Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. 

Tarsia o di Tarsia

A cura del dr. Giuseppe Pizzuti

Arma: scaccato d'oro e di rosso.
Patrono: San Francesco di Paola.


Stemma Tarsia, tratto dall'opera di Fabrizio Castiglione Morelli

Aversa
Aversa, stemma della famiglia Tarsia

L’antica e nobilissima famiglia Tarsia o di Tarsia, di origine normanna, prese il nome dalla terra di Tarsia edificata in Calabria; godette di nobiltà in: Monopoli, Conversano, e Cosenza, dove si divise in due rami detti Tarsia Dell'Alto e Tarsia Del Basso.
I di Tarsia furono feudatari di: Bonifati, Bisignano, Canna, Casalnuovo, Castiglione, Corigliano, Crucoli, Falconara, Fuscaldo, Latruca, Longano, Nocara, Regina, Riccaro, Santa Barbara, Sant'Angelo, Terranova, Tinga;
patrizi di Cosenza, baroni di Belmonte, conti di Rossano, Sangineto, Corigliano e Tarsia.

Tarsia, terra in Calabria Citra in diocesi di Rossano, fu edificata ai tempi dei normanni, al loro seguito giunse il capostipite di questo ramo, il conte
Boemondo di Tarsia, nel 1160 fu comandante in seconda dei soldati di re Guglielmo I, detto il Malo, costretto a fuggire in Abruzzo, fu condannato al carcere perpetuo dallo stesso re.
Roberto, signore di Rossano, donò alcuni terreni alla chiesa di Santa Caterina, fu castellano di Barletta per l’Imperatore Federico II di Svevia.
Matteo
, fu signore di Fuscaldo dal 1200 fino al 1223, Falconara, e Sant'Angelo. Federico II  nel 1204 lo confermò signore di Fuscaldo e Regina, tutti feudi in Calabria Citra, nello stesso anno confermò la donazione fatta da Matteo dei tenimenti di Cammarelli e Barracchi al monastero florense di Fonte Laurato per un monastero da fondare presso Paola.
Nicola e Lia di Tarsia, risultavano dimorare nella Città di Cosenza per essere menzionati nella platea della Cattedrale del 1223: Nicolaus et Lia de Tarsi pro duobus Carolenis, danarios quattuor.


Napoli, Cappella famiglia di Tarsia del XIV secolo, passata poi ad altra famiglia

Carlo Goffredo fu inviato da re Carlo I d'Angiò al Papa, col duca del Balzo, Bartolomeo Pignatelli arcivescovo di Salerno e Roberto di Lavagna, per ottenere dilazione al pagamento delle ottomila once d'oro dovute per censo alla Corte di Roma.
Paolo, al tempo di Carlo I d'Angiò, era feudatario di Canna e Nocara, terra compresa nel Giustizierato di Basilicata, poi di Calabria Citra, gli successe nel feudo suo figlio Federico che fu feudatario di Casalnuovo, il 23 giugno 1272 sposò Gaita della Marra, gli successe il figlio primogenito Odoardo, cavaliere da re Carlo II d'Angiò, assoldò una compagnia di militi per difendere il Regno ed ottenne il feudo di Terranova, fu Capitano Generale e Giustiziere della Calabria, Consigliere Reale e Vicerè di Principato Citra e Ultra insieme a Pietro Ruffo conte di Catanzaro. La linea primogenita si estinse con Fiordiligi, figlia di Odoardo, moglie di Guglielmo Bolardo Dinissiaco, Maresciallo del Regno.
Jacopo, signore di Tarsia, Canna e Nocara, Cavaliere del S.M.O. di Malta, fu Priore di Messina e nel 1276 di Barletta, Generale della Repubblica Veneta contro i Pisani; dal padre ereditò la terra di Riccaro in Basilicata e, avendovi costruito un castello, la chiamò Rocca Imperiale, successivamente ricaduta in Calabria Citra. Fu consigliere di re Carlo I d'Angiò e suo ambasciatore a Tunisi.
Ruggiero, fu conte di Sangineto e conte di Corigliano.
Tommaso, nel 1351 fu canonico e tesoriero della cattedrale di Cosenza.
Odoardo, fu Governatore di Calabria, signore di Tarsia, Corigliano, Crucoli, Nocara, e Bonifati, ebbe per figli Andrea e Roberto, sposato a Tuccia Saraceni, figlia di Riccardo.

Cosenza, Chiesa di San Francesco d'Assisi, cappella di Tarsia; quadro raffigurante San Francesco di Paola
esposto in sacrestia, un tempo collocato nella cappella di famiglia (1)

Galasso (o Galeazzo) figlio di Roberto di Tarsia e Tuccia Saraceni, patrizio di Cosenza, fu lo stipite dei baroni di Belmonte; avendo combattuto sotto le insegne di re Alfonso d’Aragona,  ebbe in dono, nel 1443, la baronia di Belmonte con i feudi di Tinga (o Tenga, o Zinghi) e Santa Barbara; fu nominato Capitano  nei regi Casali di Cosenza. Sposò Caterina Firrao con la quale ebbero per figli: Primarosa, la quale sposò Marco di Gaeta figlio di Tommaso capostipite del ramo delle Stelle in Cosenza, rimasta vedova si risposò con Giovan Paolo d'Aquino, patrizio di Cosenza, cancelliere di Bernardino Sanseverino principe di Bisignano, dal quale ottenne il feudo di Vennere presso Castelfranco; Francesco; Angelo, giustiziato dai francesi nel 1495 in quanto partigiano aragonese; Giovanni; Giacomo ed il primogenito
Nicola ( 1462 c.a), patrizio di Cosenza, successe a suo padre, fu costretto a lasciare la baronia a causa dell'invasione del duca Giovanni d'Angiò andando a prestare servizio come soldato semplice nel regio esercito, i suoi beni, dei quali fu spogliata la famiglia, gli vennero riconsegnati con la riconquista, un po' per volta
(2).
Giacomo ( 1492), patrizio di Cosenza, fratello di Nicola, successe nel feudo di Belmonte; il 24 settembre del 1463 re Ferdinando scrisse una lettera al duca di Calabria con la quale ordinava: "ritornando all'ubbidienza la terra di Belmonte quale fu del magnifico quondam Galasso de Tarsia grandissimo parciale del re Alfonso, se ne faccia de continente la consegna a Giacomo"; l'anno successivo gli furono restituiti anche i feudi di Tinga e Santa Barbara. Fu sindaco dei nobili di Cosenza nell'anno 1473, fu inviato a Napoli, con Paolo di Francia, sindaco degli onorati cittadini, presso re Ferdinando per chiedere la concessione di alcuni privilegi per la Città. Si narra che: Giacomo, affetto da una piaga cancerosa ad una gamba, fu guarito da un’erba poggiata sulla ferita da San Francesco di Paola;  fu riconosciuto come uno dei grandi benefattori del nascente Ordine dei Minimi. Sposò Giovanna Cavalcanti dei baroni di Sartano, con la quale ebbero quattro figlie femmine, tra di esse: Sigismonda (o Ghismonda) la quale sposò, nel 1509, Pietro Paolo Parisio (1473 † 1545), il quale, rimasto vedovo, avendo perduto anche l'unico figlio, vestì l'abito ecclesiastico, divenne prima vescovo e poi cardinale; Polissena, sposò Nicolò Cavalcanti; per maschi ebbero: Francesco ( 1553 c.a), soprannominato Capodiferro, fu vicerè degli Abruzzi e cinque volte Reggente della Gran Corte della Vicaria, comandò mille fanti in Lombardia al servizio dell’Imperatore Carlo V d'Asburgo-Spagna. Ebbe come figli: Gio. Pietro, Caterina, Eufrosina, il primogenito fu Galeazzo.

Calabria
Paola, Santuario di San Francesco di Paola; il Santo guarisce Giacomo di Tarsia da una piaga cancerosa

Galeazzo II (1450 c.a 1513), figlio di Giacomo e Giovanna Cavalcanti, patrizio di Cosenza, barone di Belmonte, Capitano di Guerra, servì Carlo VIII, due volte Reggente della Gran Corte della Vicaria, fu consigliere di guerra di re Federico, il quale nel 1599, gli scrisse di dare aiuto e consiglio a Traiano Mormile e ad Alfonso Caracciolo, inviati in Calabria per reclutare 500 fanti. Il 21 settembre del 1505, re Ferdinando gli confermava la baronia di Belmonte ed i feudi di Tinga e Santa Barbara, il 27 dello stesso mese, quello della capitanìa a guerra dei Casali di Cosenza. Sposò Giovanna Sanseverino, figlia del principe di Bisignano Girolamo, con la quale ebbero dieci figli: Elisabetta, sposò Alfonso Firrao di Cosenza; Orsolina; Anna, sposò Giovanbattista Cavalcanti; Prospero; Federico; Giacomo, domenicano, cappellano del castello di Cosenza; Giovanbattista; Bernardino, cappellano regio; Gio. Tommaso, abbate dell'abbazia Florenze di San Giovanni in Fiore; ed il primogenito
Vincenzo (1480 c.a 1530), patrizio di Cosenza e barone di Belmonte, investito nello stato ed i feudi di suo padre il 9 maggio del 1513 dal re Cattolico, inoltre, fu investito della capitanìa dei Casali di Cosenza; uomo molto colto, fu uno dei primi esponenti dell'Accademia Cosentina fondata da Aulo Giano Parrasio in quegli stessi anni. Sposò Caterina del Persico figlia di Broccardo dei conti di Sabbioneta e di Maria di Somma; le nozze furono celebrate a Belmonte, ma, risiedettero tra Napoli e Cosenza, ebbero sette figli: Diana, Livia, Violante, Lucrezia, Cola Francesco, Tiberio ed il primogenito


Belmonte Calabro (Cosenza)

Galeazzo III di Tarsia (Napoli, 1520 c.a 5 giugno 1553) figlio di Vincenzo, barone di Belmonte, signore di Santa Barbara ecc...; poeta, Accademico Cosentino. Nel 1547 confinato a Lipari dopo che la Gran Corte della Vicarìa lo aveva condannato con l'accusa di violenze a vergini et coniugate, di percosse, ferite et anche morti in persone di vaxalli...; pare morì ucciso, forse a Napoli, dai fratelli Giovan Battista e Giovanni Antonio de Alagno, come si evince da una procura che le sorelle di Galeazzo, Diana, Lucrezia e Livia, rilasciarono il 2 novembre 1559 a Giovanni Monaco, originario di Cosenza ma dimorante a Napoli, per rappresentarle nella causa contro gli uccisori di Galeazzo presso la Magna Curia della Vicarìa e del Sacro Collegio, notaio Angelo Desideri di Cosenza (2bis). Sposò Camilla Carafa che gli premorì giovanissima; scrisse per lei le sue migliori rime, altre rime le scrisse per Vittoria Colonna; ebbero una sola figlia, Giulia, la quale a soli dieci anni gli successe nel feudo ma morì l'anno seguente.


Opera di Carlo De Frede


Galeazzo di Tarsia

Tiberio di Tarsia ( 1570) zio di Giulia gli successe come 7° barone di Belmonte ed ebbe significatoria di rilevio il 20 giugno del 1554. Si indebitò a tal punto da esser costretto a vendere il feudo nel 1564 a Camillo Sersale col patto redimenti, ma, ad istanza dei creditori dovette intervenire il Regio Fisco sequestrandolo; sposò in prime nozze Lucrezia Toraldo di Adamo barone di Badolato vedova di suo zio Prospero, ed in seconde nozze Enrichetta Sanseverino figlia del duca di Somma.
Diana di Tarsia, sorella di Tiberio, sposata a Pietro Antonio Firrao, nel 1576 acquistò dal Regio Fisco il feudo di Belmonte cercando di soddisfare i creditori e salvare il feudo di famiglia, dopo due anni fu costretta a venderlo al patrizio genovese Torino Ravaschieri (3).
Diana, precedentemente, aveva acquistato il feudo disabitato di Massanova (in territorio di Cutro) per ducati 7.000 messo all'asta dal Sacro Regio Consiglio in danno di Scipione Firrao, suo cognato, nonostante nel suo testamento lo avesse lasciato alla primogenita Ippolita sposata con Tommaso Firrao, suo cugino e figlio di Diana, seguì il Regio Assenso del 1572; lo vendette ad Ottavio Lucifero, nobile di Crotone, per ducati 14.000, con Regio Assenso del 1584, il quale sposò Porzia Firrao, secondogenita di Scipione e sorella di Ippolita.

I di Tarsia ed il Feudo di Longano o Perrotta

Feudo sito in territorio di Crotone, detto anche la Gabella di Capoferro, da non confondere con il vicino feudo di Valle Perrotta posseduto dai baroni Pallone di Scigliano e da questi acquistato dai Berlingieri sul quale ottennero il titolo di marchese.
Galasso di Tarsia, barone di Belmonte, possedeva nel 1451 il feudo detto "Lagani et Li Valli de Perrocta", come risulta da un privilegio emesso in suo favore dal Viceré di Calabria Francesco de Siscar il 26 febbraio 1451 (4).
Successe nel feudo suo figlio
Giacomo ( 1492), barone di Belmonte, anche questo feudo, come citato sopra per gli altri beni, la famiglia ne fu spogliata "Magnifico messer Iacobo di Tarsia quondam Galasso de Tarsia, restitutione de certe territorij feudali, nominati li Lagami et la Valle de Perotta" (Archivio di Stato di Napoli; Regia Camera della Sommaria, inventario 1468-1688, inventario 5, 28v, f.155).
Come per gli altri beni, è da presupporre che anche questo feudo fu restituito in quanto successivamente ne risultava in possesso
Beatrice di Tarsia († marzo 1577), sposata a Giovanni Francesco di Gaeta, giureconsulto, figlio di Vincenzo ed Ippolita Mazza di Taverna, il loro figlio Giovan Paolo di Gaeta († 1596) il 7 maggio del 1578 ebbe significatoria di rilevio per il feudo di Longano come erede per la morte di sua madre, baronessa Beatrice (5).

Alcune parentele contratte dal casato, oltre quelle già citate:
Bisantia, sposò Antonio de Mitio detti Schinosi, nel 1401 si trasferirono a Molfetta.
Margherita di Tarsia sposò Margheritone Caselli, signore di Cervicati, cavaliere di Luigi III d'Angiò-Valois, 9° duca di Calabria.
Lucio, patrizio di Cosenza, nel 1647 aveva affittato il feudo di Canna e Nocara, già posseduto dai suoi avi, in quanto era ricaduto alla Regia Corte nel 1644 per la morte senza eredi del marchese Donato Antonio Loffredo sposato ad Emilia, figlia di Giovan Battista Spinelli, 2° principe di Scalea. Successivamente il feudo fu venduto dalla Regia Corte, per ducati 29.000, ad Isabella Merlini, marchesa di Ramonte, con Regio Assenso del 1653. Lucio sposò Angela Sanseverino, ed ebbero per figlia Laura, sposata a Pietro Antonio Toscano di Oriolo. Alla famiglia apparteneva la Cappella di Sant'Antonio Abate, dell'Ordine Costantiniano di San Giorgio, eretta nel 1507.
Tiberio ed Alessandro, vissuti nel Seicento, furono discendenti dei baroni di Belmonte.
Giuseppe, vissuto nel Seicento, sposò Flavia Barracco, figlia di Francesco Antonio e di Elisabetta Donato.
Giacomo Maria (1710 † 1782), patrizio di Cosenza, figlio di Francesco e di Vittoria Castiglione Morelli, entrò nell'Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola, fu vescovo di Martirano dal 1770 al 1782, oggi diocesi soppressa.

Scrive il marchese Salvatore Spiriti nella riedizione delle rime di Galeazzo di Tarsia del 1758: "...le magnifiche abitazioni poste a canto del detto fiume: cioè della Famiglia Gaeta a man destra del gran ponte, che conduce al Palagio residenza del Preside della Provincia; e del Casato di Tarsia a man sinistra dentro la strada detta de' Cassari... fino agli ultimi nostri tempi si vedeva nel muro una iscrizione..... Domun hac Tiberius de Tarsia Belmontis aliorumque oppidorum Dominus restauravit, Veruis Hermisque decoravit anno D. 1587."


Cosenza, Palazzo di Tarsia, cortile interno

Per la genealogia si consiglia di consultare le tavole genealogiche redatte da Serra di Gerace.

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Note:
(1)
- Riportiamo uno stralcio dell'articolo pubblicato sul settimanale di Informazione dell'Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano Parole di Vita: Il termine "cappella" indica innanzi tutto una "istituzione". Essa può essere promossa da chiunque (singola persona, famiglia o comunità di fedeli) per praticare un culto particolare approvato dalla Chiesa, ed è canonicamente istituita con decreto del Vescovo del luogo o del Papa. Come le attuali "fondazioni" civili, ogni cappella deve essere sostenuta da una fonte di reddito chiaramente indicata. Il fondatore di una cappella canonicamente approvata può presentare al Vescovo o al Papa anche il nome del "cappellano", cioè del sacerdote al quale affidare il servizio del culto liturgico. In passato questa presentazione poteva dar luogo al diritto di "patronato", ovvero all'obbligo dell'autorità competente di  nominare il sacerdote presentato dal "patrono". Attualmente, il canone 565 del vigente Codice di  Diritto Canonico (promulgato il 25 gennaio 1983) ha riservato il diritto di nomina al Vescovo del luogo, salvo casi esplicitamente indicati dalle leggi canoniche o dall'autorità ecclesiastica competente. La cappella può essere istituita in un edificio proprio, all'interno di una casa privata oppure in una chiesa. In quest'ultimo caso deve essere dotata di un segno visibile (quadro o statua o altare) con o senza uno spazio proprio intorno. 
(2) - Bartelli Francesco, nell'opera citata in bibliografia, scrive che Nicola successe al padre; Mario Pellicano Castagna, nell'opera citata nella nota successiva, scrive di non aver trovato informazioni riguardo a Nicola ed in particolare non risulta intestatario del feudo. Possiamo ragionevolmente supporre che: Nicola, a causa degli eventi nefasti, non abbia avuto il tempo d'intestarsi il feudo; altrimenti si potrebbe ipotizzare che premorì al padre.
(2bis)
- Domenico Puntillo, Cinzia Citraro in "Historia Brutiorum - Bernardino Bombini", pag. 117, Edizioni Prometeo, Castrovillari 2015.
(3) -
Mario Pellicano Castagna "La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria"  Vol. I pagg. 195-196; Frama Sud 1984.
(4) - Mario Pellicano Castagna "La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria" Vol. III pag. 22; Editrice C.B.C. 1999.
(5) - Ibidem.
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Fonti bibliografiche:
- Biagio Aldimari, "Memorie historiche di diverse famiglie nobili...", Napoli 1691.
- Berardo Candida Gonzaga, " Memorie delle famiglie nobili", Napoli 1875.
- Luigi Palmieri, "Cosenza e le sue famiglie attraverso testi atti e manoscritti", Pellegrini Editore, 1999.
- Lorenzo Giustiniani, "Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli", Napoli 1797-1816.
- Francesco Bonazzi di Sannicandro, "Elenco dei Cavalieri del S.M. Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme", Napoli 1897.
- Sito web http://db.histantartsi.eu/web/rest/Edificio/829.
- Bartelli Francesco in " Note biografiche: Bernardino Telesio, Galeazzo di Tarsia"; Trippa, 1906.


Casato inserito nel quinto volume di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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