno,
cedette per 15.900 ducati il feudo a Paolo
di Sangro, duca di Torre Maggiore, che a sua
volta lo vendette, nel 1599, a Pasquale Caputo, il quale
nel 1607 acquistò da Fabrizio Lanario il
feudo di Sacco, in
Principato Citra,
per poi rivenderlo, nel 1610, a Vincenzo
Carafa
per 17.000 ducati. Sposato ad Eleonora Isclana,
poetessa, ebbero per figli:
Girolama,
sposò Antonio
de Dura,
marchese di Mignano, e madre del marchese Marco;
Consalvo,
come già citato fu Vescovo;
Pietro Paolo
(† 1629); e
Francesco, il quale nel 1613 ottenne da
re Filippo III
d'Asburgo-Spagna il
titolo
di marchese della Petrella per sé e per
i suoi eredi, sposato ad Isabella Carafa dei conti di
Montecalvo, ebbero numerosa prole, tra di essi:
Anna,
Teresa,
Vittoria e
Girolama,
entrarono nel Monastero di San Girolamo;
Pietro,
frate Cappuccino col nome di Frà Gabriele; e
Bernardino, marchese della Petrella,
sposato a Lucrezia
Caracciolo,
già sposata in prime nozze con Ferrante Carafa dei conti
di Montecalvo, ebbero per figli:
Anna,
Isabella,
Geronimo,
e
Giuseppe, marchese della Petrella, nel
1724 ottenne il
titolo di marchese sul feudo di Cerveto.
Salvatore,
marchese della Petrella come erede per la morte di suo
padre Giuseppe, sposato ad Ippolita
Mascaro,
figlia di Luigi († 1812), marchese di Acerno, e di
Vittoria
Carafa di Montecalvo (1758 † 1792),
generarono due figlie femmine:
Vincenza, sposata al marchese Ferdinando
Rohrlach, Gentiluomo di Camera di S.A.R. l'Infante di
Lucca, e
Marianna
(† 1861) sposata al marchese di Poppano Biagio Palamolla
(1796 † 1867); con esse questo ramo si estinse. |

Napoli - Cappella
famiglia Caputo di Cosenza |

Napoli - Cappella
famiglia Caputo di Cosenza |
I Caputo di
Calabria Citra
discendono da Paterno (oggi comune di Paterno Calabro in
provincia di Cosenza), e furono possessori di feudi.
Costanzo,
esercitò la professione di notaio nel 1276.
Pietro,
vissuto nel Trecento, monaco agostiniano, teologo,
scrisse De
sufficientia et necessitate vitae humane.
Manilio o Manlio,
nato nel Cinquecento, Questore Regio, musicista e poeta,
fu uno dei tre fondatori della Chiesa di Santa Maria
Ognibene eretta in Napoli; godette dell'amicizia
concessagli dal Sovrano. Pubblicò
Sonetto
- in morte del Re Sigismondo di Polonia.
Sebastiano
e
Sigismondo, discendenti da Costanzo,
furono i primi a trasferirsi in Cosenza, Sigismondo fu
Luogotenente della Città; nel 1515 furono aggregati al
Sedile Nobile di Cosenza, con le
famiglie
Bombini,
Poeta,
Spiriti,
ed altre, che godevano già nella seconda piazza degli
Onorati cittadini, questo ramo successivamente estinse.
Agostino
(n. Cosenza 28 agosto 1594), figlio di
Mario
e Lucrezia
Sambiasi,
appartenente alla famiglia aggregata al Sedile Nobile di
Cosenza, fece parte dell'Accademia
dei Costanti, già
Cosentina,
in quanto le aveva dato nuovo slancio l'Arcivescovo di
Cosenza Giambattista
Costanzo, tra i sodali di questo rinnovamento
ricordiamo: Pirro
Schettini, Carlo
d'Aquino, Diego
Barracco, Marzio Cavalcanti, Ferdinando
Stocco,
Ignazio
Sambiase, e
Daniele
de Matera. Pubblicò
De Regimine
Reipubblicae. Tractatus fertilis, quo omunia fere, quae
politicam nobilitatis, immunitatis, statutorum,
gabellarum, collectarum, annone, aliarumque rerum ad
Universitatum Gubernium materiam congerunt, contenentur...
Napoli, Scorriggio, 1622.
Ottavio,
nato a Cosenza nel Cinquecento, dimorò quasi sempre a
Napoli,
Accademico Sileno, pubblicò
Relazione
per le pompe
funerali che si fecero in Napoli per l'esequie di
Filippo II d'Austria - Napoli, Stigliola
1599, stesa per incarico del duca di Cerce, Tesoriere
Generale del Regno, e,
Relazione
della pompa funerale che si celebrò in Napoli nella
morte della Serenissima Regina Margherita d'Austria
- Napoli, Longo 1612.
I discendenti di questo ramo, che ha continuato a
fiorire in Napoli, ottennero dall'imperatore
Carlo VI d'Asburgo-Spagna
la concessione del
titolo di duca
nel 1724.
Il duca Agostino (1762
†
3 settembre 1825), sposato a Maria Antonia Zavallos dei
principi di Valenzano (†
18 aprile 1820), hanno avuto per figlio Manilio
(Napoli, 6 aprile 1783
†
ivi, 9 settembre 1853), sposato in prime nozze a Leonice
Pagiotde Marcheval (†
5 aprile 1824), in seconde nozze in Napoli il 7 aprile
1825 ad Anna Maria Buonopane (†
20 agosto 1845), di Matteo e Mariangela
di Gaeta
di Montepagano, hanno avuto come figli: Roberto
(n. Napoli, 5 ottobre 1836), sposato a Napoli il 28
febbraio 1859 a Maria Amalia
Lombardo,
hanno avuto per figlio Gennaro Maria (n. Napoli,
30 marzo 1856), sposto in Resina il 18 ottobre 1897 ad
Eugenia Solimena, da cui Maria, Roberto, e
Pietro; Enrico (n. Napoli, 14 marzo 1832),
sposato a Napoli il 4 ottobre 1855 ad Ippolita
Pasqualicchio; ed il primogenito Giovan Francesco
(n. Napoli, 25 ottobre 1829), prete nell'Oratorio dei
Gerolomini di Napoli. L'Araldo “Almanacco Nobiliare del
Napoletano 1915”, Enrico Detken, libraio editore, Napoli
1914, p. 84. |
Cesare
Caputo da Paterno, esercitò la professione di speziale,
nel 1602, fece in Napoli una procura ad lites a Roberto
Vitale, per mano del notaio Genise, a seguito di una
controversia con il mastrogiurato; sposato ad Isabella
Gullo ebbero per figlio
Lelio,
sposò Faustina La Cava, di famiglia nobile di Cosenza,
figlia di Ludovico, possessore del
feudo di Mottafollone
col dipendente casale di San Sosti,
antica terra di Calabria Citra (oggi comuni omonimi in
provincia di Cosenza), che aveva acquistato dal barone
Cesare
Firrao
per ducati 40.000, con Regio Assenso del 13 agosto 1611
e registrato nel
Quinternione
47, f. 167, intestato con le seconde e terze cause e la
portulania nel
Cedolario
73, f. 24t; lo stesso anno Lelio comprò il feudo con le
giurisdizioni da suo suocero, nel 1614 lo rivendette,
con le giurisdizioni, a Roberto
Telesio,
patrizio di Cosenza, già barone di Castelfranco, con
Regio Assenso tardivo (perchè emesso dopo la sua morte)
il 20 dicembre 1616, registrato nel
Quinternione
71, f. 10. Fu Giureconsulto, esercitò a Napoli la
professione legale, pubblicò
Ad
consuetudines neopolitanas praeludia commentarius ad
Caroli Proeminum, ac consuetudinis si moriatur repetitio
quae sigillatim sequens indicat pagnia -
Napoli, Scorriggio, 1623. Lasciò inedita la seconda
parte delle
Consuetudini.Lelio
e Faustina ebbero per figli:
Giuseppe, sposato a Maria
Orsini,
nobile di Aversa, con la quale ebbero solo figlie
femmine;
Cesare;
Francesco, morì celibe;
Diana; e
Faustina,
sposata al dottor Francesco
Morelli,
nobile del sedile, questo ramo si estinse con Faustina,
i beni posseduti dai Caputo, compreso il palazzo che
avevano nel quartiere
Reginella
di Cosenza, il cui portale era sormontato dallo stemma
di famiglia composto da tre teste ed una mezza luna,
passarono in casa Morelli. |
Giulio
Caputo di Paterno, procuratore ad lites, sposato a donna
di casa Grandinetti figlia di Sertorio, di famiglia
nobile di Paterno, ebbero per figli, tra gli altri,
Giacinto, e
Fabio,
il quale esercitò la professione ad lites nella Regia
Udienza di Cosenza, lasciata la professione si dedicò
all'arrendamento delle seti nelle città demaniali, come
riporta Luigi
Palmieri,
nell'anno 1600 si rese protagonista di un'azione eroica,
essendo scoppiato un incendio nella Chiesa dei Padri
Agostiniani, senza badare al pericolo, entrò ed afferrò
la sacrosanta pisside del tabernacolo salvando le
particole dal fuoco. Avendo accumulato molta ricchezza
acquistò il
feudo di Sartano (oggi frazione di
Torano Castello), successivamente acquistò il
feudo di Torano, nel 1551 appartenuto al
principe di Bisignano, di casa
Sanseverino,
che lo vendette a Tommaso
Cavalcanti; acquistato da Domenico
Lupinacci, per sopravvenute necessità
economiche lo vendette, per ducati 46.250, a Fabio,
prendendo in cambio il feudo di Sartano per ducati
24.000 contanti, con Regio Assenso del 25 novembre 1665.
Fabio, essendo addottorato in legge, fu nominato agente
esente dello Stato di Cassano e di Belmonte. Sposato a
Maria Capisciolta, figlia di Alterio, generarono
Antonio
e
Domenico,
quest'ultimo fu erede di suo padre, con privilegio di
re Filippo V di
Borbone del 27 febbraio 1701, esecutoriato il
30 aprile dello stesso anno, gli fu concesso il titolo
di
duca di Torano.
Sposato in prime nozze con Paola
Garofalo,
di famiglia nobile di Cosenza, non ebbero prole; in
seconde nozze ad Antonia Corati, di famiglia nobile di
Cosenza, ed ebbero per figli:
Maria Teresa,
Agnese,
monache Teresiane scalze, morirono nel monastero di Bari
con fama di Santità;
Ludovica,
monaca nel monastero della Cappuccinelle di Cosenza;
Maddalena, fu monaca di casa;
Antonio,
si trasferì a Napoli, potrebbe essere identificato in
colui che: entrato nell'Ordine dell'Oratorio, visse a
Padova, pubblicò
Estasi e
rapimenti sopra la luna, Padova 1759, sotto
il nome arcadico Archerio Filoseleno;
Giovan
Battista, fu sacerdote e si trasferì a
Napoli;
Sertorio,
sposato, morì improle;
Francesco Saverio (†
Napoli, 8 agosto 1752); e
Fabio juniore (†
1734), duca di Torano dal 1708 come erede per la
morte di suo padre, Consigliere di Santa Chiara, sposato
in prime nozze con Rosa Tauro figlia di Orazio di
Bitonto, in
seconde nozze con Giovanna de Rusis di Bitonto, alla sua
morte gli successe nel ducato suo fratello Francesco
Saverio, sposato a Carlotta Mazzelli ebbero per figli:
Domenico,
Biasi, ed il primogenito
Vincenzo,
duca di Torano come erede per la morte di suo padre,
prese intestazione il 10 ottobre 1753,
Cedolario 77, f. 289 t. Nell'inventario dei
beni feudali redatto su richiesta del duca Vincenzo l'8
giugno 1753 erano compresi: Terra di Torano, uomini,
vassalli, banco di Giustizia, prime, seconde, e terze
cause, bagliva, catapania, portolania, zecca, pesi,
misure, mastrodattia, molino. Il
suffeudo di Castiglione
seu Castiglioncello,
col diritto di giurisdizione, fida, diffida, pena banco
di giustizia, baiulazione, erbaggi, terratici, spica,
fronda; altro suffeudo detto Peritano
in territorio di Regina, con i diritti di terraggi, ed
erbaggi; altro
suffeudo detto Prato Piccolo
in territorio di San Marco, con i suoi diritti.
Vincenzo Antonio Tucci, Estratto delle Rivista Storica
Calabrese, anno XXXI (2010) n. 1-2, pagg. 14-15.
Nel 1847 fu richiesta una perizia giudiziaria per la
valutazione di un fondo detto Castiglione
con casa abitata da coloni ed altri fabbricati,
pignorati a danno del fu Gioacchino Maria Caputo,
ad istanza di Carolina Peronte duchessa di Torano
domiciliata a Napoli.
Archivio di Stato di Cosenza, anno 1847, B. 10, perizia
31.
Ciro,
di Paterno, fu uno dei più caldi patrioti di Calabria
Citra nei moti liberali del 1844 e 1848. |
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Torano Castello (Cosenza) |
SERTORIO CAPUTO GESUITA E BEATO |
 |
Nato il 25 novembre del 1566 da Scipione Caputo e
Caterina Virgili in Paterno Calabro in provincia di
Cosenza; Scipione fu dotto nelle scienze matematiche,
esperto nel mestiere delle armi partecipò alla
battaglia, sotto Don
Giovanni d'Austria contro i turchi (battaglia di
Lepanto) e alle guerre nelle Fiandre; in Paterno
restaurò la chiesa di San Marco e fondò la
Confraternita del Rosario di Nostra Signora. Dopo la
morte della madre si prese cura di lui la sorella Suor
Antonia del terzo ordine di San Francesco di
Paola, la quale lo istruì anche nella fede, sin da
giovinetto era molto devoto, faceva sacrifici di
penitenza. A dodici anni lo prese in custodia suo zio,
il sacerdote Manilio Virgili e lo portò con sè a Roma
e, accertato il suo zelo spirituale lo fece consacrare
come chierico. All'età di diciassette anni suo zio gli
comandò di tornare a Paterno per gestire casa;
conversava spesso con i frati del convento fondato da
San Francesco di Paola, faceva sacrifici battendosi; a
diciotto anni fondò una scuola di matematica a Cosenza
per i giovani nobili ed ebbe molto successo. |

Paterno Calabro
(Cosenza), Convento di San Francesco di Paola |
In quegli stessi anni in Cosenza aprirono il loro
collegio i Gesuiti, conoscendo la sua fama fu invitato
ad insegnare nel collegio; qui ebbe occasione di leggere
alcune lettere di missionari nelle indie e delle loro
sofferenze fino al martirio, nasce in lui il desiderio
di entrare nelle Compagnia di Gesù per poter avere la
possibilità di partire come missionario; il padre
rettore di Cosenza, padre Giovan Battista Ragusa, non
assecondò immediatamente questo suo desiderio e lo inviò
dal padre provinciale a Napoli, il quale essendo stato
informato delle sue doti spirituali lo fece entrare,
nel 1590, all'età di ventiquattro anni, nel noviziato
della Nunziatella. Uscito dagli studi fu inviato ad
insegnare al collegio di Barletta e successivamente
inviato al collegio dell'Aquila in quanto, essendo il
collegio istituito da quattro anni non aveva dato
frutti fra la gioventù aquilana; qui riuscì a
guadagnarsi la fiducia e l'apprezzamento di tutta la
città; successivamente fondò l'Accademia dei Velati, che
volle tenere fuori dal collegio e consigliò di tenere le
adunanze nel palazzo pubblico; inoltre per le necessità
spirituali dei nobili che vedeva in ozio e quindi
inclini al peccato creò la Congregazione de' Nobili, nel
1599, per esercitarli nelle virtù. Mori l'11 settembre
del 1608 in odore di santità. L'Angelo della Carità
(così veniva chiamato) è sepolto nella prima cappella a
destra nella chiesa di Santa Margherita (o dei Gesuiti)
a L'Aquila. |

Cosenza, Cattedrale,
stemma Caputo |
Originaria di Cosenza, passò a Tropea nel Quattrocento,
fu aggregata a quella nobiltà, decorata dall'ufficio di
Sindaco dei Nobili di Tropea sin dal 1567. Ricevuta per
giustizia nell'Ordine
di Malta nel 1793; ammessa nelle Reali Guardie del Corpo, ascritta nel
Registro delle Piazze Chiuse del Regno, ed ascritta
all'Elenco dei nobili e titolati del Napoletano.
Raffaele (1° marzo 1813 † 21 luglio 1873), nobile patrizio di Tropea,
sposato a Laura
Tranfo,
ha avuto come figli Maria Teresa (n. 5 marzo
1866); e Pasquale (n. 20 novembre 1863), sposato
il 9 settembre 1886 ad Eleonora
Massaro, ha avuto come
figli: Laura (n. 8 luglio 1888); Domenico
(n. 24 marzo 1891); Benedetta (n. 3 ottobre
1892).
Altra Linea:
Orazio (2 novembre 1783 † 2 agosto 1829), nobile patrizio di Tropea,
sposato a Chiara
Toraldo, ha avuto come figlio Francesco (n. 9 agosto 1822), sposato
in prime nozze il 4 febbraio 1855 a Claudia Toraldo, in
seconde nozze sposato ad Antonia Barone ed ha avuto come
figli: Luigi (n. 3 gennaio 1870); Chiara
(n. 6 novembre 1875); Orazio (n. 14 ottobre
1882). L'Araldo “Almanacco Nobiliare del Napoletano
1903”, Enrico Detken, libraio editore, Napoli 1902, pp.
89-90. |

Arma della Famiglia Caputo
Pandone con le insegne delle famiglie Anfora, Carafa, Coppola e
Caracciolo Rossi |
Saverio Caputo, marchese della Petrella, nato a Napoli
nel 1757, olivetano di Sant'Anna dei Lombardi, professore di
teologia, fu giustiziato a Napoli il 31 ottobre 1799 per aver
parteggiato per la
Repubblica Napoletana.
Antonio Caputo, patrizio di
Cosenza, alfiere del 2° Reggimento Lancieri Reali e Giovan
Battista Caputo, patrizio di Tropea, tenente della Reale
Gendarmeria a piedi, nel 1860 parteciparono eroicamente alla
difesa del Regno delle Due Sicilie dall’invasione
piemontese. |
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Bibliografia:
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Padre Antonio Barone da Tropea,
"Vita del Padre Sertorio Caputo Gesuita" - Napoli 1691
- Francesco Bonazzi di Sannicandro,
“Famiglie nobili e titolate del Napolitano”, Napoli
1902.
- Vittorio Spreti, "Enciclopedia storico-nobiliare
italiana", 1935.
- Berardo Candida Gonzaga, “Memorie delle famiglie
nobili delle provincie Meridionali d’Italia”, Napoli
1875.
- Mario Pellicano Castagna “La Storia dei
Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria” Voll. I,
III, Frama Sud 1984, Editrice C.B.C. 1999.
- Gustavo Valente “Dizionario
bibliografico biografico geografico storico della
Calabria” Vol.III, Frama Sud 1989.
- Luigi Palmieri, “Cosenza e
le sue famiglie attraverso testi atti e manoscritti”,
1999; Tomi I- II, Pellegrini editore 1999.
- Eugenio
Arnoni,“La
Calabria illustrata Vol. IV Il Circondario di Cosenza”;
Edizioni Orizzonti Meridionali, Cosenza 1995.
- Carlo De Lellis, “Discorsi delle
famiglie nobili del Regno di Napoli”, Napoli 1663.
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