
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Famiglia Lupinacci |
A cura del dr. Giuseppe Pizzuti |
Arma:
d’argento, alla fascia d’azzurro caricata di un lupo coronato
d’oro, passante e rivoltato; con un’aquila di nero linguata di
rosso, col volo abbassato, uscente dalla fascia.
Lo
scudo sormontato da elmo e corona da barone ed ornato di cercine
e svolazzi d'oro, d'argento, d'azzurro e di nero.
Arma di Casole:
di..., al pino di... sinistrato da un lupo di... rampante al
tronco, ed accompagnato nel capo da tre stelle (5) di...
Titoli:
nobili
patrizi di Cosenza,
baroni di Scalzati e
Ponticelli.
Dimore:
Cosenza, Casole Bruzio, Manneto di Celico, Lagarò
Lupinacci di Celico, Sambucina di Luzzi.
Patrona:
Santa Maria. |

© Stemma Famiglia Lupinacci |
Una cronaca angioina del XIII secolo annovera i
Lupinacci tra le tre famiglie più nobili del tempo.
Marco
Antonio, feudatario di Carfizzi e S.
Remiglio, con il figlio
Giulio,
nel 1448 fu fregiato del cingolo militare dal re
Alfonso V d’Aragona, I come re di Napoli
in carica dal 1442 al 1458. Nel 1498 altro
Marco Antonio
fu insignito da re Ferdinando
II d’Aragona di regia
familiarità.
Il magnifico
Domenico è citato in un atto notarile
del 16 novembre 1566 per la vendita di un terreno per
ducati 150, la controparte era il Monastero di
Sant'Agostino di Cosenza, rappresentato dal frate
Agostino della Roccella, priore (Archivio di Stato di
Cosenza, Not. 44, 11, 848v). Vincenzo Maria Egidi in
“Regesto delle pergamene dell'Archivio Capitolare di
Cosenza” a cura di Raffaele Borretti, pagg. 44-45.
I Lupinacci nei secoli furono grandi proprietari
terrieri, hanno posseduto il
feudo di Torano acquistato da
Domenico
nel 1665 dai
Cavalcanti;
per sopravvenute necessità economiche lo cedettero, per
48.000 ducati, al nobile Fabio
Caputo
di Cosenza per ottenere in cambio, per 24.000 ducati, il
feudo Sartano.
Francesco,
vissuto nel Seicento, come risulta da un inventario dei
suoi beni del marzo 1692.
L'inventario di
Tommaso
del 1729 menziona: due ritratti senza cornice, uno
raffigurante lo stesso Tommaso, un altro di suo figlio
morto prematuramente, e altri dieci quadri; nell'ottobre
dello stesso anno, i Lupinacci, abitanti a Casole poi
Casole Bruzio, testimoniarono che un loro antenato,
Marco
Antonio Lupinacci, nel 1649, aveva
lasciato un patrimonio d'argenteria e gioielli per un
ammontare di oltre 12.000 ducati.
Nonna o Monna
Lupinacci, figlia di Marco Antonio, sposò Berardino
Rossi
juniore, figlio di Orazio.
Ludovico
(†
1732) di Casole, dell'aprile dello stesso anno risale
l'inventario dei suoi beni, sposò Lalla
Tirelli, fu uno dei più
grandi giocatori di scacchi del suo tempo, l'abate
Rocco
lo descrive come
un uomo
freddo, parlava
poco e si
muoveva lentamente, davanti alla scacchiera
si trasformava. Suoi fratelli furono:
Francesca,
Giuseppe, e
Michele
(†
1770), sposato a Saveria
Pascale
ebbero per figlio
Ludovico (Cosenza, 17 marzo 1759),
liberale, appartenne alla carboneria, repubblicano
esagerato nel 1799, moderato costituzionale nel 1820,
era contro la tirannia del potere, amante delle scienze
e delle lettere, sposato il 17 maggio 1783 a Maria
Gonzales
de Luna
figlia di Francesco, ebbero come figli:
Emmanuela
(24 febbraio 1784),
Raffaele
(14 aprile 1790), e
Michele, sposato il 28 giugno 1820 a
Rosa
Caselli,
figlia di Pietro.
Achille Lupinacci di Casole, congiunto
dei precedenti, per circa vent'anni, nei primi decenni
del Settecento, appaltò l'ufficio di Partitario, e dal
1712 al 1720 anche quello di Esattore dell'Università
(oggi comune) di San Pietro in Guarano, questi servizi
per l'amministrazione finanziaria venivano appaltati in
un'apposita riunione del Parlamento (oggi consiglio
comunale) attraverso un'asta col sistema delle offerte
pubbliche ad alta voce, per la durata di un anno; il
Partitario s'impegnava a pagare a tempo debito i mandati
firmati dal Sindaco e le somme dovute alla Regia Corte,
l'Esattore provvedeva a riscuotere dai capi famiglia le
somme da essi dovute ed elencate nel libro delle
imposizioni fiscali approvato dal Parlamento.
Achille e suo fratello Bonaventura sposarono le figlie del ricco
possidente Angelo Cugini (o Cuggini) di Celico il quale
non aveva avuto figli maschi; il primo sposò la Felicia
Antonia, la quale gli portò in dote il feudo rustico
quinternato, e registrato nel regio cedolario e
regi quinternioni della
Regia Camera, posto nella Sila Regia, denominato
Agarò Ponticelli e Scalzati (1) ed
il titolo di barone a
queste terre legato, e diversi altri appezzamenti, tra
gli altri, Serra della Borga e Pappafratto,
da lei acquistati il 17 ottobre 1733, per ducati 1.792
da Pietro Maria e da suo padre Tommaso Firrao,
3° principe di Sant'Agata e Luzzi, per mano del notaio
Giuseppe Torano di Celico, con Regio Assenso del 7
novembre 1735; si stabilì a Manneto (o Menneto) di
Celico per occuparsi dei beni portati in dote da sua
moglie. Bonaventura sposò Fulvia, che gli portò in dote
altri beni burgensatici. |
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Manneto di Celico,
Palazzo Lupinacci |
Achille e Felicia Antonia ebbero per figli:
Maria Anna,
sposata a Pietro Vincenzo
Caselli;
Stanislao,
sposato a Caterina
Alimena di Montalto
(1749 † 1819),
figlia di Francesco e di Vittoria
Cavalcanti,
ebbero per
figlie Carolina († Cosenza, 26
dicembre 1843), sposata a Pietro Caselli, e Carmela
(n. 2 aprile 1789), sposata nel 1821 a Rovito
con Giovanni
Arnedos;
Bernardo;
Benedetto;
ed
il primogenito
Giuseppe,
sposò la nobile Orsola
Ferrari.
La famiglia fu aggregata al patriziato di Cosenza
con Regio Assenso del 3 febbraio 1796, nel 1708 gli era
stato riconosciuto il titolo di Barone onorario
dell'Impero. |
Giuseppe ed Orsola ebbero per figli:
Antonio (†
1828),
Stanislao
ed il primogenito
Luigi,
il quale fu investito del titolo di barone di
Scalzati, morì il 22 ottobre
1803, gli successe nel feudo suo fratello Stanislao che
sposò Raffaella Maida; comprò altre terre,
contigue a quelle già possedute a Lagarò, dal Barbaja
(2),
come fecero altre famiglie, tra di esse:
Barracco,
Campagna,
Collice,
Giannuzzi Savelli e
Mollo.
Stanislao
e
Pasquale, con istrumenti del 14
dicembre 1832, dell'8 dicembre 1833 e del 23 gennaio
1835, acquistarono da Luca, Michele ed Antonio
Casole parte della vasta difesa Agarò, dal
nome di un rigagnolo che l'attraversava. Le altre
porzioni dell'Agarò l'acquistarono Michele e suo figlio
Vincenzo
Cosentini con istrumenti del 7 e dell'8
gennaio 1835, il primo da Giacomo ed il secondo da
Pasquale Casole, in queste porzioni vi erano il molino e
la maggior parte delle terre irrigabili. Ci fu un
inconveniente, le porzioni acquistate dai Lupinacci e
dai Cosentini non risultavano contigue alle loro
proprietà, per rimediare se le scambiarono; con una
scrittura privata del 20 agosto 1840 Stanislao comprò le
quote della difesa Agarò da Cosentini ed ebbe il
possesso di tutta la difesa.
Prese parte ai moti rivoluzionari del 1848, fu membro
del “Comitato di Salute Pubblica” di Cosenza per
organizzare la resistenza contro il governo borbonico;
fallito il tentativo di rinnovamento liberale, la Gran
Corte di
Calabria Citra, nel 1852, lo condannò a morte
in contumacia in quanto si era imbarcato a Botricello
per raggiungere la Toscana, morì in esilio dopo dieci
anni, nel 1858; in questo contesto furono confiscati
diversi beni alla famiglia, sua moglie fu abile nel
limitarne i danni.
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Cosenza, museo
diocesano, targa posta alla base della statua
della Madonna |
|
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Stanislao (Manneto di Celico, 28 agosto 1802 † Cosenza,
12 luglio 1858) e Raffaella ebbero numerosa prole:
Carlo (n. 1848), Enrico (n. 1845 ),
Eugenio (Cosenza, 16 dicembre 1842 † 1917), Elena (n.
Manneto di Celico, 5 luglio 1841), Francesco (Cosenza,
28 marzo 1840 † 1910), Achille (n. Manneto di
Celico, 7 ottobre 1837), Maria Pilerio (21
novembre 1838 † 21 febbraio 1882) sposata a Luigi
Ferrari d'Epaminonda, Giovanni Napoleone (Manneto
di Celico, 1° agosto 1836 † 13 gennaio 1916), Antonio
(1833 † 1835), Maria Anna (n. 12 marzo 1832),
Orsola (3 giugno 1829 † 15 maggio 1890), Maria
Antonia (14 dicembre 1827 † 7 febbraio 1890),
Orsola (Cosenza, 24 ottobre 1826 † 15 maggio
1929), Filippo (n. 7 luglio 1825) e Luigi (Manneto
di Celico, 6 agosto 1830 † ivi, 16 agosto 1893) il quale
ereditò il titolo, fu uno dei fondatori della Cassa di
Risparmio di Cosenza, sposò Maria Filomena
Telesio
(1835 † 1873)
.

Cosenza,
museo diocesano, variante dello
stemma Lupinacci |
Luigi e Maria Filomena Telesio ha avuto come figli: Roberto (n.
Cosenza, 3 marzo 1868), sposato a Rosa Andreotti Loria,
figlia del marchese Federico (n. 12 novembre 1837,
postumo, di Federico 1807 † 13 agosto 1837, e di
Raffaella
Mollo)
e di Isabella
Giannuzzi Savelli
dei baroni di Pietramala, ha avuto come figli Anna
Maria e Federico (Cosenza, 3 dicembre 1913 †
Cosenza, 28 dicembre 1984), conseguì gli studi classici
a Cosenza per poi andare a Roma dove si addottorò in
lettere, tornato a Cosenza ottenne la cattedra di latino
e greco presso il suo liceo, sposato a Rosa Nardi, non
ebbero prole, la sua biblioteca fu donata al Convento
dei Cappuccini di Scigliano; Antonio (Cosenza, 14
settembre 1866 † 1945); Giuseppe (Cosenza, 14
febbraio 1865 † 1936); ed il primogenito Stanislao II (Cosenza,
20 gennaio 1863 † 1948),
riconosciuto nei titoli con Regie Lettere Patenti del 6-XII-1900
di barone di Scalzati o Ponticelli, trasmissibile ai
discendenti legittimi e naturali, maschi da maschi, in
linea e per ordine di primogenitura, è dichiarato,
inoltre, che il medesimo e la sua famiglia sia iscritto
nel Libro d'Oro della Nobiltà Italiana.
Il 24 luglio 1892 a Cervicati sposò Maria Adelaide (†
1957), nobile dei baroni Guzzolino di
Cervicati, figlia del barone Angelo e di Giuseppina,
nata principessa
Pignatelli
di Strongoli, ha avuto come
figli:
Francesco (n.
Cosenza, 2 maggio 1910), Giuseppina (n. Celico,
18 agosto 1897), sposata a Francesco Feraudo, Filomena (n.
Cosenza, 15 febbraio 1895), ed il primogenito Luigi (Cosenza,
18 maggio 1893 † 1973), barone di Scalzati o Ponticelli,
patrizio di Cosenza, commendatore dell'Ordine della
Corona d'Italia, sposato a Giselda, nobile dei marchesi
Ciacci di Siena (1906 † 1978), ha avuto avuto come
figlia Maria Adelaide (n. 1942), sposata a
Vincenzo Pirozzi, ha avuto come figlia Barbara.
La famiglia è ascritta all'Elenco Regionale e spettano i titoli
di barone di Scalzati o Ponticelli (m.pr.) e di nobile
patrizio di Cosenza (m.), ed il predicato dei baroni di
Scalzati o Ponticelli (m.f.), spetta il titolo (pers.)
di nobile con l'anzidetto predicato (f.). |

Barone Stanislao e la
consorte Maria Adelaide
Foto tratta dall'esposizione permanente
nella Casa delle Culture in Cosenza
Archivio Roberto Bilotti Ruggi d'Aragona |

Lagarò, a destra il barone Luigi la
consorte Giselda e la figlia Maria Adelaide |
Nel 1780 l'Abbazia Cistercense di Santa Maria della
Sambucina, ricadente nel comune di Luzzi (Cosenza),
venne soppressa da
Ferdinando IV di Borbone
ed i suoi beni
incamerati dal Demanio, successivamente, nel 1803,
alcuni dei suoi beni (terreni e corpi di fabbriche
compreso il chiostro) vennero acquistati dalla famiglia
Lupinacci. |
Portale dell'ex Convento
di Santa Maria della Sambucina. A destra: stemma dei baroni Lupinacci |

Abbazia di Santa Maria
della Sambucina |
Cosenza - Palazzo
Lupinacci. A destra;
Cosenza, Palazzo Lupinacci. Portale
(3) |

Cosenza, Palazzo
Lupinacci, caratteristica ringhiera in tufo
semicircolare del giardino. |

Stemma Lupinacci di
Casole |
A Casole (poi Casole Bruzio, oggi incorporato nel comune
di Casali del Manco) ha continuato ed è tuttora fiorente
(2022) un ramo della famiglia.
Vogliamo iniziare la descrizione con Domenico
Lupinacci, vissuto nel Seicento, il quale tra il 1687 e
1688 aveva transatto come censuario ducati sessanta con
la Regia Corte per le occupazioni delle difese Nieto
e Barrese in Regia Sila.
Ipotizziamo che Domenico sia stato padre di Achille
e Bonaventura, il primo sposato a Felicia
Antonia Cugini di Manneto di Celico ed ivi si
trasferì, il secondo sposato a Fulvia Cugini,
sorella di Felicia Antonia, figlie di Angelo, possidente
di diverse difese nella Regia Sila, continuando a
risiedere in Casole.
Fulvia possedeva sin dal 1721 la difesa Moccone,
di tomolate 330 di erbaggi, confinante con la difesa
Moccone di don Antonio Giudicessa di Spezzano
Grande, altra detta Moccone, di Ciccio
Parise,
dal Comune di Campo San Lorenzo, e fiume
Miglianò, inoltre possedeva la terza parte di
un'altra difesa Moccone, in comune con Giuseppe
Ferraro di Cosenza, possessore degli altri due terzi.
Eseguito il sequestro delle difese, i figli di
Fulvia, chierici don Domenico e don Nicola
Lupinacci di Casole, offerirono per la transazione
ducati 265,50 per le difese di Moccone, e per le
altre dette Fossiata e Lagarò, possedute
da Fulvia. A fine Settecento erano possedute da
Pasquale (figlio di Serafino), il quale con
il suo congiunto Stanislao tra il 1832 ed il 1835
acquistò parte della vasta difesa Agarò
dalla famiglia Casole. Stato della Regia Sila, sotto
la delegazione dell'Illustre giudice della Gran Corte
della Vicaria Giuseppe Zurlo, compilato dal
Giureconsulto Carlo Romeo direttore dello stato del
sacro patrimonio nell'anno 1790, Volume I, Napoli,
stamperia governativa 1866, pagg. 14, 33, 555-556.
Nella seconda metà dell'Ottocento la famiglia era
rappresentata da Luigi, sposato ad Alfonsina Abenante di
Corigliano Calabro, ha avuto come figli: Maria Anna,
sposata in casa Magliari; Giuseppe, celibe, nel
1953 fece restaurare la Cappella di famiglia dedicata
alla Madonna del Rosario; ed il primogenito Pasquale (4),
sposato a Guglielmina Cecere di Benevento ha avuto come
figli: Luigi (1922 † 2002), sposato ad Eleuthera
Catalano, non ebbe prole; Alfonsina (12 gennaio
1924 † 12 maggio 1986), sposata a Gustavo Valente di Celico (storico, con particolare attenzione allo studio
della guerra di corsa e pirateria nel Mediterraneo), nel
1993 in memoria della consorte hanno restaurato,
con suo figlio Giuseppe Valente, la Cappella di
famiglia; Anna Maria (1926 † 2017), sposata a
Nicola Majatico di Benevento; Maria Teresa,
sposata a Silvio Cilento di Corigliano Calabro; e Francesco,
sposato ad Erminia Curcio di Cosenza, ha avuto come
figlie: Guglielmina, Francesca, ed Antonella. |
.gif) |
 |
Casole Bruzio (Cosenza). A destra:
Casole Bruzio - Villa Lupinacci |
Casole Bruzio, Villa
Lupinacci, lato sud |
Casole Bruzio, chiesa di
Santa Marina. A destra: Chiesa di Santa Marina, altare
maggiore sul quale è posta la statua della Santa |

Cappella di Famiglia dedicata alla Madonna del Rosario |
Lapidi in ricordo dei restauri |

Stemma Valente di Celico |
__________________
Note:
(1) -
Scalzati e Ponticelli non erano terre
molto estese, ma avevano un grande valore in quanto
erano proprietà feudali; Gustavo Valente scrisse in “La
Sila dalla transazione alla riforma (1687-1950)” Studio
Zeta, Rossano, 1990, che le quattro terre feudali della
Sila erano:
feudo d'Ischito, feudo del Sacco, feudo di Ponticelli,
ed il feudo di Tàcina;
il resto della Sila era
Regio Demanio.
Angelo Cugini (1635
† 1702), nipote prediletto del
sacerdote don Benigno Cugini, suo tutore, diventò
il coerede dei numerosi beni accumulati. Angelo,
chierico coniugato dal 1694, epoca in cui aveva un
patrimonio di 30.000 ducati, sposò in prime nozze
Virginia Valente di Celico, che portava una cospicua
dote, ha avuto solo figlie femmine, oltre le predilette
Felicia Antonia e Fulvia, ricordiamo:
Porzia, sposata a Domenico Antonio
Collice
di San Pietro in Guarano, aveva portato una dote di
2.000 ducati; una figlia era morta lasciando una bambina
di nome Belluccia; Anna; e Teresa, sposata
a Domenico Antonio
Marano.
Suo genero Bonaventura Lupinacci fu suo braccio destro e
procuratore in diversi affari, Bonaventura fu ucciso nel
1725 dal nobile Giuseppe Ferrari per questioni di
confine tra le loro terre, il quale aveva sposato
Isabella Cugini, figlia di Ottavio fratello
di Angelo, per questo delitto fu condannato a 24 anni di
carcere, scontati prima a Pantelleria e poi nel castello
di Crotone dove morì.
(2) - Barbaja era un
imprenditore di Milano il quale aveva ristrutturato e
costruito un'ala del teatro San Carlo di Napoli per
ordine del Re; venne pagato con parte della Sila Regia
consistente in 4 difese e 28 demani. (G. Valente. 1990,
opera citata).
(3) - Davide Andreotti
nella sua “Storia dei Cosentini ” volume III,
nell'ambito dell'esultanza da parte del popolo e gran
parte dei nobili che si ebbe a Cosenza per le notizie
che arrivavano dalla capitale a causa dei
moti del 1799
miranti all'instaurazione della Repubblica; in città vi
erano stati atti di vandalismo come quello avvenuto
nelle sede del Seggio, l'autore a pag. 80 scrive: non
avendo voluto prendere parte alla generale esultanza i
signori Lupinacci, Mollo, e Giannuzzi Savelli, comechè
Luigi di questo cognome fossi ardentissimo repubblicano,
il popolo tirò un colpo di pistola allo stemma de'
primi, imbrattò di melma quello dei secondi e de' terzi.
Dopo di ciò ridusse a pezzi lo stemma del Regio
Palazzo.... Il Palazzo Lupinacci di Cosenza che si
cita non è quello riportato nelle immagini, era ubicato
in Corso Telesio dove oggi sorge la vecchia sede della
banca.
A confermare tale ubicazione dell'antico Palazzo
Lupinacci riportiamo tre perizie giudiziarie: nel 1832
venne richiesta una perizia per verificare un condotto
che alimentava una fontana ed una vasca sita in contrada
Giostra Nuova a Cosenza; causa tra la Beneficenza di
Cosenza e Stanislao Lupinacci di Cosenza. Del 1875 la
comunicazione di avvenuta interruzione della perizia da
eseguirsi su istanza della Banca Nazionale di Catanzaro,
della casa con giardino contiguo di proprietà di Achille
Lupinacci di Cosenza, sita in Corso Telesio (Giostra
Nuova), a seguito di atto di protesta presentato da
Baldassarre
Telesio,
legittimo proprietario della casa, acquistata con atto
pubblico il 4 ottobre 1873.
Nel 1888 fu richiesta una perizia giudiziaria per la
valutazione dei lavori al palazzo Telesio in costruzione
in via Telesio a Cosenza, causa tra Antonietta
Albani,
vedova di Baldassarre Telesio, contro Achille Lupinacci
ed altri.
Archivio di stato di Cosenza,
anno 1832, B. 3, perizia 2; anno 1875, B. 37, perizia
11; anno 1888, B. 50, perizia 36.
(4) -
Luigi acquistò la difesa Capolagarò-Monachelle;
la difesa Capolagarò quinto detta anche Lagarò
(in quanto costituiva la quinta porzione di tutta la
difesa) era stata espropriata nel 1860 da Garibaldi
all'Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola e per
questo detti Paolotti, di Acri, acquistata
dall'abate Giovanni
Sanseverino,
fratello del principe di Bisignano, essa confinava: con
la difesa Capolagarò, che si possedeva da Saverio
Cosentino, le terre dell Monastero della Mattina,
possedute dallo stesso Saverio, dal fiume Capolagarò
o Lagarò (costituito dai due torrenti: del
Purgatorio e del Rosario i quali unendosi
formano il fiume Agarò o Lagarò) fino al pezzo
Monachello, posseduto dallo stesso Saverio
Cosentino, e la difesa Monachelle ovvero
Lagarò di Santa Chiara, nel 1721 posseduta dal
Monastero di Santa Chiara di Cosenza. La difesa
Capolagarò- Monachelle fu ereditata da suo figlio
Pasquale che la trasmise a sua figlia Alfonsina
portandola in casa Valente.
Nel 1938 venne richiesta una perizia
giudiziaria per la descrizione e valutazione degli
immobili siti nel territorio di Casole Bruzio di
proprietà del sig. Lupinacci Pasquale, su istanza della
Banca Nazionale del Lavoro subentrata alla cessata Banca
Popolare Cosentina. I beni stimati erano: fondo rustico
denominato Castagna Paurosa, Casa di abilitazione
in via Dante n. 56, palazzo di abitazione alla via
Venezia n. 14 ed un giardino annesso al suddetto
palazzo. Archivio di stato di Cosenza, anno 1938, B.
113, perizia 2. |
_________________
Bibliografia:
- S.M.O. Gerosilimitano di Malta, “Elenco
storico della Nobiltà Italiana”, 1960
- Francesco Bonazzi di Sannicandro, “Famiglie Nobili e
titolate del Napolitano”, Arnaldo Forni Editore, 2005
- Vittorio Spreti, “Enciclopedia storico-nobiliare
italiana”.
- Archivio di Stato di Napoli – Tavole genealogiche di
Livio Serra di Gerace.
- "Collezionismo e politica culturale nella Calabria
vicereale borbonica e postunitaria" a cura di
Alessandra Anselmi - Gangemi Editore.
- “Le pietre raccontano... case baronali
in Sila....”; curato dall'ARSSA, dall'Istituto
Conprensivo Statale B.Telesio e dei comuni di Spezzano
della Sila e Spezzano Piccolo; Pubblisfera, 2000.
- Mario Pellicano Castagna “La Storia dei Feudi e dei
Titoli Nobiliari della Calabria” Vol.III pag. 41;
Editrice C.B.C. 1999.
- Giuseppe Zurlo, "Stato della Regia
Sila" liquidato nel 1790 - dalla Stamperia Nazionale,
Napoli 1862.
- AA.VV. "MILLE ANNI DI STORIA" (col
patrocinio dell'Amministrazione Comunale di San Pietro
in Guarano), CIC EDIZIONI INTERNAZIONALI - ROMA 1999.
- Eugenio
Arnoni,
"La Calabria illustrata Vol. III Il Circondario di
Cosenza"; Edizioni Orizzonti Meridionali, Cosenza
1995.
- Giovanni Sole, "Cavalieri erranti
fortuna e declino degli scacchi in Calabria (XVI - XVIII
secolo), Rubbettino editore.
- Gustavo Valente, "Compendium,
dizionario storico,geografico, biografico ragionato
della Calabria" Vol.IV, Ferrari
editore 2017.
-
Tavole genealogiche
redatte da Livio
Serra di Gerace.
- L'Araldo “Almanacco Nobiliare del
Napoletano 1911”, Enrico Detken, libraio editore, Napoli
1910.
- Stato della Regia Sila, sotto la
delegazione dell'Illustre giudice della Gran Corte della
Vicaria Giuseppe Zurlo, compilato dal Giureconsulto
Carlo Romeo direttore dello stato del sacro patrimonio
nell'anno 1790, Voll. I-II, Napoli, stamperia
governativa 1866. |
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