
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Famiglia
Castaldo |
A cura del dr.
Giuseppe Villani |
Armi:
la
più antica: fasciato ondato di argento e di azzurro;
poi: fasciato ondato di
argento e di azzurro, a sei tronchi di alberi di verde caricati nelle
prime.
Ramo napoletano: bandato ondato di
argento e di azzurro. |

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Arma della Famiglia Castaldo di
Napoli - Extra Sedile
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La famiglia Castaldo è, secondo alcuni autori, originaria della
città di Cava de’ Tirreni; secondo altri, era originaria di Ravello, ramificatasi poi in Tramonti, Nocera de’ Pagani, Cava
de’ Tirreni e Castellammare. Città dove essa godette di nobiltà.
Il canonico Gennaro Senatore (1831 – 1910) ha avanzato l’ipotesi
che fosse discesa da un nobile casato longobardo, supportato sia
dal significato del cognome stesso (il gastaldo o castaldo in
epoca longobarda rappresentava un funzionario della corte regia
delegato ad operare in ambito civile, militare e giudiziario),
sia perché la famiglia seguiva il diritto longobardo per la
proprietà dei beni fra i secoli XI e XV.
Lo stesso storico nocerino Michele de Santi si sofferma
ampiamente sull’origine della famiglia e anch’egli appoggia
la tesi dell’origine longobarda del casato e in particolare
pone come stipite del casato Dauferio Balbo,
I° conte di Nocera, IX sec. d. C. I primi documenti nei quali compare il
cognome Castaldo risalgono alla fine del 900 e i primi anni
dell’anno mille. Si ricorda Senda che sposa Mansone
Castaldo nel 963, Pietro Castaldo vivo intorno
all’anno 940 e Guafiero Castaldo che compare in
documenti redatti intorno all’anno 1000. Dal 1100 al 1200 i
Castaldo con il titolo di domini e
militi erano già presenti nel territorio nocerino,
cavese e della costa amalfitana. Cosi in Lettere si ha
notizia di Giovanni, figlio di Orso Castaldo
del D. Grisone Castaldo, e di Giovanni, prete,
filius D.ni Stephani Castaldi de Ravello in un atto
del 1193; ed in Ravello si ricordano Leone figlio di
Fusco Castaldo nel 1168, Riccardo figlio di
Stefano nel 1188 ed Orso figlio di Leone verso il
1200. |

Stemma del casato
Castaldo, tratto dal
Libro d’Oro del Patriziato di Ravello |
Per quanto riguarda il territorio nocerino troviamo nel 1053 un
Petrus Castaldus, filius quondam Johannis
Castaldi, qui dictus est Gagliardu; nel 1052 hanno concessione
da Teodora, principessa di Salerno, di un terreno sito in
Roccapiemonte; un altro Giovanni Castaldeus, qui dicitur
Gaglairdu de ipso loco apud montem, ed un suo figlio chiamato
anch’egli Giovanni, e nel 1099 interviene quale testimone
in una scrittura il milite Costantino, figlio di Giovanni del
q.m Giovanni Castaldeo; un Rocco, stratigoto, figlio del
clerico Alferio e Giovanna Castaldo, il signore
Giordano del quondam Giuliano Castaldo con beni di
pertinenza nel territorio denominato Fioccano. In Cava nel 1050
vive un Giovanni Gastaldo, i cui figli Orso e
Giovanni vi dimorano verso il 1100 assieme ad un Alfano
Castaldo.
Di Ravello uno dei
figli più illustri di questo casato fu Francesco dell’ordine
benedettino, consacrato vescovo della sua stessa città dal 1321 al 1362.
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A lui
si deve l'interessante sarcofago, riportato alla luce nel marzo del
1971, nel quale ebbe cura di tumulare i resti dei suoi predecessori:
"ossa praedecessorum suorum in Sacello a se ornato Sanctissimi Crucifixi
in marmorea urna reposuit, eundem exornavit ..." Il sarcofago è molto
importante sia sotto l'aspetto storico, che sotto quello religioso.
L'iscrizione, infatti, che corre in basso, lungo tutti e tre i
lati, riporta il nome dei primi otto Vescovi ravellesi,
iniziando da Orso Pappice sino a Giovanni Allegri, predecessore
di Castaldo. L'anonimo scultore, " locale ", ha voluto nella
mirabile composizione rappresentare tutto il Mistero della
Storia della Salvezza. Nelle sue fasi principali: annunzio
dell'Incarnazione (l'Angelo e Maria), attuazione (Cristo
Redentore al centro), diffusione (Apostoli, con S. Antonio e San
Nicola di Bari). Morì con fama di ottimo pastore il 4 giugno
1362 e fu seppellito in Cattedrale. Il suo sepolcro un tempo era
sul pavimento della nave centrale, a pochi passi dalla porta
maggiore. Attualmente la lapide sepolcrale è conservata nel
museo della cripta con la seguente iscrizione:
"Hic iacet Franciscus Castaldus Episcopus Ravellen sub anno Domini MCCC
Quadrage. Quinto die men. aprilis XV ind." |

Stemma Castaldo con le insegne
ecclesiatiche |
Della stessa stirpe fu
Isolda Castaldo, figlia di Antonio e Ceccarella
Capece
Zurlo che fu data in moglie da re Ladislao al proprio unico
figlio naturale Rinaldo , principe di Capua. Da lei nacquero Francesco
ed Ippolita di Durazzo. Questa si maritò con Bartolomeo de Mayo di
Tramonti, donde il cognome
de Majo Durazzo assunto
dai loro discendenti, poi patrizi napoletani del
Sedile di Montagna. |

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Ravello (SA)
- duomo
eretto nel 1087 sulla centrale piazza del
Vescovado per volontà di Nicolò Rufolo,
e fu consacrato da Orso Papice, primo vescovo della città. |
Del ramo di Castellammare ricordiamo invece il milite Placido
Castaldo che è incaricato di provvedere alle spese occorrenti
per la costruzione del Monastero di Realvalle. Ancora
Violante, Filippo e Corrado Castaldo, che,
insieme a Pietro de Brayda, nel 1274 furono scelti per trattare
la pace tra Carlo I ed il Comune di Asti.
Nel 1333 Francesco in grazia del suocero Costanzo de Cava
(secondi alcuni porterebbe il cognome Gagliardo e fu personaggio
illustre del suo tempo. Già Maestro razionale, consigliere e
familiare della regina Sancia, venne nel 1327 ricevuto
Consigliere e Familiare da Carlo duca di Calabria e
successivamente si trova appellato come Ciambellano e Tesoriere
Regio). Verso il 1470 il N.H. Francesco contrae nozze con
la patrizia di Castellammare Caterina Longobardi, da cui nascono
Geronimo e Ambrogio.
Girolamo
Castaldo occupò la cattedra vescovile di Massa Lubrense nel 1510
e grazie al suo vescovado fu posta la prima pietra per la nuova
cattedrale, intitolata a S. Maria delle Grazie. |

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Massa Lubrense (NA) - Piazza Vescovado - Chiesa ex cattedrale di S.
Maria delle Grazie – XVI sec. |
Nel 1541 alcuni nobili delle famiglie
Baccari, Vergara, Certa,
di Nocera, Sicardo,
d’Afflitto,
Trentamolla e Castaldo, tra i quali il citato Girolamo,
costituirono un
Seggio in Castellammare
e ne dettarono gli
statuti. Infine dopo il 1550 Orazio del D. Ambrogio veste
l’abito di
Cavaliere Gerosolimitano
e con lui si estingue il ramo di Castellammare.
Tornando ai Castaldo di Cava, in un documento del 1284 vengono
annoverati tra i patrizi di quella città insieme ai Gagliardi,
de Curtis, Sperandeo,
Longo ecc.; e nel
1294 un gentiluomo di nome Bartolomeo viene segnalato in
un atto di convenzione tra i cittadini cavesi e l’Abbazia della
SS. Trinità, e nel 1332, altri due, Giovanni e Matteo,
intervenuti in alcuni capitoli fra le stesse parti. Nel 1320
circa nasceva dal loro stesso tronco Andreotto, che è
considerato il capostipite della famiglia di Giambattista,
di sicuro il più noto e il più importante del casato, del quale
si dirà più avanti.
Dal tronco di Andreotto si ramificarono vari personaggi a cui
tutti si da il predicato di nobile nei documenti del tempo, tra
essi ricordiamo Sansone, Dottore fisico; commissario con
pieni poteri per Cava (1476); ebbe incarico di studiare e
formulare un progetto per il regolamento delle gabelle civiche
cavesi; Paolo fu eletto Sindaco Universale di Cava (1503)
e Giudice ai contratti di Cesinola (1502); Antonio,
collettore delle imposizioni municipali e regie del quartiere
Metelliano (1489); Nicolangelo (o Colangelo) (* Cava 1452
ca., † ca. 1515), uno dei quattro Eletti dell’Università di Cava
(1489 e 1503) contrae matrimonio nel 1476 con Pricia
Pandone,
nobildonna di San Giorgio; infine Carlo (* 1455 ca., †
1504 ca. forse di peste); nobiluomo cavese,
Patrizio di Nocera;
fu tra i magistrati civici di Cava de’ Tirreni (1492); prestò
molti servigi al servizio dei re Ferdinando II e Federico
d’Aragona; visse vari anni lontano da Cava tornando verso la
fine del 1400; primo degli Eletti e Deputati dell’Università di
Cava (1503); acquistò alcuni beni feudali in Roccapiemonte (SA)
con il fratello Colangelo (poi venduti dalla moglie e dai
figli nel 1529); possedeva con il fratello beni nel territorio
cavese. Carlo sposò la nobile Mariella de Raynaldo
(successivamente il cognome si mutò in Rinaldi) dei Patrizi di
Nocera e vissero in questa città nel casale di San Pietro dove
esisteva il loro palazzo. Qui vennero alla luce Rosa,
Ippolita (andata in sposa al barone Ungaro di Nocera),
Giambattista, Giovan Francesco, Giovan Andrea,
Giovan Antonio ed Isabella (congiunta con il
nobile Roberto Pescara de Raynaldo). Un altro figlio, Giovan
Matteo, fu frutto di illeciti amori, ragion per cui, non
comparve quando i fratelli e Mariella disposero del patrimonio
paterno.
Giovan Matteo prese i voti per diventare un frate
benedettino in Monteoliveto a Napoli. Si fece ammirare per virtù
di intelletto e di esemplarità, e di quel monastero divenne
Abate. Nel 1542 fu consacrato vescovo di Pozzuoli, ma essendo
nato fuori dal legittimo matrimonio dovette ricevere la
dispensa: “super defectu natalium quibus patiebatur” (la
dispensa per nascita illegittima). Resse l’episcopato per più di
40 anni e morto a Napoli nel 1585, fu sepolto nella chiesa
di Monteoliveto.
Giovan Battista Castaldo,
o Giambattista (Nocera de' Pagani, 1493 ca. – Milano, 6 gennaio
1563), possiamo considerarlo uno dei condottieri italiani più
famosi del XVI sec. Capitano degli imperatori
Carlo V
d'Asburgo-Spagna
e
Filippo
II.
Sul luogo della sua nascita esiste un’antica disputa tra
nocerini e cavesi, alcuni autori lo ritengono nativo del borgo
di Cesinole di Cava, altri, e sono la maggioranza, lo ritengono
nativo della città di Nocera. Non volendo entrare nella disputa,
sebbene parteggiamo per la nascita nocerina, sicuramente il
valoroso condottiero alla città di Nocera fu sempre legato,
tanto da desiderare che alla sua morte il suo corpo venisse
accolto proprio da quel terreno così ferace e generoso.
Giambattista nel 1515 si trasferì a Napoli, dove si arruolò
nell'esercito spagnolo. A questi inizi di carriera, risale
l'amicizia del Castaldo con il marchese di Pescara, Ferdinando
Francesco
d'Avalos, col
quale probabilmente partecipò nel 1516 alla spedizione contro
Sora, feudo di Francesco Maria Della Rovere, dichiarato ribelle
dagli Spagnoli. Con il marchese d’Avalos il nostro Giambattista
restò legato per tutta la vita e con lui prese parte a numerose
battaglie. |
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Dipinto e ritratto a stampa di Giovan Battista Castaldo |
Ripresa nel
1521 la guerra tra gli Imperiali e i Francesi, il Castaldo vi
prese parte come capitano di cavalleria, esordendo
brillantemente contro un contingente di Svizzeri che calavano al
soccorso dei Francesi assediati in Parma: insieme con Ferrante
Castriota, il Castaldo li affrontò nella località di
Carbonera, uccidendone circa duecento. Tolto dagli Imperiali
l'assedio a Parma nel mese di novembre, Giambattista prendeva
parte a quello vittorioso di Milano e, il 29 aprile del 1522,
alla battaglia della Bicocca, dove impegnò con il suo reparto di
cavalleria l'avanguardia di cavalleggeri francesi comandati da
Francesco
de' Medici.
Mandato quindi a Pizzighettone, riceveva la resa del castellano
francese. Inviato il Pescara a Genova da Prospero
Colonna per ristabilirvi la signoria degli
Adorno,
il Castaldo prese parte all'assedio e al successivo saccheggio
della città. Nel 1524, quando Antonio de Leyva, al quale era
affidata la difesa di Pavia, dovette temere un ammutinamento
delle proprie truppe, da troppo tempo prive delle paghe, il d'Avalos
lo inviò nella città assediata con le somme necessarie al
pagamento delle milizie e il Castaldo dovette attraversare due
volte il blocco dell'esercito francese per riportarsi, assolta
felicemente la missione, nelle file del marchese di Pescara.
Negli scontri che precedettero la battaglia decisiva, il
Castaldo si distinse comandando una parte della cavalleria
spagnola nei ripetuti attacchi alle linee degli assedianti e a
Binasco ebbe la meglio sui reparti francesi comandati da
Galeazzo
Sanseverino, da
Teodoro Trivulzio e dal Bonald dei quali conquistò le insegne.
Nella
battaglia di Pavia, il 24 febbraio 1525, toccò al Castaldo
prendere prigioniero il re di Francia, ottenendo poi del ricco
bottino di Francesco I la corona d'oro, di cui si fece fare una
collana. Al nostro condottiero si era anche arreso il più
illustre dei condottieri francesi, il vecchio signore Jacques II
de Chabannes de La Palice, che fu però ucciso, nell'atto stesso
che consegnava la spada al Castaldo, da uno spagnolo invidioso
della ricca preda. Ormai il Castaldo era divenuto uno dei più
vicini e fidati collaboratori del marchese di Pescara e
probabilmente dovette seguire da presso anche le segrete
trattative intercorse tra il generale imperiale e il ministro
del duca di Milano, Gerolamo Morone, dopo Pavia: e a
Giambattista il d'Avalos affidò il compito di recarsi in Spagna,
presso Carlo V, per informarlo del disegno del ministro
milanese, di una lega degli Stati italiani, preoccupati dalla
preponderanza acquisita dagli Spagnoli a Pavia, contro lo stesso
imperatore, una lega alla quale con le più lusinghiere promesse
il Morone si ingegnava di guadagnare il d'Avalos. Nel 1527 prese
parte al Sacco di Roma e, secondo una tradizione, trasportò a
Nocera una mirabile opera di Raffaello: la cosiddetta Madonna
del duca d’Alba che fu ospitata nel convento degli olivetani da
lui stesso fondato nel 1541 (come ossequio ad un ex voto). Il
dipinto di Raffaello rimase fino al 1686 nel convento nocerino,
allorquando il viceré Gaspar Méndez de Haro y Guzmán, marchese
del Carpio e fine collezionista d'arte , lo acquistò per 1000
ducati. Si racconta anche che il famoso tondo di Raffaello fosse
giunto nelle nostre terre per il desiderio del vescovo comasco
Paolo Giovio per la sua cattedra nocerina. Tuttavia è molto più
verosimile la prima ipotesi, giacché l’opera fu sempre vista nel
monastero olivetano di Santa Maria dei Miracoli e non nella
Cattedrale della città. |

Raffaello Sanzio: Madonna del duca d’Alba –
Washington National Gallery |
Fu quindi governatore di Velletri
(1527), ambasciatore da parte dell’Università di Cava
all’Imperatore in Bologna (1532, Nel 1535 era a Milano, al
momento della morte di Francesco II Sforza e il 2 novembre era
inviato dal de Leyva in Spagna a darne notizia all'imperatore.
Al suo ritorno presso il de Leyva fu nominato provvisoriamente
castellano di Cremona, ufficio che resse sino al febbraio 1536.
Dopo aver preso parte alla campagna di Piemonte contro i
Francesi, durante la quale fu incaricato della guardia di
Vercelli, il Castaldo servì per breve tempo nei contingenti
imperiali impegnati in Ungheria contro Giovanni Szapolyai, ma
già assai prima della conclusione di quella campagna, avvenuta
con la pace di Varadino del 1538, aveva fatto ritorno in Italia,
poiché Pietro Aretino gli scriveva nel marzo del 1537 accennando
a un omaggio di trenta scudi fattogli dal Castaldo stesso "nel
tornar dalla guerra d'Ungheria". Riapertosi nelle Fiandre il
conflitto franco-imperiale con la ribellione del duca di Kleve,
il Castaldo seguì sul teatro di guerra fiammingo l'imperatore,
quando questi vi si recò dall'Italia dopo aver incontrato Paolo
III a Busseto. Nell'agosto del 1543 prendeva parte all'assedio
di Dúren e all'occupazione di Júlich e Roermond. Quindi
partecipò all'offensiva che portò l’esercito imperiale, sempre
sotto il diretto comando di Carlo V, sulle rive della Sambre, a
Landrecies, incontro a una forte armata francese comandata dallo
stesso Francesco I.
Il Castaldo faceva parte in questa
circostanza del consiglio di guerra dell'imperatore e pare che
avesse lucidamente preveduto la possibilità che il re di Francia
si sottraesse allo scontro, proponendo opportune misure per
tagliargli la ritirata, che invece avvenne senza il minimo
disturbo da parte imperiale. I consigli del nostro condottiero
non ebbero probabilmente ascolto per le solite difficoltà
finanziarie di Carlo V e per lo stato ormai avanzato della
stagione invernale che impedivano una prosecuzione ad oltranza
della campagna.
Durante la stasi invernale delle
operazioni di guerra il Castaldo accompagnò in Inghilterra
Ferrante Gonzaga, che si recava presso Enrico VIII a stabilire
il piano di guerra della imminente campagna contro la Francia.
Ancora con il Gonzaga e con Gioacchino di Fürstenberg, il
Castaldo prendeva parte nel 1544 alla campagna per la
riconquista del Lussemburgo e poi, nuovamente sotto il comando
supremo dell'imperatore, all'offensiva della Marna ed era
presente all'assedio di Saint Dizier, dopo il quale partecipò
alla successiva marcia di avvicinamento a Parigi, dalla quale
Francesco I fu finalmente indotto alle trattative di Crépy che
posero fine al conflitto. Partecipò come Maestro di campo
generale e membro del consiglio di guerra del duca d'Alba alla
guerra smalcaldica, prendendo parte alla lunga campagna del
Danubio e poi, nella primavera del 1547, all'offensiva contro la
Sassonia elettorale che si concluse con la sconfitta dei
luterani a Múhlberg. Nel 1550 il Castaldo fu designato da Carlo
V, su richiesta del re dei Romani Ferdinando d'Asburgo, a
dirigere le operazioni di guerra in Ungheria contro i Turchi,
formalmente come luogotenente di Massimiliano d'Asburgo, ma,
sostanzialmente, con piene responsabilità politiche e militari e
con una provvisione annua di 8.400 fiorini. Per ordine
dell'imperatore Ferdinando I fece assassinare il cardinale
ungherese Giorgio Martinuzzi (Fráter György), vescovo di
Esztergom (Strigonio), governante di Transilvania (al 17
dicembre) ritenuto colpevole di tradimento. Ferdinando si
assunse tutta la responsabilità per l’uccisione, ma il papa
Giulio III giustificò tutti i partecipanti dell’accaduto solo
nel 1555.
Sebbene il Castaldo avesse ricevuto sin dal
1551 un'offerta da Cosimo de' Medici per assumere la carica di
tenente generale dell'esercito mediceo e quella di supremo
consigliere di guerra, non pare che dopo il ritorno
dall'Ungheria si allontanasse da Milano, dove si trovava
comunque nel 1559. Nonostante la tarda età ebbe ancora un
eminente incarico militare nel 1562, allorché Filippo II gli
affidò il comando dei contingenti spagnoli inviati in Francia in
aiuto del duca di Guisa. Giambattista partecipò così alla
campagna contro gli ugonotti del Coligny e del Condé, terminata
con la vittoria cattolica di Dreux il 19 dicembre di quello
stesso anno. Dopo poco tempo tornò a Milano dove morì nel
gennaio del 1563, fu sepolto nella chiesa di San Vittore
(cappella di San Gregorio) e condotto più tardi a Nocera, come
da sua disposizione testamentaria, nel Monastero olivetano di
Santa Maria dei Miracoli sul Monte Albino, da lui fondato ed
all’epoca ancora in via di costruzione.
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Nocera Inferiore (Sa): Monastero benedettino di
Santa Maria dei Miracoli - sec.XVI |
Per le sue imprese il Castaldo divenne
primo Marchese di Cassano (investito dall'Imperatore
Ferdinando I), primo Conte di Piadena
(investito da Carlo V nel 1545), Signore di Binasco, Signore di
Rezzana e Caldignaia, Signore di Nagyszeben (1552), Binanuova (e
di molti altri beni e rendite).
Giambattista
Castaldo sposò la Nobile Mattea (o Maria) Stampa, figlia di
Filippo, Patrizio Milanese, e di Cassandra Scotti, dalla quale
ebbe Ferdinando (o Ferrante) e Maria Vittoria,
destinata al chiostro, ma che preferì sposarsi con il patrizio
Luigi
Caracciolo.
Ferdinando Castaldo, 2° marchese di Cassano, 2° conte di
Piadena, signore di Binasco, etc, sposò nel 1567 la Nobildonna
Caterina (Costanza) Borromeo figlia di Filippo Dionigi, conte di
Arona e Patrizio Milanese e di Livia, figlia del Conte Filippo
Tornielli, Nobile di Novara. Ferdinando seguì le orme paterne
diventando anch’egli comandante di militi, ma la morte lo
raggiunse prematuramente, probabilmente prima del 1570.
Da
Ferdinando e Caterina Borromeo nacquero Giambattista (3°
marchese di Cassano, Conte di Piadena, sig. di Binasco) che morì
giovanissimo il 23 marzo 1571, poco dopo la morte del padre.
Altro figlio di Ferdinando fu Carlo, nato da relazione
illegittima ed infine Livia che andò in sposa al nob.
Carlo Bersazio e successivamente a Napoli si unì in seconde
nozze al marchese Gian Giacomo
de’ Medici.
Con la morte dell’unico figlio maschio, erede dei titoli, si
estinse la linea diretta ed i beni ricaddero nella proprietà
della Camera Ducale di Milano. Senonché il re Filippo II di
Spagna, desideroso che anche gli eredi indiretti potessero
godere dei benefici attribuiti ai Castaldo da parte del padre
Carlo V, con nuovo privilegio concesse gli stessi fondi con gli
stessi titoli a Giovanni Alfonso Pescara Castaldo, figlio
della sorella di Giambattista, Isabella.
Giovanni Alfonso seguì le orme dello zio nelle guerre in
Transilvania, in Polonia, in Francia ed altrove, ed era giunto
anch’egli al sommo titolo di Capitano Generale e Maestro di
Campo dell’imperatore Filippo II. |

Nocera Inferiore (SA): chiesa di
San Bartolomeo.
Affresco che ritrae il marchese Giovanni Alfonso Pescara
Castaldo |
Giovanni Alfonso Pescara Castaldo sposò nel 1578, in tarda età,
la nobildonna Beatrice
Brancaccio a
Napoli, dalla quale ebbe Anna Maria, che per incapacità
(essendo donna) a succedere - in feudalibus - fece si che le
terre di Cassano, Piadena, Binasco ed altre, ritornassero alla
corte. Re Filippo, però, per i servizi resigli da suo padre, le
assegnò una rendita annua di 2000 ducati. Anna Maria si unì in
nozze con Antonio
Capece, di
Geronimo barone di Siano, e partorì Geronimo che fu Barone di
Sofrano (SA). |

Nocera Inferiore (SA): chiesa di San Bartolomeo –
lapide commemorativa |
Altri figli di Isabella e Roberto Pescara de Raynaldo
furono Marcantonio e Lucrezia, i quali come il
fratello rinunziarono al cognome aggiunto de Raynaldo, prendendo
quello di Castaldo, molto più famoso e conosciuto.
Marcantonio, che di solito abitava a Nocera, con Beatrice
del Tufo
generò Giambattista e Andrea Pescara Castaldo,
padri teatini nella Basilica di San Paolo Maggiore di Napoli. I
due religiosi divennero famosi per la loro dottrina e la vita
esemplare. Il primo, Giambattista, pubblicò verso il 1600 un
libro sulle memorie di 50 celebri padri teatini; il secondo
divenne Generale degli stessi e consultore del S. Uffizio,
qualità che gli valse di scoprire verso il 1615 le malefatte di
suor Giulia di Marco, che era riuscita ad ingannare il Vescovo
di Nocera de Vicariis ed il viceré di Napoli i quali avevano
creduto all’apparente santità della sua vita.
Con loro si estingue anche la linea dei Castaldo Pescara,
lasciando alla memoria dei posteri le gesta e le virtù di una
nobile schiatta che ha donato alla storia uno dei suoi figli più
valorosi. |

Nocera Inferiore (SA) - Chiesa di San Bartolomeo,
busto del Castaldo opera di Leone Leoni |
Il busto marmoreo che ricorda l'effigie del Castaldo fu
realizzato da Leone Leoni, aretino, scultore di corte
dell’imperatore Carlo V. Il monumento funerario in origine era
collocato nella chiesa di S. Maria dei Miracoli, fondata dal
Castaldo nel 1541. |

Nocera Inferiore (SA): chiesa e
convento di San Bartolomeo XVIII sec. |
Il complesso, anticamente servito dagli olivetani, il cui primo
Abate fu proprio un nipote di Giambattista, don Cipriano
Castaldo, fu seriamente danneggiato da una frana nel 1745,
in seguito alla quale i monaci si spostarono a valle, fondando
la chiesa ed il convento di San Bartolomeo. Tutte le opere
d’arte, compreso il monumento funebre del celebre condottiero
furono colà traslate. |

Lastra
Commemorativa di Giambattista Castaldo, nella quale sono
riportate le imprese e le virtù del celebre comandante.
La
lapide non è datata. E’ certo però che essa fu dettata dal
fratello Giovan Matteo, e quindi possiamo collocarla tra
la morte di Giambattista (1563)
e quella del fratello (1585).
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Alfonso
Castaldo (n. Casoria, 1890
† Napoli, 1966) nel 1934 fu nominato vescovo di Pozzuoli, nel
1958 fu nominato arcivescovo di Napoli e il 15 dicembre dello
stesso anno cardinale. |
A cura del dott. Vincenzo Triente
Castaldo |
La famiglia Castaldo è documentata
nell'agro afragolese già a partire dal sec. XII, ed era ritenuta
tra le famiglie "Normanne" fondatrici di Afragola, un ramo di
questo casato che abitava a Napoli (attestati dai secoli X - XII)
erano ricchi proprietari, nobiliores e vantavano l'intestazione
di un vico della città ed inoltre avevano fondato due chiese).
Fu’ nel corso dei secoli fra le piu' illustri del paese,
elevandosi allo stato nobiliare, distinguendosi sia per numerosi
possedimenti terrieri ed immobiliari, sia per molti personaggi
illustri e di spicco.

La cappella di San Domenico dei Castaldo
di Afragola |
Un loro ramo aveva, con gli Arcivescovi di Napoli, il diritto di
presentazione del Rettore di Santa Maria d'Ajello.
Nell'anno 1559 si registra un evento straordinario in Napoli, un
processo presso il Sacro Regio Consiglio per dimostrare gli
aventi diritto al Monte istituito dal notaio messere
Bernardino, della linea di Rosella e la loro linea detta di
Gioangrande, articolati in 9 capifamiglia, distinti dagli altri
capifamiglia dei Castaldo, rami troppo lontani per provare la
comune ascendenza con il nobile notaio afragolese.
Con sentenza del 1589 fu decretato che tra i governatori della
detta chiesa, eletti annualmente potevano far parte solo uno di
casa Castaldo, nella fattispecie linea di Rosella o di
Gioangrande, avi diretti del Messere Bernardino Castaldo.
Tra i numerosi antenati illustri figura di rilievo del Regno
Aragonese fu' il nobile notaio Antonino Castaldo fratello
del Bernardino, quanto grande fosse la sua reputazione nel
Regno, era il medesimo insignito del titolo di accademico de
Sereni, accademia la cui ammissione era riservata esclusivamente
ai nobili.
La sua fama si diffuse in tutta Europa tant’è vero che, in
occasione dell'arrivo di Don
Giovanni d'Austria (1547 † 1578),
figlio naturale dell’Imperatore CarloV, per i preparativi della
guerra contro i Turchi, che sfociò nella
battaglia di Lepanto,
Antonino fu' ben accolto dal grande condottiero e si adoperò per
i contratti da farsi per la spedizione di Lepanto. |
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Stemma antico dei Castaldo di Afragola posto
sulla lapide (anno 1753) nella cappella di San Domenico
dei Castaldo di Afragola, eretta nel XVII sec., tutt’ora visitabile |
Altro personaggio di rilevo fu'
Gioacchino (n.1688), professore di medicina pratica a
Napoli; sua figlia Giulia Castaldo sposò il marchese di
Auletta, Aurelio
di Gennaro, consigliere del
Sacro Regio
Consiglio; degna di nota Vincenza Castaldo di nobile e
cospicua famiglia afragolese (n.1753), figlia del Magnifico don
Giacinto, sposò il magistrato Antonio della Rossa giudice
della Giunta di Stato voluta da
S.M. Ferdinando IV, nel processo
contro i repubblicani napoletani e nel corso del quale tentò in
extremis una supplica al Re nel vano tentativo di salvare la
vita di Luisa
Sanfelice. |

Accesso
alle catacombe dei Castaldo di Afragola |
Scala di accesso e catacombe allocate sotto la
cappella di San Domenico dei Castaldo dove venivano
posti i defunti sugli scolatoi, come era in uso per l’epoca |
La famiglia Castaldo ebbe anche un feudo
acquistato dal nobile Petrillus Castaldo di Afragola ma
abitante a Napoli, che rilevò il possedimento nel 1398 presso il
contado di Acerra.
Infine monsignor Vincenzo Castaldo Tuccillo (1828
† 1887) parroco della chiesa di San
Giorgio, morto in odore di Santità ed ancora oggi ricordato.
La famiglia tutt'ora fiorente, che vede nel suo discendente
attraverso la linea cadetta, il nobile dottor Vincenzo
Triente Castaldo, pone i suoi rami piu' importanti in una
condizione nobiliare, che ben giustifica l'apposizione di una
corona nobiliare all'antica sullo stemma che si trova sulla
lapide nella Cappella di San Domenico al Rosario. |

Il nobile dott. cavaliere ufficiale Vincenzo
Triente Castaldo barone del Sacro Palazzo Lateranense |
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