
Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Famiglia de Vita |
A
cura di Don
Alessandro de Vita di Copersito |
Arma: d'azzurro, al leone, tenente con
tre branche un tralcio di vite fruttifero di tre pezzi e
pampinoso di due, i grappoli e le foglie a destra, il tutto al
naturale e accompagnato in capo da tre gigli ordinati in fascia
d'oro. |

Stemma Famiglia de Vita |
Il
capostipite della famiglia de Vita, Vita o Vito fu
Alejandro Vidjas che giunse in Italia al seguito
di Tacredi Altavilla, che conobbe nel 1047 in Normandia.
La storia di Alejandro è strettamente lega a Robert
Altavilla detto le Guiscard; combattero, quando i nemici
erano di numero superiore, spalla contro spalla, mentre
ai lati erano protetti da
da due magnifici esemplari di mastín español (cani da
battaglia).
|
La battaglia sotto le mura di Salerno |
Il 15 dicembre del 1047, il conte Tancréde Hauteville (Tancredi Altavilla)
con il secondogenito Robert detto le Guiscard, insieme al
cavaliere spagnolo Alejandro Vidjas ed altri cavalieri
normanni, giunsero sotto le mura di Salerno; la sera successiva
furono assaliti da una moltitudine di infedeli che volevano
espugnare la città. I Normanni ebbero la meglio e, alle prime
luci del mattino, il principe di Salerno Guaimario V,
accompagnato da altri dignitari, si precipitò fuori dalle mura
della città, libera dei musulmani, per complimentarsi con i
Normanni e ringraziarli di aver salvato la città. Il principe
Guaimario salutò i salvatori: “MILES QUADRAGINTA SALVE! Siete in
pochi ma vi siete comportati da grandi eroi. Per gratitudine vi
offro l’Actus Cilenti, le sue coste del Gastaldato di Lucania,
ed i titoli di conti, a condizione che sgominiate
definitivamente gli infedeli che invadono le coste del mio regno
e minacciano la nostra città di Salerno”. Alcuni di questi
combattenti furono i capostipiti del casato dei
Quaranta. Il conte Tancredi e gli altri figli
preferirono proseguire verso la Terra Santa, mentre Robert ed
Alejandro accettarono; il principe diede loro una cospicua somma
affinché formassero un potente esercito. I due amici rapidamente
condussero l’esercito lungo le coste del Gastaldato di Lucania
nell’Actus Cilenti, dando inizio alla loro ascesa e fortuna. |
scoperta della cappella San Ioseph |
Un giorno,
mentre i nuovi conquistatori inseguivano degli infedeli
tra Piesto e Acruopoli(1), un
piccolo villaggio composto di misere capanne di
pescatori cetaresi, si fermò innanzi ad una cappella in
rovina eretta in devozione di San Ioseph (San Giuseppe).
Vi erano dei profumati e freschi fiori azzurri e
bianchi, denominati “gigli di San Ioseph”, e dietro la
cappella vi era un piccolo giardino ove ne crescevano in
abbondanza. Il pavimento era formato da un grande e
magnifico mosaico. Si notava la preziosa impronta
bizantina. Il sacro piano dell’altare era coperto da una
immacolata tovaglia finemente intarsiata con dei fili di
oro. Sulla parete centrale, alle spalle dell’altare,
anch’esso di una magnifica fattura di marmo rosa, in
alto, si poteva ammirare un austero dipinto che
raffigurava l’immagine di San Ioseph. Robert ed
Alejandro, rimasti incantati dal luogo, decisero di
costruire accanto alla rupestre cappella un imponente monasterio.
Il posto sembrò l’ideale, in quanto era molto vicino al
minuscolo porticciolo acropolese. Detto porticciolo
avrebbe agevolato il transito dei monaci(2), ma ciò
non accadde, infatti fu edificato un lussuoso e nobile
palatium, che le Guiscard destinò a dimora della sua
“sposa” Louise, una dotta medichessa francese da poco
conosciuta a Salerno. |
i titoli di conti del Gastaldato di Lucania (Actus
Cilenti) |
Il
principe di Salerno Guaimario V concesse a Robert
Hauteville
e ad Alejandro Vidjas, per la vittoriosa campagna
militare contro gli infedeli che minacciavano le coste
salernitane e la città di Salerno, i titoli di
conti del Gastaldato di Lucania ovvero Actus Cilenti. Il
rogito fu stipulato nel castello longobardo di Agropoli
dal notaio Talarico. A rappresentare il principe
Guaimario vi era il principe Gisulfo con il suo
segretario personale, il marchese Alborisio.
La residenza iniziale nella neocontea fu l’antica
fortezza greco-bizantina di Agropoli, restaurata dai
Longobardi;
nel frattempo, continuavano i lavori accanto
alla citata cappella San Ioseph. |

Castello di Agropoli |
La discendenza di Robert Hauteville, le Guiscard |
La discendenza di Robert Hauteville è molto antica e
complessa: i
Normanni,
antico popolo dell’Europa settentrionale, guidato,
secondo la mitologia nordica, furono navigatori e
fortissimi guerrieri. L’alta aristocrazia normanna era
costituita dalle famiglie che vantavano di discendere
dal dio Odino. Per quanto riguarda i re normanni di
Danimarca, ascendenti degli Hauteville, essi si
vantavano di discendere da Skiold, figlio di Odino, ed
erano contemporaneamente pontefici, giudici e generali. Nella
Svezia, Yugure, nipote di Odino, fondò il tempio
nazionale di Upsal, dove i suoi discendenti regnarono
fino a Hròlf, che divenne il primo duca della Normandia
e signore della Neustria e di Bretagna per investitura
di Charles il Semplice. Egli fu capostipite della
dinastia normanna degli Hauteville, che prese il nome da
una cittadina della Normandia. Da Hròlf discese in linea
diretta Tancréde, progenitore dei monarchi della stirpe
degli Hauteville nel Meridione d’Italia
(3). |
Alejandro Vidjas Sanchez Gonzales Lopez dei
duchi di Castiglia
des Çiudad des Leon di Navarra |
Alejandro Vidjas, cavaliere spagnolo, era figlio Jimena
Sánchez, sorella del re Ferdinand I di Castiglia, e
quindi figlia di Sancho el Major e della contessa Muna
di Castiglia. Perciò bisogna dedurre che Alejandro abbia
assunto i predicati dei suoi trisavoli. L’infanzia di
Alejandro è avvolta dal mistero; alcuni storici
affermano che Alejandro fosse nato cieco, e che i
genitori lo avessero rifiutato per questo e il
piccolo Alejandro fu accolto come figlioccio dai conti
di Castiglia, gli zii Ferdinand e la moglie di lui
Sancha di Leon. |

Gli stemmi di Alejandro Vidjas-Vithis
prima come caballero hereditario (1048)
e poi come conte del Gastaldato di
Lucania, Actus Cilenti (1054) |
Dopo i successi ottenuti nell’Actus Cilenti, Robert ed
Alejandro acquisirono fama e notorietà anche in Salerno.
In occasione della venuta dalla lontana Montpellier di
un gruppo di medici in visita alla Scuola Medica
Salernitana, per parlare di una nuova teoria sulla
malaria, malattia incurabile che falcidiava migliaia di
vittime in tutto il mondo occidentale, Robert fu
attratto da due belle e giovani dame. Una era la
principessa Sichelgaita e l’altra era la francese Louise
de Lorraine.
La bruna Louise, oltre ad essere bellissima, aveva dei
modi affascinanti e accattivanti. Parlava con molta
disinvoltura e aveva un’ottima preparazione in medicina,
e lo dimostrava discorrendo insieme ad alcuni dotti
personaggi presenti. In quel momento Le Guiscard decise
che sarebbe stata la mia sposa. La medichessa di
Montpellier, a sua volta, fu attratta dal gigante biondo
e rasato con due sfavillanti occhi azzurri che cingeva
un’enorme spada. Iniziò la loro vita riservata, segreta,
o quasi, nell’Actus
Cilenti. Dopo poco tempo Louise seguì
Robert nel rinnovato castello longobardo di Agropoli e,
in seguito, nel palatium San Ioseph in Krapharsita.
Nacque, nei primi mesi dell’Anno Domini 1051, la loro
adorata figlia naturale, e le fu imposto il nome di
Isabelle.
Robert era già sposato con Sichelgaita, matrimonio
celebrato per convenienza politica; nel 1075, le Guiscard,
basandosi su voci di corte che vedevano tra la moglie
Sichelgaita e il fratello di ella, Gisulfo, un rapporto
ambiguo, riuscì ad ottenere un segreto annullamento del
matrimonio da Papa Gregorio VII.

Salerno, urna di
Gregorio VII |
Ufficialmente agli
occhi del principato era ancora suo marito, ma non lo
era mai stato veramente. Finalmente, nella sacra
cappella San Ioseph, l’episcopo Alphanus e il cardinale
Daupherio celebrarono l’unione tra Robert e Louise, con
una cerimonia molto discreta. Testimoni furono
Konstantinos, Trotula e il figlio Boamundus.
Isabelle venne riconosciuta come figlia e
legittimamente principessa
di Krapharsita e dell’Actus Cilenti. Tale
titolo non era trasmettibile alle future generazioni |
Krapharsita e Magna Domus San Ioseph |
Intorno
alla cappella San Ioseph si formò un piccolo villaggio
al quale fu dato il nome Krapharsita.
Questo appellativo fu dato in onore del baio di Robert,
Krapharsita, che in dialetto arabo significa ‘saetta’;
la valle di Krapharsita fu chiamata Porta dell'Actus
Cilenti.
Il maestoso palatium San Ioseph fu in un primo
tempo denominato Magna
Domus, castrum et palatia; infine la
costruzione fu denominata con il termine palatia,
una via di mezzo tra castello e castelletto. Nell’anno
dell’ultimazione del palatium San Ioseph in
Krapharsita fu redatto dal notaio Landi un certificato
di fondazione del casale di Krapharsita, creato da
Robert e da Alejandro nell’A.D. 1050, e dopo fu
compilato un secondo documento sulla costruzione del
palatium. |

Antico blasone della famiglia de Vita
presente su uno dei portoni di Palazzo San Giuseppe in
Copersito Cilento
|

Cucina medievale del palazzo San Giuseppe
dei de Vita di Copersito,
con “focagna” centrale |
La Ecclesia di Roma volle elevare
la cappella e il palatium San Ioseph a luoghi
sacri, e sua Santità Papa Leo IX volle personalmente,
anche su esplicita richiesta del principe Guaimario,
recarsi a Krapharsita e benedire la sacra cappella San
Ioseph.
Sul portale della sacra cappella San Ioseph fu scolpito
il seguente motto: “Duce
Robertus Hatevilles donaris templo pro meritis ipse
donetur regno supremo”».
La cappella fu sotto la giurisdizione della Badia di
Cava e della abbatia di Monte Casino, ambedue lautamente
sostentate da le Guiscard. Il cardinale Daupherio
dichiarò: “la
santa Domus San Ioseph in Krapharsita delli Cilenti è di
proprietà dei conti Hautenville e Vidjas e della
duchessa de Lorrein di origo ‘Divino’, per cui è
ritenuta luogo sacro e protetto dalla Ecclesia di Roma. |
Il nome completo di Alejandro è Vidijas Lopez
Sanchez Gonzales Navarra de Çiudad de Leon di Castiglia.
Il cognome fu latinizzato da Vidijas in Vithis
Vitas,
successivamente
fu ulteriormente italianizzato in Vita-Vito-Viti,
de-di.
Il nome Vithis rappresenta il
germogliare della vite, l’albero dell’uva, di cui
Krapharsita era ricca. Dall’arma spagnola-portoghese dei
Vidijas(4)
de Çiudad des Leon, formata da un leone rampante e tre
torri, furono eliminate le torri ed inserito un ramo
fruttato di uva. Per Alejandro, abbate Petrus
Pappacarbone e abbate Robert
Grandmesnil elaborano diversi blasoni. Il primo,
ufficiale, aveva un campo azzurro, come il cielo e il
mare della costa cilentana, con un ramo di vitigno
fruttato d’oro, e un leone rampante (color naturale) con
tre zampe che ghermiscono il ramo. Un altro blasone
aveva il leone nella medesima posizione, ma di colore
rosso. Nel terzo blasone il leone rosso era fermo sulle
quattro zampe con la testa rivolta all’albero d’uva. Fu
suggerito l’inserimento di un giglio: “In
un prossimo futuro saranno tre, poiché i re di Francia e
di Spagna concederanno ai conti Vithis di aggiungere al
proprio blasone tre gigli”.
Il
normanno nome degli Hauteville fu italianizzato in
Altavilla. Anche per Robert le Guiscard, Petrus
Pappacarbone e Robert Grandmesnil elaborarono un nuovo
blasone sulla base del vecchio di casa Hauteville. Viene
mantenuta la banda rossa e bianca in campo azzurro, e
venne aggiunto un leone rampante color naturale, in
similitudine con lo stemma della casata Vidjas, con tre
zampe che ghermiscono però un ramo di giglio azzurro, il
giglio di San Ioseph, in devozione al santo; in capo
furono poste tre stelle a cinque punte, ad indicare la
sublimità dell’animo guerriero, rivolto alla missione
divina e tramandato in un luminoso avvenire alla sua
discendenza, e un grappolo di uva, a simbolo del nettare
divino usato durante le funzioni sacre. Il blasone
diviene così il racconto di una vita ardimentosa ed
eroica. |

Riproduzione degli stemmi ideati nel 1054
da Pappacarbone e Grandmesnil:
Robert Hauteville, Louise de Lorraine, Alejandro Vidjas |
Isabelle e le nozze con Alejandro |
Isabelle de Lorraine (Hauteville), l’amatissima figlia naturale de
le Guiscard e della duchessa Louise, nacque nell’A.D.
1049 all’interno del castello di Agropoli; cresciuta
all’interno del sacro palatium San Ioseph, in
armonia con gli altri figli del padre, che chiama sempre
“i miei cari fratelli”. I suoi fratelli le erano molto affezionati, in
modo particolare Boamundus(5),
che l’adorava, e lei contraccambiava.
La
giovane Isabelle fu data in sposa dal padre nell’A.D.
1067 al suo fraterno amico Alejandro Vidjas. Il
matrimonio si svolse all’interno della sacra cappella
San Ioseph in Krapharsita delli
Cilenti, celebrato
dal nobile episcopo Alphanus, dal cardinale Daupherio
quale rappresentante della Ecclesia di Roma, con
la presenza di Pappacarbone e di Grandmesnil. Il conte
Tancréde e tutti gli altri Hauteville intervennero al
sacro rito nuziale; soggiornarono nel castello
longobardo di Agropoli. Per i parenti di Alejandro, il
duca di Navarra e il duca di Castiglia e Leon, fu invece
predisposto il soggiorno nel castello di Rocha de
Cilinto. Per quanto riguarda i congiunti di Isabelle,
quest’ultima espresse il desiderio di ospitarli nel loro
palatium, nell’ala degli ospiti. In quella
circostanza le Guiscard donò ad Isabelle e ad Alejandro
il sacro palatium San Ioseph, a lui immensamente
caro (anche se Alejandro ne era già comproprietario),
sicuro di aver fatto la scelta giusta. Il rogito fu
stipulato dal notaio Costantinus. Testimoni furono il
cardinale Daupherio e Konstantinos Africanus. Ed ancora,
all’Actus Cilenti del Gastaldato di Lucania,
alias contea di Lucania, che comprendeva Krapharsita
e Torre Chiara, furono annessi i feudi di Capaccio, di
Ravello di Amalfi, di Sanseverino di Rota e di Nocera
di Pagani. Il rogito è stipulato dai notai Konstantinos
e Maraldo
(6). |

Stemma della famiglia Gozzelon de
Lorraine – a.D. 1048 |

Arma d'alleanza Alejandro Vidjas Vithis
Vita e Isabella di Lorena Altavilla, conti di Copersito
e Actus Cilenti |
LA LIGNAGE DELLA FAMIGLIA VIDJAS, DE LORREIN HAUTEVILLE
DI KRAPHARSITA |
La dinastia dei Vidjas, de Lorraine, Hauteville di
Krapharsita è molto remota, ha origine normanna,
francese, spagnola e portoghese.
La dinastia del conte Alejandro Vidjas Lopez Sanchez
Gonzales di Castiglia (di Roao) discende dall’antica
dinastia yemenita dei Pādishāh Banū
Abī ‘Āmir del VI secolo dopo l’avvento di Christo, per
mezzo del laquab di
origo Divino (ovvero colui che è reso vincitore da Dio)
Visir Abu’Amir Muhammad Ben Abi’Amir al-Ma’Afiri, detto
Almanzor, Hayib dei Califfi Ommayyadi di Damasco. Nell’
a.D. 982 Almanzor ha sposato Urraca di Pamplona, figlia
di Re Sancho Garcés II, ed ha avuto come figlio Abd
al-Raḥmān
ibn Sanchuelo, Emiro a.D. 983. Sanchuelo si è innamorato
ed ha sposato la bellissima figlia unigenita del Duca
Francisco Diego Vidjaks, Palmas Dolores, nipote del
Vicerè Carlos Maria. I loro discendenti hanno
ereditato, per una speciale deroga della corte
madrilena, il cognome Vidjaks-Vidjas Lopez Sanchez
Gonzales e il titolo nobiliare di Duca
di Navarra. Figlio unigenito della coppia è
stato Abd al-Aziz ibn Ámir Diego Francisco Vidjas Lopez
Gonzales, Duca di Navarra, nato nell’anno del Signore
1005. Amir ha sposato Jimena Sanchez, Contessa di
Castiglia des Çiudad des Leon (a. D. 1020): dalla loro
unione è nato Alejandro (a.D. 1027-1028). Il perché del
cambio del cognome da Vidjaks a Vidjas non c’è modo di
scoprirlo, per cui rimane un mistero.
La giovane Duchessa Isabelle de Lorraine Hauteville ha
discendenza dai duchi de Lorrain, Gozzolon, Latharingia,
Guisa (di origo “Divino”
per lignaggio dei re Merovingi) e dai duchi de Bouillon,
e per parte normanna dalla nobile famiglia Hauteville de
la Guichard, e, per discendenza “Divino”,
dal dio Odino». |

Dinastia di Alejandro Vidjas – Vithis –
Vita di Copersito (ramo spagnolo) |
I figli di Alejandro e Isabelle |
Il matrimonio tra Alejandro e Isabelle si dimostrò
felice e fecondo: dall'unione nacquero diversi figli che
hanno continuato la stirpe dei Vidjas de Lorraine
Hauteville, conti di Krapharsita e dell’Actus Cilenti.
Erano in gran parte dei pacifici e colti messeri.
Sorvegliavano la giusta amministrazione dei loro immensi
territori. Esercitarono le professioni di medico,
giureconsulto, architetto e botanico. Soltanto Gerard
Amir era un appassionato di armi e battaglie, con
grande soddisfazione di nonno Robert e papà Alejandro.
Tramite i discendenti di Alejandro e Isabelle il cognome
dei Vithis di Krapharsita si è ramificato, non solo in
tutto l’Actus Cilenti, ma anche in Ravello di
Amalfi, nella Valle dell’Irno, Napoli, Sicilia e, in
generale, in tutto il Meridione d’Italia. |

Albero genealogico della discendenza di
Alejandro e Isabella Vidjas Vithis de Lorraine
Hauteville |
Nel
1063, Robert ed Alejandro scesero in Sicilia in soccorso
di Roger, e, durante la battaglia di Cerami, con
centotrentasei normanni affrontarono in campo aperto
cinquantamila saraceni, trucidandone ventimila, ed
altrettanti ne furono fatti prigionieri.
Durante l’infuocata battaglia di Cerami Robert e
Alejandro si ritrovarono di nuovo schiena contro
schiena, quando gli avversari erano di numero
enormemente maggiore. In seguito alla straordinaria
vittoria, dietro suggerimento del diplomatico Alejandro,
Robert inviò a Papa Alexander II il nunzio Mélidio, per
informarlo della strepitosa vittoria e donargli quattro
cammelli, come bottino di guerra. Il Papa aveva sempre
mostrato grande interesse per le vittorie dei due amici,
in quanto importanti per la diffusione del
cristianesimo, e ricambiò con indulgenze plenarie a
tutti coloro che combattevano al loro seguito, e con
l’assoluzione per gli eccidi. Il pontefice inviò dalla
Ecclesia di Roma il vessillo papale raffigurante la
Beata Vergine Maria col bambino Gesù, che fu utilizzato
come bandiera personale di Robert le
Guiscard nelle battaglie contro gli infedeli. |

Ricostruzione dello stendardo da battaglia
del Conte Palatino
Pontificio Alejandro Vidjas-Vithis |
Nel 1073 Gregorio VII (†
Salerno, 25-5-1805) elevò il gran conte Robert le
Guiscard all’alto rango di duca
del Meridione d’Italia e del ducato di Puglia (fu
specificata l’inclusione di Ravello d’Amalfi e della
zona dell’Actus Cilenti).

Riproduzione dello stemma di
Robert le Guiscard Hauteville Duca di Puglia,
Calabria e dell’Actus Cilenti |
Alejandro Vidjas –
Vithis ebbe la nomina a duca
reggente di Kraparsitha e dell’Actus Cilenti.
Nel 1077 il duca Robert sconfisse il cognato, il
principe Gisulfo, e divenne il legittimo
principe di Salerno. Nel
medesimo anno di Christo il papa Gregorio VII confermò
il titolo di principe di Salerno, ed in più gli conferì
anche il principato di Benevento.
Per il fratello Ruger, le Guiscard chiese ed
ottenne l’investitura di gran
conte della Calabria. Una volta
proclamato principe di Salerno, le Guiscard (A.D. 1077)
conferì al fraterno amico e genero Alejandro il titolo
di duca di Krapharsita e dell’Actus
Cilenti, titolo trasmissibile ai nascituri
maschi in perpetuo. Questo ennesimo titolo nobiliare per
Alejandro è stato avallato dal Papa Gregorio VII
nell’anno del Signore 1079. |

Riproduzione dello stemma del principe di
Salerno Robert le Guiscard Hauteville secondo
la realizzazione di Konstantinus Africanus e dell'abate
Petrus Pappacarbone |

Riproduzione dello stemma del duca di
Krapharsita e Actus Cilenti Alejandro Vidjas-Vithis |
L'alleanza con la Casa imperiale di Bisanzio:
Josephine Louise |
Il duca Alejandro fu inviato a Costantinopoli quale
conte palatino della
Ecclesia di Roma per l’Asia e ambasciatore speciale
per l’Oriente della casa ducale Hauteville. La sua
missione era quella di definire l’alleanza delle due
case regnanti con il matrimonio fra sua figlia,
Josephine Louise, e il figlio dell’imperatore, il
duca Tarchaneiotes. Inoltre doveva, con l’incarico di
conte palatino di Roma cristiana, cercare di conciliare
le due religioni con rito latino. Fu accolto con molti
onori e ricevette molti pregiati doni per sé, per la
futura sposa e per le Guiscard. In particolare
l’imperatrice Edossia donò al palatium San Ioseph,
in segno di armistizio,
una gigantesca scacchiera sapientemente cesellata da
artisti bizantini, con relativi scacchi, che
raffiguravano i più rappresentativi condottieri
normanni, ovvero i duchi Hauteville e Vidjas-Vithis.
L'imperatore fu entusiasta per la raffinata e colta
personalità di Alejandro e per l’ottima competenza
diplomatica, e volle gratificarlo con il rinnovo del
titolo di magister
imperiale costantiniano. Detta onorificenza,
ancora una volta rimarcata, per una deroga speciale
imperiale veniva trasmessa a tutti i suoi discendenti
maschi di pari nobiltà continuativa. Furono celebrate
delle nozze da favola in Costantinopoli, a cui
parteciparono tutti i giovani rampolli della stirpe
Hauteville. |
Il conte Rota di Sanseverino |
Nel 1074 la giovanissima e leggiadra Fressenda Louise
Vidjas Vithis de Lorraine Hauteville, figlia dei duchi
Alejandro e di Isabelle, andò in sposa al neoconte
Turgisio
Rota di
Sanseverino.
Turgisio proveniva dalla Bretagna ed era stato
lo stalliere
dello cavaliere Vidjas che lo prese in simpatia e gli
insegnò l'arte della scherma e, in poco
tempo, lo plasmò in un abilissimo guerriero. Turgisio,
in seguito si rivelò un ottimo condottiero ed ottenne da
Robert detto le Guiscard
il titolo di conte Rota e gli fu assegnata la contea e
il castello di Sanseverino. Iniziò così la sua ascesa
tra i potenti, ma per i duchi Vithis de Lorraine
Hauteville di Krapharsita in seguito si rivelò un nemico
acerrimo. |
Joseph Robert Vidjas Vithis |
Joseph Robert, di professione architetto e
responsabile dell’azienda di famiglia, viveva nella
magna domus San Joseph con sua moglie Sofia Dukas,
membro della famiglia imperiale di Constantinopolis. Il
matrimonio fu voluto da Alejandro per rafforzare
ulteriormente l’alleanza fra l’Actus Cilenti e
Constantinopolis. Le Guiscard, non pago di ciò, chiese e
ottenne, in qualità di principe del Meridione, che
l’imperatore Michele VII di Constantinopolis concedesse direttamente e
non per discendenza, con proclama imperiale, al suo
primo nipote ufficioso,
Joseph Robert Vithis, suo prediletto, il titolo di magister
imperiale costantiniano.
Joseph Robert fu inoltre
marchese e barone della sacra
Krapharsita, Torrechiara
e del Cilento. Tali titoli
sono stati concessi o avallati da Gregorio VII. |
Il primo patricio Rabellorum |
Nel
1073, Robert le Guiscard diviene anche signore
di Amalfi e Ravello.
Innanzi alle mura distrutte di Santa Severina, gli
ambasciatori di Ravello di Amalfi chiesero protezione al
Guiscard, che si affrettò a spedire un contingente di
uomini, i quali diedero inizio alle costruzioni del
castello di Santa Severina in Amalfi e del castello di
Sant’Andrea in Ravello, che ultimarono in brevissimo
tempo.
Il Guiscard, comunque, si ritiene molto soddisfatto
d’aver posto un piede fermo sopra una terra di
inestimabile valore strategico. La nomina del primo patricio
Rabellorum risale
all’anno del Signore 1080. Il Guiscardo volle
gratificare suo nipote naturale Tancréde Balduino
Vidjas Vithis de Lorraine delli Cilenti (Hauteville),
conte di Krapharsita (che viveva insieme alla sua
famiglia nel nuovo palatium Sancte Ioseph in
Ravello di Amalfi), con un nuovo e particolare titolo
onorifico. Fu creato il nuovo termine/titolo di patricio
rabellorum, alias signore di Ravello.
Questa onorificenza, fu ufficializzata e benedetta dal
Papa Gregorio VII con la dicitura papale: “Di detta
onorificenza i discendenti dei conti Vithis de Lorraine
di Krapharsita potranno fregiarsi in perpetuo. Va
ricordata la discendenza di origo ‘Divino’ del
neo patricio
Rabellorum.
Pertanto egli è protetto dalla Ecclesia di Roma(7). |

Riproduzione dello stemma del primo
patrizio di Ravello di Amalfi, Tancredi Baldovino Vithis
Vita (1080) |
Gerardo Amir Vidjas Vithis |
Alejandro, assecondando il desiderio di
Gerard Amir
di emulare le gesta del nonno e del padre, fece giungere
da Toledo il suo maestro d’armi, per cui già nell’età
della puerizia Gerard
Amir era divenuto un valido spadaccino. Spesso sfidava
il nonno ed il padre; era diventato un campione di tutte
le arni. Nel giorno dell’agognato adoubement dei
neocavalieri, il nonno Robert fece organizzare una
speciale festa per il prediletto nipote Gerard, nel
restaurato castello longobardo di Agropoli. Si tenne un
importante torneo e un succulento banchetto per soli
uomini. Tutti i giovani Hauteville e i giovani
longobardi e bizantini parteciparono al torneo. Come era
da prevedere, Gerard Amir fu il vincitore assoluto. Nel
1080 il conte Gerard Amir Vidjas si trasferì, al seguito
dello zio Boamundus, da Krapharsita a Palermo, e
ivi prese come moglie Amelia dei baroni Alliati. Essi si
sono stabiliti nel palatium baronale di Zisa.
Da lì iniziò la storia palermitana della famiglia Vithis
dei conti di Krapharsita. Anche in Sicilia i
Vidjas-Vithis si seppero distinguere per valore e
coraggio. |

Rappresentazione torneo |
Il testamento familiare di le Guiscard |
Il 5 giugno del
1085,
Robert Hauteville detto
le Guiscard fece redigere il suo testamento.
Stabilì che a
suo nipote Joseph Robert Vidjas Vithis de Lorraine
Hauteville, primogenito della sua adorata figlia
Isabelle e di suo marito, duca dell’Actus Cilenti,
Alejandro Vidjas Vithis di Navarra dei duchi di
Castiglia, sarebbero stati trasmessi i titoli di
principe, duca, gran conte del
Meridione, magister imperiale costantiniano, marchese,
conte e barone del Gastaldato di Lucania nell’Actus
Cilenti, di Ravello d’Amalfi, di Altavilla e Capaccio,
dell’agro-nocerino, e della valle dell’Irno, principe di
Sicilia e di Antakya.
Gli altri figli maschi di sua figlia Isabelle e del duca
Alejandro Vidjas-Vithis potranno fregiarsi dei
titoli di conti, marchesi e baroni
della contea dell’Actus Cilenti. Le figlie
femmine potranno soltanto fregiarsi del titolo di
contesse di Krapharsita, titolo non trasmissibile.
Inoltre, Robert nel testamento autorizzava i suoi
eredi a far seguire al suo cognome a quello di Vithis de
Lorreine Hauteville.
Robert il Guiscard morì il 17 Luglio 1085 durante la
battaglia di Cefalonia. |
Godefroid Guido Vidjas Vithis, episcopus Agropoli |
Secondo il volere de le Guiscard, uno dei suoi nipoti
doveva abbracciare la ecclesiastica vita. Tale destino
toccò a Godefroid Guido, divenuto monaco
benedettino. Seppur giovanissimo, fu nominato episcopus
Agropoli da Sua Santità Papa Victor III
(A.D. 1086), |
Vito Antonio Vidjas Vithis: il guaritore |
Vito Antonio
Vidjas Vithis
aveva
la medesima inclinazione di Louise per la medicina. Fu
un esperto di unguenti medicamentosi. Spesso si recava
presso il monastero Sant’Arcangelo di Perdifumo, ove
dimorava il suo precettore e confessore, ossia l’abbate
Pappacarbone.
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La morte di Alejandro Vithis e di Louise |
Il
duca, conte palatino pontificio e magister
imperiale costantiniano, il Magnifico Alejandro
Vidjas-Vithis di Kraparsita si è spento nel 1090.
Il nobile cavaliere
spagnolo, Alejandro Vidjas era l'opposto di Robert le
Guiscard; di carattere nobile e moderato, era un gigante
di carnagione scura, occhi verdi e capelli nerissimi.
Essi formarono una coppia indissolubile e invincibile in
battaglia.
La stima, l’amicizia e l’ammirazione tra Robert e
Alejandro con il tempo si rafforzò a tal punto che
Robert e Louise vollero che la loro figlia naturale
Isabelle andasse in sposa proprio al conte palatino
pontificio Alejandro. Essi hanno vissuto felicemente nel
magnifico sacro palatium ducale, fatto costruire
da Robert per la sua amatissima “moglieˮ
Louise. Per concludere, Alejandro Vidjas Vithis fu, a
tutti gli effetti, dal 1050 legittimo
conte di Krapharsita del
Gastaldato di Lucania, ed è anche stato elevato a
conte palatino pontificio per
l’Asia dalla Curia di Roma. Ha inoltre ricevuto
la prestigiosa onorificenza di
magister imperiale costantiniano,
trasmissibile in perpetuo ai futuri maschi. Egli fu
duca dell’Actus
Cilenti e principe
reggente di Salerno.
Dopo
una vita ricca e generosa, la soave Louise morì nel
1092, circondata dai suoi cari; il 1° maggio del
1047, quando Robert e Louise vivevano in un’ala del
castello bizantino in Agropoli, in attesa di trasferirsi
nel palatium San Ioseph di Krapharsita, ebbero due figli
gemelli, Tancréde e Rodger, che furono barbaramente
uccisi con il veleno da uno scellerato complotto.
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La lotta per la successione |
Dopo la morte avvenuta nel 1085, del principe Robert le
Guiscard, nel ducato di Puglia gli successe Ruggero I
detto Borsa (figlio di Sichelgaita, prima moglie di
Robert). Invece la contea di
Lucania, già Gastaldato – Actus Cilenti,
comprendente anche le zone di
Sanseverino di Rota,
Ravello d’Amalfi e Nocera
dei Pagani, fu affidata ai legittimi eredi del
Guiscard, figli di Isabelle, ovvero i duchi reggenti,
conti Vithis di Krapharsita.
I borghi prediletti dai Vidjas Vithis sono sempre stati
la sacra Krapharsita - Torrechiara,
San Martino,
Rocca Laureana,
Perdifumo,
Sanseverino di Bulgaria
(oggi di Camerota), Ravello di Amalfi, l’intera
contea di Capaccio,
Sanseverino.
La sorte di Alejandro e Isabelle e dei loro figli
divenne molto incerta. Fu per essi arduo proteggere dai
vari usurpatori i loro legittimi titoli ed i vasti
possedimenti, ovvero la sconfinata contea della Lucania,
già Gastaldato di Lucania – Actus Cilenti, e
specialmente Krapharsita, il sacro palatium e la
sacra cappella, tanto cari a le Guiscard. Dopo la morte
di Alejandro iniziarono di nuovo i tentativi di
defenestrare i Vithis dei loro privilegi e possedimenti.
Isabelle era una pia e dotta donna, che detesta la lotta
e le armi, e fu costretta a chiedere aiuto e protezione
ad una congiunta, in quel periodo molto potente, la
contessa Matilde di Canosa, moglie di Guelfo V, il quale
divenne anch’egli protettore dei conti Vidjas Vithis di
Krapharsita. Nel medesimo turbolento periodo Papa Urbano
II un importante concilio a Melfi, nel corso del quale
alle parti in lotta fu intimato di sottoscrivere la Tregua
Dei
(8).
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Le crociate di Guillelmus Apuliensis |
Nei documenti ritrovati da Mons. Felice de Vita (XVII
sec.) vi è anche uno scritto dello storico Guglielmo di
Puglia (Guillelmus
Apuliensis) datato intorno all’anno
1115-1120. Tale scritto è conservato nell’archivio della
famiglia de Vita e così riporta: «I conti Vithis Vita di
Krapharsita erano sempre i primi ad essere convocati a
tutti i pellegrinaggi vaticani in Terra Santa
organizzati dal papa Urbano II sotto il grido
Deus Vult, e il motto “Dio lo vuole nella
guerra contro i Turchi”. Nell’anno del Signore 1096 si è
avuta la prima crociata “semiufficialeˮ per
combattere i fanatici infedeli e difendere i pellegrini
che si recavano in Terra Santa. Questa crociata era
guidata da un piccolo esercito di nobili feudatari
francesi e normanni. Ne elenco alcuni: Boamundus
Hauteville, primo figlio del Guiscard, e suo figlio
Tancrede; Godefroid e Balduino de Bouillon
ed i loro nepoti,
ossia i figli di Alejandro e Isabelle Vithis di
Krapharsita, Robert Joseph, Tancréde Balduino,
Gerard Amir, Francisco Antonio ed Emanuhel Nobilium.
Dopo oltre tre anni di aspri combattimenti, e
precisamente il ventottesimo di aprilis 1100 (o
1115), i crociati liberarono Ierusalem. Godefroid de
Bouillon fu incoronato re di Ierusalem e suo nipote, il
conte Robert Joseph, magister imperiale
costantiniano, fu incoronato come reggente. Boamundus
Altavilla, che mirava al principato di Antakya, fu
elevato al rango di principe di Ierusalem liberata.
In questo medesimo anno Godefroid de Bouillon fondò l’Ordo
Equestris Sancti Sepulcri Hierosolymitani.
Il primo priore fu Balduino de Bouillon, e suo nipote
Robert Joseph Vithis di Krapharsita ne divenne il
vice. Nell’anno 1099 la Chiesa di Roma aveva nominato
Robert Joseph Vithis Vita conte
palatino, e nel 1100 egli fu nominato
dall’abate Pietro Pappacarbone anche
priore di Cava, magister
delli Cilenti e “grande priore pontificio
per il Cilento”.
Anche Robert le Guiscard fu, finalmente, elevato a
principe di Antakya, ma post
mortem, in seguito alla rinuncia della
figlia duchessa Isabella e del nipote duca conte Robert
Joseph, per gentile concessione del figlio duca
Boamundus, e del figlio di questi, Tancrede, oltre che
per intercessione dei duchi Godefroid e Balduino de
Bouillon Lorena e del duca Guida». |
LA DISCENDENZA DI ALEJANDRO VIDJAS VITHIS E ISABELLE DE
LORRAINE HAUTEVILLE
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Con il vescovo Gedefroid Guido Vithis-Vita dei Conti di
Copersito inizia la scrittura del primo Libro della
famiglia dei conti del sacro palazzo San Giuseppe di
Copersito (A.D. 1088):
«Joseph Robert I Vithis de Lorraine Hauteville,
primogenito della figlia naturale de le Guiscard,
Isabelle, e di Alejandro di Krapharsita Cilenti, e
“figlioccio” di sua santità Papa Urbano II (Oddone dei
conti di de Lagery, lontano parente della nonna Louise).
Riconosciuto come legittimo signore ed erede di diritto
del Gastaldato di Lucania – Actus Cilenti,
alias
contea di Lucania,
come da testamento privato del Guiscard, depositato in
Vaticano. Con tali premesse è preso sotto protezione
dalla Chiesa di Roma, per cui da Urbano II gli è
affidato, oggi A.D. 1088, come discendente “Divinoˮ, per
accertata nobiltà atavica di entrambi i genitori,
l’incarico di presiedere il Concilio di Vaticano e
Nobiltà in qualità di
gran barone dei baroni. Detto titolo
gli conferisce il diritto di assumere la qualità di
alto gentiluomo
papale, trasmissibile alle
generazioni future (maschili) della dinastia dei Vithis
di Krapharsita e dell’Actus Cilenti». |

Stampa del palazzo San Giuseppe e della
adiacente sacra cappella palatina, Copersito Cilento |
Nel Libro di famiglia dei messeri Vita di Copersito,
scritto dall’arciprete Alessandro Giuseppe
Vita, della sacra cappella San Giuseppe di Copersito,
si legge: «Nel 1266 il Magnifico Francesco
Antonio Vita-Vito dei
conti Copersito,
magister imperiale costantiniano e
patrizio di Ravello,
ha finanziato l’esercito di
Carlo I d’Angiò
con 2000 once ed ha comandato da grande stratega
l’esercito angioino nella
battaglia di
Benevento. Per la sua bontà d’animo e per il
valore dimostrato in battaglia, nel 1270, con
provvisione della Real Casa d’Angiò, si è attestato: “Al
Magnifico duca conte Vita San Giuseppe di
Copersito-Torchiara si conferma il
marchesato di Minturno,
Traetto,
Collesano e le
contee-baronie
di Lustra,
di Rutino e
Laureana,
Perdifumo,
Camella,
Sanmartino,
San Severino di Bulgaria,
Ravello e altri
casali. È
altresì esentato da alcuni obblighi feudali per essere
la Casa de Vita di antichissima e generosissima nobiltà”.
Ai Vita dei conti di Copersito è anche concesso di
detenere armi in tutto il Regno per la loro difesa
personale sia di giorno che di notte. Nel 1270 don
Francesco Antonio è nominato speciale gentiluomo di
corte e familiare della Casa d’Angiò, nonché
conte palatino e
ambasciatore presso il Vaticano. Non pago, il re Carlo I
volle ulteriormente premiare il marchese de Vita con la
concessione di un più ricco blasone, ovvero, oltre ai
tradizionali leoni rampanti o dormienti al naturale con
pronunciata lingua rossa in campo azzurro, un’altra
versione con il leone rosso in campo azzurro, rampante
al ramo d’uva; e gli fu concesso il privilegio di
aggiungere i tre fleur-de-lis.
È ancora gratificato con il titolo di familiare
e domestico, per la grande devozione verso
la Casa d’Angiò e con il titolo di
duca reggente del Principato Citra (1284), titolo
avallato da papa Martino IV»(9).
Il duca march. barone di Copersito Francesco Antonio era
divenuto il pupillo del
re d’Angiò, il quale volle darlo in sposo alla leggiadra
Alfonsina, figlia del suo amico principe Antonio
Colonna
(10). |
Estrapolato dal Libro di famiglia dei messeri Vita (de)
del palazzo San Giuseppe di Copersito, scritto
dall’arciprete Alessandro Giuseppe Vita (1300 ca.):
«[…] Informazioni sul ramo siciliano sono riportate
dallo storico Mugnos. Questi fa un po’ di confusione
poiché non specifica che il barone don Gerardo de
Vita, figlio del duca di Terragona della Catalogna
don Diego, nel 1280 già militava in qualità di
capitano nell’esercito di don Pietro d’Aragona, e nel
1291 è ricompensato con la castellania del Castello di
Matagrifone di Messina. Mugnos lo confonde con il suo
antenato, il conte e magister imperiale
costantiniano Gerardo Amir Vita di Copersito, che già
due secoli prima si era trasferito dalla contea di
Copersito in quella di Palermo. Riporto qui di seguito
il passaggio errato: “Nell’anno
1260 giunse in Sicilia il giovane e brillante marchese
barone don Gerardo de Vita. Don Gerardo era capitano
dell’esercito e familiare di don Pedro d’Aragona. In
seguito il nobile don Gerardo si unì con i suoi
consanguinei di Copersito-Torchiara delli Cilenti, i
conti de Vita del palatium Sancte Ioseph”.
Poco dopo un discendente della stirpe dei de Vita di
Copersito e di Palermo, e precisamente il conte
magister imperiale C. don Vito, si
trasferì a Napoli, dove sposò una
Capece Minutolo
Piscicelli e diede inizio al ramo napoletano
[…]»
(11).
|
Nel
1651, l’arciprete Tommaso de Vita dei conti di
Copersito riporta nel Libro di famiglia: «Parrebbe che
un nostro illustre antenato, ovvero il Magnifico conte
palatino presso il Vaticano D. Donato de Vita di
Copersito (di origo ‘Divino’
per discendenza merovingia), fu nel 1435 insignito dell’Ordine
del Toson d’Oro dal duca di Borgogna Filippo
III, con l’avallo di Papa Sisto III.
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Regio decreto della Cancelleria aragonese di Napoli
(20-1-1494) |
Questo testo è stato ricostruito con enorme difficoltà
da un antico documento presso l’archivio medievale
della famiglia de Vita.
L’arciprete Donato Antonio
Vita, della sacra cappella San Giuseppe in Copersito, ha
così scritto: «Il 20 gennaio del 1494 il nostro
congiunto il duca, marchese, conte, barone Giovanni
Battista Vita (de) di Copersito e dell’Actus
Cilenti, che per discendenza può fregiarsi in
perpetuo dei titoli di magister imperiale
costantiniano e patrizio di Ravello, ha ricevuto da S.M.
il re di Napoli
Alfonso II un gran privilegio, in virtù del quale è
nominato cameriere e familiare. Elevato a gentiluomo di
sangue della corte d’Aragona, può fregiarsi dei tre
gigli spagnoli. E potranno fregiarsi in perpetuo i suoi
discendenti. Già gran maestro d’armi personale di S.M.
il re Alfonso, ebbe per sé e i suoi eredi e successori
in perpetuo i feudi dell’agro di Pagani, di Traetto, di
Minturno. Confermata la signoria dei feudi di Torchiara,
Copersito, San Martino etc. delli Cilenti. Confermati
anche i feudi e i titoli di conti e baroni dell’agro di
Nocera di Pagani, di Traetto, di Minturno, di Gaeta,
Collesano e altri casali. Detti titoli saranno
trasmissibili in perpetuo ai suoi futuri nascituri
maschi in rimunerazione dei servigi ricevuti da tale
homo nobile. Tale
documento è stato stipulato nel castello Capuano dal
notar Luca Ambrosio Casanova, luogotenente della
Cancelleria, cas. Giuseppe Ambrosini, Napoli, 1494:
“Rex
Alfponsus II, concedit de Principatus Citra Nobili et
Egregis veri more Longobardorum. Alfonsus Rex etc. Quam
futuris Nobili Viro Giovanni Battista de Vita de
Aragonia di Copersito, Patricio Rabellorum et
Costantiniano Magistro etc. exemptionibus, munitatibus,
etc. gratiis quibus ceteri nostri Familiares et
Domestici et Commensales ac de nostra familia.
Don indicus Universi sed singulis Officialibus, et
subditis etc.
Sane pro part etc. Infrascriptae supplicantis fuit nobis
etc.
Dei Gratia Rex etc. Regni sigillo impendenti Munitos
[…].
Yo el Rey, Alfonso”»
(12). |
Dal Libro
di famiglia dei conti di Copersito, pagina scritta
dall’arciprete Tommaso de Vita della sacra cappella San
Giuseppe: «Nel 1495, il Magnifico Don Vincenzo de
Vita, marchese conte barone di Copersito – Torchiara,
Perdifumo, Lustra e San Severino di Camerota,
magister imperiale costantiniano e patrizio di
Ravello, diede alle stampe
Repertorium Generale, sivè recollectio rerum notabilium
occurentium in scolis, quam in palatiis in practica, tam
Juris civilis, quam Pontificit, tam iuris comm. Unis,
quam Regni Neap Ex Typ. Camillo Cavalli(13).
Chi lo
ritiene nativo di Copersito, chi di Perdifumo, chi di
San Sanseverino di Camerota del Cilento, ma l’unico
documento inerente a lui così riporta: “In
questo luogo, e non in Perdifumo, come malamente scrive
il Toppi, nacque Vincenzo de Vita, barone delle stessa
terra, e patrizio di Ravello…vicino Amalfi…che compose
un repertorio di più frequenti casi legali, stampato nel
MDCXLIV, cosa per quei tempi utile, e da me non
interamente disprezzati. Posso ben io saperlo, perché
egli fu mio bisavolo materno”(14). Nel 1550
ad un discendente di Don Francisco Antonio de Vita,
precisamente Don Emmanuele de Vita marchese,
conte, barone di Torchiara Copersito e altri feudi, fu
concessa l’aggregazione
a Piazza Capuana dal vicerè del reame
aragonese Don Federico
Alvarez de Toledo
(erano necessari quattro quarti di nobiltà)(15)». |
Carlo V di passaggio in Campania (A.D. 1533) |
Dal
Il Diano e il Cilento, di Giuseppe Antonini, barone di
San Biase:
«In questo capitolo del “Cilento Medievale” parlerò
della nobile famiglia della mia adorata madre. Maria
Luisa de Vita (mia madre) era una discendente della
dinastia dei de Vita della Lorena Altavilla. Il
capostipite fu il nobile Alejandro Vita Sanchez. Nel
lontano 1082, un nostro antenato, il conte Gerardo
Francesco Vita della Lorena d’Altavilla di Copersito,
assieme allo “zio” Boemondo, trasferì la sua signoria in
Palermo e ivi si accasò con la baronessa Zizi. Un
discendente di quest’ultimo, il conte palatino
pontificio, Magnifico Don Diego de Vita di Zisa,
partecipò alla spedizione dell’imperatore
Carlo V contro Barbarossa. Durante la
vittoriosa
battaglia di Tunisi
(A.D. 1533) il conte Don Diego de Vita (che in quella
occasione fungeva, per scelta di Carlo V, da comandante
reggente dell’esercito, per cui era posizionato accanto
all’imperatore) si distinse, da grande condottiero, per
il suo eroismo e per la sua tattica vincente.
L’imperatore Carlo V volle pubblicamente e
immediatamente congratularsi con Don Diego e disse:
“Oggi tutti noi abbiamo riconosciuto nel tuo valore la
tua discendenza guiscardiana e ‘Divino’,
per cui avrai la concessione del capo
dell’Impero, ossia il diritto di porre
l’aquila bicipite, lo stemma dell’imperatore, nella
parte alta del blasone”(16).

Al Magnifico Conte Palatino Don
Diego de Vita di Copersito per essersi distinto
con onore ed eroismo nella Battaglia di Tunisi
ed in virtù dell’atavica comune discendenza si
concede l’alto onore di poter fregiare la
propria arma dell’aquila bicipite imperiale.
L’Imperatore Carlo V |
L’imperatore entrò trionfalmente in Palermo tra il
tripudio del popolo. Al nostro Diego, conte palatino
pontificio per la Sicilia, spettò l’onore e il diritto
di ricevere Carlo V (il titolo di conte palatino era un
titolo ambito e di massima considerazione; difatti,
nelle grandi cerimonie, aveva la precedenza di passo su
tutti gli altri nobili)(17).
Dopodiché si riprese il cammino per Napoli. Del seguito
imperiale la carica più importante era quella di Diego
de Vita, in quanto rappresentava il papa Clemente VII.
Successiva tappa fu fatta in Calabria, e la successiva
ancora a Bisignano, ove furono accolti proprio dal
Ferrante
Sanseverino,
parente scomodo per
il de Vita. Qui ci fu uno screzio tra l’imperatore e il
principe, il quale pretendeva di precedere nel passo il
conte palatino pontificio Diego de Vita, ma Carlo V
preferì avvantaggiare il conte. L’imperatore,
indispettito anche dalle voci di un tentato tradimento
del Sanseverino, annunziò una drastica epurazione nei
suoi confronti, lo dichiarò decaduto dal suo titolo e
gli confiscò tutti i suoi predomini. Assunse la
decisione di destituire il principe Sanseverino di
Salerno e nominò principe reggente Nicola
Grimaldi,
che nel 1572 divenne principe a tutti gli effetti. E
così terminò il potere dei Sanseverino. Carlo V e il suo
seguito furono scortati sino alla Certosa di Padula, ove
furono ricevuti dal barone dei baroni di Sala del Diana
Angelo Mazzacane di Omignano (che nel 1527 aveva sposato
Porzia
Capano di
Pollica, figlia di una discendente della stirpe dei
Vita-Lorena-d’Altavilla, Luisa Isabelle de Vita dei
duchi di Copersito del Cilento). |
Descrizione araldica del blasone |
I successori di Alejandro Vidjas apporteranno pochissime
modifiche ai blasoni originari. Si deve attendere il
1600 per avere la prima descrizione accurata del blasone
dei de Vita di Copersito, scritta dallo storico e
araldista Longo: «Il
convien c’habbia l’azzurro, altramente detto ceruleo,
perciò che viene assomigliato all’aere, la cui opera
segue immediate dopo quella del fuoco; e questo colore
assomigliato al zaffiro pietra, c’hà molte virtù, e
significa castità, santità, e devotione; e de’pianeti
s’attribuisce a Giove, e per questo significa ancora
giustitia: ma in quanto s’appartiene alla Scuola d’Amore
significherà gelosia. Le insegne naturali delle due
nobili famiglie in questione son quelle, le cui figure,
o corpi significano appunto, e naturalmente quel che
suona la voce del nome, e nò ricevono altra espositione,
come che fosse di casa Leone, e facesse per arme un
leone; non volendo altrimenti significare virtù alcuna,
che per il fatto animale può essere rappresentata, come
somma magnanimità, fortezza, coraggio, potenza ed altro.
Il leone come anche in questi due blasoni con il
trascorrere dei secoli o con parole egitie [sic] al
variar da quei colori, che la natura hà lor dati, benché
facendoli con i lor colori farebbero i più apprezzati e
prestigiosi»(18). |

Stemma de Vita, «conforme all'originale
tratto da antici documenti di famiglia» |
Monsignore
Felice de Vita di Copersito, “arcipresbitero”,
ovvero arciprete di tutti gli arcipreti del Cilento(19), riferisce
nel Libro di famiglia: «Nell’anno 1615 è stata ultimata
la costruzione del palazzo gentilizio “re
coppa” Sant’Antuono dei conti de Vita.
Nella medesima occasione è stata anche inaugurata, per
volere del conte barone e giureconsulto di Copersito
D. Camillo, la cappella in onore del santo. Tale
cappella sorge accanto alla grotta ove vi fu il
ritrovamento della scrofa di Sant’Antuono per merito del
nostro capostipite Alejandro Vidjas-Vithis. Per volontà
dello stesso e del Guiscardo fu fatto costruire un
tempietto negli anni 1058-1060. Ora il tempietto è stato
ampliato ed è stata eretta una cappella in onore del
santo. La domenica,
dopo aver celebrato i sacri uffici presso la sacra
cappella San Giuseppe, mi reco nella nuova cappella
Sant’Antuono e celebro la S. Messa con la partecipazione
di tutti i nostri contadini».
|
Dalla ricerca del prof.
Granito:
«Forse il casato più antico, aristocratico e ricco del
Cilento è quello dei conti baroni de Vita di Copersito,
nei tempi remotissimi anche viceconti del Cilento, conti
palatini, e patrizi di Ravello. Il loro immenso
patrimonio terriero iniziava da Agropoli, e, lambendo il
territorio di Prignano, saliva su verso il podere S.
Antuono, e proseguiva verso il vasto podere S. Maria,
lambendo il comune di Rutino. Salendo sempre dalla
pianura di Agropoli, e questa volta lambendo il
territorio di Laureana, saliva su sino a San Martino
Rocca. Nell’anno 1700 il primo dei fratelli de Vita, e
precisamente D. Francesco Antonio, decise di
convolare a nozze con la baronessa Luisa de Pretis, patrizia
di Sulmona. Nella famiglia de Vita, come anche in altre
famiglie nobili, vi era la consuetudine che soltanto il
primo figlio doveva sposarsi, per far sì che il
patrimonio non venisse suddiviso, ed in modo tale che
nella famiglia non diminuisse il prestigio e la potenza
economica. Quindi, nel palazzo di Copersito, oltre ai
novelli sposi, viveva il fratello minore, Don
Giovanni, giurista di chiara fama, nonché araldista
e giornalista della Napoli mondana. Questo scapolone,
non per sua scelta, era molto intollerante a tale
situazione, e spesso vi erano animate discussioni, sia
con il fratello che con gli altri congiunti. Per ragioni
professionali molto spesso frequentava Napoli ed il
tribunale, e di sera il Circolo dei Nobili, dove di
solito cenava, danzava o giocava a carte. Aveva molte
conoscenze, specie fra le donne, le quali se lo
contendevano: era un uomo interessante, ricco, colto e
nobile. In continuazione ribadiva al fratello che non
voleva sottostare alla “leggeˮ
secondo la quale non doveva sposarsi.
Naturalmente il fratello e la cognata si opponevano ad
un eventuale matrimonio. I nipoti (figli del fratello),
e specie il primo (a cui era stato imposto il nome
dell’avo paterno, ovvero Alessandro),
non davano molto peso ad una parte del patrimonio a cui
eventualmente avrebbero dovuto rinunziare; non erano
contrari ad un probabile matrimonio, purchè lo zio fosse
felice. Don Giovanni, ormai più che quarantenne, ad una
delle cene al Circolo napoletano, conobbe una giovane
nobile e bellissima donna e si invaghì perdutamente di
lei. La donna in questione si chiamava Celia Stefani ed
era napoletana, ma il suo trascorso era un poco
misterioso, in quanto aveva una figlioletta di un anno e
non voleva rivelare chi fosse il padre. Però si
vociferava che un ex fidanzato, un certo nobile di
Giuda, potesse esserlo. Ma lei lo ha sempre smentito, e
fu un segreto che portò con sé nella tomba. L’avvocato
de Vita, nonostante questa incresciosa situazione,
decise di sposarla. Il padre, Don Alessandro, era morto
improvvisamente, per cui non esisteva un testamento. Per
questa ragione chiese e ottenne dal fratello, anche se a
malincuore, la metà del feudo.
I de Vita erano proprietari di un altro palazzo,
denominato “palazzo S. Antuono”, ubicato in una loro
proprietà omonima, ove vi era una loro vecchia cappella,
dedicata appunto a S. Antuono. In fretta il palazzo fu
magnificamente ristrutturato, ed i novelli sposi con la
bambina, riconosciuta da Don Giovanni, vi si
trasferirono e vissero felicemente. Dopo un anno nacque
una splendida bambina, così i de Vita del palazzo di S.
Antuono crebbero due figlie. I due fratelli,
Francesco Antonio e Giovanni, per un poco furono “in
freddo”, e poi, per il volere dei giovani Alessandro e
Giovan Battista, si riappacificarono proprio nel
giorno della ricorrenza di S. Antuono, il 17 gennaio. In
tale giorno, la tradizione di casa de Vita soleva far
celebrare una santa novena, che poi si concludeva con
una solenne funzione religiosa, al cui termine il
celebrante si recava sul sagrato e benediceva tutti gli
animali della tenuta dei de Vita. Dopo la benedizione,
nel palazzo S. Antuono si offriva un pranzo a tutti i
dipendenti e al parentato dei de Vita. Molto spesso
questa ricorrenza coincideva con la macellazione annuale
dei maiali, per cui si banchettava per un paio di
giorni.
Nell’anno 1723 una delle due figlie di don Giovani,
Erminia, fu data in sposa al signor Luigi Mangoni,
giovane napoletano, ma di origini calabresi. L’anno
successivo, l’altra figlia dei de Vita, Teresa,
andò in sposa al signor Emanuele Galano, di Vietri. Così
la metà dell’immenso patrimonio dei baroni de Vita fu
diviso fra la neosignora Mangoni e la neosignora Galano.
Il palazzo di sopra ed il podere di S. Antuono, dove
vivevano Don Giovanni e la moglie, furono promessi, dopo
la dipartita dei coniugi de Vita, al giovane nipote
Alessandro, in modo tale che potesse proseguire con
nobiltà e ricchezza l’antica stirpe dei baroni de Vita
di Copersito». |
Ordini di S. Giorgio di Antiochia e della Corona
Normanna d'Altavilla |
«Egregio confratello, cav. Don Emmanuele de Vita
di Copersito. Gli ordini di S. Giorgio di Antiochia e
della Corona Normanna d’Altavilla, in ossequio alle
tradizioni cavalleresche, sorte nello spirito della
cristianità per la difesa della fede, intenti alla
perpetuazione degli ideali storici, celebrano nell’anno
giubilare 1950 le glorie della Chiesa. Pertanto, in
occasione delle anzianità maturate secondo il carattere
militare delle istituzioni cui si riferisce la
decorazione a suo tempo conferita, questa Segreteria
comunica di averLa proposta per la promozione al grado
di
grande ufficiale. Il
diploma che Le verrà successivamente rimesso, senza di
cui non si può fare lecito uso del nuovo titolo,
sanziona la concessione e ne conferma la legittimità
conformemente alle norme che regolano i diritti delle
Istituzioni Cavalleresche indipendenti. Roma 24/I/50.
Lucio Gargiulo Canzano-Avarna, duca di Torrebianca».
|
I de Vita a Prignano: di Michele del Verme |
«La famiglia de Vita è una lignage molto antica
di Perdifumo, di Torchiara e di Copersito. Venne in
Prignano da Copersito, con Francesco de Vita e
sua moglie Claudia Cozza: da questi nacque Anna
Riana nel 1633. Appartiene a questa famiglia il
sacerdote don Tommaso de Vita, morto in Prignano
il 17 febbraio 1724. Con questi si estinse il ramo di
Prignano. Dai registri di matrimonio che si conservano
presso la parrocchia di Prignano risultano molti
nominativi oltre i seguenti: Francesco de Vita, sposa
Caterina Rizzo, 13 febbraio 1730; Magnificus
Pasquale de Vita sposa Maddalena Marrone nel 1770;
1888, il Magnificus D. Alessandro de Vita
dei marchesi conti baroni di Copersito, magister
imperiale costantiniano e patrizio di Ravello, sposa
donna Filomena Cardone, marchesa di Prignano–Melito […].
I Cardone sono una antica famiglia di Prignano, senza
dubbio tra le famiglie più antiche del Cilento, insieme
alla casata de Vita. Originari della Catalogna di
Spagna, ove si hanno notizie fin dal 770. Il capostipite
fu Raimondo Folch, cugino di re Luigi il Conquistatore,
uno dei dodici prodi capitani che liberarono la
Catalogna dai Mori. Ebbe la terra di Cardona col titolo
di visconte. Passò in Sicilia con Pietro d’Aragona nel
1282, e venne in Napoli con Alfonso I d’Aragona. Fu
signore di 43 baronie, 10 contadi, 8 marchesati, 7
ducati, ed ottenne il grandato di Spagna. Dette alla
chiesa 3 cardinali, 2 vescovi, 5 vicerè e vari stratico
di Messina. Dopo la seconda guerra mondiale, il sindaco
del comune unito di Prignano e di Torchiara fu Alfredo
de Vita di Torchiara; questi tenne la carica dal
settembre 1945 al 1947». |
Alcune alleanze della famiglia de Vita
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1230, in una raccolta dello storico
tedesco Eduard Heinrich Sthamer si fa cenno ad un
castello o palazzo nobiliare di un conte
normanno-spagnolo nell’area dell’Actus Lucaniae delli
Cilenti: conte Francisco Antoniello Vita di
Copersito, sposato con Clarizia
Coppola
di Amalfi.
1235, Roberto Ruggero Vita, di Copersito, sposa
la duchessa Arruca di Çiudad des Leon.
1280, Francisco Antonio de Vita, conte di
Copersito, sposa Donna Alfonsina, figlia del principe
Antonio
Colonna.
1280, Elvira de Vita di Copersito sposa il conte
Giulio
Benincasa
di Napoli.
1300, D. Diego Francisco sposa Donna Marilena
Caracciolo.
1340, il conte Francesco Sergio Vita Vito (de) di
Copersito sposa Donna Isabella
Caracciolo di
Avellino.
1400, Camillo Donato de Vita sposa una donna
della nobile famiglia Lagni di San Gregorio.
1412, il Magnifico notaio D. Felice de Vita di
Copersito sposa Donna Maria Grazia dei principi
Capano di
Pollica.
1480, Sergio de Vita di Copersito sposa la
marchesa donna Annabella
Prignano.
1489, la famiglia de Vita di Copersito è affiliata alla
famiglia dei marchesi del Mercato di Laureana in qualità
di famiglia consanguinea.
1499, il Magnifico D. Michelangelo de Vita,
marchese, conte e barone di Copersito e altri feudi,
sposa Donna Gloria
Pignatelli
dei principi Terranova.
1568, Donna Elia de Vita di Copersito sposa D.
Gian Cola del Mercato.
1580, Donna Maria de Vita di Copersito sposa il
marchese Giovanni
Granito
di Valle del Cilento.
1580, Donna Alfonsina de Vita di Copersito sposa
il Magnifico D. Tommasino Altimare, signore della terra
di Valle del Cilento.
1580, Donna Maria Angela di Copersito sposa Don
Antonio Antonino, barone di San Biase.
1588, Donna Pulcheria de Vita, figlia del
Magnifico barone e giureconsulto D. Gian Camillo di
Copersito, sposa l’imperatore Gerolamo I
Paleologo.
Vivranno in “esilio” tra il Vaticano, San Mauro del
Cilento e Copersito.

Arma d'alleanza matrimoniale
Gerolamo I Paleologo, imperatore di Bisanzio, e
Donna Pulcheria de Vita |
1600, Donna Giovanna de Vita di Copersito sposa D. Francesco
Caracciolo di Buccino.
1600, D. Lelio del Mercato sposa Donna Isabella de Vita
di Copersito.
1610, il Magnifico D. Nobile de Vita di Copersito sposa
Donna Antonia
Coppola dei baroni di Valle.
1610, D. Carlo de Vita di Copersito, sposa Donna Angela
del Mercato Laureana.
1640 (ca.), il Magnifico D. Francesco de Vita, di Copersito sposa Donna Anna
de Angelis dei baroni di Trentinara.
1650 (ca.), Felice de Vita di Copersito sposa Donna
Isabella
Vargas dei marchesi di Vatolla.
1634, il medico Carlo de Vita di Copersito sposa Donna
Agnelia del Mercato dei baroni di Frascinelle.
1671, Romano Antonio de Vita di Copersito sposa Donna
Dianora del Mercato.
1680, Emmanuele de Vita dei conti di Copersito sposa
Donna Vittoria Pasca dei baroni di Magliano.
1680, il Magnifico D. Vito Antonio de Vita di Copersito
sposa Donna Arabella
Vargas marchesa di Vatolla.
1684, Francesco de Vita Vito sposa Giulia
Capece
Piscicelli, ultima rappresentante del casato. Da allora
i de Vito Vita di Napoli aggiungono al loro cognome
quello dei Piscicelli.
1693, Francesco Giuseppe de Vita di Copersito e San
Martino, figlio di D. Nobile de Vita di Copersito e di
Donna Antonia Coppola, sposa Donna Vittoria del Mercato
dei baroni di Monteforte.
1700, il Magnifico D. Francesco de Vita di Copersito
sposa Donna Agnese
Coppola dei Valle.
1700, Francesco Antonio de Vita sposa la baronessa Luisa
de Pretis, patrizia di Sulmona.
1708, D. Giovanni de Vita sposa la nobile napoletana
Celia Stefani.
1723, Fortunato de Vita sposa la Sig.na Serafina Galano
di Vietri.
1723, Erminia de Vita sposa Luigi Mangoni, giovane
napoletano di Cosenza.
1724, Teresa de Vita sposa Francesco Emanuele Galano.
1730, D. Francesco de Vita sposa Caterina Rizzo di
Prignano.
1750, D. Giovanni Battista de Vita di Copersito sposa
Donna Margherita de Juliis dei baroni di Trentinara.
1770, il Magnificus Pasquale de Vita sposa Maddalena
Marrone di Prignano.
1780, Donna Luisa de Vita dei conti di Copersito e
patrizi di Ravello sposa il Magnifico conte Valerio
Mangoni, patrizio di Cosenza.
1780, il Magnifico D. Antonio de Vita di Copersito,
patrizio di Ravello, sposa Donna Beatrice Primicile
Carafa dei marchesi di Cicerale.
1785, Donna Maria Luisa de Vita di Copersito sposa il
marchese D. Diego de
Vargas Machuca Vatolla.
1822, il Magnifico Emanuele Galano sposa la nobildonna
Carolina de Vita di Copersito.
1888, il Magnifico D. Alessandro de Vita dei marchesi
conti baroni di Copersito, magister imperiale
costantiniano e patrizio di Ravello, sposa Donna
Filomena Cardone, marchesa di Prignano–Melito.
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L'ultimo restauro e la colorazione degli stemmi |
Una dissertazione dello storico e artista, Michele del
Verme, ci illustra che un de Vita del palazzo San
Giuseppe in Copersito era alquanto contrariato che un
suo fratello, nel 1921, avesse completamente stravolto
l’architettura esterna del medievale castello-palazzo,
mediante la progettazione dell’architetto Lancia,
convertendolo in una “anonima” e lussuosa villa di
campagna. L’antica e storica pietra medievale era stata
brutalmente ricoperta da strati di intonaco di qualità
discutibile. Anche il medievale portale venne sostituito
con un portale di pietra vesuviale moderna.
Invece, l’ultimo intervento registrato nella cappella
San Giuseppe è del 1950. I maestri Luigi Ippolitiis,
Michele Del Verme (stesso) e Giovanni Frasso
affrescarono la cappella San Giuseppe del palazzo dei
patrizi di Ravello de Vita di Copersito e, sotto la
guida dello storico e araldista Gian Vincenzo Coppola,
barone di Valle del Cilento e parente dei de Vita,
colorarono gli stemmi della famiglia. |

Quadro raffigurante il palazzo San
Giuseppe di Copersito e l'adiacente sacra cappella
palatina, dopo il restauro |

Insegne de' nobili del Cilento, ricerca
del barone Gian Vincenzo Coppola di Valle, 1966 |
Alcune onorificenze attribuite alla famiglia de
Vita |
– 1101, l’imperatore Alessio I Comneno, per non essere
attaccato dai Turchi, chiede aiuto al Papa Pasquale II e
al suo consanguineo il duca di Copersito Ruggero
Francesco Vita. Il duca Vita porta a termine la
missione, e l’imperatore Alessio, per gratitudine, gli
offre la prestigiosa onorificenza di maggiordomo
imperiale, già per trasmissione magister
imperiale costantiniano.
– Franjo Terhart afferma che il duca di Copersito,
Camillo Nobile Vita d’Altavilla, fu proclamato nel 1140
dal duca di Buglione principe
reggente, in qualità di guardiano del Sacro
Graal!(20).
– Lo scrittore Martin Baur nella sua opera sottolinea il
grande eroismo del duca Antonio Tancredi Vita d’Altavilla
di Copersito, che si distinse tra le fila dei cavalieri
Templari (1180)(21).
– Lo storico Jean Richard dichiara che il duca Roberto
Diego Vita d’Altavilla di Copersito, nel 1200 circa,
faceva parte dei cavalieri del Santo Sepolcro(22).
Il medesimo Roberto Diego Vita d’Altavilla, nobile
“salernitano”, viene menzionato da Pier Paul Read quale
indomito cavaliere templare(23).
– 1265, Francesco Antonio de Vita, marchese di Copersito, magister imperiale costantiniano e
patrizio di Ravello, è ordinato cavaliere
dell’Ordine di San Giovanni
di Gerusalemme in qualità di alto benefattore.
– 1266, il marchese Francesco Antonio de Vita è premiato
da Carlo d’Angiò per i servigi resi, con la qualifica
di familiare, e
in più gli è concesso l’alto onore di poter aggiungere i
gigli di Francia al suo blasone, trasmissibili anche
alle future generazioni. Viene inoltre nominato duca
reggente del Principato Citra (1284), titolo avallato da
papa Martino IV.
– 1270, il conte di Copersito Alessandro Goffredo Vita
viene elevato a gran
gentiluomo della corte d’Angiò e ad ambasciatore
pontificio da Carlo II.
– 1306, Vito de Vita è insignito da papa Clemente V del
titolo di
magister hostiarius.
– 1340, il marchese Francesco Sergio de Vita di Copersito viene insignito dal Papa Benedetto XII del
titolo di magister
hostiarius.
– Ordine di San Giovanni di Gerusalemme: un documento
sinora sconosciuto sullo stato patrimoniale dei
Giovanniti nei possedimenti dell’Actus Cilenti
apre nuove conoscenze sulla storia di questi centri
cilentani. Tutto ha inizio dalla scoperta, in un
vecchio archivio della diocesi di Capaccio-Vallo, di un Cabreo
dell’intrata e giurisdittione della terra di Copersito
delli Cilenti, fatto per il Cavalier Fra’ Giovanni
Battista de Vita (de), A.D. 1626 (National
Library of Malta). Da questo risulta che il Magnifico
Don Antonello de Vita, conte barone di Copersito e altri
casali, magister imperiale costantiniano e
patrizio di Ravello, è entrato a far parte dell’Ordine,
e proprio in quell’anno ne è divenuto balì(24).
– Da una pergamena del re
Gioacchino Murat (1813): «Titre de baron hèrèditaire en faveur de
noble Giovanni Battista de Vita di Copersito Cilenti,
chef de lègion, par dècret royal du XVI decembre 1811
et confirmè par lettre patent du 20 janvier 1812. Blason:
champ de bleu, une branche de raisins à d’un lion rouge
rampant […]»(25).
Pare che i de Vita non accettarono questo titolo.
– 1879, il Magnifico Don Francesco Antonio de Vita,
conte e barone di Copersito, magister imperiale
costantiniano e patrizio di Ravello, rinuncia al diploma di cavaliere
dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro,
propostogli dalla Real Casa Savoia (i conti de Vita di
Copersito non vollero tradire l’amicizia e la
venerazione che avevano per la
Real Casa Borbone di
Napoli ed in modo speciale per S.A.R. Don Ferdinando,
che in diverse occasioni aveva onorato i nobili de Vita
della sua presenza reale nel loro palazzo San Giuseppe
in Copersito Cilento).
– 1950, Don Emmanuele de Vita, già cavaliere, viene
elevato al grado di grande
ufficiale degli Ordini di S. Giorgio di
Antiochia e della Corona Normanna d’Altavilla (Roma,
21/01/1950, firmato Lucio Gargiulo Canzano-Avarna, duca
di Torrenbianca). |
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_________________
Note:
(1) - Paestum e Agropoli.
(2) -
Ulteriori informazioni in merito si
possono ritrovare in K. Herbalotz, Vir Callidus:
Roberto Altavilla, pp.
31, 40.
(3) - Molti storici e
scrittori hanno scritto su Robert le Guiscard e le sue
gesta nell’Actus Cilenti, tra cui: Guillaume De
Pouille, che narrò i trionfi sui musulmani de le
Guiscard e di Alejandro nella loro neocontea dell’Actus
Cilenti (A.D. 1049); il monaco Ordericus Vitalis,
scrittore franco-inglese, che nel suo saggio sui
Normanni si concentrò maggiormente sulla figura de le
Guiscard (A.D. 1110). In modo particolare narrò le
misteriose avventure di Robert Hauteville e del suo
fedele capitano e amico fraterno Alejandro Vidjas di
Navarra. Le notizie inerenti al Gastaldato dell’Actus
Lucaniae Cilenti (A.D. 1048) erano state da lui
estrapolate da antichi scritti di suo padre Odelerio,
abilissimo scrittore francese, il quale aveva seguito le
gesta e le prime conquiste tra “Piestoˮ e “Acruopoliˮ
dei due validissimi condottieri; Pietro da Eboli, che
menzionò i primi conti del Gastaldato di Lucania,
Hauteville e Vidjas; Goffredo Malaterra.
(4) -
Vidjas in antico dialetto
medievale significa ‘germogliare’.
(5) -
Boemondo Altavilla, primogenito del Guiscardo.
(6) - Ulteriori
informazioni si possono reperire nei testi di Marcel
Martelly, basate sull’opera The women and life
of Roberto Hautenville di Sir Christopher Ricks.
(7) -
Ulteriori rif. in Città del Vaticano,
Archivio Apostolico Vaticano.
(8) - Ulteriori notizie sono
disponibili in uno scritto dello storico Lupo Protospata
e Città del Vaticano, Archivio Apostolico Vaticano.
(9) -
Paris, Bibliothèque
National de France.
(10) - Napoli,
Archivio svevo-angioino.
(11) - Cfr. F. Mugnos, Nobiltà Siciliana.
(12) -
Cfr.
Registri della Cancelleria aragonese di Napoli;
Biblioteca Nazionale Espana Madrid; Grande Archivio
frammenti aragonesi di Napoli.
(13) -
Cfr. N. Toppi, Biblioteca
napoletana.
(14) -
Cfr. G. Antonini, La Lucania, vol.
I, Napoli, 1795, p. 349.
(15) -
Cfr. Napoli, Registri della
Cancelleria angioina; Paris, Bibliothèque National de
France.
(16) -
Parentela riconosciuta tramite la
discendenza femminile della madre dell’imperatore Cardo
V, Giovanna di Castiglia, discendente da 14 generazioni
da Ferdinando I di Castiglia (fratello di Jimena di
Castiglia, madre di Alejandro Vidjas Vithis).
(17) - Cfr. P. Guelfi
Camajani, Dizionario araldico.
(18) -
Cfr. F. Campanile,
L'armi, overo insegne de' nobili..., Napoli, 1610.
(19) -
Oggi sarebbe vicario generale.
(20) - Cfr. F. Terhart, I
Templari, guardiani del Santo Graal, 2002.
(21) -
Cfr. M. Bauer, Il mistero dei templari,
2007.
(22) -
Cfr. M. Bauer, Il mistero dei templari,
2007.
(23) -
Cfr. P.P. Read, The Templars, London,
1999.
(24) -
Cfr. Malta, National Library.
(25) -
Cfr. Paris, Archivio svevo.
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Fonti bibliografiche:
- Amateus da Montecassino, Biografia privata e riservata
di Robert le Guiscard nell’Actus Cilenti.
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