Ovvero delle Famiglie
Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili
di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti
alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate
chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che
abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
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Famiglia
Moccia |
a cura del Prof. dott.
Gaetano Moccia, Cavaliere del S.M.O. di Malta |
Arma:
di
rosso al leone d'oro caricato da tre bande azzurre. |
© Napoli - Stemma
Famiglia Moccia |
Dinastia regnicola napoletana aggregata ai seggi di
Montagna,
Nido e
Portanova.
In quest’ultimo possedeva una contrada che era denominata
” l’Appennino delli Moccia”, situata sulla collinetta di
Caponapoli, attualmente via Arte della Lana; strada in cui erano
concentrate le botteghe e le fabbriche per la lavorazione
della lana.
L’arte dei maestri lannaioli ebbe il massimo
splendore durante il periodo angioino; gli artigiani, grazie alla loro
Corporazione, godevano di una propria legislazione, di una propria
chiesa intitolata a Santa Rosa, di un proprio tribunale e carcere per
giudicare e punire gli associati colpevoli di un qualsivoglia reato. |
© Napoli - via Arte della Lana
|
L’antica e nobile casata MOCCIA è attestata in Napoli
già dalla metà del 1200.
Gentile
Moccia, fratello di Giovanni, fu uno di quei Cavalieri a cui Carlo
II (1285-1308) commissionò la costruzione del grande molo
nel golfo di Napoli.
Nel Registro del
re Roberto d’Angiò
(1309-1342) è scritto di Pietro Moccia seniore “esser numerato tra i
cavalieri di Carlo Illustre Duca di Calabria“ e
da questi
“esaltato in ricchezza e creato suo gran
cianberlano” (1).
Don Pietro fu inviato da re Roberto, nel
1326, come Consigliere di Guerra di Carlo in Toscana, in
aiuto dei Fiorentini. Al ritorno egli fu mandato dalla sua
città quale ambasciatore al re Roberto, il quale fece
grandissimo conto della casata MOCCIA e degli innumerevoli
cavalieri che la componevano. |
Il monumento funebre di Pietro fu posto, secondo
il Mazzella, all’interno della Chiesa di San Pietro a Maiella nel
1338.
Gentile Moccia,
fratello di Nicolo’,
figlio di Martuccio,
fu nominato da re Roberto Consigliere di Stato.
Truccolo
(1311)
fu Giustiziere della Provincia di
Terra di Lavoro
e del contado del Molise.
A Tommaso, padre di
Angela moglie
di Nicolo’ Ferrillo,
Presidente della Camera, fu concesso l’Ordine della
Cavalleria, a Leonardo l’Ufficio di Mastro Portolano di Principato
e Terra di Lavoro, incarico che i Moccia ressero
ininterrottamente per molti anni sotto dominazioni diverse,
Aragonesi, a partire da
re Alfonso I,
e Spagnoli, con Antonio,
Pietro,
Giovan
Simone (XVII secolo) e altri. Fu talmente lungo il
periodo a cui fu affidato l’ufficio della portulania ai
Moccia che le esazioni venivano comunemente definite moccio.
Claudio,
capitano di grande valore, assurse a cameriero della
Regina Margherita, moglie di
Carlo III d’Angiò.
Militarono valorosamente per Giovanna I
(1343-1380) anche Pietro,
Cecco e Marino Moccia. |
© Napoli - Chiesa di San Pietro a Maiello |
In epoca durazzesca furono concessi i
territori di Cirigliano e Castelmezzano a Giacovello
Moccia da parte di
re Ladislao
(1386-1413).
Francesco
Moccia
Barone di
Gioia
in Terra di Lavoro fu Famigliare Domestico di Ladislao e di
Giovanna II (1414-1434) della quale fu inoltre ambasciatore
Don Alessandro.
Don Antonio fu Cameriere di re Ladislao, dal quale ebbe
in dono Santa Maria in Grisone, Sant’Angelo e San Sosso nel
Principato Ultra. Antonio, tra l’altro, fu padrone di
Cisterna e Vicere’ in Terra d’Otranto. |
© Napoli - Volta della Sala dei Baroni |
Nel mese di luglio del 1455, volendo re
Alfonso I (1442-1457) d'Aragona
festeggiare le nozze di
Antonio
Moccia con la figliuola di Paolo
Poderigo, dette un convito nella casa di lui presso il
seggio di Portanova.
Non
avendo partecipato alla
congiura dei
baroni, nel 1467, re Ferdinando d’Aragona concesse a
Leonardo Moccia, figlio di Troilo, i territori di Sant’Angelo
a Cupolo e quelli di Santa Maria a Toro. Il feudo passò poi al figlio
Mariano
o
Marino, creato conte di Sant’Angelo il 20 settembre
1508 dal
re Ferdinando il Cattolico, a
Bernardino, quindi, con
alterne vicende, al figlio di quest’ultimo
Mario che lo alienò
ad altra casata.
|
Don
Severo fu eletto per i seggi in occasione della cavalcata del 23
maggio 1495 da
Ferdinando II
d’Aragona per avergli il re Alfonso suo padre, ceduto il regno
all’approssimarsi di
Carlo VIII di Francia.
Il 25 novembre del 1535,
giorno di Santa Caterina,
Don
Pietro Moccia, uomo d’armi del re,
eletto per il seggio di Portanova rendeva omaggio a sua Maestà Carlo I
di Spagna e V imperatore del Sacro Romano Impero; dopo Ettore
Minutolo
per il seggio di Capuana, Giovan Francesco Carafa per Nido, Aurelio
Pignone e Francesco
Rocco per Montagna, Antonio
Macedonio per Porto e
prima di Gregorio Rosso per il seggio del popolo: rese omaggio
all’imperatore baciandogli il ginocchio e poi la mano, come fecero
tutti.
Nel 1601 i Moccia vengono riportati tra le famiglia
spente anche del seggio di Montagna; già da quest’epoca tutti i
componenti di quella famiglia sono pertanto ascritti solo nel seggio di
Portanova. La casata, ricca di uomini, contrasse molte e nobili
parentele e si diramò in particolare nel centro-sud d’Italia.
Si
ricorda:
- Laura, che va in sposa a Giovanni
Cola fratello di Mariano eroe della
disfida di Barletta
entrambi figli di Giacomo
Abignente; |
Carlo V d'Asburgo-Austria
©Proprietà Fondazione Biblioteca Pubblica Arcivescovile "A.
De Leo" di Brindisi.
|
-
Camilla, che sposò un
Bilotta e di cui si conservava iscrizione nell’allora basilica di
San Lorenzo, attualmente dedicata a Maria S.S. delle Grazie in
Benevento, fatta da Antonia Bilotta figlia naturale di Bartolomeo:
D. T. V.
Camilla Moccia Neapolitana
Ex Antiquissimis Neocastri Comitibus,
Utraque venustate insignis
Antonia Bilocta
Sui patris
Matri dulcissima
|
|
-
Teresa
che andò in moglie a Lodovico Capece Bozzuto;
- Ippolita
che sposò Camillo
Sanfelice.
Ed
altri matrimoni con altrettanto nobili casate, i
Mormile con
Sara e
Pietro, i Pisani con
Agnese, i
Rizzo de
Ritii di Paduli con Aiossa, i Gallone con
Laudomia, i Palamede
Pignatelli con Aurelia,
i Teodoro con
Giulio Cesare che
sposò Lucrezia, varie volte con i
Miroballo
attraverso Marcantonio, Pietro
e tanti altri, i
Vitagliano (Vitaliano) duchi di Oratino
con Candida, da cui originerà il ramo
Vitagliano-Moccia.
Il
Duca di Oratino e Rocca Aspromonte
Gennaro Girolamo Giordano Vitagliano
Moccia mecenate in terra di Campobasso, fu, tra l’altro, autore di
inni sacri latini parafrasati in versi toscani. Si ricorda
Don
Ferdinando Vitagliano Moccia inventore. Egli realizzo' un apparato meccanico
che facilitasse la discesa di un essere umano sott'acqua per mettere
in salvo oggetti naufragati.
Da Domizio Carbone
del Sedile di Capuana e Barone di Paduli e Aiossa
Moccia, nacque Francesca che ando’ in sposa a Giovan Bernardino
Filangieri, consigliere di Carlo II
d’Aragona, morto il 22 febbraio del 1529. Saveria Moccia
sposo’ Pietro
della Posta Duca di Grottaminarda nel 1716.
Alla linea dei MOCCIA
Baroni di Colle d’Anchise
apparteneva Beatrice, unica figlia di
Giovan Simone,
ricco mercante e potente patrizio napoletano, che resse tra l’altro
la Portulania e la cui sontuosa residenza posillipina vedeva come
ospiti molto assidui vari Vicerè del Regno, nei pressi della
Chiesa di
Santa Maria del Parto, ereditata da
Simone Moccia che fece
erigere il sepolcro di
Jacopo Sannazzaro. |
© Napoli - il luogo ove era situata la
sontuosa
residenza dei Moccia.
|
© Lecce - Palazzo Tamborini, oggi Cezzi...il
luogo dove
donna Beatrice Moccia per mano del Principe del Colle fu
assassinata... |
Questo ramo originò da
Pietro e Beatrice
d’Alessandro:
il primo dei loro figli sposò
Laudomia
Miroballo, il secondo si
chiamava Fabiano, il terzo
Giacomo,
Portolano,
sposò Giulia
Mormile da
cui nacque appunto
Giovan Simone che sposò in prime nozze
Cassandra Gaetani,
sorella del duca di Traetta, e in seconde
Laura Cigala, madre di
Beatrice. |
Gian Simone partecipò alla prima stesura della Capitolazione del
Pio Monte della Misericordia, istituzione tuttora fiorente, a
Napoli, insieme ad Ascanio Carafa, Carlo
Caracciolo marchese di
Vico, Cesare
Piscicelli e Gianbattista
Severino; questa fu
approvata dai congregati e pubblicata il 16 agosto del 1603. Questo
documento non è stato mai più ritrovato; il più antico esistente,
pertanto, resta quello conservato nell’Archivio Storico del Pio
Monte(2) trascritto nel Regio Assenso di
Filippo III
d'Asburgo-Spagna ed inviato al Monte undici mesi dopo
l’approvazione del primo statuto, il 10 luglio del 1604.
Insieme
a Matteo di Capua, principe di Conza, morto il 1607,
Gio.
Simone
Moccia fu tra i principali collezionisti d’arte tra
il Cinque e Seicento. Secondo il Capaccio, Simone era riuscito a
farsi consegnare dai pescatori della Pietra del Pesce, che nella
loro Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Caponapoli conservavano un
importante polittico di Polidoro, la tavola centrale con le anime
purganti.
Il grosso della collezione era
costituito da tavole cinquecentesche (Andrea del Sarto, Marco Pino,
Andrea Salerno) e vi era anche una tela del Caravaggio, raffigurante
le nozze mistiche di Santa Caterina d’Alessandria. (F.Abbate) |
© Napoli - particolare esterno del Pio
Monte della Misericordia |
Papa Paolo V (1605-1621) |
Gio. Simone fu molto stimato dal cardinal Ottavio
Acquaviva Arcivescovo della Chiesa Napoletana e da Paolo V fu
decorato d’un Cavalierato dell’abito di Cristo. Riporta Serra di
Gerace che Gian Simone morì il 1 gennaio 1620.
Beatrice,
Signora di Colle d’Anchise, fu data in sposa il 20 Novembre del 1622
ad
un
di Somma, principe del Colle
(attualmente Sannita). La coppia si trasferì poi in
Terra
d’Otranto, perché il principe andò a ricoprire la carica di
presidente e capitano di guerra della provincia di Lecce.
Si narra che nella notte del 26 luglio nelle stanze dell’attuale palazzo Tamborino a Lecce, dove risiedeva
il principe Fulvio, figlio di Francesco e Isabella
Sanseverino, e la moglie, riecheggiano le grida della
nobildonna, uccisa nel 1636, dal consorte, per via di bigliettini
amorosi, che ella, cuore gentile, scriveva per conto di Laura Troilo, analfabeta, figlia (altri testi riferiscono fosse
orfana) di Oronzo ricco, ma gretto, mercante pugliese, per Andrea
suo diletto amato.
L’unica figlia della nobile coppia, la principessa
Maria, sposò Ascanio
Filomarino IV Duca della Torre. |
Da essi nacque Pasquale, unico erede.
I Filomarino della Torre mantennero il Colle d’ Anchise fino
all’eversione della feudalità.
Il 26 maggio 1628, don Giulio Cesare Moccia,
per il Seggio di Portanova, insieme agli altri Deputati al Parlamento della città, su richiesta della
Deputazione della
Cappella del Tesoro di San Gennaro, votò affinchè alcuni
Santi protettori della città fossero dichiarati protettori
del Regno. |
G. Cesare e D. Mario Moccia furono eletti nel 1656,
"appena si promulgò l'esistenza della peste", per il seggio di
Portanova nella "Deputazione o Tribunale di Salute per provvedere
alla custodia del popolo Napolitano".
Alla
linea dei marchesi di Casabona e
duchi di Carfizzi apparteneva
Scipione Moccia
(16/09/1633
† 10/12/1708), che con la
sorella Candida, data in sposa al Duca di Oratino,
Vitagliano, nel 1651, erano figli di
Antonio (nato
nel 1607) e nipoti di Scipione (morto il 1629) e Ippolita
Gaetani.
Il feudo di Oratino alla
morte del duca Girolamo passò al figlio Antonio Vitagliano.
|
Carfizzi - le terre dei Moccia |
Scipione sposò Cecilia Gambardella, fu 6° marchese di Casabona (1693),
feudo acquistato da Partenio
Rossi dei duchi della Castelluccia
ed ottenuto anche grazie ad una parentela con i
Pisciotta. Giovan Tommaso Pisciotta infatti sposo’ in seconde nozze
(27/03/1651) Ippolita detta Popa o Papa o Porzia Moccia,
figlia di Pietro e di Donna Livia Catania. |
© Napoli - cavaliere del XV secolo |
Il figlio di questi Scipione Pisciotta junior contrasse matrimonio con la secondogenita di Don
Scipione Moccia, anch’essa Ippolita nata nel 18/05/1654.
Scipione, inoltre,
fu I
Duca di Carfizzi,
dal 16 settembre 1698, feudo
che acquistò da Fabio
Caracciolo duca di Belcastro per 31.800 ducati; passato alla sua
morte al figlio Domenico, II Duca di Carfizzi e
7° marchese di Casabona (25/05/1661 † 15/04/1719),
e quindi al fratello Pietro Antonio
(26/03/1668 † 9/9/1732),
III Duca di Carfizzi,
8°marchese di Casabona,
il feudo fu poi portato in dote da
Antonia, loro sorella, a
uno di casa
Crispano, Domenico; successivamente fu
venduto dal loro figlio Carlo, nel 1766, per 52000 ducati a
Nicola Malena e da
questa Famiglia mantenuto fino all’eversione della feudalità.
Don
Pietro, nel 1703,
designato dal Seggio di Portanova, in cui era tenuto in gran
considerazione, fu tra gli Eletti dei Seggi che ricevettero Filippo
V.……………
|
Un'altra figlia di Scipione,
Maddalena, sposò Carlo
Capecelatro nel 1708.
Don Scipione Moccia mori il 10 dicembre del 1708,
all’età di 75 anni. L’arciprete di Casabona Don Luca Antonio
Girardi ebbe cura di annotare il decesso nei registri parrocchiali.
Il sogno di Don Scipione, di
antichissima famiglia del patriziato napoletano, di portare a
vecchi e nuovi fasti la Sua Famiglia nel Regno, attraverso la
Calabria, naufrago’ per la inettitudine e dissolutezza di Domenico,
che al pari di parte della gioventu’ nobile calabrese sperperò un
patrimonio di terre, denari e palazzi assolutamente ragguardevoli.
Stretto dalla morsa dei creditori l’ormai vecchio e stanco Duca
Scipione affido’ l’amministrazione patrimoniale a Don Pietro. A
Domenico restarono i titoli fino alla morte.
Del 2° Duca di Carfizzi e 7°marchese
di Casabona non si hanno notizie certe se avesse avuto figli
naturali e avesse contratto matrimonio.
Don Pietro, che gli successe anche nei titoli, uomo mite,
forte e tenace, mori’ certamente
improle e celibe, dopo avere speso la vita a cercare di non perdere
l’onore, impresa che ottimamente riusci’. |
Aversa - Il campanile |
Aversa (CE) - Palazzo Moccia,
poi de Rossi, appoggiato ad esso era una delle porte di Aversa,
detta Porta Moccia, abbattuta nel 1840
(2 bis). |
Scipione, e probabilmente Pietro e Domenico furono
seppelliti nell’altare gentilizio dei Moccia, in una chiesa allora
esistente, Santa Maria ad Nives. Essa, distrutta, ha fatto posto ad
una casa canonica. Degli altri due figli maschi, Don Ettore n. il
2/3/1658 e Don Giuseppe n. 11/10/1660 non si hanno notizie. |
© Napoli - Targa marmorea dalla quale
risulta che nel 1854 Don Antonio Moccia era Priore
dell'Arciconfraternita del SS.mo Rosario di S. Maria del Parto |
La
linea dei Moccia Marchesi di Montemalo (1 nov.1683), oggi San
Arcangelo Trimonte (BN) origina da
Pietro (1638 † 1699),
figlio di Antonio (1607 † 1692), che sposa una di casa
di
Palma, Lucrezia.
Dalla loro unione nacquero Antonio, Costanza che sposa Antonio
Giovene marchese di Pietramelara,
Nicola nato nel 1678,
Eufemia,
Scipione II
Marchese di Montemalo,
Domenico
Antonio (1682 † 1745) III marchese di Montemalo,
Giovanni che morì adolescente, ed infine
Beatrice che andò in moglie
a Orazio Pacifico, originando, i marchesi
Pacifico-Moccia nobili del sedile San Luigi di Aversa.
Alla morte di Pietro, Scipione primogenito, fu dichiarato erede dei
beni feudali con decreto di preambolo della
Gran Corte di Vicaria del
30 giugno del 1699. Morti Scipione e poi
Giovanni, con decreto del 6
ottobre del 1708 fu dichiarato III marchese
di Montemalo Domenico
o Domenico Antonio. |
© Arma di Don Pietro Moccia, marchese
di Montemare e cavaliere d'Alcantara.
Nel 1° quarto: Moccia; nel 2° Sebasto, arma della madre); nel 3°:
Torello, arma paterna; nel 4°: Melisseno, arma materna
(5) |
Nel 1727
Ippolita Spinelli e suo marito Luigi
Sanseverino fecero richiesta di
annullare la vendita del feudo di Montemalo fatta nel 1683 a Pietro Moccia da Carlo
Spinelli, perchè non si era ancora dato il giuramento di ligio
omaggio.
All' istanza notificata l'11 febbraio 1727 Domenico Moccia non
si oppose purchè la Principessa di Bisignano si contentava di far
rimanere il titolo di marchese ad esso e ad i suoi eredi e
successori.
La
Gran Corte della Vicaria con sentenza dell'11 marzo del
1727 revoco' la vendita alle condizioni poste da Don Domenico Moccia.
Altri personaggi degni di menzione della casata
sono:
Herrico e
Mariano Moccia,
figli di Gentile patrizi napoletani del seggio di Portanova, fatti
prigionieri; il primo inviato a Isernia e il secondo a l’Aquila per
i gravi disordini che assunsero quasi le dimensioni di guerra civile
nel loro seggio nel 1340.
Gli incidenti videro coinvolte molte famiglie nobili, in primis
i
Caputo.
Giovanni,
che visse tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, fu insigne
umanista. Letterato latino fu segretario del cardinale Giacomo
Orsini con il quale soggiorno’ ad Avignone
dal 1367 al 1378. Giovanni scrisse varie poesie in latino ed un
panegirico in onore di Coluccio Salutato. |
Il Sedile dei nobili di Aversa
da:
www.aversalenostreradici.com |
Carlantonio
Moccia
nacque nel 1627 nel seggio di Portanova, nella stessa famiglia di
Pietro Niccolò,
giurista, che fiorì nei tribunali della Capitale nel XVI secolo ed
autore del ”De Feudis una cum Jacobutii de Franchis
praeludis in usibus feudarum” pubblicato a Napoli 1591.
Carloantonio fu anch’egli un illustre giureconsulto. A 22 anni era
giudice dell’Annona e da allora mandò in stampa molti libri e
trattati. Tra essi si ricorda il “Silva casuum forensium,atque
in praxi quotidie occurrentium” con pubblicazione fatta a
Napoli il 1649. Egli fu, tra l’altro, insieme a Scipione de Martino
chiamato a difendere le ragioni di Montecassino contro la Famiglia
Tuttavilla
in ordine all’esercizio della giurisdizione e al titolo di Duca, con
vittoria definitiva da parte del capoluogo del regno di San Germano
nel 1669.
|
Simone
Moccia
fu un celebre architetto del suo tempo che nel 1600 riedificò dalle
fondamenta le chiesa dello Spirito Santo e ne architettò la
porta con quelle belle colonne che la sostengono (Minieri Ricci
1884).
|
© Stemma Moccia dell'Erba
|
Bernardino Moccia,
segretario di Maria d’Aragona, fu uomo di lettere e scrittore :
ricordiamo “La Flamminia Commedia in prosa” per Gio.Giacomo
Carlino Napoli 1611.
Sono, ancora, da ricordare i Moccia Signori di Gioia
(del Colle) diramata in Rutigliano con arma: di rosso al leone d’oro
fasciato d’azzurro, e i
Moccia - dell’Erba, ( tra cui don
Pasquale dottor
fisico, don Antonio e
numerosi prelati) nobile ramo della precedente, di Rutigliano, dove
esiste tra l’altro un bel palazzo d’epoca denominato
Cannetis-Pappalepore-Moccia ed un altro Moccia -dell’Erba entrambi
del settecento, in via Porta Nuova, che ha come arma:
d’azzurro alla fascia accompagnata da sette rose, 4 nel capo e 3
alla punta, ordinate in fascia, quelle del capo sormontate da un
sole raggiante; il tutto d’oro.
Si ricorda l'Abate don Pasquale Moccia,
cappellano maggiore di Ferdinando I della diocesi di Oria.
|
© Rutigliano (BA) - Palazzo Moccia
dell'Erba nel centro storico di Rutigliano |
© Rutigliano (BA)-Palazzo de Cannetis
Pappalepore
Moccia, nei pressi di Portanova di Rutigliano |
Verso la
metà del '700 un prete appartenente alla famiglia Moccia dell'Erba
sparò, dal terrazzo del suo palazzo in Rutigliano, al vescovo di
Conversano mentre si apprestava ad entrare nella Chiesa Matrice. |
© Rutigliano (BA) - Il terrazzo di Palazzo
Moccia dell'Erba da cui partì il colpo destinato
al Vescovo di Conversano
(3). |
Monsignor
Leonardo Moccia (4)
|
Personaggio degno di menzione è certamente Monsignor
Leonardo Moccia dotto
sacerdote, teologo e valente oratore.
Don Leonardo nacque a Torre Santa Susanna (Br) il
07/11/1801 da una delle migliori famiglie del paese, nel grande e
antico palazzo dei Moccia da Vincenzo uomo di idee liberali, e
Maddalena Nelli di Napoli. Ordinato sacerdote nel 1828 fu poi Priore
della Confraternita del SS. Sacramento ed infine Vescovo di
Gallipoli l’11 dicembre del 1848. Morì prematuramente il 17 aprile
del 1852. Scrisse, tra l’altro, “Epistula pastoralis ad clerum et
Populum Senectae Ecclesiae Gallipolitanae in Salento” pubblicata nel
1848.
Con Atto notarile del 1296, conservato nell’archivio
di San Sebastiano, Matteo Moccia compero’ da Pancrazio
Riccio
e Arrigo
Mariconda un podere nella Villa Santo Nastaso, casale,
all’epoca, di Somma Vesuviana.
Matteo
e Tommaso
Moccia con Stefano Pignatello nel 1300 vengono riportati quali
raccoglitori di collette per il seggio di Nido.
|
©
Palma Campania – Chiesa di S. Michele
Arcangelo e Congrega della Purità |
©
Il viale di accesso ad una parte dei
terreni dei Moccia |
©
Corpo di fabbrica di una delle palazzine
della
masseria Moccia non ristrutturato |
Era uso delle famiglie patrizie cittadine comperare terreni
variamente coltivati nella attuale provincia napoletana per il
proprio sostentamento e ricchezza.
Il Casale di Santo Nastaso alla fine del periodo
Angioino fu prima venduto alla Famiglia Barrese, poi riannesso a
Somma Vesuviana con la quale passo’ prima sotto Orso
Orsini,
Cancelliere del Regno e poi, alla sua morte, ad Ugone
d’Alagno. In
tale Villa esistevano vari beni feudali appartenenti a famiglie
patrizie napoletane e tali beni erano oggetto di trasferimento a
vario titolo.
Intorno al 1300 i Moccia arrivarono, dunque, nel territorio
vesuviano, a villa Santo Nastaso, diramandosi da lì a tutto l’antico
territorio di Ottajano, che comprende attualmente anche le città di
San Giuseppe Vesuviano, Palma di Nola, poi diventata Campania e
San Gennaro Vesuviano. Nella chiesa di Palma Campania vi era
una cappella con lo jus patronato della Famiglia Moccia. Tra le
Famiglie nobili che dominarono Palma Campania ci furono i di Palma.
Lucrezia di Palma sposo’ Don Pietro Moccia di Montemalo, uno dei
cui figli si chiamava Nicola, come prima già ricordato.
|
Un discendente cadetto di Matteo Moccia
tornato per l’assegnazione dei beni nel Vesuviano diede origine al
ramo della Famiglia del Dott. Gaetano Moccia tuttora vivente
a Caserta e in provincia di Napoli. (Vedi Albero Genealogico)
Gli antichi possedimenti terrieri, ancorché frazionati nel corso
dei secoli, sono ancora di proprietà di Famiglia nell’attuale San
Gennaro Vesuviano. |
Va segnalato Don Paolo Moccia, un
prete studioso di greco e latino che insegnava nella Reale Scuola
del Paggi(6), che nel 1770 al seguito di Michele
Imperiali,
principe di Francavilla, si esibì tuffandosi nudo in una piscina
accanto al mare nel casino del principe a Santa Lucia in Napoli, dinanzi ad
800 invitati trai quali
Giacomo
Casanova, l’Ambasciatore inglese e la duchessa di
Kingston. Il Moccia rimaneva sommerso, tra l’incredulità dei
presenti, per lungo tempo e poi, dopo varie acrobazie e pirolette,
galleggiava come una tavola di abete. |
1-1
Lorenzo, n. nel 1675
~,
sp. Giovanna di Prisco
2-1
Nicola, n. nel 1694 ~ ,
† a Palma Campania il 28.2.1754, sp. Carmina Iovino
3-1
Cesare Cirillo, n. ad
Ottaviano nel 1736 ~, sposa Carmina Verdino a Palma
Campania
il 27.3.1751
4-1
Francesco Nicola, n. a Palma Campania l’11.1.1766 sposa Anna Giacomo
5-1 Luigi, n. a
Palma Campania il 18.10.1792
3-2
Pasquale, n. 1736
circa
3-3
Teresa, n. 1738 circa
3-4
Michele, n. 1739
circa
3-5
Rosa, n. 1745 circa
2-2
Tommaso, n. nel
1703 ~ ,
† a Palma Campania il 3.11.1775, sposa Paola Saviano
6-1
Nicola, n. 1739
6-2 Orsola,
n. 1731
6-3 Lorenzo,
n. 1733
6-4 Angelica,
n. 1737
6-5 Palma,
n. 1737
6-6
Gioacchino,
n. 1741
2-3
Rosa, n. a
S. Giuseppe Vesuviano il 13.5.1704
2-4
Caterina, n. a S.
Giuseppe Vesuviano il 7.9.1706
5-2
Tommaso,
n.
a Palma Campania il 19.10.1794, † a S. Gennaro Vesuviano il
3.7.1876, sposa Maria
Maddalena Nusco
(n. a Palma Campania il 15.5.1796 ,
† a S. Gennaro
Vesuviano il 27.3.1868)
a
Palma
Campania il 20.6.1830
7-1
Michele,
n. a Palma Campania il
15.5.1831 † a Palma Campania il 6.6.1831
7-2
Michele,
n. a Palma Campania
l’8.101832
7-3
Mariantonia,
n. a Palma Campania il
29.10.1835
7-4
Gaetano Francesco,
n. a Palma
Campania l’1.11.1838 ,† a S. Gennaro Vesuviano il
5.1.1924,
sposa Teresa
Pizza, n. a Nola nel 1841~, † a S. Gennaro Vesuviano il
6.12.1904
8-1
Maria Giovanna Anna, n.
a S. Gennaro Vesuviano il 24.6.1867
8-2
Giuseppe, n. a S. Gennaro
Vesuviano il 10.9.1871
8-3
Carmine, n. a S. Gennaro Vesuviano
il 21.2.1877
8-4
Salvatore, n. a S. Gennaro
Vesuviano il 29.11.1880, sp. Francesca Nusco (n.
a S. Gennaro Vesuviano
il 29.6.1885) a
S. Gennaro Vesuviano il 4.5.1908
9-1
Teresa, n. a S. Gennaro Vesuviano
il 16.9.1909
9-2
Maria Antonia, n. a S. Gennaro
Vesuviano il 25.5.1911
9-3
Anna, n. a S. Gennaro Vesuviano
il 28.7.1918
9-4
Gaetano, n. a S. Gennaro Vesuviano
il 26.2.1920
9-5
Nunziata, n. a S. Gennaro Vesuviano
il 21.3.1922
9-6
Stefano, n. a S. Gennaro Vesuviano
il 24.7.1924
9-7
Carmine, n. a S. Gennaro Vesuviano
l’8.7.1931, † ad Afragola il
15.8.1928,
sp. Anna Cardenia
(nata ad Afragola il
5.1.1929) ad Afragola il 19.10.1952
10-1
Giuseppina,
n. a Napoli
l’1.5.1953
10-2
Adele,
n. ad Afragola
l’8.7.1954
10-3
Salvatore, n. ad Afragola il
15.3.1956
10-4
Pasquale, n. ad Afragola il
13.9.1959
10-5
Gaetano, n. ad Afragola il
4.7.1964 sp. Tiziana Tella (n. a Teano il
7 maggio 1970) a Teano il
20
maggio 2001
11-1
Francesca, n. a
Napoli il 13.6.2002
11-2
Sara, n. a Napoli il
13.11.2007
8-5
Maddalena,
n. a S. Gennaro
Vesuviano l’11.8.1885
10-6 Luigi,
n. a Napoli il 15.3.1969
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Ancora oggi, quando si parla dei personaggi che hanno dato
lustro alle città del Meridione, la famiglia Moccia,
i cui rappresentanti furono Cavalieri
dell'Ordine del Nodo, viene
ricordata
nelle conferenze che hanno
per tema la storia e l'araldica.
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© Napoli - Stemma Moccia |
© Napoli - Cappella Palatina
del Maschio Angioino -
Conferenza su "L'amor Cortese a Napoli" e "I Cavalieri
dell'Ordine del Nodo"
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Bibliografia:
- Fondo Manoscritti Livio Serra di Gerace - Volume VI pag
1905-1906 Archivio di Stato -Napoli
-“Descrittione del Regno di Napoli” - Scipione Mazzella Anno
1601
-“Memorie delle famiglie nobili” - Volume Sesto di Candida
Bernardo Gonzaga, Napoli 1882
-“Blasonario Generale di Terra di Bari” di Edgardo Noja di
Bitetto - Mola di Bari 1912
-“Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli” - Napoli
1654-1671 - De Lellis Carlo ristampa anastatica - Arnaldo Forni
Editore
-“Le grandi famiglie di Napoli” - Ed. Newton e Compton 1998 -
Della Monica N.
-“Memorie Istoriche degli scrittori legali del regno di Napoli
- Tomo II –Lorenzo Giustiniani- Napoli 1787
-“Istorica descritione del Regno di Napoli” - G.M. Alfano 1798
-“La fondazione ed il primo statuto del Pio Monte” - G.P.
Legnetti di Santo Janni -Trascrizione (1997) di L.Gazzarra e M.
Quarantiello
- “Le strade di Napoli” - Ed. Newton e Compton 1996 - Romualdo
Morrone – Vol. I
- Atti del Catasto Onciario - Archivio di Stato Napoli
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Note:
1) Gentiluomo destinato al servizio
di introduttore e trattenitore nelle corti dei sovrani.
2) Cat. Rubr. A, vol.I
2 bis)
Giuseppe Fiengo e
Luigi Guerriero, "Il centro storico di Aversa - Analisi del
patrimonio edilizio", Arte Tipografica Editrice.
3) Si ringrazia il Sig. Sorino per
le foto messe gentilmente a disposizione.
4) Si ringrazia Salvatore Vapore,
Presidente proloco di Torre Santa Susanna, per aver consentito
la pubblicazione dell'immagine.
5) Archivio di Stato di Napoli -
Manoscritto 325777.
6) Harold Acton, "I Borbone
di Napoli", 1985 |
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