
Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano,
ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano,
appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano
dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Famiglia Pandone |
Arma:
bandato di rosso e d’oro, alla fascia di vajo d’argento e di
azzurro attraversante il tutto. |

© Napoli - Stemma della Famiglia
Pandone |
La famiglia Pandone ha goduto di nobiltà in Capua,
Castellammare di Stabia, Sarno, Sanseverino e Napoli
dove fu ascritta al Patriziato Napoletano dei Seggi di
Nido e
Capuana.
Ha vestito più volte l’Abito
di Malta dal 1516 e, nei suoi vari rami, è
stata investita di numerosi titoli tra i quali:
barone di: Abbadia,
Acquarolo, Ailano, Arienzo, Bozzano, Cammarota,
Campochiaro, Cerreto, Cerro, Fossaceca, Gallo, Limosano,
Macchiagodena, Paternò, Rocchetta, Sangiorgio.
conte di: Ugento e
Venafro
duca di: Boiano |
Nel 1326 Rinaldo Pandone fu tra i Baroni che seguirono
Carlo, duca di Calabria, nella guerra in Toscana in aiuto dei
Fiorentini, insieme a Ligorio Guindazzo, Ludovico
di Tocco,
Matteo Seripando, Landolfo Maramaldo, Pietro
Moccia,
Pietro
Galluccio,
Bartolomeo
Loffredo,
Andrea e Landolfo Ajossa, Pierino
Tomacello,
Giovanno Marino, Bartolomeo
Bonifacio, Filippo
Crispano, Ruggiero
Pagano,
Tommaso
Dentice,
Pietro dell’Amendolea, ed altri.
Il feudo di Pettorano pervenne a Francesco
Pandone, figlio di Martuccia
Capuano, nel 1443 per donazione fatta da re
Alfonso I d’Aragona, successivamente ebbe in dono Venafro col
titolo di conte; nel 1451cedette ai fratelli Antonello, Cola e
Giacomo Sanframondo i feudi di Campochiaro e Cantalupo in cambio
della città di Boiano.
Carlo Pandone, ambasciatore di re Ferdinando I
d’Aragona, partecipò alla
guerra d’Otranto
al comando di trecento cavalli; ottenne dal Sovrano la baronia
di Ailano, feudo in
Terra di Lavoro che poi pervenne al figlio Gio.
Battista che impalmò Violante
Spinelli.
La terra di Boiano, in
Contado di Molise, nel 1457, insieme a
Venafro, Macchiagodena ed altre terre, era posseduta da Scipione
Pandone, cavaliere dell'Ordine
dell'Ermellino, al quale era pervenuta per eredità da suo zio
Francesco Pandone. Boiano fu persa dalla famiglia nel
1531 per delitto di fellonia e fu venduta ad Alfonso
Sanchez.
Francesco,
conte di Venafro, nel 1116 fu uno dei benefattori della
Santa Casa dell'Annunziata.

© Napoli - Elenco benefattori della Santa
Casa dell'Annunziata |
Nel 1488
Raimondo
Campanile vendette per ducati 55 e mezzo a
suddetto
Scipione Pandone, un immobile in Napoli,
noto come Palazzo Conca, in piazza Bellini 63,
oggi sede
dell'Università degli Studi di Napoli della Federico II.
I Pandone possedevano altro immobile in Napoli alla via Duomo. |

Napoli - Piazza Bellini |

Napoli - via Duomo, Palazzo appartenuto ai Pandone |
Nel 1491 Camillo Pandone o Pannone risulta essere
Gentiluomo di Camera di re Ferrante d’Aragona insieme a
Carlo
di Tocco, Giobanni Battista del Doce, Vincenzo
Belprato, Iacobello
della Leonessa, Antonio
de Guevara, Ieronimo d’Azzia, Ferrante
d’Ayerbo ed altri.
Silvio Pandone (†
1519), vescovo di Bojano e poi di Aversa, nel 1513
ricostruì la cattedrale di Bojano distrutta dal sisma
del 1456. |

Bojano (Campobasso),
sepolcro del vescovo Silvio Pandone |

Napoli - Altare della Famiglia
Pandone eretto nel 1514 |

Napoli - Galeazzo Pandone, figlio di
Francesco conte di Venafro |

Napoli - Epitaffio in ricordo di Galeazzo Pandone, il
cui sepolcro fu curato da Mattia Arcella - Anno 1514 |
Altabella
Pandone, figlia di Francesco conte di
Venafro, sposò
Luigi II
di Capua (1418 †
1443),
figlio di Andrea e di Costanza Chiaromonte, 5° conte di
Altavilla. |

Riccia (Campobasso),
chiesa di
Santa Maria delle Grazie,
sepolcro di Luigi II di Capua e
della moglie Altabella Pandone |
L’epitaffio, tradotto dall’avv. Rosario
Migliaccio di
Sanfelice, così recita:
“A Luigi di Capua, Conte di Altavilla, figlio unigenito
di Andrea e Costanza; questi fin da fanciullo in pace e
in guerra a quell’età si comportò tanto saggiamente da
conservare ogni dominio e le sue proprietà intatte in sì
grande tumulto di guerra; ebbe poi in moglie colei che
con lui giace, Altabella Pandone, la quale per bellezza
e onestà fu seconda a nessuna delle dame del tempo. Da
lei ebbe cinque figli e una figlia, e così ripristinato
il casato venne a mancare all’età di 25 anni. Bartolomeo
III, Conte di Altavilla, per non mancare al pio ufficio
dovuto all’avo, fece erigere con la massima cura questo
monumento, in sacra memoria.” |
Nel 1443 Francesco Pandone
ottenne da re Alfonso d’Aragona la contea di Venafro, all’epoca
città vescovile in
Terra di Lavoro,
oggi in provincia di Isernia (Molise).
Enrico Pandone (1494 †
1528), figlio di Carlo (†
1498)
conte di Venafro dal 1492 e di donna Ippolita d’Aragona, sposò
nel 1514 Caterina
Acquaviva dei duchi di Atri; nel 1525
partecipò con valore alla battaglia avvenuta alle porte
di Roma contro il duca di Albania Giovanni Stuart
alleato dei francesi; per ricompensa l’imperatore
Carlo
V d'Asburgo-Spagna, con diploma datato 16 novembre, lo insignì del titolo
di duca di Boiano.
Enrico trasformò il castello di Venafro in residenza signorile;
face realizzare il loggiato, il giardino, e fece decorare alcune
sale con affreschi raffiguranti i migliori cavalli del suo
famoso allevamento, che possedeva poco lontano dalla fortezza. |

Cerro al Volturno (IS), Castello Pandone |

Castello Pandone, stemma |
Venafro, Castello Pandone,
esterno e affresco raffigurante un cavallo donato nel
1523 dai
Caracciolo
ad Enrico Pandone |
Pochi anni dopo il conte di Venafro si schierò però con
i francesi che nel 1528, sotto il comando di Odet de Foix, visconte di Lautrec, assediarono la città di
Napoli.
Gli invasori furono sconfitti ed Enrico Pandone fu catturato a
Venafro, dove si era rifugiato nel suo castello; venne
condannato e decapitato nel dicembre dello stesso anno in Napoli
in Largo Castelnuovo.
I suoi beni furono confiscati e venduti dalla Regia
Corte a Giovanni
Colonna
e poi a Francesca Mombel vedova del viceré di Napoli
Carlo
Lannoy.
Ultimi feudatari di Venafro furono i Peretti, alla
quale appartenne il papa Sisto V, con il titolo di
principe, i Savelli di Roma e infine i Caracciolo dei
duchi di Miranda che lo detennero dal 1744 e sino
all'eversione della feudalità. |

Venafro, Castello Pandone,
stemmi Savelli e Pandone |

Dipinto di Antonio Joli,
via Costantinopoli di Napoli, a sinistra palazzi
Firrao,
Castriota
Scanderberg e
Spinelli;
in fondo la Porta di Costantinopoli, a destra palazzo
Pandone, conti di
Venafro e duchi di Boiano, poi passato ai
di Capua |
Giovanni Loise
Riccio († 6
novembre 1568), barone “delli Colli”
(ora Colli al Volturno) comprò detto feudo nel 1530 da
Federico Pandone, barone di Cerro (al Volturno), dopo il
dissesto finanziario del Pandone.
Detto Federico, patrizio napoletano, sposò in seconde
nozze Ippolita
d’Afflitto,
figlia di Ludovico, Signore di Monteroduni e Macchia dal 1503,
Capitano Generale della Basilicata nel 1506, e di Silvia Aiossa,
nobildonna napoletana.

Cerro al Volturno, chiesa di
Santa Maria Assunta, dipinto dedicato alla
Madonna di Loreto. Nella parte in basso del
quadro Federico Pandone e la seconda moglie
Ippolito d’Afflitto (da una ricerca dell’Arch.
Franco Valente) |
Il feudo di Ugento, in Provincia d’Otranto, nel 1615 era
posseduto da Vincenzo Pandone col titolo di
conte; fu ceduta al figlio primogenito Ferrante.
Nel 1636 fu venduta ad istanza dei creditori di Carlo
Pandone ad Emmanuele Vaaz per ducati 66.000;
successivamente pervenne alla famiglia d’Amore che
ottenne il titolo di marchese su detta città.
Camilla Pandone, figlia di Ferrante conte di
Ugento e di Vittoria
Capece Piscicelli, impalmò Carlo
d’Amore (†
9.6.1676), marchese di Ugento dal 1649. Camilla portò in
dote una terza parte del beneficio sotto il titolo di S.
Pietro in Rimini, posto nella Cappella gentilizia di S.
Maria Porta Coeli contigua al palazzo Capobianco nella
strada S. Paolo n° 27 in Napoli. |
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