Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia.
 

Famiglia de Riso

 
 

Arma: d’azzurro, alla fascia d’oro accompagnata in capo da una stella a sei raggi e in punta da due gigli francesi, il tutto d’oro.
de Riso di Catanzaro: d'azzurro, alla croce di Sant'Andrea d'argento accostata in capo dal crescente montante d'oro.
Cimiero: la fenice nella sua immortalità.
Titoli: patrizi di Bari nobili di Catanzaro, baroni di Carpinone, conti palatini, marchesi di Botricello.
Motto: SEMPER EADEM


Stemma famiglia de Riso


Stemma famiglia de Riso di Catanzaro accollato all'insegna del S.M.O. di Malta
 

L’antichissima famiglia de Riso, secondo alcuni storici, venne in Italia ai tempi di re Carlo I d’Angiò; le prime memorie si trovano nella inquisizione dei nobili della città di Bari, atti alle armi, nel 1282.
La famiglia passò prima in Messina e quindi nel Napoletano dove ebbe l’ufficio di giustiziere e vicerè della Provincia di Bari.
Antonio de Riso e Cecco Migliarese, abbate, furono ambasciatori della città di Cosenza presso i re Ferdinando I d'Aragona e Alfonso II d'Aragona.

Decorata del titolo di conte palatino fu feudataria di Carpinone, terra sita in Contado di Molise in diocesi d’Isernia; che in precedenza apparteneva a Tommaso d'Evoli, signore di Castelpizzuto, Monteroduni e Roccamandolfi. Carpinone pervenne poi alla famiglia Caldora nel XV secolo, che fortificò il castello e, quindi, ai Pandone, ai Ceva Grimaldi ed infine ai de Riso.


Castello di Carpinone

Don Gennaro de Riso, barone di Carpinone, nel 1754 in Napoli, fu sopraintendente e benefattore del Real Monte e Arciconfraternita di San Giuseppe dell'Opera del vestire i Nudi. La stessa carica fu ricoperta nel 1759 da Giuseppe de Riso dei baroni di Carpinone.


Napoli, ritratto di Gennaro de Riso, barone di Carpinone


Napoli, ritratto di Giuseppe de Riso dei baroni di Carpinone
 

Nicola de Riso (14/11/1742 5/11/1826), marito della nobildonna Raffaella Capuano ( 21/4/1848), ebbe l’ultima intestazione del feudo di Carpinone nel 1775; fu reintegrato al patriziato di Bari ed ascritto nel Registro delle Piazze Chiuse col titolo di barone di Carpinone in unione ai suoi figli: Domenico, primogenito (1778 18/11/1857), Gaspare, Fabrizio, Gennaro ed Antonio.

Maria Angela Rosa de Riso dei baroni di Carpinone († 9/12/1815) sposò nel 1778 Carlo Capece Piscicelli, patrizio napoletano e 6° duca di Capracotta.

B
Napoli, lastra tombale di Vincenza de Riso di Carpinone
 

Domenico sposò Giustina Macedonio  di Ruggiano ( 3/1/1862), marchesa di Oliveto, ed ebbero per figlio Nicola (7/5/1807 27/5/1861).
Gaspare de Riso (n. Napoli, 12/8/1840), patrizio di Bari, figlio del citato Antonio, sposò nel 1879, in seconde nozze, Marianna Capobianco dei marchesi di Carife (
6/2/1887); fu confratello dell’Augustissima Compagnia della Santa Croce dal 16 giugno 1875, come lo fu anche, dal 12 dicembre 1985, Gaspare de Riso (n. Napoli, 1912), patrizio di Bari, figlio di Alfredo (figlio del citato Gaspare ), generale di Brigata.

La nobiltà generosa di questo ramo patrizio di Bari fu riconosciuta dalla Commissione dei Titoli nelle prove a Guardia del Corpo a Cavallo di Giuseppe de Riso, nel 1834, e di Nicola de Riso nel 1843.

Francesco Maria Bonito, principe di Casapesenna, sposò Francesca Macedonio († 1853), figlia di Marcantonio, marchese di Ruggiano, la quale nel 1838 ottenne il titolo di marchesa di Ruggiano per refuta  del padre. I coniugi abitavano a Napoli ed avevano ingenti rendite in San Cipriano, Casal di Principe, Orta  e Teverola. Francesca morì senza eredi e il titolo di marchese di Ruggiano passò al fratello Nicola e nel 1860 alla sorella Giustina († 1862) che  sposò Domenico de Riso di Carpinone e, pertanto, il titolo di marchese di Ruggiano spetterebbe ai de Riso.

Ramo Calabrese


Stemma de Riso con quelli delle Famiglie del Sedile di Catanzaro.
Immagine tratta dalla monografia sulla città di Vincenzo d'Amato, anno 1670
 

Caccuri, terra di Calabria Citra, oggi comune in provincia di Crotone, sino al 1560 ebbe vicende comuni con la vicina Cerenzia, dapprima sotto i de Riso, e poi come pertinenza dello stato di Cariati.
Enrico e Matteo de Riso, da Messina, fratelli, figli del fu Nicolò (
† 1274) Giustiziere in Terra di Bari, avendo abbandonato la patria in seguito ai Vespri Siciliani per rimanere fedele al Re, ebbero da lui in ricompensa dei beni perduti, nel 1292, una pensione mensile di sei once d'oro, che venne confermata quattro anni dopo ed in seguito commutata con la terra di Cerenzia, della quale erano in possesso nel 1303.
Francesco de Riso, figlio di Enrico, e Nicoloso de Riso, figlio di Matteo, ottennero ordine del re Roberto II d'Angiò, diretto al Giustiziere di Calabria, per l'assicurazione dei vassalli delle loro terre di Cerenzia e Caccuri, e per la sovvenzione dovuta, secondo le consuetudini del Regno, per il servizio militare.

Squarcia de Riso, detto anche Squarciarello o Squarzarello, figlio di Francesco, erede del padre in minore età e sotto la tutela dello zio Guglielmo, vescovo di Umbriatico, nel 1316 stipulò un atto di concordia e transazione con l'altro zio Corrado, che  chiedeva di avere garantita la vita militia sulle terre di Cerenzia e Caccuri, che Squarcia possedeva per successione paterna; ed il Re diede il suo beneplacito. Nel 1348 successe al citato Corrado in alcuni feudi che il medesimo possedeva in Crotone per concessione di re Roberto, ed a lui confermati da Giovanna e Ludovico; e nel 1362 ottenne di essere reintegrato in un feudo che possedeva in capite Curiae nella terra di Amantea.
Per figli ebbe: Morana che sposò Riccardo de Archis, signore di Rose; Palamede o Palamedesio, dal quale discendono i de Riso, marchesi di Botricello; e Francesco, primogenito, che successe, dopo la morte del padre, alla signoria di Cerenzia e Caccuri e negli altri feudi nella città di Crotone. Alessandro, figlio di Francesco, ereditò le terre e i beni feudali che ricaddero al Regio Fisco alla sua morte, non avendo avuto figli.
L'estinzione di questo ramo dei de Riso coincide con l'epoca in cui i Ruffo, conti di Montalto, diventano signori dello stato di Cariati e delle terre dipendenti.

Caccuri, uscita della processione. A seguire la processione della Madonna del Rosario


Caccuri, vendemmiatrici. A seguire il ballo

Botricello, feudo in Calabria Ultra, dal 1954 comune autonomo in provincia di Catanzaro, tra la fine del '400 e gli inizi del '500 apparteneva a Nicola Ambrogio de Tocco, da Napoli, che morì senza figli; sua sorella, Sofia, sposò Francesco Boccapianola di Napoli.
Il feudo di Botricello pervenne ad Antonia Piterà, figlia di Antonio (
† 1622), che cedette il feudo a Fabrizio Montalcino; quest'ultimo l'alienò, nel 1633, ad Ippolita Grimaldi, moglie del citato Antonio Piterà.
Vitagliano de Riso (Catanzaro, 18 febbraio 1611
† ivi, 23 maggio 1671), nobile di Catanzaro, figlio di Agostino (n. 1582) e di Caterina Mele, acquistò per la somma di ducati 5.316 il feudo di Botricello da sua suocera, Ippolita Grimaldi, con R. Assenso del 1° dicembre 1622; sposò la citata Antonia Piterà.
Due dei suoi figli, Alfonso (11 maggio 1665) e Girolamo (13 dicembre 1665), furono cavalieri gerosolomitani.

L'altro suo figlio, Angelo († Catanzaro, 20 marzo 1678), ereditò la baronia di Botricello; nel 1638 sposò Caterina Carafa. Suo erede fu il figlio Vitagliano (n. 20 ottobre 1672) che sposò M. Anna de Paredes y Benavides († 18 agosto 1710), figlia del Mastro di Campo Emanuele, castellano di Crotone.
Angelo de Riso (7 gennaio 1701
† Catanzaro, 22 agosto 1720), figlio dei predetti Vitagliano e M. Anna de Paredes y Benavides, ereditò il feudo di Botricello; morì senza figli.

Emanuele de Riso (7 ottobre 1702 † Catanzaro, 24 ottobre 1774), fratello di Angelo, si intestò il feudo nel 1721; ricoprì la carica di sindaco dei nobili di Catanzaro dal 1742 al 1743 e dal 1763 al 1764. Sposò nel 1724 Prudenzia Grimaldi e dal 6 al 9 febbraio 1735 ospitò nel suo palazzo il re Carlo di Borbone.
Il loro figlio, Vitagliano de Riso, fu nominato marchese di Botricello  da re Ferdinando IV di Borbone in data 24 giugno 1797 (conferm. 5 agosto 1797); sposò Ippolita Marincola.
Il loro figlio ultragenito Antonio sposò
Caterina Capocchiano e fu padre di Bernardo de Riso (1827 † 1900), vescovo di Catanzaro dal 1883 al 1900.


Arcivescovo di Catanzaro, Bernardo de Riso, già monaco benedettino
 

Le figlie del marchese Vitaliano, Eleonora e Gaetana sposarono rispettivamente Francesco Lucifero marchese di Apriglianello e Luigi Sanseverino 13° barone di Marcellinara.


Lapide della marchesa Eleonora de Riso consorte di Francesco Lucifero, marchese di Apriglianello,
si notino: a sinistra lo stemma de Riso, ed a destra lo stemma Lucifero.
Immagine tratta dal catalogo dei Beni Culturali
 

La successione feudale di padre in figlio:
Girolamo de Riso (1755
1836), 2° marchese di Botricello, sposò Margherita Anguissola del conte Gaetano;
Saverio de Riso, 3° marchese di Botricello, sposò Rosa Arcieri, figlia di Antonio Saverio, barone di Sant'Anastasia o Bandino;
Vitagliano de Riso (1814
† 26 gennaio 1879), 4° marchese di Botricello, sposò Maria de Riso da cui ebbe l'ultrogenito Riccardo, padre di Renato e questi padre di Riccardo e Domenico (in Elenco Ufficiale Nobiltà Italiana del 1922).
Girolamo de Riso (n. Catanzaro, 1839), 5° marchese di Botricello, sposò a Napoli nel 1867 Adele Berlingieri dei marchesi di Valleperrotta (
† 1898).
Vitagliano de Riso (n. Napoli, 1871), 6° marchese di Botricello, sposò Francesca Mottola di Amato.
 

Ruggiero, fratello dei citati Enrico e Matteo, da Messina si radicò a Rossano in Calabria Citra, sposato a Giovanna d’Orso, cameriera della regina Sancia, consorte del re di Napoli Roberto d’Angiò, generò Corrado, da cui Aloisio, uno dei dieci capitani rossanesi delle Guerre d’Otranto.
Matteo, discendente di Aloisio, sposò Eleonora de Franchis e generò: Carlo, il quale ebbe prole e si radicò fuori Rossano; ed Ottavio, sposato in prime nozze con Penelope Toscano non ebbe prole, e nel 1702 in seconde nozze con Feliciana Cherubino generò Aurelia sposata a Serafino Ferrari del ramo di Macchia e d’Epaminonda nella quale famiglia si estinse questo ramo.


Napoli, busto di Sancia d'Aragona (1285 1345) moglie di Roberto d'Angiò (1276 1343)
 

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Famiglie aristocratiche presenti nel Nobile Sodalizio "Reale Arciconfraternita dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista dei Cavalieri di Malta ad Honorem": de Riso, Sanseverino, Cattaneo, Marincola di San Floro, Marincola Pistoja, Marincola Tizzano, Zinzi, Perrone di Sellia, Mancini, Pinto, de Nobili, Imperato di Montecorvino, Susanna, Mottola di Amato, Le Piane, Ferrari, de Cumis, Grimaldi, Paparo, Romano, Triente Castaldo, Zeininger de Borja (già cavaliere S.M.O. di Malta).

Per eventuali approfondimenti si consiglia di consultare le Tavole genealogiche redatte da Serra di Gerace e per Domenico de Riso, barone di Carpinone, e Nicola de Riso, barone di Carpinone, vedi il Registro della “Real Commissione dei Titoli di Nobiltà”.

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Bibliografia:
- Mario Pellicano Castagna “La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria”; Editrice C.B.C. 1996.
- Vincenzo Marsilla, “Sulle famiglie nobili di Bari”, Napoli, 1871.
- Ludovico Paglia e Luigi Sagarriga, “Istorie di Giovinazzo”, Napoli, 1700.
- Galluppi, “Nobiliario della città di Messina”, Napoli, 1878.
- De Lellis, “Discorsi postumi, con giunte del Conforti”, Napoli, 1701.
- Berardo Candida Gonzaga, “Memorie delle famiglie nobili delle Province Meridionali d’Italia”, Napoli, 1875.
- Vittorio Spreti, “Enciclopedia storico-nobiliare Italiana”, Arnaldo Forni Editore, 1978.
- Francesco Bonazzi di Sannicandro, “Famiglie nobili e titolate del Napolitano”, Arnaldo Forni Editore, 2005.
- Lorenzo Giustiniani , “Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli”, Napoli, 1977.
-
Umberto 
Ferrari, “Armerista Calabrese”, La Remondiana, Bassano del Grappa 1971, p. 25.
- Cav. Barone Luca de Rosis “Cenno storico della città di Rossano e delle sue famiglie “ – Napoli, 1838.
 


Continua sul sesto volume in preparazione di "LA STORIA DIETRO GLI SCUDI"

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