Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.   

Stemma Gambacorta

Famiglia Gambacorta

Arma: d’oro al leone fasciato d’argento e di nero, col capo cucito di rosso caricato da una croce ancorata d’oro.

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© Stemma Gambacorta dei principi di Macchia

La famiglia Gambacorta di origini tedesche si trasferì a Pisa agli inizi del XII secolo, successivamente si stabilì, ai tempi degli aragonesi, nel Napoletano e fu ascritta al Patriziato Napoletano nel Seggio di Montagna nel 1455 e in quel di Capuana nel 1664.
GHERARDO, figlio di Giovanni, Signore di Pisa nel 1406, e di Giovanna Gaetani, fu valoroso guerriero di Alfonso I d’Aragona e trasferì la sua dimora a Napoli nel 1454.
Il feudo di Ripalimosani, sito in Contado di Molise, nel 1415 fu donato a Riccardo de Aldemorisco dalla regina di Napoli Giovanna II di Durazzo (1414-1434); successivamente passò ai Gambacorta, quindi nel 1495 ad Andrea di Capua, nel 1521 circa fu acquistato da Marino Mastrogiudice. Il feudo fu venduto, col diritto a ricomprarlo, a Giovan Vincenzo del Tufo; nel 1539 Fabio Mastrogiudice l’alienò per ducati 3.100 a Giulia Pappacoda che sposò nel 1560 Orazio di Costanzo.


Castello di Ripalimosani, stemma partito Mastrogiudice e Gambacorta

CARLO (~†1600), fu nel 1584 Governatore degli Abruzzi, nel 1588 Ispettore delle Fortezze e delle Torri degli Abruzzi e di Capitanata e nel 1589 fu nominato marchese di Celenza, in Abruzzo Citra.
ANDREA, 2° Marchese di Celenza, nel 1618 fu nominato conte di Macchia.
I coniugi Caterina della Ratta († Napoli, 1511), 8° Contessa di Caserta, Sant’Agata dei Goti, Melissano, Frasso e Ducenta, Signora di Limatola, e Andrea Matteo III d’Acquaviva, duca di Atri, subito dopo il matrimonio, donarono nel 1509 il feudo di Limatola, in Terra di Lavoro, ai nipoti e coniugi Caterina della Ratta, figlia di Francesco III della Ratta († 1488), conte di Caserta e FRANCESCO Gambacorta († 1537), Signore di Ducento, Frasso, Melizzano e Vico.
GIOVANNI ANDREA
(† 1638) nel 1602 fu uno dei sette fondatori del Pio Monte della Misericordia, insieme a Cesare Sersale, Giovan Battista d'Alessandro, Girolamo Lagni, Vincenzo Giovanni Piscicelli, Astorgio Agnese e Giovanni Battista Manso.
Nel 1628 fu nominato duca di Limatola, in Terra di Lavoro, da Filippo III d’Asburgo-Spagna;
impalmò DIANA Gambacorta, figlia di Carlo Gambacorta, marchese di Celenza.

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© Napoli - targa in memoria dei fondatori del Pio Monte della Misericordia

FRANCESCO, figlio di detto Giavanni Andrea, 2° duca di Limatola dal 1637 per rinuncia del padre, sposò in prime nozze Faustina Filangieri, figlia di Pompeo, Signore di Lapio e nel 1636 in seconde nozze Giovanna Basurto, figlia di Alfonso, Signore di Castropizzoli. Nel 1647 scoppiò la rivolta di Masaniello ed anche a Limatola il popolo insorse ed attaccò il castello dove avevano trovato rifugio alcuni componenti delle famiglie Filangieri e Brancaccio; il duca Gambacorta convocò il capo popolare nel Castello per trovare un accordo, ma lo fece arrestare e, dopo un sommario processo, lo fece impiccare.


Particolare Castello di Limatola


Stemma con le armi delle famiglie Gambacorta e della Ratta

CARLO († Arpaia, 1647), patrizio napoletano, conte di Macchia, 3° Marchese di Celenza, nel 1641 fu nominato principe di Macchia, città del Molise, da re Filippo IV d'Asburgo-Spagna; nel 1621 sposò  Faustina Caracciolo Rossi (1602 1673), figlia ed erede di Giambattista, marchese di Brienza. Fu ucciso dai sostenitori di Masaniello ad Arpaia nel 1647.


Macchia Valfortore, chiesa San Michele, altare commissionato dai coniugi Carlo Gambacorta e Faustina Caracciolo Rossi


Macchia Valfortore, chiesa San Michele, stemma partito Gambacorta e Caracciolo Rossi

PIETRO (1613 † 1676) nel 1662 fu Vescovo di Castellamare di Stabia.
Francesco (1694), patrizio napoletano, 3° principe di Macchia, 5° marchese di Celenza, fu Montiere Maggiore del Regno di Napoli; nel 1650 sposò Eufemia Spinelli, figlia di Paolo dei marchesi di Fuscaldo e di Antonia de Cardenas dei conti di Acerra.


Macchia Valfortore, stemma partito Gambacorta e Spinelli

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© Napoli - la dimora della famiglia Gambacorta dei duchi di Limatola - fine sec. XVIII

PIETRO ( 1681), patrizio napoletano del sedile di Capuana, marchese di Celenza, 3° principe di Macchia, per successione dello zio Giuseppe, nel 1656 divenne 1° principe di Atena, in Principato Citra e marchese di Brienza, in Basilicata.
SCIPIONE (
1654), fu nominato 1° principe di Frasso, in Terra di Lavoro.

GAETANO (1703), 4° Principe di Macchia e 6° Marchese di Celenza, fu uno dei cospiratori della congiura contro Filippo V di Spagna.

LA CONGIURA DI MACCHIA

Dopo due secoli di dominazione spagnola alcuni baroni del Napoletano intravidero la possibilità della salita al trono, dopo la morte di re Carlo II di Spagna avvenuta nel 1700, di Carlo arciduca d’Austria, figlio di Leopoldo I, che avrebbe reso il Regno indipendente come ai tempi dei mai dimenticati re aragonesi.

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© Napoli - targa in ricordo della congiura di Macchia

Gli austriaci, dopo intense trattative segrete, promisero l’invio di una consistente armata e la concessione di numerosi privilegi.
Tiberio Carafa principe di Chiusano, Gaetano Gambacorta principe di Macchia, Giambattista di Capua principe di Riccia, Carlo de Sangro principe di Sansevero e altri baroni del Regno, con la presenza di alcuni agenti segreti austriaci, si riunirono in Napoli nell’avito palazzo del principe di Ricca per preparare il piano d’azione contro il governo vicereale; piano che prevedeva, tra l’altro, la presa di Castel Nuovo, l’uccisione del vicerè e l’arrivo di un numero consistente soldati austriaci.
Adriano Lanzina y Ulloa, venuto a conoscenza dell’imminente rivolta, convocò urgentemente il Collaterale, fece rafforzare la sorveglianza dei castelli e ordinò la cattura dei congiurati.
Gambacorta anticipò la rivolta e all’alba del 23 settembre 1701 furono prese d’assalto le botteghe degli armaioli, il tribunale della Vicaria, le carceri di San Francesco e S. Maria Apparente, le stazioni di gabella.

Fu presa anche la torre di San Lorenzo ove fu esposto un dipinto di Carlo d’Austria e s’innalzarono barricate in vari punti della città.
Venne occupata piazza del Mercato, luogo ideale per incitare il popolo alla rivolta, ma fu proprio questa la parte lacunosa del piano. Sebbene il popolo fosse stanco di pagare numerose gabelle per finanziare le guerre degli spagnoli, simpatizzava più per il vicerè
Luigi de la Cerda, duca di Medinaceli, che per il Gambacorta, la cui arringa sortì un flebile effetto e pochi lo seguirono.
Il vicerè era amante della cultura, amico di Giambattista Vico, appassionato di teatro e musica, governante severo in equal misura con gli appartenenti ai vari ceti sociali; il di Capua e il Gambacorta, differenti dai gentiluomini del loro tempo, avevano poche virtù e molti vizi.
Trattavano in malo modo i loro vassalli e non esitavano a far punire dai loro sgherri chiunque osasse solo contraddirli; non molto tempo prima, il principe di Riccia fece uccidere un suo servitore per futili motivi e dovette nascondersi in un monastero per non essere arrestato su ordine dello stesso vicerè.
Il vicerè diede incarico ad Andrea d’Avalos, principe di Montesarichio, a Niccolò Perez-Navarrete, marchese della Terza, e ad altri nobili a lui fedeli tra i quali il Piccolomini, di sedare la rivolta.

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© Napoli - il Campanile di Santa Chiara

Restaino Cantelmo, duca di Popoli, impartì ì comandi militari e ben presto, i cannoni e il numero soverchiante dei fucili ebbero la meglio sulle improvvisate barricate.
La presa del
Campanile di Santa Chiara non fu facile per la tenace resistenza del Carafa, così dicasi per la torre di San Lorenzo, ultimo baluardo.
Non arrivarono gli aiuti promessi dagli austriaci e i rivoltosi dovettero alla fine fuggire o arrendersi.

Il principe Gambacorta si rifugiò all’estero e rese l’anima a Dio a Vienna il 27 gennaio 1703.
Giuseppe Capece,  fratello del marchese di Rofrano, fu ucciso dagli archibugieri del vicerè e la sua testa affissa a un torrione del Castel Nuovo.

Famiglie imparentate con Casa Gambacorta

ACQUAVIVA d’ARAGONA: Anna, figlia di Francesco e Caterinella della Ratta, sposò Giulio Antonio Acquaviva d’Aragona, 2° Marchese di Bitonto e Conte di Conversano.
ALTAVILLA: Giampaolo, Maestro di Campo delle milizie di Carlo V d’Asburgo-Spagna, sposò Costanza Altavilla dei conti di Sarno.
CARACCIOLO: Carlo, 1° marchese di Celenza, sposò nel 1594 in seconde nozze Giovanna Caracciolo, vedova di D. Giambattista Caracciolo dei Duchi di Martina.
CICINELLI: Giampaolo (1650
1592, musicista madrigalista, sposò Zenobia Cicinelli, figlia di Galeazzo Cicinelli, Barone di Carpinone
FILANGIERI: Francesco, 2° duca di Limatola, sposò Faustina Filangieri di Lapio.
GUZMAN: Francesco nel 1625 sposò Donna Juana de Guzman.
Mastrogiudice: Don Annibale Mastrogiudice sposò Giovanna Gambacorta; ebbe Caterina che nel 1564 sposò Giovanni Giacomo Dentice (1546 † 1608).
MONFORTE: Giovanni (
1490), patrizio napoletano e consigliere di Ferrante I d’Aragona, sposò Margherita di Monforte, figlia di Carlo conte di Termoli e Monforte, e di Donna Orsina Orsini dei Principi di Salerno.
PIGNATELLI: Diana nel 1684 sposò Don Domenico Pignatelli, principe di Strongoli.
della RATTA: Francesco, signore di Limatola dal 1509, sposò in prime nozze Caterinella della Ratta, figlia di Francesco, 7° Conte di Caserta.
SPINELLI: Andrea, 2° marchese di Celenza e 1°conte di Macchia, sposò Feliciana Spinelli dei marchesi di Fuscaldo, vedova di Ercole Pappacoda.

 

ALTRE TESTIMONIANZE STORICHE


In Napoli, nella chiesta di cui alla foto seguente, vi è la pietra tombale della famiglia Gambacorta al centro della Tribuna.

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La lapide, risalente al 1554,  in marmo bianco reca la seguente scritta:

Tradotta in italiano, così recita:
"AI DISCENDENTI DELLA FAMIGLIA GAMBACORTA, UNA VOLTA SIGNORA DI PISA E DI ALTRE CITTA' E DI FEUDI IMPERIALI: QUESTO SEPOLCRO SIA APERTO ALLA ILLUSTRE FAMIGLIA. ANNO DOMINI 1554"

Per la genealogia si consiglia di consultare le tavole genealogiche redatte da Serra di Gerace.


Casato inserito nel 1° Volume di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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